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mercoledì 9 marzo 2022

COLLEGIO CALCHI TAEGGI

 Anticamente era un monastero degli Scolopi. Gli Scolopi o Piaristi altrimenti detto "dei chierici regolari poveri della Madre di Dio delle scuole pie", risalgono alle scuole popolari gratuite, appunto scuole pie, fondate da Giuseppe Colasanzio.

Dobbiamo risalire al XII secolo per avere notizie di questo monastero, passando poi all'Ordine Domenicano nel 1505 con Bolla di papa Giulio II. Arriviamo così al 1792 quando il monastero venne acquistato per dare spazio al Collegio Calchi Taegi. Prende il nome da Girolamo Calchi nobile e potente famiglia e dal conte Ambrogio Giovanni Taeggi. Maria Teresa d'Austria, nel 1780, decretò che il Collegio Calchi assorbisse il Collegio sito presso le scuole Taverne.

Queste, conosciute anche come scuola di leggere, scrivere e far di conto, erano state abbandonate dagli Scolopi. Sei anni dopo, su ordine di Giuseppe II, fu trasferito a Pavia e aggregato al Collegio Taegi diretto dai Padri Barnabiti. Nel 1833 si decise di mettere mano ai lavori per recuperare le antiche strutture del monastero e adeguarlo alle nuove esigenze per un ginnasio convitto.

Durante le Cinque giornate di Milano, il convitto vi partecipò attivamente, ospitando poi il comando militare piemontese. Al ritorno degli Austriaci, per punizione il convitto venne chiuso e la sua sede, che al momento era in Porta Vigentina, fu trasformata in caserma. Riaprì nel 1851, dopo che gli austriaci avevano abbandonato Milano, ospitando un numero limitato di convittori.

Quando la Lombardia divenne parte del Regno d'Italia, i beni del Collegio Calchi Taeggi passò alla Municipalità milanese la quale non riuscì a far fronte alle spese, ridimensionando così ulteriormente il numero degli studenti. Nel 1876 il Collegio divenne una Istituzione Autonoma e poté rifiorire, ritornando attivo ed efficiente. Un accordo tra il Comune e il Ministero della Guerra vede il Collegio destinato a temporanea sede del Comando Divisione Legnano, siamo nel 1927, cosa che portò alla sua definitiva soppressione nel 1935.

Nel dopoguerra le cose cambiano ancora, infatti, parte viene adibita a scuola di musica, alcuni locali dalla Civica Biblioteca di zona, dall'Istituto Tecnico Oriani-Mazzini e da una scuola materna sistemata in un'ala laterale mentre al piano superiore vede la presenza l'auditorium Lattuada. Purtroppo nel 1971, per incuria irresponsabile, crolla la chiesa tardo cinquecentesca di san Bernardo, che era stata adibita a officina. Sulla via Vigentina restano visibili i resti delle tre cappelle della navata destra. Si decise di dare seguito ad una seria ristrutturazione , che durò per molto tempo sino a che nel 2003 riapre al pubblico con la Biblioteca Vigentina. È bene ricordare che nel Collegio Calchi Taeggi insegnò anche Emilio De Marchi, scrittore e traduttore ritenuto tra i più importanti narratori del secondo Ottocento italiano.

lunedì 7 febbraio 2022

CHIESA DEL GESU'

 nome comunemente usato per la chiesa di Santa Maria del Gesù, era una chiesa di Milano. Situata in via Gesù, fu demolita nel 1782.

La chiesa fu fondata assieme all'annesso convento nel 1559 per volere di un gruppo di monache francescane, provenienti da un vicino monastero in via Andegari ormai non più adatto ad accogliere le monache in numero sempre più elevato: tale monastero fu costruito nell'attuale via Gesù su un terreno allora coperto da orti acquistato da tale Giovanni Cubizzolo. La chiesa assieme al complesso monastico fu demolita nel 1782 in virtù delle soppressioni giuseppine.

La chiesa presentava un'architettura piuttosto sobria: ad unica navata era scandita da archi con impressi vari anagrammi del nome di Gesù. La chiesa aveva tre altari, il maggiore di legno intagliato, mentre gli altri due così vengono descritti dal Latuada:

sabato 5 febbraio 2022

CONVENTO DI SANTA MARTA

Fondato nel 1345 dalla vedova Simona da Casale la quale, ritiratasi nella propria casa per dedicarsi alle pratiche devote, vide rapidamente riunirsi attorno a sé una comunità formata da altre donne intenzionate a condividere la sua scelta al di fuori delle tradizionali strutture ecclesiastiche.
La comunità, intitolata a Santa Marta, si espanse tanto da porre presto il problema del suo inquadramento negli ordini regolari; nel 1405 assunse la regola agostiniana, e dagli anni '60 del secolo entrò a far parte dell'Osservanza.
Caratteristica di Santa Marta sarebbe stata quella di annoverare diverse mistiche, fenomeno che valse alla comunità fama ed attenzione da parte dei contemporanei.
Tra queste emerge la figura di Arcangela Panigarola, di cui Inviziati scrisse la biografia (Vita, virtù e rivelazioni della venerabile madre Arcangela Panigarola priora dell'insigne nobilissimo monistero di Santa Marta in Milano, dell'ordine di Sant'Agostino, tratta dagli antichi manuscritti in esso monistero), pubblicata a Milano nel 1677.
Col primo Cinquecento, proprio grazie all'opera della badessa Arcangela Panigarola, il convento divenne un importante punto di riferimento spirituale.
Vi aveva infatti sede, già dalla fine del XIV secolo, la Congregazione dell'Eterna sapienza, presieduta dalla stessa Panigarola, ma che si sciolse alla sua morte ed alla caduta dei francesi.
Belotti, uno dei componenti della Confraternita, trascrisse le Rivelazioni di Arcangela Panigarola.
Il convento costituì in quel periodo anche un centro artistico: nella chiesa fu sepolto Gaston de Foix, duca di Nemours e nipote prediletto di Luigi XII, comandante generale delle truppe di Francia caduto nella battaglia di Ravenna del 1512, per il quale fu eretto un grandioso e famoso monumento funebre ad opera del Bambaia.
Santa Marta conservò la sua importanza anche in seguito, quando gli arcivescovi di Milano Carlo Borromeo, prima e Federico Borromeo, poi, ne fecero il punto focale per il rinnovamento delle comunità monastiche femminili di Milano secondo i dettami tridentini e post-tridentini (PISANI, Santa Marta, p. 498).
Soppresso nel 1799, il convento fu frazionato e assegnato per la maggior parte alla Guardia Nazionale, salvo una parte rimasta alle ex monache e fungente da centro di raccolta per le religiose provenienti da altri enti soppressi cittadini; la chiesa invece fu inglobata nel vicino Istituto tecnico comunale e trasformata in laboratorio.

CONVENTO DEL MONASTERO MAGGIORE

Era il più vasto e antico cenobio femminile di Milano, affidato fin dalle origini alla congregazione benedettina.
La sua fondazione (variamente attribuita a diverse figure storiche importanti, quali san Martino di Tour, san Sigismondo, re di Borgogna, la regina longobarda Teodolinda, o ancora il re Desiderio o l’imperatore Ottone I) risale probabilmente al periodo tra la tarda età longobarda e la prima fase carolingia (VII-IX secolo). Nel corso del IX secolo, il vescovo Ansperto fece ampliare il circuito murario della città, facendo rientrare il monastero all’interno del perimetro cittadino.
Il monastero fu inizialmente dedicato a Santa Maria (Sanctae dei genitricis Mariae), mentre l’intitolazione a San Maurizio compare a partire dall’XI secolo, per poi diventare la principale nei secoli successivi. Seconda una tradizione, sarebbe stato l’imperatore Ottone I a donare il sangue di San Maurizio come reliquia proprio a questo istituto, dove una sorella viveva come monaca.
Il cenobio, detto fin dalle origini “Maggiore”, ospitava monache provenienti dalle più illustri famiglie milanesi. Vari documenti e fatti storici ne testimoniano l’importanza, come quando nel 1162, durante l’incursione del Barbarossa, la città chiese che fossero risparmiate alcune strutture religiose: tra queste, oltre al monastero e alla chiesa di Sant’Ambrogio, figura anche il Monastero Maggiore.
Poco note sono la vita e le attività condotte all’interno del cenobio. Tra il XIV secolo e la prima metà del XV secolo si assiste a un momento di crisi, con la contrazione del numero delle monache, alle quali viene inoltre contestato di vivere senza osservare la regola monastica. Nel 1447 papa Eugenio IV introdurrà la clausura e il monastero passa sotto la guida degli Agostiniani riformati. Agli inizi del 1500 viene inoltre ricostruita la chiesa monastica in forme nuove, decorata con affreschi realizzati per buona parte da Bernardino Luini e dalla sua bottega.
Nel 1798 per decreto della Repubblica Cisalpina il monastero viene soppresso e gli edifici e i terreni destinati ad altri usi. Il vasto complesso monastico fu poi parzialmente demolito tra il 1864 e il 1872 per l’apertura delle vie Luini e Ansperto. Dopo i bombardamenti del 1943, delle strutture più antiche rimangono la chiesa di San Maurizio ed il chiostro d’ingresso, oggi parte del Museo Archeologico.

