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martedì 22 marzo 2022

PARCO DEL CITYLIFE

CityLife vanta uno tra i parchi più ampi di Milano, ma soprattutto è ricco di opere d’arte che lo rendono un vero museo a cielo aperto tutto da scoprire. Al suo interno ospita venti opere permanenti tra artisti under 40 e artisti internazionali che sono, invece, già noti.

Matteo Rubbi dal titolo Cieli di Belloveso
 è composto da circa 100 stelle (di cui oggi viene posata solo la prima) di grandezza e forme diverse, la cui ‘dimensione’ vuole ricostruire il cielo stellato visibile a Milano nella primavera del 600 a.C., data intorno alla quale Tito Livio colloca la leggendaria fondazione della città da parte del principe Belloveso. Il racconto dello storico è infatti ricco di riferimenti e dati astronomici. Le stelle, realizzate in pietra, sono sparse e incastonate nella pavimentazione di Piazza Burri.

Serena Vestrucci, Vedovelle e Draghi Verdi,
per tutte le fontanelle (dette anche vedovelle o draghi verdi) installate nel parco la sostituzione dell’originale rubinetto d’ottone con una scultura di volta in volta diversa ottenuta attraverso la lavorazione di un modello in cera, la sua conseguente fusione in bronzo e la successiva galvanizzazione in oro. 
Ognuna delle fontanelle presenta così una testa di drago differente, unica. 

AMBROGINO D'ORO

La tradizione dell’Ambrogino d’Oro sfiora quasi un secolo di storia: ebbe inizio nel 1925. Il Sindaco di Milano era Luigi Mangiagalli eletto nel 1922.

Mangiagalli, cui sarà dedicata la clinica da lui fondata, sarà l’ultimo sindaco eletto dai milanesi perché una legge del governo fascista, nel 1926, prevedeva che sia il Podestà, che sostituiva la funzione del sindaco, sia la Consulta Municipale, avente la funzione di consiglio comunale, sarebbero stati nominati dal Governo Centrale di Roma, senza quindi lasciare alcun diritto di voto ai cittadini.
L’Ambrogino è la massima onorificenza che la città di Milano consegna annualmente ai suoi cittadini più meritevoli. In origine, l'Ambrogino, era una moneta utilizzata nella Milano del 1300.
E’ un riconoscimento che che viene attribuito ai cittadini di nascita, o di adozione milanese, che si sono distinti in città per il loro impegno.
Sono tantissimi i nomi illustri ad avere ricevuto l’Ambrogino:
medici, attori, industriali, personalità di rilievo, benefattori, campioni sportivi ma anche personaggi meno noti ma dalle storie eccezionali
Ogni anno possono essere riconosciute fino ad un massimo di 30 medaglie d’oro e 40 attestati di pubblica benemerenza. Le candidature per gli ambrogini possono essere i
noltrate da chiunque, ma è una commissione composta dai membri del consiglio comunale a decidere le assegnazioni e a sancirne le motivazioni. Inoltre, gli ambrogini possono non durare in eterno: l’ultimo articolo del regolamento stabilisce che chi ne viene insignito possa perdere il riconoscimento nel caso in cui se ne renda indegno.
E’ una cerimonia contraddistinta da un rituale ben preciso:
La consegna avviene la mattina del 7 dicembre, il giorno di Sant’Ambrogio appunto, al Teatro Dal Verme alla presenza di molte autorità cittadine. I premiati vengono chiamati sul palco, uno ad uno. Durante la consegna il Sindaco legge le motivazioni per cui viene attribuita l'onorificenza.
Sappiamo che ad un certo punto iniziò la tradizione di omaggiare con un ambrogino anche i centenari della città. Non sappiamo esattamente quando iniziò la tradizione ma sappiamo che nel 2013, a causa del sempre crescente numero di ultracentenari in città e i conti sempre più "difficili" si decise di dar loro un Ambrogino...di bronzo.

GLI CCHI DI GATTO

 

Sono gli "occhi di gatto", borchie d'acciaio infisse nel manto stradale che servivano, anche di notte, venivano illuminati dai fari dei veicoli, per segnalare un attraversamento pedonale in prossimità di un incrocio. Sono stati inventati in 1933 di Percy Shaw spiega Yorkshire nel Inghilterra. L'inventore ha avuto l'idea dal aveva visto gli occhi di un gatto illuminarsi, durante la guida su una strada buia - da cui il nome.

mercoledì 9 marzo 2022

La STRANA FORMA ad A dell’Hotel ARMANI

Certamente la sua forma non si nota dal basso, ma solo dall’alto. L’Hotel Armani a Milano non è comune perché porta il segno del suo realizzatore, la A di Armani (Giorgio ovviamente).

