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lunedì 31 gennaio 2022

CASTAGNEDO

 il nome proviene evidentemente da un bosco di castagni,  alla fine del diciannovesimo secolo il borgo compariva ancora nei registri della parrocchia di Santa Maria di Calvairate, ma il nome era stato storpiato in Castenedo, divenendo così omonimo di una frazione presso Voghera.

La località apparteneva già’ nel dodicesimo secolo alle monache di Santa Margherita, il cui monastero femminile sorgeva nel centro della città nei presi dell’omonima via tuttora esistente; tutto ciò è testimoniato da numerosi documenti relativi ad acquisti, permute e rivendicazioni di diritti del monastero a Castagnedo.
Verso la fine del tredicesimo secolo la località ospitava anche una comunità di monache Umiliate, dedite alla lavorazione della lana, caratteristica dall’intero ordine; esse vi eressero una chiesina dedicata a Santa Maria, come loro tradizione.
Le monache però ebbero rapporti piuttosto tesi con le monache di Santa Margherita, non si sa se per ragioni d’acque (all’epoca, ma anche oggi, risorsa indispensabile), per confini della proprietà o per diritti di accesso. Fatto sta che nella seconda metà del quattordicesimo secolo, e più precisamente nel 1385, esse preferirono aggregarsi al monastero di Santa Maria della Vittoria.
Poco dopo però, cessati i contrasti con le monache di Santa Margherita, le Umiliate tentarono di far marcia indietro dicendo che lo scorporo avvenuto nel 1385 era da ritenersi illegale in quanto il vicario generale dell’Arcivescovo aveva decretato l’aggregazione alla Vittoria quando era ormai decaduto dalla carica.
Tutto venne risolto poco tempo dopo, quando il Vescovo di Piacenza, delegato dal Papa Urbano VI, sanzionò la fusione dei due monasteri, acquietando così di fatto le acque, in quanto a quel punto tutto il podere di Castagnedo diventò proprietà del monastero di Santa Margherita, come risulta da un documento steso per ordine di Margherita Visconti, figlia di Bernabò e badessa di Santa Margherita.
Tornato il fondo alle precedenti monache, esso rimase loro proprietà fino alla soppressione dei monasteri, ordinata dall’imperatore d’Austria Giuseppe II verso la fine del Settecento. Nel frattempo la chiesetta di Santa Maria aveva cambiato il nome in Sant’Anna di Castagnedo.
Nella memoria di alcuni milanesi della zona è ancora vivo il ricordo di quando gli abitanti della cascina Boffalora, essendo lontani dalla parrocchia di Calvairate, nei giorni festivi andavano alla chiesetta per partecipare alla Santa Messa. Ed erano i parrocchiani di allora che, con carro e cavallo, andavano a prendere il sacerdote della chiesa di Santa Maria del Suffragio, lo portavano alla chiesina, poi pranzavano tutti insieme ed infine lo riportavano in sede.

venerdì 28 gennaio 2022

BARONA

 è un quartiere e antica parrocchia di Milano posta nella zona sud-occidentale della città, appartenente al Municipio 6. Il quartiere prende il nome da una cascina esistente sul territorio e che apparteneva ai monaci Benedettini, che era detta Barona.

Etimologicamente parlando il termine Barone significa uomo, marito, maschile;

Però il termine Barone significa anche furfante, Baronaccio - Baronata; oppure ragazzo sporco che va mendicando, Baroncio. Risalire al perchè del nome non è impresa facile, sopratutto quando non c'è nulla di scritto che lo possa testimoniare. Nei pressi scorrono, a est il Naviglio Pavese e a ovest il Naviglio Grande, mentre a sud abbiamo il parco agricolo sud Milano.

 Prima di entrare a far parte del Comune di Milano nel 1873, formava con altri quartieri il Comune dei Corpi Santi, auspicato durante il periodo del dominio austriaco per decreto di Maria Teresa d'Austria nel 1757 e attuato nel 1782 dal figlio Giuseppe II, che riunì sotto un'unica amministrazione una zona di cascine e borghi agricoli fuori dalle mura di Milano. Il nome deriva proprio dalla caratteristica di essere una zona fuori dalle mura: il divieto di seppellire i defunti entro la cerchia muraria costrinse a deviare questa pratica all'esterno. Anche la sepoltura di santi e martiri avveniva al di fuori delle mura, da ciò deriva Corpi Santi. Si aggiunse il suffisso "di Milano" in corrispondenza della Seconda guerra d'indipendenza. La successiva annessione al Comune di Milano fu nel 1873.


La Barona oggi è prevalentemente una zona residenziale, con diversi campi da football in erba e sintetico delle numerose e rinomate società sportive della zona, tra cui una prende il nome dal quartiere. Negli anni sessanta sui terreni adiacenti alla Cascina Monterobbio venne costruito il quartiere comunale S. Ambrogio I, con lunghi edifici curvilinei dall'architettura particolare , che avrebbe accolto circa cinquemila persone. Alla fine del decennio fu aggiunto il quartiere dello ex-IACP Sant'Ambrogio II, di analoghe dimensioni ma con una planivolumetria più rigida in linea, condizionata dal sistema costruttivo di prefabbricazione "pesante".

