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venerdì 11 febbraio 2022

LE O.T.A.V.

le city car di Max Turkheimer

La fortuna imprenditoriale di Mosè Max Turkheimer (ebreo nato in Germania nel 1860) è legata alla città di Milano, dove era giunto giovanissimo con la propria famiglia.
Qui, attratto dalla passione per i motori, inizia nel 1891 ad importare motociclette del marchio Hildebrand & Wolfmiller.
Ben presto, nel 1902, iniziò in via Lanzone a produrre in proprio biciclete e moto. Il successo avuto con le due ruote lo spinse a tentare una nuova avventura, di maggior respiro.
Max Turkheimer costituì così nel 1905 la società O.T.A.V., acronimo di Officine Turkheimer Automobili e Velocipedi. Trasferì la sede produttiva in via Lambro.
L'idea era quella, avveneristica, di produrre piccole vetture a due posti spinte da un semplice ed economico motore motociclistico di circa 800 cc.
Offrire cioè sul mercato una vettura ben diversa da quelle che si erano fino ad allora viste in circolazione, grosse, costose, adatte solo a nobili e ricchi con autista.
Lo scopo era quello di conquistare una nuova fetta di mercato: la borghesia milanese.
Nel listino fu inserito un solo modello, da 5,5 HP, che fu costruito in circa duecento esemplari. La carrozzeria era allestita dall'affermata e famosa Castagna di Milano (negli stabilimenti di via della Chiusa), che in quegli anni già collaborava con Benz e Fiat.
Le vendite andarono bene il primo anno, considerando anche il discreto numero di vetture vendute all'estero. Le O.T.A.V. riuscirono anche a dimostrare il loro valore in alcune prove sportive e di resistenza.
Tuttavia, ben presto l'offerta superò la domanda, e la crisi sopraggiunse già alla fine del secondo anno di vita. Nonostante la fusione con la Junior di Torino, la O.T.A.V. cessò l'attività nel 1909.
Sembra che avesse anche tentato, in ultimo, come dimostrerebbero alcune fotografie, di mettere in produzione un secondo modello, questa volta un'automobile di maggiori dimensioni.
Max Turkheimer tornò ad occuparsi così di motociclette e velocipedi, e la loro produzione continuò per molti altri anni. La ditta passò infatti al figlio e al cugino, ed ebbe fortune alterne fino alla seconda guerra mondiale.
Salvo rinvenimenti fortunosi, ad oggi pare sopravvivano due soli esemplari di vetturetta O.T.A.V., una in Italia ed una all'estero.

GLI AUTOBUS A GASOGENO 1935

La decisione di intraprendere una campagna militare in Etiopia (Abissinia) maturò nel 1930, ma si dovette attendere il 1934, quando Mussolini (deciso a far dell'Italia un impero) colse la palla al balzo sfruttando, quale pretesto, un incidente presso la località di Ual-Ual, lungo la frontiera somala. L'attacco al forte italiano di Ual-Ual fu la goccia che fece esplodere l'ira del duce, che pronunciò la frase: «Con l'Etiopia abbiamo pazientato quaranta anni! Ora basta!». E fu guerra.
Quando l'opinione pubblica internazionale iniziò a mobilitarsi contro la violenta aggressione dell'Italia, la Società delle Nazioni approvò una serie di sanzioni economiche contro l'Italia (ottobre 1935), finalizzata a rifiutare i prodotti italiani e a non rifornire l'Italia di alcune materie prime.
Le sanzioni entrarono ufficialmente in vigore il 18 novembre 1935.
Il governo lanciò conseguentemente una campagna per l'indipendenza economica: l'autarchia.
Legna e carbone, prodotti autarchici
Tra i vari prodotti a rischio vi fu il petrolio. Questo spinse immediatamente alla trasformazione dei veicoli circolanti a benzina (autobus, camion e auto private), mediante l'applicazione, nella zona posteriore, di appositi gasogeni a legna e carbone. Ne risultarono dei veicoli alquanto goffi, ma di sicura circolazione!
Il principio del gasogeno è semplice: in una grossa caldaia chiusa, una miscela legna-carbone viene accesa. Grazie alla carenza di ossigeno il materiale in combustione genera monossido di carbonio, anidride carbonica, azoto e idrogeno. Il passaggio sul carbone incandescente genera una miscela detta "gas d'acqua". Il risultato è un gas molto economico con un basso potere calorifico. 
A Milano, vennero pertanto applicate grosse caldaie agli autobus in circolazione, nelle settimane subito successive all'inizio delle sanzioni.
Ben presto, in città circolarono solo autobus con gasogeno applicato, mentre poco dopo, con la consegna di autobus nuovi, i gasogeni vennero ad essere incorporati nel veicolo (con risultati estetici decisamente migliori).
Una legge del 1938 impone ai mezzi pubblici (urbani e non) che non si erano già adattati, l'alimentazione esclusiva con questo sistema.
Poi venne la guerra, e di autobus in circolazione se ne videro sempre meno.....