L’hotel è un luogo da sogno, elegante, raffinato e unico nel suo genere non solo per l’essenzialità delle linee e dei colori, ma anche perché ospitato all’interno di una costruzione, appunto, a forma di A, da sempre marchio inconfondibile dello stilista. L’edificio, come detto prima, è stato progettato nel 1937 da Enrico A. Griffini, ma l’esperienza AHR (Armani Hotels&Resorts) è stata supportata dal prezioso contributo della Emaar Properties, una delle più grandi aziende mondiali del settore immobiliare, la stessa che ha costruito il Burj Khalifa. 95 stanze e suite ispirate alle collezioni Armani/Casa super accessoriate ma fedeli all’atmosfera d’epoca che l’hotel conserva al suo interno. Gli ultimi due piani, interamente vetrati, ospitano lounge, ristorante e SPA.
Insomma il lusso più sfrenato nel centro di Milano, vicino al Museo di Storia Naturale e alla Triennale.

ASILO a FORMA DI AEREO

 

Una scuola fatta a biplano intitolata alla madre dei pioneri dell’aeronautica

Chi l’avrebbe mai detto che a Milano si potesse fare scuola dentro un aereo? Questo è possibile in un asilo nel quartiere di Rogoredo, realizzato a forma di biplano per volere delle industrie Caproni. Scopriamo questa storia curiosa.
A Milano c’è un ASILO a FORMA DI AEREO
# Un scuola fatta a biplano intitolata alla madre dei pioneri dell’aeronautica
Nel 1915 la Società per lo Sviluppo dell’Aviazione in Italia costruì lo stabilimento per la produzione degli aerei progettati dall’ing. Gianni Caproni, nel quartiere Taliedo, dove fu realizzato anche uno dei primi aeroporti d’Italia, nonché il primo di Milano. Verso i confini sud della città, a non molti chilometri di distanza, nel quartiere di Rogoredo la famiglia possedeva dei terreni.
In uno di questi nel 1937 venne costruito un asilo con finanziamenti privati, tra cui quelli delle Acciaierie Redaelli, ma soprattutto grazie ai notevoli investimenti fatti dalla Caproni.
La struttura è stata realizzata a forma di biplano ed intestata a Paolina Caproni, madre dei pionieri dell’aeronautica, proprio per ricordare i mecenati che hanno permesso a Rogoredo di avere una “Casa dell’Infanzia”, ancora attiva in Via Monte Popera 14. Proprio un biplano, il Caproni Ca.73 fu per anni, nel periodo tra il 1929 e il 1934, il più grande aereo terrestre.

venerdì 25 febbraio 2022

MISTERI SU PEZZI DI STORIA DI MILANO

(settembre 2014) la notizia del ritrovamento di mura antiche, durante gli scavi per il teleriscaldamento, nel tratto di strada che separa il Duomo dall’Arcivescovado.
Che fine ha fatto il ponte romano rinvenuto in piazza San Carlo durante gli scavi della metropolitana 1 nel 1961? venne rinvenuto un arco di ponte di epoca romana, con ogni probabilità consentiva l’attraversamento di un piccolo canale interno.
Che dire dei resti della torre di via Pontaccio/Via Broletto rinvenuta negli anni Cinquanta, torre che forse apparteneva alla porta Comacina?
Chi sa qualcosa dei resti della banchina portuale che si trovava nei pressi di via Larga, quando vi scorreva il Seveso?
Chi ha più rivisto il pilastro rinvenuto nei pressi del Teatro romano in via San Vittore al Teatro e che oggi si trova negli scantinati del civico 3?
Pare proprio che fino a qualche decennio fa i resti antichi, soprattutto se strutturali e non artistici, fossero considerati “minori” e quindi di scarso valore, tanto da venire sotterrati di nuovo o, a volte, addirittura distrutti.
Insomma, un insieme di reperti archeologici intorno ai quali sembra ci sia l’indifferenza più assoluta. Perché dimenticare che Milano fu capitale dell’Impero d’Occidente dal 286 al 402? Perché Milano, tanto giustamente proiettata nel futuro, dimentica però il suo passato glorioso? Sarebbe così stimolante se questi reperti venissero valorizzati e fossero accessibili facilmente a milanesi e turisti.
E tanti altri ritrovi scomparsi o per lo meno di cui non si hanno più notizie:
Mura repubblicane con resti di reimpiego da templi o palazzi rinvenuti in via del Lauro nel 1958
via del Lauro il ritrovamento di un’aula absidale e un tratto di mura repubblicane rinvenuti nel 1958
Via Lauro tratto muro romano 1969
Uno dei muri rinvenuti vicino a Piazza Santa Maria Beltrade nel 1938
Via San Vito, ritrovamento di un tratto di mura in mattoni rinforzato con i alcuni conci dell’Anfiteatro romano