Alla Barona vi era la chiesa di an Nazaro e Celso alla Baronapresente anticamente, probabilmente fin dal secolo XIV, benché Cesare Cantù nella sua Grande illustrazione del Lombardo-Veneto la faccia risalire addirittura ai primi anni del Cristianesimo.

Un altra chiesa con una storia molto particolare è la chiesa di San Marchettorisalente alla metà del Cinquecento;

Con l'adiacente ambito delle risaie troviamo il Parco Teramo Barona che è un'area agricola di discrete dimensioni, in cui si conservano alcune cascine attive, altre in disuso, oltre a strade di campagna strette e tortuose adatte per le passeggiate e le gite in bicicletta. Le principali cascine sono quelle di San Marco, San Marchetto e San Marcaccio, seguite da Cascina Bassa, Cascina Bazzana Superiore, Cascina di Mezzo, Cascina Corio, Molino Doppio, Cascina Colomberotto, Cascina Battivacco, Cascina Carliona, Cascina Cantalupa, e Mulino della Pace. Fa parte del parco Agricolo Sud Milano anche la Cascina Monterobbio, ormai completamente in zona urbanizzata. Sui terreni adiacenti alla cascina sono stati costruiti il quartiere Sant'Ambrogio e l'Ospedale San Paolo. Dove c'era la Cascina Bianca, demolita, oggi si estende un parco con lo stesso nome, vicino ai ruderi della Cascina Carliona.

mercoledì 26 gennaio 2022

CALVAIRATE

Il nome Calvairate deriva dall'antica cappella dedicata a Santa Maria Nascente e al monte Calvario, in latino "mons Calvarius", fatta costruire da alcuni crociati di ritorno dalla Terra Santa probabilmente nel XII o XIII secolo.

Calvairate dà il nome a questa vasta zona che si trova grossomodo tra Viale Umbria e Piazzale Cuoco. 

L'antico borgo agricolo, di cui è stata cancellata ogni testimonianza, si sviluppava nell'area attualmente occupata da piazzale Ferdinando Martini, e si centrava sulla locale parrocchia di Santa Maria Nascente, costruita nel 1581 per volere dell'arcivescovo Carlo Borromeo su progetto di Pellegrino Tibaldi. La zona era abitata da poco più di mille persone e faceva parte dei Corpi Santi di Porta Orientale. Il borgo di Calvairate fu poi annesso al comune Milano nel 1873.

Nei primi decenni del Novecento anche quest'area di città iniziò ad espandersi. Il piano regolatore Pavia-Masera disegnò due grandi piazze (Martini ed Insubria), collegate da un ampio viale alberato (via Laura Ciceri Visconti), destinate a diventare il fulcro del quartiere circostante. Il nuovo piano urbanistico cancellò la chiesa cinquecentesca e la Giazzera de Calvairaa, la ghiacciaia più grande di tutta Milano. Nel 1912 fu costruito ad est del quartiere (odierno viale Molise) il nuovo macello dal 1912, trasferitosi da piazza Sant'Agostino,  L’area era occupata dal 1848 da un fortino austriaco, riconquistato dai milanesi dopo le cinque giornate. In generale il mercato vendeva all’ingrosso, ma dal 1959 il sabato fu dedicato alla vendita al dettaglio.

L'area di Calvairate venne urbanizzata secondo le previsioni del piano Pavia-Masera del 1912. Inizialmente, a partire dagli anni venti, sorsero alcuni complessi di case popolari. Successivamente, fino al secondo dopoguerra, seguirono gli edifici di edilizia libera. L'area, ad alta densità edilizia, è comunque ricca di aree verdi ben disegnate e molto apprezzate.

Nel 1927 venne decisa la costruzione della nuova chiesa, completata nel 1929, che sorse sull'isolato compreso fra le vie Ennio e Lattanzio e che prese il nome della demolita Santa Maria Nascente con l’aggiunta della dedica a San Pio V. Dal 1965 ha sede in via Cesare Lombroso il mercato ortofrutticolo più grande d'Italia.

Oggi solo una via ricorda la presenza di questo piccolo borgo che si trovava su una strada che da piazza Beccaria, dietro al Duomo, conduceva nelle campagne a sud-est verso Monlué e Ponte Lambro. Al posto del borgo e della chiesa si trova oggi l’enorme piazzale Ferdinando Martini.

venerdì 14 gennaio 2022

LE ABADESSE

 

un borghetto rurale e una chiesa, a pochi passi dai grattacieli di Porta Nuova

In un tempo lontano, quando i Visconti dominavano saldamente il ducato tra il XIV sec. e la fine del XV, Milano era uno fiorente centro commerciale, denso di case all’interno della cerchia del naviglio, e al di fuori, come ogni mappa del periodo può testimoniare, si trovavano una serie di borghi agricoli, spesso in concomitanza delle stazioni di posta. Ma non solo, spesso vi erano dei grossi complessi con una serie di cascine che governavano le attività di un territorio agricolo spesso di grandi dimensioni, di proprietà di qualche nobile e potente famiglia vicina alla corta, o appartenente a qualche convento o monastero cittadino. Una di queste realtà era l’antico convento femminile delle agostiniane, dette abbadesse, ben fuori la più antica Porta Nuova (la porta medioevale che oggi possiamo vedere in Piazza Cavour).