TRAM DI MILANO

Da quando, il 2 novembre 1893, vennero introdotti i tram elettrici, Milano ha visto correre (si fa per dire) molti modelli di vetture tranviarie. Alcuni tram ebbero grande fortuna, altri circolarono in poche unità e per pochi anni.
Vediamo i vari modelli in ordine cronologico di costruzione (che non coincide necessariamente con l'ordine numerico delle serie).
Sono tralasciate alcune serie del tutto sperimentali o quasi, non avendo tali vetture mai prestato effettivo servizio all'utenza oppure solo saltuariamente per pochi mesi.
Ricordiamo inoltre che numerose furono le vetture tranviarie speciali, adattate cioè a vari compiti cittadini (ad esempio: tram spazzaneve, tram ambulanza durante la I guerra mondiale, tram funebre, tram lavastrade, ecc.).
Serie Edison
Per il servizio tranviario elettrico introdotto nel 1893 dalla Edison vennero utilizzate piccole vetture bidirezionali a due assi, con telaio metallico e cassa di legno, caratterizzate da terrazzini aperti alle estremità.
Furono, durante gli anni, costruite da più industrie: Breda, Carminati e Toselli, OM, Miani e Silvestri... Il motore era a corrente continua 600 V, la capacità di 36 passeggeri. Colore: rosso con filettature nere; poi dal 1900 muterà in nero-giallo-bianco
Vennero poi rese unidirezionali e trasformate, senza motore, in rimorchi per aumentare le capacità di carico: era usuale un tempoi vedere circolare tram con rimorchio.
Ne è esistita anche una versione a due piani per la Milano-Monza.
Serie 600 e 700
Passato il servizio tramviario, nel 1917, in mano al Comune per il tramite di ATM, le Edison vennero affiancate poco dopo la prima guerra mondiale dalla serie 600, vettura a due assi bidirezionali. Fu costruita tra il 1924 e il 1928, ed ebbe un'attività di servizio molto lunga.
La costruzione fu affidata a diverse industrie: Carminati e Toselli, Breda, OM. Per i motori elettrici: Compagnia Generale Elettricità e Tecnomasio Italiana Brown Boveri.
Questi tram subirono nei decenni varie modifiche, furono anche sfruttati per costruire serie articolate successive.
Le 600 andate gravemente danneggiate durante i bombardamenti angloamericani furono negli anni successivi ricostruite dalla Caproni (a Taliedo) e classificate come serie 700 (attualmente ne sopravvivono alcuni esemplari).
Oggi circola anche una 600 storica, ma in realtà si tratta di una 700 riattata.
Serie 1500 (dette Ventotto o Carrelli o Peter Witt)
L'ATM fece costruire, tra il 1928 e il 1930, 500 unità di questo innovativo modello, per rinnovare il parco tranviario milanese ancora legato a piccole vetture a due assi. La costruzione fu opera di più industrie, tra le quali principalmente Carminati e Toselli, Breda, OM.
L'idea della cassa con carrelli a due assi indipendenti dal corpo vettura venne mutuata dal progetto americano di Peter Witt (ingegnere e politico di Cleveland): questo modello permetteva di far circolare tram con una cassa molto più lunga dei modelli fino ad allora realizzati.
Originariamente a due porte, e con salottino fumatori in coda alla vettura.
A parte i primissimi esemplari di colore giallo crema, tutte le vetture vennero consegnate in colorazione bitonale verde, rimasta in uso fino algli anni sessanta, quando fu sostituita con la livrea arancione.
Nati con il trolley per la prese di corrente aerea, negli anni settanta vennero modificati per circolare con il pantografo.