CORSO DI PORTA ROMANA

Lungo Corso di Porta Romana si trovava, prima della cerchia dei navigli, l’arco medievale di Porta Romana. Nello stesso luogo in pochi avranno notato una strana pavimentazione a terra, dove il pavé viene interrotto da una sorta di misterioso disegno a terra con un riquadro in sampietrini. Si tratta di un intervento realizzato forse negli anni 20/30 per segnare l’esatta posizione dell’antica porta medievale.
Le porte verso l’Italia e Roma a Milano sono state diverse. In principio venne realizzata una porta nelle Mura Repubblicane denominata “ad Placentiam” e si trovava nei pressi di San Giovanni in Conca, all’altezza della odierna via Unione in piazza Missori. Dopo la realizzazione delle mura Massimiane (III Secolo) venne spostata all’altezza dell’attuale via Paolo da Cannobio e della fu via Maddalena. Sulla porta vie era una lapide che indicava:
Dic homo qui transis dum portae limina tangis
Roma secunda vale Regni decus imperiale
Urbs veneranda nimis plenissima rebus opimis
Te metuunt gentes et tibi flectunt colla potentes
In bello Thebas in sensu vincis Athenas.
Di’, o viandante che t’appresti a varcare la porta:
“Salve, seconda Roma, decoro imperiale del Regno;
città molto veneranda e di dovizie onusta.
Te le genti temono; a Te s’inchinano i potenti.
Tu vinci Tebe per armi ed Atene in saggezza”.
Dalla porta, dopo un ponte levatoio e passando a fianco di un castelletto difensivo in legno, si dipanava una via lastricata di 600 metri e larga 9 metri con ai lati due porticati pieni di botteghe e laboratori. Al termine di questa via importante c’era un arco onorario a 3 fornici.
I porticati vennero inspiegabilmente demoliti già 60-70 anni dopo la loro costruzione, mentre l’arco sopravvisse per quasi un millennio.
Poi arrivò il famoso Barbarossa che distrusse la città quasi completamente, così nell’aprile 1171 sotto la direzione dei capimastri Borro e Marcellino si iniziò la ricostruzione delle nuove mura difensive, tra cui la terza Porta Romana, questa volta posta più avanti come tutte le mura di difesa. Sulla porta vennero scolpite dei bassorilievi da Gerardo di Mastegnianega che raffigurava i milanesi di ritorno nella loro città dopo i terribili anni dell’esilio.
Con Azzone Visconti nel 1300 venne murato il fornice di sinistra e costruita una torre sopra il fornice di destra.
Bernabò Visconti costruì in seguito un enorme castello a difesa dell’intera città che partendo dalla Porta arrivava quasi fino a Santo Stefano, un’area immensa oggi occupata dalla Ca’ Granda Università Statale.
Luchino Visconti aggiunse un altro piccolo castello, la così detta Rocchetta, sul lato sinistro della porta nel 1340 e venne aggiunta una seconda torre mai completata.
Entrambe avevano il lato interno verso la città aperto, in modo che se fossero state occupate dagli invasori questi non si sarebbero potuti asserragliare al loro interno.
In epoca medioevale la porta veniva chiamata o Porta Potestatis, vista la vicinanza con la residenza del Podestà, o Porta Roma.
Nel tardo medioevo parte dei castelli arroccati intorno alla Porta divennero delle carceri, tra le maggiori della città, con centinaia di reclusi.
Nel 1456 si iniziò la costruzione dell’Ospedale della Ca’ Granda per volontà di Francesco Sforza Duca di Milano, che donò i terreni dove sorgeva il castello e le carceri di Porta Romana per la costruzione del grande complesso ospedaliero progettato dal Filerete.
Con l’espansione della città sul finire del 1500 sotto il governo degli spagnoli, si iniziò l’edificazione dei Bastioni, così si dovette costruire una nuova Porta Romana, posta nuovamente più esterna, il progetto fu affidato a Martino Bassi nel 1598.
La nuova porta trionfale modificò anche l’importanza del borgo di Porta Romana, fino al 1500 ricca di ospedali e ricoveri. Così iniziarono dal tardo ‘500 ad essere edificati grandi palazzi nobiliari.
I cortei imperiali o di regnanti in visita alla città entravano tutti per la Porta Romana e negli splendidi palazzi nobiliari trovavano ospitalità.
Nel 1598 il governatore spagnolo di Milano, Don Juan Fernandez de Velasco, fece aprire una nuova strada che mettesse in comunicazione Corso di Porta Romana con la via Larga e da lì verso Palazzo Reale e il Duomo. La nuova strada serviva anche per permettere il passaggio dei carri del Carnevale Milanese che era uno dei principali di tutta Europa (la via e la Torre Velasca ne ricordano il luogo)
Nel 1792 la Porta Romana medioevale costruta nel 1171, era di intralcio alla circolazione di carri, cavalli e carrozze. Così se ne decise l’abbattimento assieme alla Rocchetta. Le pietre della Porta e delle carceri e delle torri furono riutilizzate per la realizzazione della facciata del Duomo allora in corso. I molti bassorilievi presenti sulla facciata della porta, raffiguranti la vittoria sul Barbarossa, la cacciata degli Ariani e altri eventi medioevali, furono salvati e si trovano oggi nei musei del Castello Sforzesco.