Tale convento, luogo romito, si trovava all’interno di un insediamento rurale formato da qualche cascina e da un edificio padronale forse adibito in parte a foresteria delle monache. Tutto intorno era campagna e qualche segno di vita si trovava ben lontano. I vicini più prossimi consistevano nelle proprietà del cardinale Pozzobonelli, che pressappoco, terminavano lungo l’attuale Via Pola, all’altezza del distributore Agip, di fronte alla Regione, e di cui rimane ben poco del costruito (oggi inglobato dal cortile di un hotel) della sua famosa ed enorme residenza-cascina rinascimentale, in fronte alla Stazione Centrale (lato Piazza Luigi di Savoia/Andrea Doria), e dalla parte opposta, un piccolo cimitero fuori le mura che serviva l’abitato del sestiere Comasina, chiamato la Mojazza (sull’attuale Piazzale Lagosta). Tutto intorno campagna, frutteti e campi coltivati, resi fertili da qualche roggia che partiva dalla Martesana e da qualche risorgiva della zona a due passi dalle sicure mura cittadine e da quell’altra strana realtà rinascimentale, a metà tra un santuario e un luogo di pellegrinaggio, quale S. Maria alla Fontana (anche in questo caso il nome indica la presenza di un fontanile).
Era semplicemente un insediamento rurale sulla strada per Niguarda, di cui sopravvive, seppur rimaneggiata e riattata, la cascina omonima con tipica corte e pozzo e la chiesetta dei SS. Carlo e Vitale dalla parte opposta della strada. Durante la Controriforma sicuramente un piccolo oratorio precedentemente costruito, venne soppiantato dall’attuale chiesetta dalle forme barocche e al centro del crocicchio si installò una stele devozionale (oggi scomparsa per far passare le macchine), come se ne vedevano tante nelle piazze della città coeva.

martedì 11 gennaio 2022

CORPI SANTI DI MILANO

 Il nome dei Corpi Santi è da legarsi alla legislazione sanitaria austriaca che impose di spostare i cimiteri fuori dalle mura spagnole del capoluogo lombardo: la dizione di corpi santi è infatti un altro modo di chiamare i fuochi fatui, ossia le piccole fiammelle che possono sprigionarsi dalle tombe.

Una leggenda popolare lega invece il nome dei Corpi Santi di Milano alla presenza delle salme dei tre Re Magi al di fuori delle mura spagnole della città. Il carro che portava le sacre reliquie si fermò inspiegabilmente in questo luogo, senza che gli uomini del santo convoglio riuscissero ad andare avanti: le ruote erano diventate pesanti come macigni, e buoi e cavalli non la vincevano. Così il vescovo dovette abbandonare l'idea di avere i tre santi corpi nella basilica di Santa Tecla, la più importante della città prima della costruzione del Duomo di Milano, facendo edificare un nuovo luogo di culto fuori le mura cittadine, la basilica di Sant'Eustorgio, per ivi deporli.

Lo scorporo dei Corpi Santi dalla città di Milano fu previsto in origine dal comparto territoriale del Ducato di Milano emanato dall'imperatrice Maria Teresa d'Austria il 10 giugno 1757, ma il governo austriaco preferì sospendere l'applicazione del provvedimento per la ferma opposizione della Congregazione del patrimonio, ossia il consiglio provinciale dell'epoca che era dominato dai rappresentanti cittadini.

Il comune dei Corpi Santi venne quindi istituito da suo figlio, l'imperatore Giuseppe II d'Asburgo-Lorena, con reale dispaccio del 21 luglio 1781, con il quale il nuovo sovrano decise di concedere meno spazio alle opposizioni conservatrici che avevano contrastato il programma illuminista di sua madre.

Il nuovo municipio venne attivato col capodanno del 1782, quando entrarono in carica i deputati (ossia i consiglieri comunali), il cancelliere (il segretario comunale), il sindaco, l'esattore e sei consoli, uno per ciascuna delle sei partizioni, corrispondenti ai sei sestieri di Milano, che erano legati ad altrettante porte cittadine, in cui il nuovo comune fu articolato ai fini della riscossione fiscale sulle merci in entrata verso la città.

La superficie dei Corpi Santi di Milano ammontava a 66,35 km². Si trattava di una vasta area che circondava la città per un raggio molto variabile, da un minimo di 3 km a un massimo di 7 km. Il comune dei Corpi Santi era una zona prettamente agricola alle porte della città, ricca di campi e soprattutto di orti che producevano prodotti deperibili e costosi, che per essere commercializzati con la città necessitavano di brevi distanze dal luogo di produzione al mercato cittadino.