A Milano circolano tutt'ora per servizi regolari di trasporto passeggeri (mentre in altre città circolano su linee turistiche o come vetture storiche per occasioni particolari). 
Serie 3000 (detta scherzosamente "due camere e cucina")
Realizzata dalle Officine ATM di Teodosio nel 1932-1934 questa serie articolata era costituita da due vetture rimorchio accoppiate e dotate di motore prelevato dalla Edison in fase di dismissione, con al centro una cassa sospesa collegata tramite mantici di intercomunicazione fornita dalla Carminati e Toselli.
Quasi tutte distrutte durante i bombardamenti angloamericani, ne sopravvissero pochi esemplari, mentre altre vetture furono sfruttate per costruire la serie 4000.
Radiate nel 1960
Serie 4000 e 4100
Evoluzioni della serie 3000 realizzate sempre in proprio da ATM, esteticamente molto simili.
Serie 5000
Dalla metà degli anni trenta ATM cominciò gli studi per una nuova vettura tramviaria: nacque la serie 5000, realizzata quasi interamente con profilati in leghe d'alluminio, tenuti insieme da bulloni; la struttura portante, di tipo reticolare, presentava un rivestimento esterno in lamierino d'alluminio, a sua volta incollato su pannelli di legno compensato.
Le casse furono realizzate da tre fornitori: Breda , Officine Elettroferroviarie Tallero e Officine Meccaniche, tra il 1936 e il 1939. I carrelli vennero forniti dalla TIBB, e l'equipaggiamento elettrico dalla Marelli.
Le poche 5000 sopravvissute ai bombardamenti prestarono servizio per altri tre decenni.
Serie 4500
Piccola serie di vetture articolate a due casse, costruite dal 1942 al 1944 dall'Officina Meccanica della Stanga, articolando le vetture 5000.
Il meccanismo di articolazione centrale era di tipo innovativo, e conosciuto con il termine di "giostra urbinati".
Le vetture  5100  erano  motrici a carrelli ricavate dalla ricostruzione delle serie 5000 danneggiate durante la guerra, elaborate dall'Ansaldo di Genova  alla fine degli anni quaranta (1947-1951).
Ne sopravvivono alcune unità.
Le 5200 erano vetture consegnate a partire dal 1952, e differivano per alcuni particolari elettrici ed interni dalle 5100.
Le 5300 furono l'evoluzione delle 5200. 
Le vetture 4600 vennero progettate come versione articolata a due casse della serie 5300.
tram milanoI primi esemplari furono consegnate dalla Stanga di Padova a partire dal 1955, ma altre unità entrarono in servizio negli anni sessanta, realizzate dalla Breda.
Tram articolato a tre casse, ideato come prototipo nel 1971 da ATM Teodosio (poi costruito in serie da Mauri negli anni successivi) sfruttando le vetture 5200 e 5300: queste erano unite ad una cassa centrale costruita ex novo.
Le ultime unità cessarono l'esercizio il 31 dicembre 2010.
Serie costituita da sole tre vetture (dette bassotte) acquistate usate dall'ATAC di Roma, circolarono a Milano tra il 1951 e il 1966.
Tram a tre casse (tutt'ora in circolazione regolarmente) realizzati da Fiat e Stanga tra il 1976 e il 1978 (e modificate nella coda tra il 1982 e il 1984). Motori TIBB e AEG.
Recentemente alcune vetture sono state rimodernate nella livrea e nella impiantistica.
Tram di recente costruzione (a partire dal 2000), in circolazione sulle linee di forza dirette in periferia. Conosciuti come Eurotram, Sirio e Sirietto.