BASTIONI DIFENSIVI DEL 1500

In viale Papiniano, tra piazzale Cantore (Porta Genova) e Via Arcangelo Ghisleri si trova un distributore di benzina “particolare”, infatti è stato allestito sui resti di un pezzetto dei bastioni difensivi del 1500.
Durante i lavori di ristrutturazione dell’impianto di distribuzione carburanti, nel maggio 2010 è emerso un lacerto di un’imponente struttura muraria. Il ritrovamento è stato segnalato da Eni S.p.A., proprietario dell’impianto e dell’area, alla soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia che ha richiesto l’assistenza archeologica per riportare in luce quanto possibile della struttura emersa.
In pratica durante i lavori per ristrutturare la pompa di benzina, sono emersi dei tratti murari dei bastioni, in particolare un bastione che costeggiava il fiume Olona che ancora scorreva nel suo letto negli anni Cinquanta.
In particolare si tratta di una parte del secondo bastione difensivo che si incontrava procedendo da Porta Ticinese in direzione nord/ovest, verso l’attuale Piazzale Aquileia. Questa imponente cortina difensiva fu progettata a partire dal 1546 dal Governatore Ferrante Gonzaga per il governo spagnolo; i lavori di realizzazione iniziarono nel 1549 e durarno per circa undici anni.
La tecnica costruttiva utilizzata permise di creare un sistema difensivo praticamente inespugnabile, la cui funzione era quella di proteggere la città antica, i borghi e una grande area di terreno adibito in parte a coltivazioni e in parte a riserva per il futuro sviluppo della città. Nello stesso tempo però creò una netta separazione tra la città e la campagna circostante. La cinta era costituita da un muraglione con torri di forma trapezoidale irregolare e bastioni di forma pseudo-rettangolare, con undici porte che regolavano l’accesso al centro cittadino. Resti di questo sistema difensivo sono stati individuati anche in altri punti della città, grazie a numerosi scavi archeologici eseguiti negli ultimi decenni. La parte più visibile la troviamo in Piazza Medaglie d’Oro, con la punta meridionale ancora intatta, lungo Vittorio Veneto e a tratti lungo la circonvallazione, chiamata anche “Cerchia delle Mura Spagnole”.
La struttura è stata ricoperta per permettere la costruzione dell’impianto di distribuzione carburante. Questi reperti archeologici sono comunque stati messi in sicurezza e ben protetti, per non essere intaccati dalla struttura del distributore soprastante.
per dare una idea di come erano le mura, sono stati fatti dei segni di colori diversi sulla pavimentazione del benzinaio che potete notare anche senza fare rifornimento.
A Milano anche quando si fa benzina si può imparare la storia.

sabato 12 febbraio 2022

NUMERO 38

L'auto, una De Dion Bouton con la targa sul radiatore, apparteneva a Remo Castoldi, un facoltoso proprietario terriero del Lodigiano. Nonostante l'età - 104 anni - l'antico rettangolo di ferro smaltato si è conservato in ottimo stato. Misura ventisette centimetri per tredici ed ha impressi, su fondo bianco, i seguenti numeri: "38" in rosso, l'uno in nero, la bandiera tricolore con il logo del Touring club italiano. Era proprio il Touring che produceva le targhe smaltate per i propri soci. Il 38 corrispondeva alla provincia di Milano (Roma aveva il 55) e il numero uno indica che si trattava della prima vettura immatricolata.
Quella targa restò in possesso della famiglia Castoldi anche quando l'auto fu venduta. Oggi, a distanza di tanti anni, la preziosa placca di metallo è in possesso di Gian Remo Castoldi. Nonostante l'età potrebbe trovare nuova vita grazie a mostre e manifestazioni. Il suo proprietario potrebbe anche decidere di venderla a qualche appassionato collezionista. Ma per ora resta lì, al suo posto. Dopo cento e passa anni di onorato servizio ha voglia di fare ancora un po' di strada.