L'orticoltura era favorita dalla presenza di corsi d'acqua e dalla facilità di commercializzazione sia con la vicina città, ma anche con la provincia, rispetto alla quale non erano previsti dazi doganali a cui erano invece sottoposte le merci transitanti per le porte cittadine di Milano. Il territorio agreste di quest'area era molto fertile e ricco di risorgive, oltre che di corsi d'acqua come i Navigli e i fiumi Olona, Lambro e Seveso. Grazie alla presenza di questi corsi d'acqua, i mulini erano numerosi e sorgevano un po' ovunque nel contado.

Dopo soli tre lustri però, l'arrivo delle armate rivoluzionarie francesi aprì un processo inverso. Il nuovo parlamento repubblicano deliberò il 2 nevoso dell'anno anno VI[5] la riannessione dei Corpi Santi a Milano con il nome di circondario esterno, ma anche questa volta il testo legislativo non trovò applicazione per i timori del governo cisalpino, che non volle scontrarsi con l'opposizione dei rappresentanti extramurari[6].

Evoluta poi la situazione in senso monarchico il nuovo organo legislativo, il Consiglio di Stato, tornò a proporre, su sollecitazione del consiglio comunale di Milano, un decreto per la soppressione dei Corpi Santi, ma tale disegno di legge del 4 febbraio 1806 non trovò sanzione da parte del viceré, che ancora auspicava un consenso più ampio. La svolta avvenne quindi nell'ambito di un contesto più generale, quando Napoleone il 14 luglio 1807 emanò un decreto volto alla riduzione dei comuni del regno onde sortire risparmi nei costi di gestione.

Fu così che il 9 febbraio 1808 fu promulgato il decreto che annetteva a Milano non solo i Corpi Santi, ma tutti i 35 comuni del circondario esterno posti nel raggio di 4 miglia dai bastioni, ossia entro le 5 miglia dalla piazza del Duomo: AfforiBicoccaBoldinasco, Casa NovaChiaravalle, i Corpi Santi, CrescenzagoDerganoGaregnano MarcidoGorla, Grancino, LambrateLampugnanoLinate superiore ed inferioreLorenteggioMacconago, MorsenchioMusoccoNiguardaNosedoPoascoPrecentenaro, PrecottoQuarto CagninoQuinto SoleRedecesioRonchettoSan Gregorio VecchioSegnanoSella NuovaTrenno, TurroVajano, Vigentino, Villapizzone. Tuttavia con il ritorno degli Austriaci tornarono immediatamente autonomi, e il comune di Milano tornò a coincidere con la cerchia dei Bastioni con notificazione del 12 febbraio 1816.

La restaurazione del Comune dei Corpi Santi operata dagli austriaci fu anch'essa il frutto di un disegno politico generale. L'assetto amministrativo voluto dai ritornati governanti asburgici si ispirava su quello giuseppino che, in ambito municipale, si basava sui comuni censuari dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria. Questi ultimi nel Settecento erano risultati un'innovazione illuministica, ma dopo Napoleone sortirono un effetto reazionario che annullò la legislazione dell'imperatore francese. La notificazione del 12 febbraio 1816 ripristinò dunque tutti i vecchi comuni della Lombardia, e con esso quello dei Corpi Santi, a decorrere dal successivo 1º maggio. Nel 1821 si tennero le prime elezioni per il consiglio comunale, che l'anno successivo fu dotato dei poteri dei maggiori borghi del regno potendo assumere degli impiegati.

Con l'unificazione italiana il comune fu dotato di un proprio sindaco con sei assessori, conservando il suo consiglio di trenta membri. Subito dopo vennero avanzate le prime proposte ufficiali di annessione al capoluogo lombardo, ma non si giunse a risultati concreti per l'opposizione dei Corpi Santi, fino a che non venne fatta una richiesta ufficiale del consiglio comunale di Milano al governo Lanza, che l'approvò con Regio decreto 8 giugno 1873, n. 1413.

Il comune dei Corpi Santi si articolava ai fini censuari su sei sestieri corrispondenti alle porte di Milano attraverso le quali le merci dovevano pagare i dazi; fin dai tempi dell'arcivescovo Carlo Borromeo, ciascuno di questi sestieri, raggruppava sotto di sé le undici parrocchie extramurarie di Milano.

A queste porte andavano poi aggiunti i due varchi posti a controllo delle acque, ossia:

Il comune dei Corpi Santi era esente da dazio, pertanto tutto ciò che ne proveniva costava meno. Dopo l'arrivo dei Savoia il comune fu articolato su due mandamenti concentrici che divennero il 7º e l'8º di Milano. Una volta che il comune venne inglobato a Milano, essi furono divisi in otto parti.