giovedì 10 febbraio 2022

I TRAM A DUE PIANI

Tanto tempo fa, quando la metropolitana non esisteva ancora e l’ATM non era nemmeno stata fondata, Milano aveva già i suoi mezzi pubblici: mezzi che oggi definiremmo vintage e affascinanti, anche insoliti, ma che all’alba del XX secolo facevano parte della vita quotidiana dei milanesi.
Nel 1900 (non il secolo, ma l’anno esatto) a sferragliare per la linea Milano-Monza c’era una “creatura” alta quasi cinque metri e larga due, che pesava ben diciannove tonnellate e che sfrecciava fino a trenta chilometri orari: il suo nome era Tram Edison, della serie 405-414. Probabilmente questi numeri vi dicono poco o nulla, ma grazie a questa foto capirete subito cosa avevano di speciale:
Ebbene sì: a Milano c’erano i tram a due piani!
Furono protagonisti della Milano-Monza dal 1900 al 1919 ed in tutto erano dieci elettromotrici, create dalla collaborazione tra la General Electric (parte elettrica) ed Edison (parte meccanica). I pendolari entravano nella vettura non alle estremità, ma al centro, e salendo al secondo piano avevano la possibilità di godersi un viaggetto “panoramico” da casa fino a destinazione: un po’ come i bus rossi a due piani londinesi! E questo era ancora più evidente in estate, quando il piano superiore (chiamato “imperiale“) era aperto come quello dei City Sightseeing: uno spettacolo!
Inizialmente questo tipo di tram era rivestito in legno teak non verniciato, per poi diventare bianco quando, tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, la gestione di quasi tutte le linee tranviarie milanesi passò alla STEL (Società Trazione Elettrica Lombarda). La STEL però non si limitò a cambiare il colore: infatti privò questi tram del loro caratteristico secondo piano, tanto che le nuove vetture acquistarono il poco elegante soprannome di “decapitate“.
Resistevano ancora pochi esemplari di “tram doppi”, ma diventarono sempre meno diffusi e giravano su linee minori. Nel 1957 ne rimanevano solo quattro, che transitavano lungo la Milano-Cinisello e la Milano-Corsico: quando quest’ultima linea venne soppressa, nel 1966, fu anche la fine per i tram a due piani, che vennero demoliti.
Ora i tram a due piani sono il simbolo di un’epoca che si fa sempre più lontana, qualcosa da etichettare come “vintage”, e che possiamo solo osservare da molto lontano attraverso poche fotografie in bianco e nero.

PRIMI AUTOBUS ELETTRICI

Oggi il trasporto pubblico cittadino effettuato con autobus tende ad essere sempre più amico dell'ambiente: i veicoli ATM rispettano normative antinquinamento severe, e l'autobus elettrico inizia ora il suo sperimentale cammino. 
Eppure, quasi cento anni fa, un tentativo di far circolare a Milano autobus elettrici era già stato fatto.
Nel 1921 il Comune di Milano stipulò una convenzione con la ditta Rognini e Balbo per la messa in esercizio di una linea di servizio pubblico mediante autobus elettrici.
Così, il 6 gennaio 1922, la Rognini e Balbo, con sede operativa in via Spontini, mise in servizio nove veicoli elettrici ad accumulatori (e un rimorchio).
Il percorso di linea era: via Sarpi (angolo via Canonica), via Volta, via Moscova, via Cernaia, via Borgonuovo, via Verziere, via Brolo, via Ospedale.

Questi autobus di colore bianco con interni in velluto rosso potevano trasportare fino a 60 persone, alla velocità di 25 chilometri orari.
L'accordo con il Comune prevedeva che le eventuali perdite fossero a carico del privato, mentre gli utili si sarebbero divisi (quasi) equamente: 55% al Comune, 45% al privato.
Benchè l'impresa Rognini fosse convinta di far concorrenza ai tram, i veicoli elettrici presentarono vari problemi, tra i quali la scarsa autonomia di servizio e la poca affidabilità. 
A quanto risulta, il servizio venne soppresso entro il secondo anno di esercizio, quando a conti fatti l'esperimento si rivelò antieconomico.
La fortuna non arrise all'impresa in quel breve periodo di attività.
Infatti, gli autobus fecero in tempo ad investire alcuni cittadini: nel febbraio 1923 venne travolto un operaio marmista sul ponte di san Marco, mentre il 19 novembre 1923, venne arrotato un disgraziato in via Paolo Sarpi, come ci ha tramandato il Corriere della Sera. Inoltre, la cassaforte della ditta, custodita negli uffici di via Spontini, fu trovata sfondata e svuotata la mattina del 24 novembre 1922.
Alcuni esemplari di questo sfortunato tentativo vennero comunque mantenuti, e opportunamente trasformati, furono sfruttati dal 1928 per il servizio funebre, al posto dei tram funebri detti Gioconda (ne abbiamo parlato qui).
La Rognini e Balbo continuò comunque la sua attività in altri contesti, come ad esempio Vicenza, alla quale fornì alcune filovie.

TRANVIA MILANO - GALLARATE

Un comitato per la realizzazione di un collegamento fra Milano e i Comuni dell'Alto Milanese fu fondato nel gennaio del 1878 allo scopo di superare i limiti del servizio di carrozze a cavalli che, chiamata velociu in dialetto legnanese, percorreva a quel tempo la strada del Sempione.