martedì 18 gennaio 2022

LAGO GERUNDO

Il lago o mare Gerundo (o Gerondo) si suppone fosse un vasto specchio d'acqua stagnante, a regime instabile, situato in Lombardia a cavallo dei letti dei fiumi Adda e Serio.
Le fonti storiche antiche non ne danno alcuna descrizione: il lago, infatti, è conosciuto più per la tradizione orale, mentre secondo i dati geologici esso sembrerebbe essere esistito in età preistorica. Storicamente la zona è stata sì soggetta ad alluvioni dei fiumi, ma, piuttosto che paludosa, sembra essere sempre stata sostanzialmente poco fertile, costituita essenzialmente da gerali, cioè da strati di ghiaia, ricoperti, in media, solo da 45 cm di torba.
Al lago Gerundo è strettamente legato il promontorio dell'Insula Fulcheria (forse da pulchra, "bella"), l'unica zona fertile nel centro dell'arida distesa ghiaiosa.
È probabile che il toponimo "Gerundo" derivi dalla géra o "ghiaia" (oppure gérola, "sasso"), e infatti i gerali la fanno da padrone (vedi la toponomastica locale, come in Gera d'Adda).
Valerio Ferrari, conoscitore del territorio cremasco, ha suggerito al contrario che il termine possa derivare dal greco gyrus (spira, curva), con riferimento ai meandri fluviali che abbondano nell'area.
Un'ipotesi più fantasiosa farebbe invece derivare il termine Gerundo dal greco Ăchĕrōn, ossia Acheronte, un fiume infernale nella mitologia greca, poiché il lago avrebbe dovuto essere paludoso, e quindi inospitale e malsano.Il lago occupava un ampio tratto di territorio tra Adda e Serio, ma anche, secondo alcuni, Brembo e Oglio. Tale localizzazione comprende quindi le provincie di Bergamo, Lodi, Cremona e Milano.
Una probabile concausa nella formazione del lago deve essere stata la presenza delle risorgive del Fiume Tormo nella piana alluvionale dell'Adda, situate oggi nel comune di Arzago d'Adda. Nel passato le acque del fiume non erano canalizzate, ciò dava origine a vaste zona paludose.
La costa est del lago, secondo alcuni autori, raggiungeva Fara Olivana e proseguiva, passando a est di Crema, sino a Grumello Cremonese; continuando poi a occupare parte delle valli del Chiese e dell'Oglio sin quasi alla sua immissione nel Po. In particolare, si può osservare una vasta zona delimitata da una scarpata che indica l'antico alveo del lago, o meglio la zona più profonda; tale demarcazione è oggi chiaramente visibile nei pressi della sponda occidentale dell'Adda, da Cassano a Castiglione. L'ampiezza massima del lago, comprendente le zone paludose, è andata comunque oltre, a causa dell'abbandono delle opere di bonifica durante il Medioevo. Al centro del lago si ergeva una lunga e stretta striscia di terra che iniziava presso Caravaggio, raggiungeva Crema e proseguiva sin oltre Castelleone.
Il suolo declina verso il letto attuale dei fiumi alle volte con suggestive pendenze, come nel territorio di Truccazzano, sulla strada provinciale 14 "Rivoltana", a Formigara, e a Chieve.
Numerosi sono i comuni che dedicano una via al lago scomparso, mentre nella parte bergamasca del comune di Cassano d'Adda, esiste la località Taranta, probabilmente derivata dalla leggenda del drago.
Datazioni geologiche permettono di stabilire che la valle dell'Adda era formata già 5000 anni fa, e si presentava così come è oggi. Il fiume ha comunque mostrato ampliamento di meandri e modificazioni del corso in misura maggiore che non l'Oglio, per esempio. La zona era inoltre abitata, essendo state trovate tracce di insediamenti gallici (III e II secolo a.C.) e romani, nonché una strada romana da Milano a Cremona, in pieno "lago Gerundo".

lunedì 17 gennaio 2022

CASCINA BERTAFILAVA

nell'odierna Piazza Wagner, allora Borgo di San Pietro in Sala. La mappa del 1772 mostra invece una cascina con annessi campi "detti della Berta che Filava".