I villaggi e borghi agricoli che componevano i Corpi Santi, una volta aggregati alla città divennero altrettanti quartieri. È il caso di San SiroBaronaGratosoglioGhisolfaBovisaCalvairateTre Ronchetti, Monluè, ed altri. Le cascine, invece, una volta inglobate a Milano divennero parrocchie, scuole o edifici comunali. Spesso esse diedero il nome alle vie urbane o ai quartieri che vi si stavano formando appresso. Nel caso della Cascina Taliedo questa diede il nome, oltre che all'omonimo quartiere, anche al primo aeroporto di Milano, il campo di aviazione di Taliedo.

Tra il 1862 ed il 1863 il comune dei Corpi Santi ebbe anche un giornale: il Suburbano.

Nel comune erano presenti undici asili, ventotto scuole elementari ed una Guardia nazionale italiana composta da una legione di due battaglioni.

La zona del comune dei Corpi Santi era ricca di luoghi di culto come quella di San Siro, che sorgeva nel luogo in cui oggi sono situati l'omonimo quartiere, l'ippodromo di San Siro e lo stadio Giuseppe Meazza.


lunedì 10 gennaio 2022

CASCINE DOPPIE

 Cascine Doppie deriva dal fatto che dove ora sorge piazza Leonardo da Vinci un tempo vi erano solo distese di verde, campi e un vecchio gruppo di cascine, situato nei Corpi Santi di Porta Orientale (oggi Porta Venezia). Un’area periferica e rurale, che rimane tale fino almeno al 1913. Intorno sorgevano il borgo di Casoretto, di Lambrate, della Senavra e dell’Acquabellacompreso  tra Loreto e Lambrate.

I terreni erano allora coltivati per lo più a prato irriguo o a marcita, grazie alla notevole rete di rogge e fontanili alimentata dall'ingente patrimonio d'acque della zona, o ad aratorio semplice (cioè con seminativi per la coltura di cereali e foraggi), spesso alternato all'aratorio vitato (con filari di vite).
Furono probabilmente proprio la significativa ricchezza d'acqua, così come la vicinanza dell'abitato circoscritto dalle mura, a favorire in questo territorio ad Est della città, attraversato poco distante dal Naviglio di Porta Tosa, lo sviluppo di una serie di attività legate al lavaggio dei panni, al pari della zona più a Sud, tra gli altri due navigli principali, il Grande e il Pavese.

Attraverso la documentazione (relazioni, atti di consegna in affitto, mappe, disegni, e più tardi foto d'epoca e censimenti), oltre ad emergere un paesaggio suburbano di cui oggi non c'è più quasi minima traccia, prende consistenza il profilo di un mestiere, quello dei lavandai, in parte dimenticato, ma appartenente a buon diritto alla tradizione milanese.

Non pochi erano infatti da queste parti i lavatoi e gli insediamenti di lavandai situati presso le stesse cascine, come emerge dalle fonti,  che ci raccontano di  annose trattative, se non contese, per lo sfruttamento delle acque, rivendicate al tempo stesso per le operazioni di lavaggio e candeggio, come per le colture dei campi.

 Sin dal 1910 si era ipotizzato di trasferire il Politecnico di Milano in una zona che potesse ospitare nuovi dipartimenti. Fino a quel momento la sede centrale era ubicata nel Palazzo del Senato. La scelta ricadde sulla località Cascine Doppie, sulla strada per Lambrate.

Nel 1915 viene posata la prima pietra dell’attuale sede centrale del Politecnico in piazza Leonardo da Vinci. La costruzione verrà inaugurata il 22 dicembre 1927, in pieno regime fascista.

venerdì 7 gennaio 2022

BORGO CASCINA GOBBA

Non ci sono fonti attendibili per l'origine del nome ma è sicuro che negli anni 50 gli abitanti della frazione avreppero detto che "la se ciama goeubba perchè el mur l'è stort!"
Era infatti opinione comune dei residenti che il nome derivasse dalla curvatura presente nel muro perimetrale della cascina lungo via Padova. Che il capomastro che aveva costruito la cascina, a causa delle frequenti visite all'osteria, avesse sbagliato la traccia del muro , e solo in un secondo tempo, si fosse accorto dell'errore e avrebbe rimediato con una curva.
Altre fonti parlavano di un dosso che sarebbe esistito su via Padova davanti al civico 389, in prossimità del Lambro e che sarebbe poi stata spianata per facilitare il posizionamento delle rotaie.
Un altra ipotesi data da un quadro appeso all'ingresso della trattoria, che raffigurava una persona ricurva, un leggendario gobbetto vissuto in zona molti anni prima che avrebbe in seguito dato il nome a tutta la frazione.
Ma da dei documenti conservati nell'Archivio di Stato di Milano dalla descrizione della zona e in una mappa della zona risalente al 1603 ove vengono descritte tutte le cascine e dei molini presenti in quell'epoca nel territorio di Crescenzago si può vedere chiaramente il Lambro, il Naviglio e la loro intersezione e sopra il corso del Lambro si vedono le cascine Gobba e Melghera già esistenti 5 secoli fa.
Lungo il Lambro, a destra della strada, ove ora vi è il parcheggio della metropolitana, si legge distintamente PRATO DEL GOBBO ed a sinistra della strada si legge VIGNA DEL GOBBO. La cascina Gobba, denominata sugli atti risulta affittata a Cristoforo De Magistris detto il Gobbo. Molto probabilmente è dal soprannome di questo fittabile dell'inizio del '600 che in seguito prenderà il nome tutta la frazione.
Tutta la zona era piena di ortolani. Dietro la cascina Gobba cerano i terreni dei Cattaneo, abitavano a Crescenzago ed oltre alle verdure coltivavano fragole e lamponi, in via Bormio 5 c'era la cascina di un altra famiglia Ornaghi, e come questi tanti altri.
All'alba molti carri partivano dalla zona per recarsi al mercato all'ingrosso ortofrutticolo di Milano dove l'attuale palazzina Liberty di piazza Emilia ne era la sede.
Al civico 389 di via Padova si trovava il biscottificio della Gobba