Concessa con atto del 17 marzo 1880, la nuova tranvia a vapore fu inaugurata il 15 settembre 1880 nel primo tratto Milano-Legnano, a cura della belga Società Anonima delle tramvie e delle ferrovie economiche di Roma, Milano e Bologna (STFE), fondata nel 1877. Il tracciato aveva una lunghezza complessiva di circa 25 km.

In considerazione dell'alto grado di industrializzazione dell'area servita, il traffico si mostrò da subito sostenuto rendendo la linea remunerativa.

Il 25 aprile 1881 il servizio tranviario venne esteso sino alla città di Gallarate e la tranvia assunse dunque il nome completo.

Nel 1889 la STFE cambiò nome in Società per le tramvie e le ferrovie economiche di Roma, Milano e Bologna (TFE).

Nel 1913, la Società Trazione & Imprese Elettriche (STIE) acquisì dalla società belga la concessione, ottenendo dal governo italiano la possibilità di provvedere all'elettrificazione della linea a seguito del regio decreto 6 novembre 1913, n. 1340.

La nuova impresa esercente decise di adottare un sistema di alimentazione in corrente continua con una tensione di 750 volt. L'elettrificazione del tronco Milano-Busto Arsizio avvenne nel corso del 1915, mentre il collaudo si tenne il 12 giugno dello stesso anno. Il resto della linea fu elettrificato il 31 dicembre 1927.

Nei primi anni Trenta la linea si estese nel Varesotto: il 10 luglio 1931 aprì la tratta Cassano Magnago-Gallarate-Samarate, prolungata l'11 febbraio 1933 con l'apertura del tronco Samarate-Lonate Pozzolo.

Il 1º ottobre 1951 venne soppressa la tratta tra Legnano e Gallarate, e le due diramazioni per Cassano Magnago e Lonate Pozzolo, mentre la chiusura definitiva reca la data 18 gennaio 1966. La Milano-Gallarate fu l'ultima tranvia in concessione all'industria privata della Lombardia.

Il capolinea milanese era situato in via Cusani,

TRAM CARRELLI

Il 20 novembre 2017 ha compiuto ben 90 anni
Il primo prototipo dello storico tram Carrelli, il 1501, risale addirittura al 20 novembre 1927, praticamente novant’anni fa: e pensare che oggi per Milano girano ancora più di 100 vetture come questa! All’epoca a raggiungere veramente il successo furono le cosiddette Ventotto, che uscirono per l’appunto nel corso dell’anno successivo, immatricolate come 1502 (ma entrarono ufficialmente in servizio “solo” nel 1929).
Il Carrelli diede un enorme contributo alla modernizzazione della rete tranviaria milanese e tutt’oggi simboleggia l’avanguardia del trasporto pubblico milanese e italiano. Addirittura, durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, solamente un’unità (la 1624) fu dichiarata irrecuperabile: tutte le altre poterono essere ricostruite, tanto erano robuste (e c’è anche la dire che quella sola unità venne letteralmente presa in pieno da una bomba: ovviamente non si poteva più farci alcunché)!
Come è possibile notare da alcune foto storiche, inizialmente i tram Carrelli erano di colore verde. Poi, con l’arrivo degli anni Settanta, divennero di quell’arancio al quale poi si adeguarono tutti i mezzi pubblici italiani. Ma, a vedere gli interni in legno, sembra che il resto non sia poi cambiato di molto, nel corso dei decenni: ma è solo un’apparenza, dato che dietro quell’atmosfera vintage si nasconde un lato tecnologico che permette a queste vetture di continuare a trasportare ogni anno tanti, tantissimi passeggeri.