La storia o leggenda di Berta che Filava è diffusissima in tutta Europa, in Francia, come nel Nord Italia e in Germania.
Le origini pare che si perdano nell'Alto Medioevo, tanto che ormai non è possibile riuscire a definire quale sia la vicenda originale.
La versione milanese vede come protagonista la regina Teodolinda. Sposa di re Autari, re dei Longobardi dal 584, quando nel 590 Autari
morì improvvisamente, Teodolinda si risposò con il duca longobardo Agilulfo, portandogli in dote il Regno d'Italia. Agilulfo stava però a Torino, mentre Teodolinda a Monza; la regina decise quindi di andare a incontrare il futuro sposo.
Superata Milano il corteo iniziò a percorre la strada per Torino, corrispondente oggi all'asse viario corso Vercelli/Belfiore/piazza Wagner/Marghera/piazza De Angeli/via Rubens/via Novara.

Giunti all'altezza dell'attuale piazza Wagner, incrociarono una piccola cappella, detta Sala di Rozone. Teodolina, al contrario di quasi tutti i Longobardi, era cattolica e probabilmente decise di fermarsi nei pressi della cappella.
Intorno vi era un piccolo borgo rurale e tutti gli abitanti uscirono a festeggiare la regina. Questa si accorse però che una donna era rimasta seduta a continuare
il suo lavoro di filatura della lana.
La regina, infastidita dal disinteresse della donna nei suoi confronti, andò verso di lei e le chiese delucidazioni sul suo comportamento poco rispettoso.
La donna, che si chiamava Berta, disse alla regina che era talmente povera che non poteva permettersi pause nel suo lavoro, nemmeno per
ammirare la regina. Teodolinda rimase colpita dalle parole sincere di Berta e la volle premiare donandole un terreno ampio tanto quanto un unico filo di lana
che sarebbe riuscita a produrre in quella giornata di lavoro.
Divenuta proprietaria di un ampio appezzamento di terreno alle spalle della cappella di Sala di Rozone, Berta poté permettersi di smettere
di filare. Era finito il tempo in cui Berta filava.
Sul sito della vecchia cappelletta sorse a fine 700 l'Osteria della Berta che Filava.
Quando nel 1908 il Comitato per il Monumento a Carlo Porta decise di organizzare una raccolta fondi, prendendo in affitto dal Comune l'Arena Civica per ricreare nel prato al suo interno i principali monumenti della città, tutti con all'interno dei ristoranti, vennero anche ricostruite le due più famose osterie fuori porta, la Cassina di Pomm sul Martesana e l'Osteria della Berta che Filava a San Pietro in Sala. L'enorme fiera prese il nome di Baraonda e durò due mesi.

lunedì 10 gennaio 2022

VIA ROMA NON ESISTE

Via Roma è la strada più gettonata di tutta l’Italia, che è presente ovunque. Ogni città infatti sia essa grande o piccola, dedica una strada a Roma, ad eccezione di Milano che decide di non chiamare nessuna via come la Capitale.

 A Roma esiste una via Milano, in pieno centro, nei pressi del Quirinale.

Ma a Milano via Roma non c’è.
Dal 1932 per obbligo di legge, ogni città italiana ha dovuto inserire nelle proprie strade una via dedicata alla Capitale. Tutto questo per volere di Mussolini e del fascismo, che voleva festeggiare la sua “marcia su Roma” in occasione dei dieci anni dall’evento. Celebrava così la manifestazione armata che fece nel 1922 nella Capitale e che assicurò la salita del suo partito in Italia.

(come questa, Via Roma scattata all’altezza della crocetta e del teatro Carcano).
Per ricordare questo momento, Mussolini aveva proposto così una legge, nella quale invitava tutte le città della penisola a mettere una strada principale da dedicare a Roma. È  così che quindi nascono le tante Via Roma, che ancora esistono nonostante il partito sia caduto da anni,

Caduto il fascismo e finita la guerra, le cose vennero presto rimesse a posto, anche Milano quindi a quei tempi fu costretta a inserire una Via Roma all’interno delle proprie strade. Aveva un Corso chiamato Porta Romana a cui cambiò il nome facendolo diventare Corso Roma. A differenza di molte altre città però, appena crollato il fascismo fece tornare la via al suo nome originale, in gesto di ribellione al partito caduto ma scatenando così anche l’indignazione di Roma.
Con buona pace dei romani che hanno ben altro cui pensare.