giovedì 6 gennaio 2022

CASCINA CASANOVA

 

La cascina Casanova (Cà Noeuva ) è una cascina sita nel territorio comunale di Milano, all'estrema periferia orientale, oltre la tangenziale est. Risalente al XVI secolo, appartiene amministrativamente al municipio 4.

Si trova a cavallo della via Taverna ed era già presente nella mappa cinquecentesca della Pieve di Segrate, in cui compariva come un nucleo rurale fortificato. Era presente nella carta del Claricio del 1600 e nel catasto teresiano, dove su un lungo edificio porticato si erano inseriti ortogonalmente due edifici di diversa lunghezza, e l’area occupata dalla cascina era delimitata su tre lati da una roggia. Nel XIX secolo vennero aggiunti altri corpi di fabbrica e questo aspetto ottocentesco è quello che si è conservato fino ai giorni nostri: alcuni edifici d’abitazione (tra cui uno dei corpi più antichi) e la stalla porticata su due lati, purtroppo in cattive condizioni.

Fino al 1841 cascina Nuova costituì un comune autonomo, il cui antico territorio è oggi largamente corrispondente al parco Forlanini, delimitato a sud dal viale omonimo.Nell'ambito della suddivisione del territorio milanese in pievi, Casa Nova apparteneva alla Pieve di Segrate e confinava con San Gregorio Vecchio e Redecesio a nord, Novegro ad est, Linate e i Corpi Santi a sud, e Lambrate ad ovest, e al censimento del 1751 fece registrare 164 residenti.

In età napoleonica, alla proclamazione del Regno d'Italia contava 101 abitanti. Nel 1808, tuttavia, Casa Nuova fu aggregata a Milano, recuperando l'autonomia nel 1816 con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto.

Nel 1841 il comune di Casa Nuova fu aggregato a quello di Lambrate con dispaccio governativo del 17 gennaio. Alla fine, nel 1923 anche il comune di Lambrate fu soppresso e annesso alla città di Milano.

Appare a partire dal Cinquecento nella mappa della pieve di Segrate come edificio agricolo fortificato. Nel catasto lombardo-veneto risulta lambita, per tre lati, da una roggia.

domenica 2 gennaio 2022

ROSERIO

Roserio era un insediamento rurale di antica origine.

Nell'ambito della suddivisione del territorio milanese in pievi, apparteneva alla Pieve di Bollate. Il territorio comunale confinava a nord con Baranzate, ad ovest con Cassina Triulza, a sud con Musocco e a est con Vialba. Il 19 aprile 1674 venne eretto il feudo di Novate con Roserio cui feudatari furono i marchesi Pogliaghi fino all'abolizione, da parte dei francesi, di tutti i privilegi feudali. Nell'estimo voluto dall'imperatrice Maria Teresa nel 1771, Roserio risultò avere 106 abitanti.

In età napoleonica, dal 1809 al 1816, Roserio fu aggregata a Bollate, recuperando l'autonomia con la costituzione del regno Lombardo-Veneto.

All'unità d'Italia, nel 1861, il paese contava 177 abitanti. Nel 1869 Roserio fu aggregata a Musocco, a sua volta annessa a Milano nel 1923. L'unificazione di Roserio con Musocco fu peraltro un'anomalia storica, dato che per secoli la comunità era dipesa, sia civilmente che religiosamente, dall'anticamente influente borgo di Bollate.

Dopo l'annessione a Milano, la zona di Roserio è stata segnata dalla costruzione del Sanatorio di Vialba e, dopo la Seconda guerra mondiale, del grande svincolo autostradale di Fiorenza, che connette l'autostrada Torino-Trieste all'autostrada dei Laghi. A Roserio ha anche sede un grande deposito di Poste Italiane.

Il nome Fiorenza deriva da una grande cascina che si trovava all’incirca dove oggi si trova il supermarket Lidl, tra la via Tommaso Campanella e via Giovanni Battista Grassi 7, rimasta presente sino alla sua completa demolizione intorno agli anni Sessanta.