mercoledì 9 febbraio 2022

ELIPADANA

Fin dal 1958 il Comune di Milano aveva progettato di unire mediante voli in elicottero il capoluogo lombardo con le più importanti città vicine, quali Torino e Genova, immaginando un collegamento anche con la città svizzera di Lugano. Fu, questo, un anno di voli sperimentali e di annunci giornalistici.
Le cose si concretizzarono l'anno successivo, quando il 16 luglio 1959 venne stipulato l'atto costitutivo della Elipadana SAITE (Società Alta Italia Trasporto Elicotteri), con sede legale in via Albricci. Il Comune di Milano fu da subito socio con il 50% del capitale, mentre il restante pacchetto azionario fu sottoscritto da varie grosse società dell'epoca. 
Fu nominato presidente l'ing. Agostino Giambelli (lo si ricorda per il contributo alla nascita della metropolitana in una targa nel mezzanino di San Babila) e direttore Gino Mattoli.
In città, l'eliporto venne costruito sfruttando un non vasto spiazzo in via Restelli, tra piazza Carbonari e viale Stelvio. Idea poco lungimirante, visto che ben presto i residenti dei palazzi limitrofi iniziarono a protestare e a promuovere azioni volte allo spostamento del fastidioso scalo, che di fatto sorgeva a poche decine di metri dalle finestre di molti malcapitati milanesi.
Il primo volo fu quello del 28 settembre 1959, sulla tratta Milano-Malpensa-Lugano (eliporto di Agno). Costo del biglietto: andata e ritorno 75 franchi svizzeri, cifra che rapportata ad oggigiorno e convertita nella valuta europea, significa all'incirca 260 euro!
Tre voli al giorno, con un tempo di percorrenza di circa 40/50 minuti. Apparecchio utilizzato: il birotore americano Piasecki H21 conosciuto come Vertol V44B, capacità 15 passeggeri, preso in locazione dalla compagnia belga Sabena.
Dopo un primo periodo euforico e proficuo, emersero chiaramente gli alti, eccessivi, costi d'esercizio. Il prezzo del biglietto, oltretutto, non era certo alla portata di chiunque. Ad un drastico calo di passeggeri registrato già nel 1960, l'Elipadana rispose mettendo in servizio un modello di elicottero più piccolo (8 posti) e quindi più economico: il Sikorsky S58C, sempre in locazione dalla Sabena.
Nonostante ciò, e benché i prezzi dei biglietti avessero subito un decremento, i clienti si fecero sempre più radi, fino a quando, nel luglio 1961, il servizio fu sospeso e mai più riattivato.
Il servizio di elibus del Comune durò così, tra alti e bassi, solamente un paio d'anni. Il suo fallimento, come detto, è da ricercarsi negli eccessivi costi di manutenzione per i grossi elicotteri in servizio. Si aggiunga che la nebbia spesso costringeva gli elicotteri a terra, rendendo in certi periodi dell'anno il servizio alquanto aleatorio. Peraltro, a fronte di un elevato costo del biglietto, il cliente non aveva una riduzione così apprezzabile nei tempi di percorrenza, visto che andare a Lugano in treno significava impiegarci comunque poco meno di due ore (contro quasi un'ora con l'elicottero).
L'eliporto cadde quindi in disuso e smantellato, e presto divenne un comodo spiazzo dove far giocare i bambini. Riconvertita l'intera zona, in quel tratto di via Restelli venne costruito un parco giochi (parco Mendel).