domenica 9 gennaio 2022

CA' DEI CIAPP

In Corso Venezia 47 vi era Palazzo Castiglioni. Ai lati del portone di ingresso originariamente era possibile vedere due nudi femminili realizzati da Ernesto Bazzaro. Queste due statue avevano scandalizzato i benpensanti milanesi che immediatamente avevano battezzato il palazzo con il nome di Cà di Ciapp. Tale risonanza ebbero questi due nudi femminili che il proprietario del palazzo dovette decidere di spostarle e sostituirle con delle decorazioni floreali, molto semplici quanto anonime. Le due statue della vergogna invece furono trasferite in via Buonarroti, su un lato della Villa Romeo-Faccanoni, oggi Clinica Columbus.

sabato 8 gennaio 2022

DOVE ABITAVA MUSSOLINI?

nel 1919 Mussolini abitava in Foro Bonaparte 38 (rif.guidatelefonica);
- l'articolo del Corriere conferma che Mussolini andò ad abitare nel 1918 in una casa multipiano situata in Foro Bonaparte 38;
- anche nel 1923 gli articoli del Corriere confermano tale recapito;
- il civico Foro Bonaparte 38 riportato sulla mappa 1914 corrisponde al civico 8 di piazzale Marengo riportato sulla mappa Savallo 1927;
- la Guida Savallo 1920 riporta ancora la stessa numerazione della mappa 1914;
- sia sulla guida telefonica 1919 che sulla Guida Savallo 1920 è indicata la presenza della Soc. An. Rubinetterie Riunite (negozio) in Foro Bonaparte 38.

la localizzazione della casa di Mussolini, dato che si desume che la ridenominazione in piazzale Marengo sia avvenuta fra il 1923 e il 1927.

Guida Savallo 1920:

giovedì 6 gennaio 2022

LA PORTA DELLA MERAVIGLIA

 

La Porta Meraviglia era il portone d'ingresso dell'Ospedale Ca Granda, che affacciava proprio sulla cerchia interna dei navigli.

Il portone era situato sul ponte dell'Annunciata o ponte dell'Ospedale denominato anche come ponte dei poveri, costruito nel 1691, che consentiva di accedere all0spedale dallo stradone della pace, via San Barnaba.

Fin dalla sua nascita nel 1456 la Ca Granda si era dotata di un area sepolcrale all'interno della stessa di via Festa del Perdono oggi sede dell'Università Statale.

Tuttavia , alla fine del XVII secolo, il cimitero divenne insufficiente ed inadeguato per le accresciute necessità ed esigenze igieniche del grande ospedale.

Attilio Arrigone progettò quindi il nuovo cimitero chiamato Cimitero ai nuovi sepolcri oggi conosciuto come la Rotonda della Besana, tracciando così la nuova strada che collegava questo con l'ospedale e realizzando un ponte il Ponte dell'Annunciata che permetteva di scavalcare il Naviglio.

Venne così aperta anche la nuova porta nell'ospedale, per permettere di portare le salme fino ai Nuovi Sepolcri; questa porta tutt'ora esistente, era talmente bella che fu appunto chiamata Porta Delle Meraviglie.

domenica 2 gennaio 2022

LO STRANO CAMPANILE

 

Se avessimo la possibilità di sorvolare Milano in via Cesare Correnti e sopra il cortile del civico 14, avremmo modo di notare una strana costruzione che fuoriesce dai tetti delle case.

E' la presenza di quel che rimane dell’antico campanile dell’ex chiesa di San Simone.

Oggi lo spazio è stato utilizzato come appartamento.

sabato 1 gennaio 2022

LA PALLA DI CANNONE

un reperto storico di grande importanza, una palla di cannone, un segno delle 5 giornate visibile ancora oggi sulla facciata di palazzo Acerbi.

Nel muro, nella parte destra della facciata, tra il pian terreno e il primo piano, è incastonata una palla di cannone sparata il 20 Marzo 1848  dall’esercito austriaco per contrastare l’insurrezione dei cittadini milanesi… ricordo della libertà conquistata…

La città era capitale del Regno Lombardo-Veneto, che apparteneva all’Impero austriaco, ma la dominazione straniera scontentava tutti, così nel marzo di quell’anno ci fu uno dei più famosi moti risorgimentali, che costituì il presupposto della prima guerra d’indipendenza.

Tra il 18 e il 22 marzo 1848 in città scoppiò la rivolta dei milanesi contro l’oppressore austriaco cominciata con lo “sciopero del fumo”. Radetzky dichiarò lo stato di emergenza. Le campane risuonavano in tutta Milano per richiamare il popolo alla battaglia.