L’antico borgo si trovava lungo l’antica Varesina, oggi via Giovanni Battista Grassi all’angolo con via Cristina Belgioioso, sulle sponde del torrente Nirone, quello che arrivando a Mediolanum, forniva di acqua la città e una volta deviato, cinse la città assieme al fiume Seveso come difesa. Era formato da un gruppo di cascine raggruppate a borgo su entrambi i lati di via Cristina Belgioioso, più altre nel circondario, come la sopracitata Cascina Fiorenza, la Cascina Gattona o la Cascina Borrona. A lato di quella posta a meridione della via Belgioioso, vi era l’oratorio di San Giorgio.

VIALBA

Posto nella zona nord-occidentale della città, Costituì fino al 1641 comune autonomo.
Vialba fu nominata per la prima volta, come Villalba, nel 1346.
Nell'ambito della suddivisione del territorio milanese in pievi, apparteneva alla Pieve di Bollate. Oltre ai confini moderni, all'epoca era anche delimitata da Roserio ad ovest, da Musocco a sud e da Affori ad est. Nell'estimo voluto dall'imperatrice Maria Teresa nel 1771, Vialba risultò avere 194 abitanti.
In età napoleonica, Vialba dapprima annesse Cassina Triulza nel 1809, ma poi nel 1811 fu a sua volta aggregata a Bollate, recuperando l'autonomia nel 1816 con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto
Vialba fu aggregata al comune di Musocco il 2 settembre 1841, a sua voltaaggregato a Milano nel 1923
L'area mantenne un carattere rurale fino a dopo la Seconda guerra mondiale, quando vi furono costruiti numerosi caseggiati popolari, senza soluzione di continuità con la vicina Quarto Oggiaro. Attualmente dell'antico borgo resta solo la Villa Scheibler che con la chiesetta era considerato il centro del borgo, risalgono all’epoca di Lodovico il Moro, ( 1400), la chiesetta é dedicata ai Santi Vitale e Agricola ,per un pò di tempo il castello é stato la dimora del conte Scheibler ma dopo svariati cambi di padroni il Comune di Milano ne ha acquistato tutta l’area , divenendo il proprietario assoluto.E ‘ così che il paese di Vialba é diventato parte integrante del territorio del Comune di Milano. 
Nella zona di Vialba è presente l'ospedale Luigi Sacco, da molti conosciuto anche come Ospedale Vialba
L'ospedale Luigi Sacco, conosciuto in passato come Sanatorio di Vialba, è una struttura ospedaliera di Milano, fondata nel 1927.
La necessità di arginare la diffusione della tubercolosi, in forte ripresa al termine del primo conflitto mondiale, indusse il Comune di Milano ad iniziare nel 1927 la costruzione del sanatorio di Vialba, uno dei primi tisicomi di pianura sorti in Italia. Inaugurato il 28 ottobre 1931
Giorgio Giulini Conte di Vialba che fu giurista e membro dell'Accademia dei Trasformati, nonché possessore di molte cariche nello stato di Milano. Per i suoi alti meriti personali, il 19 novembre 1768 venne investito dell'imperatrice Maria Teresa dei feudi di Villapizzone e Vialba col titolo di conte trasmissibile ai suoi discendenti. A partire dal 1750 era già stato ammesso al patriziato milanese.


venerdì 24 dicembre 2021

BORGO GAMBOLOITA

Questo nome strano oggi è ricordato solo come toponimo di una piccola via trasversale di Corso Lodi, a due passi da Piazzale Corvetto.

L’area sin dall’antichità era nota come Gambalòita o Gambaliòta ed era un insieme di alcune cascine disposte lungo la via per Lodi (via Emilia). Si trattava di un piccolo borgo agricolo formato da cascine con stalle e fienili e una villa padronale.

L’ottocentesco Riparto rurale della Gambolòita che prendeva nome dall’antica cascina omonima, chiamata anche Gambaloita nella dizione di fine Cinquecento: ancora negli anni Venti del ‘900 occupava l’isolato sul lato meridionale della via. sembra che la cascina e la vasta area contigua di campi e boscaglia prendessero nome da una famiglia medievale «de Gambaloyta» o «de Gambaloyti»; poteva però essersi verificato anche il contrario, che fosse la gente ad aver preso il nome dalle terre di cui aveva la proprietà. Infatti, secondo un’altra ipotesi la prima parte del nome deriverebbe da una corruzione medievale del latino campus; la seconda parte, restando tra i possibili significati agricoli, potrebbe a sua volta essere la
corruzione di lolii, cioè campi di loglio (detta anche zizzania), in coerenza con la tradizione lombarda secondo cui molte antiche cascine avevano nome dal tipo di coltura presente. Una possibile origine del nome va cercata anche nel latino “Campus Lautus“, cioè campo ricco. Ma  vien fuori anche l’esistenza di un governatore delle Gallie al tempo di Augusto, della famiglia Lollia (una Lollia era stata amante di Cesare);  in via di ipotesi, che nei dintorni di Milano esistessero dei terreni «lolliani», cioè della famiglia dell’ex governatore. Si riporta anche che in questa posizione strategica a sud-est della città si accampasse Attila durante le sue scorrerie lombarde: e alcune varietà di loglio sono utilizzate come foraggio.