TRAMVIA MILANO - LIMBIATE MOMBELLO

Più di vent’anni fa, prima della fine degli anni ’90, binari, tram e lunghi trenini attraversavano Affori percorrendo l’asse Pellegrino Rossi – Astesani – Vincenzo da Seregno.
La gloriosa, travagliata e ultra-centenaria storia della linea tramviaria extraurbana che da Milano saliva fino a Limbiate.
Nel giugno 1861 la S.A.O. (Società Anonima Omnibus) fondata e diretta dall’afforese Cavaliere Emilio Osculati avvia a Milano il primo servizio pubblico di trasporto passeggeri. Prima di allora il servizio era affidato a vetturini e carrozze private, ma da tempo la città necessitava di essere dotata di un regolare servizio pubblico gestito dal Municipio. In quegli anni le grandi capitali internazionali stavano già sperimentando innovative soluzioni e cominciavano a dotarsi di innovativi e moderni servizi di trasporto passeggeri a cui anche Milano guardava con vivo interesse.
Le scelte del Comune di Milano, in un primo tempo, privilegiarono gli Omnibus, cioè normali carrozze trainate da cavalli che risultavano essere più agevoli e adatte all’impianto viario della città di origine medioevale, per lo più fatto di strade strette e tortuose. Il servizio venne affidato al Cavaliere Emilio Osculati (di celebre famiglia afforese a cui oggi è dedicata la Via Osculati nel cuore antico di Affori) che ottenne dal Comune di Milano la concessione per l’avvio delle prime tre linee meneghine. Nell’arco dei successivi tre anni le linee di omnibus diverranno 11 riuscendo così a raggiungere e collegare più capillarmente tutti i rioni cittadini attorno al nucleo antico fino alla cerchia dei bastioni che allora costituiva il confine urbano di Milano.
Nel 1873 i comuni autonomi dei Corpi Santi che si trovavano al di fuori delle mura spagnole vennero annessi alla città di Milano convertiti in quartieri amministrati dal Municipio centrale: da qui l’esigenza di fornire nuovi collegamenti veloci verso le nuove periferie. La S.A.O. ottiene le licenze per realizzare e gestire le prime tramways di Milano utilizzando carrozze sempre trainate da cavalli ma poste su rotaia. Nel 1876 fu inaugurata la prima linea tramviaria extra-urbana meneghina, la Milano-Monza. Alcuni anni dopo, in occasione della grande Esposizione Nazionale di Milano del 1881 la S.A.O. dota la città di varie linee di tram a cavallo su rotaia.
Il “tramvaj” Milano-Affori nacque nel 1882 come ippovia trainata da cavalli…
Nel 1883 l’ingegnere Giuseppe Colombo, fondatore della Edison, costruì in via Santa Radegonda, a pochi metri dal Duomo, la prima centrale elettrica europea. La diffusione di questa grande invenzione fu un evento cruciale che cambiò profondamente la vita quotidiana del mondo intero permittendo di illuminare case, strade e piazze. Largamente utilizzata nel settore industriale la diffusione e l’impiego dell’elettricità migliorò notevolmente anche i sistemi di mobilità su rotaia. La diffusione del tram elettrico nel trasporto urbano di Milano soppiantò definitivamente nel 1901 i servizi di trasporto pubblico a trazione equina e progressivamente anche di quelli a carbone.
La S.A.O. di Emilio Osculati non seppe cogliere e adeguarsi per tempo a queste grandi novità tecnologiche e non comprese la forza rivoluzionaria dell’impiego dell’elettricità nel campo dei trasporti. La società perse rapidamente il prestigio tanto meritato nei quarant’anni di gestione dei trasporti meneghini per essere poi chiacciata e soppiantata dalla concorrenza di altre società più innovative nel panorama dei servizi di trasporto pubblico.
La Edison fu invece lungimirante e rapida nello sfruttare le potenzialità della nuova invenzione tecnologica: nel 1892 si aggiudicò la realizzazione del primo servizio di tram a trazione elettrica di Milano: l’attivazione di una prima linea tra piazza Duomo e Corso Sempione raccolse un tale entusiasmo e apprezzamento dei viaggiatori che nell’arco di un anno, furono avviate ben 18 linee tramviarie elettrificate, molte delle quali avevano il loro capolinea in piazza Duomo. Famosissima l’immagine del grande carosello tranviario di fronte alla Cattedrale di Milano.
El “tram elettric” batte e accantona la trazione animale
Nel 1900 anche l’ippovia Milano-Monza inaugurata 24 anni prima e gestita dalla SAO venne chiusa, sostituita da un nuovo servizio di tram elettrici, più veloci e più efficienti. Il 5 dicembre 1901 veniva dismesso anche l’ultimo tram a cavalli chiudendo definitivamente l’epoca del trasporto pubblico milanese a trazione animale.
Nei primi anni del ‘900 anche la oramai obsoleta linea di omnibus Porta Volta – Affori condotta a trazione animale subisce la trasformazione e l’ammodernamento che già anni prima aveva radicalmente cambiato e velocizzato il trasporto meneghino. Nel Settembre del 1900 la linea afforese viene acquisita ed elettrificata dalla società Edison che sin dal 1893 venne incaricata dal Municipio di Milano di elettrificare tutte le tratte tramviarie urbane.
La Provincia commissionò a Edison di realizzare e costruire il prolungamento extra-urbano da Affori fino a Varedo. I lavori prevedevano anche una rimessa presso il capolinea di Varedo e un sovrappasso nel comune di Affori con pendenza del 40 per mille necessario a scavalcare il tracciato della ferrovia Milano-Asso (la rampa cominciava in prossimità dell’attuale Via Terracina). La nuova tratta extra-urbana fu inaugurata e aperta il 15 novembre 1915. Cinque anni dopo, nel 1920, la linea fu ulteriormente prolungata fino a Limbiate, nei pressi dell’ospedale psichiatrico di Mombello (da cui prese il nome) per una lunghezza totale di ben 17 chilometri.


PARCO DEL CITYLIFE

CityLife vanta uno tra i parchi più ampi di Milano, ma soprattutto è ricco di opere d’arte che lo rendono un vero museo a cielo aperto tutto...