Chi decise di lasciare la palla di cannone nel posto in cui aveva colpito il palazzo, si premurò di far aggiungere al di sotto una scritta su una piccola lapide che ricorda che l’impatto avvenne nel terzo giorno degli scontri il «20 marzo 1848».

La palla di cannone di Palazzo Acerbi  non è l’unico segno delle molte cannonate che furono sparate in quei giorni visibile a Milano.

LE PORTE CHE NON CI SONO NEL DUOMO

Sul lato del Duomo che fronteggia la Rinascente e i portici di Vittorio Emanuele non ci sono porte, mentre dall’altro lato si può entrare.

Alla fine del 1300 il cantiere del Duomo impiegava la bellezza di 3.500 scalpellini che lavoravano il marmo utilizzato per la costruzione.

Il marmo proveniva da Candoglia, un paese che si trova a circa cento chilometri da Milano, e da lì arrivavano anche questi operai specializzati, che quindi dovevano essere alloggiati in città.

A questo scopo furono costruite dietro l’abside della cattedrale centinaia di casupole e in poco tempo la zona si trasformò in un vero e proprio quartiere, chiamato il “quartiere dei marmorini”, attraversato da un labirinto inestricabile di viuzze. Ma di lì dovevano passare gli ortolani milanesi provenienti dal verziere per arrivare al sagrato del Duomo, dove allestivano le bancarelle di frutta e verdura. Per loro quel tragitto era diventato un incubo, paragonabile ai peggiori ingorghi del traffico che ci affliggono oggi nelle ore di punta. Avevano quindi preso l’abitudine di evitare l’ostacolo attraversando con gli asini carichi di merce le navate della cattedrale, benchè le autorità lo avessero ripetutamente vietato per rispetto alla sacralità dell’edificio.

Dato che a niente erano serviti i richiami e le diffide, San Carlo prese la decisione drastica di murare le porte da quel lato per impedire l’indecoroso viavai. 

E quelle porte non sono state mai più riaperte.

I NASONI CHE CI OSSERVANO DI NASCOSTO

Come delle facce nascoste nei muri dei palazzi, ci osservano di nascosto mostrando solo il naso.
Queste scatolette alte più o meno una decina di centimetri sono degli strumenti topografici oramai in disuso posizionati sui muri dei palazzi e che servivano a monitorare eventuali movimenti degli edifici stessi dovuti agli scavi della metropolitana. 
Li potete trovare sparsi per la città:  vicino al Duomo, alla Galleria, all’Isola, in corso Garibaldi
(quello in foto si trova in piazza Duomo  vicino palazzo Reale )

Alcuni sono stati anche decorati come personaggi con occhi e bocca!
Oggi si usano altri sistemi di misurazione per gli eventuali spostamenti topografici, strumenti più precisi che possiamo trovare affiancati ai “nasoni”
Che forma hanno? Di righello!


martedì 7 dicembre 2021

GLICINE DI LEONARDO

Non è incluso negli itinerari turistici, ma è uno dei luoghi che si accompagna a una delle creazioni più importanti per la storia di Milano. Si tratta del Glicine di Leonardo, sito in via Verro numero 2, nel cortile dell’antica cooperativa operaia e di consumo Morivione. Sembra che sotto questa monumentale pianta, forse la più vecchia di Lombardia, che conta oltre 700 anni e ha radici di oltre 2 km. 

Si narra che il genio di Leonardo avesse elaborato il progetto dei Navigli all’ombra di un glicine, e che si incontrasse con Ludovico il Moro per discutere di come rendere navigabili i Navigli, progettando la Conca Fallata in via Chiesa Rossa, sul Naviglio Pavese. Storia però messa in dubbio da alcuni botanici, che sostengono che il glicine entrò in Europa solo dopo la scoperta dell’America. Tesi contestata da altri studiosi, che invece ritengono che la specie possa essere arrivata dalla Cina, percorrendo la Via della Seta.

Anche altre storie sono associate a questo glicine. Una delle più funeste tra queste risale al 1300 quando il bandito Alessandro Vione fu pugnalato a morte ai piedi della pianta da un soldato degli Sforza che lo aveva sorpreso a rubare del cibo. Da quel giorno la gente passando per questo luogo ha ricordato la morte del bandito con la frase “Qui morì Vione” che poi è diventata Morivione, oggi nome del quartiere .

 

PARCO DEL CITYLIFE

CityLife vanta uno tra i parchi più ampi di Milano, ma soprattutto è ricco di opere d’arte che lo rendono un vero museo a cielo aperto tutto...