Nei secoli passati il borgo era stato soprannominato dai milanesi anche come “Gamba la vita”, più per mera assonanza che per un reale significato.

A lato dell’attuale rettilineo che è Corso Lodi (all’epoca si chiamava Strada Provinciale per Piacenza), vi scorreva il Canale Redefossi, canale artificiale che raccoglie ancora oggi, le acque del Seveso e della Martesana, in questo punto, all’incirca nell’area centrale dell’odierno piazzale Corvetto, il canale Redefossi scambiava lato di percorrenza (dal lato dispari al lato pari del corso), e un ponticello permetteva di scavalcare il “gomito” creato dal Redefossi, noto come Ponte Vecchio o Ponte di Nosedo, perchè pochi metri prima partiva la strada che portava al piccolo borgo del Sud-Est.

Dall’altro lato di corso Lodi e oggi completamente cancellato, si trovava il borgo delle Cà Vegge, cioè le Case Vecchie e il complesso della Cascina Musocco, poi chiamata Musocchino per non confondersi coll’omonimo borgo presso il Cimitero Maggiore dalla parte opposta di Milano.

Con l’avanzare della città e dell’urbanizzazione, con nuove vie e costruzioni, anche questo piccolo borgo di cascine, tra gli anni Venti e Cinquanta del Novecento venne abbattuto, salvando solo, come abbiamo potuto vedere, la Cascina Guglielmesa e il nome della via Gambolòita.

Naturalmente con lo sparire dei milanesi “doc” e la forte immigrazione, il toponimo un po’ astruso andò sempre più sostituendosi col più semplice “Corvetto” nome del piazzale. Infatti oggi dicendo Corvetto si intende l’intero distretto, che va da San Luigi a Castagnedo, dal Quartiere Mazzini al Quartiere Omero.Tra i primi palazzi costruiti in zona un 

bell’edificio di Corso Lodi 122, che si trova all’angolo proprio con via Gamboloita. Edificio residenziale in stile eclettico-decò realizzato nel 1936 su progetto di Ariodante Bazzero

martedì 21 dicembre 2021

GHISOLFA

La Ghisolfa è un piccolo quartiere a prevalenza di edifici popolari, per larga parte successivamente integrati con case moderne della piccola e media borghesia. Il quartiere si sviluppò nei due dopoguerra lungo la massicciata ferroviaria delle Ferrovie dello Stato e delle Ferrovie Nord, derivando il suo nome dal preesistente toponimo longobardo Ghisulf, che dava il nome alle cascine Ghisolfa e Ghisolfetta collocate in prossimità del terrapieno della ferrovia. Il ponte della Ghisolfa fu terminato nel 1941 (e allargato negli anni novanta), e all'inizio degli anni sessanta venne idealmente prolungato lungo viale Monteceneri con la costruzione di una strada sopraelevata a quattro corsie che arriva fino a piazzale Stuparich.
Strada principale del quartiere è via Melchiorre Delfico, che segue ancora l’andamento dell’antica strada della Simonetta. Lungo il percorso vi erano le altre cascine, come la Cascina Cavaiona I e II, Villa Nuova e più oltre la cascina Brusada e Librera, e naturalmente le Cascine Ghisolfa e Ghisolfetta. Le architetture più vecchie sono del primo Novecento senza grandi e particolari esempi di  spicco.
Nascosta e purtroppo affiancata e soffocata da brutti casermoni costruiti a partire dagli anni Cinquanta si trova l’antica chiesetta del borgo, Santo Spirito alla Ghisolfa.

La zona circostante piazza Prealpi, con i suoi palazzi ALER, è un emblema della Milano popolare, tristemente famosa per le vicende criminali che ne hanno caratterizzato la storia negli anni novanta, con l'egemonia della cosca 'ndranghetista dei Di Giovine.

L'area della Ghisolfa, compresa tra Via Mac Mahon, Viale Monte Ceneri, Via Grigna e Via Campo dei Fiori, è nota come Quartiere Mac Mahon. Questa zona è un complesso di case popolari, realizzate all'inizio del XX secolo.

Nel 1911 venne costruita, a lato del ponte, la scuola elementare Rinnovata, a cura di Giuseppina Pizzigoni: si trattava di una scuola sperimentale, ancora oggi esistente, con piscina e fattoria. Costituì uno di quegli esperimenti che animarono la ricerca didattica nell'area milanese nei primi decenni del secolo XX. Alla Rinnovata insegnò anche Pierina Boranga.

Il quartiere è conosciuto anche fuori Milano per l'omonimo circolo anarchico frequentato da Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda. Sebbene la sua denominazione mantenga ancor oggi il riferimento al quartiere di origine, fin dagli anni '70 il circolo ha stabilito la sua sede in una villetta di viale Monza, fra i quartieri di Precotto e Gorla.

PARCO DEL CITYLIFE

CityLife vanta uno tra i parchi più ampi di Milano, ma soprattutto è ricco di opere d’arte che lo rendono un vero museo a cielo aperto tutto...