EX CONVENTO DI SAN MARCO

L'attuale canonica occupa il primo lotto su Via S. Marco dove si affacciano intorno ad un cortiletto (un tempo orto del convento) tre corpi di fabbrica, due dei quali (quelli più interni) originali e porticati con forme quattro-cinquecentesche (ex refettorio) e loggiato al primo piano. L'edificio del Liceo andò a saturare il sedime degli antichi chiostri del convento, andando ad occupare un'area di forma pressoché rettangolare, della superficie di circa metri quadri 4700. Era costituito da quattro corpi di fabbrica principali, che racchiudevano un ampio cortile d'onore centrale e vari altri cortili, uno a mezzodì, che guarda verso l'artistico chiostro dei Morti della Chiesa di S. Marco, assai ampio, due a levante e due a ponente, di assai minori dimensioni. All'interno venne issata anche una specola astronomica che svetta sull'intero complesso. Successivamente un ala più moderna chiuse l'isolato verso al Via S. Marco con una manica lunga fino ai rimanenti vecchi edifici dei frati.
Una lapide posta sulla facciata del Convento in occasione del 200° anno di nascita del sommo musicista ne ricorda il soggiorno a perenne memoria. Verdi vi fece eseguire il per la prima volta il requiem per la scomparsa del grande Alessandro Manzoni.
L'ingresso avviene dall'ingresso a lato della chiesa. Le residue parti conventuali sono visitabili in occasione di particolari manifestazioni o su appuntamento.
Per informazioni:
02/29002598

venerdì 4 febbraio 2022

CONVENTO DELLE Francescane Zoccolanti di Gesù

Via Gesù, prima di assumere tra il 18° e il 19° secolo il tono aristocratico che la distingue, era percorsa da un fossatello male odorante che, se da un lato rivelava le origini campagnole del borgo, dall’altro faceva arricciare il naso a certe monache che vi risiedevano da un bel pezzo. Erano le cosiddette Francescane zoccolanti del Gesù le quali, nella pace erbosa del chiostro, amavano praticare l’arte raffinata della spezieria e non tolleravano che agli aromi gentili dei chiodi di garofano e della noce moscata, si mescolassero i miasmi di quella cantarana,
Quando, nel tardo settecento, fu il fosso finalmente ricoperto e l’intera via selciata a nuovo, le religiose non fecero in tempo a rallegrarsi, perché di lì a poco, dovettero lasciare il loro convento, caduto preda delle soppressioni Giuseppine.
In luogo sorsero le case della famiglia Lattuada con quell’unica interminabile facciata neoclassica che ancora si dispiega tra i civici 6 e 12 della via, dove oggi sorge il moderno complesso Four Seasons Hotel.

CHIESA DI SAN PIETRO DEI PELLEGRINI

risalente al Trecento e che faceva parte dell'ospizio per i pellegrini che transitavano da Milano per raggiungere la Terra Santa o i luoghi di pellegrinaggio in Italia e in Europa.
Dalla sua origine fino alla fine del Settecento fu la cappella dell'ospizio omonimo che all'epoca della costruzione si trovava fuori dalle mura di Milano e accoglieva per due giorni i pellegrini di passaggio in viaggio sulla via Emilia. Fondata dal sacerdote Ambrogio Varese, era certamente esistente nel 1344 e uno dei maggiori benefattori fu Barnabò Visconti.
Ha una semplice facciata a capanna e conserva il grande portale originario di cotto sormontato da un rosone murato. L'interno ha un'unica navata a metà della quale si aprono due cappelle laterali. Agli inizi del XX secolo si scoprirono affreschi quattrocenteschi nella controfacciata tra la volta e il tetto con busti di santi inseriti entro gli archi di una loggia dipinta.
La chiesa, sconsacrata alla fine dello scorso secolo, non è attualmente accessibile
.

FOPPONE DEL CONTAGIO ALLE CASCINE LOMAZZE e la Chiesetta

Era un cimitero nel borgo degli ortolani oggi conosciuto come quartiere Sarpi sito precisamente in via Lomazzo.
Del grande cimitero, è rimasto solo la Cappelletta che si trova in via Paolo Lomazzo 12, e il cancello è stato sostituito.
La Cappelletta faceva parte del cimitero chiamato “il Foppone (grossa fossa/scarpata) del contagio alle cascine Lomazze”. Costruito e voluto dal Prevosto della chiesa della SS.Trinità che era situata in via Giannone 9 ove oggi in mezzo ai palazzo si può vedere ancora la torre del campanile, era circondato da un ampio terreno e nasceva per un’urgenza particolare, raccogliere e seppellire i morti di peste (1567) che, per diversi anni, aveva afflitto la città di Milano. 
Oggi è diventata un locale esclusivo frequentato da gente esclusiva
Nel suo ambiente unico in stile gotico, illuminato da candele votive tra affreschi e capitelli è impossibile non farsi sedurre dai prodigiosi cocktails, dagli inimitabili “Chupitos della Parrocchia” (gli oramai famosi PapaNero FrateEllo, Sangue di Giuda…) e dalla miracolosa “Sangria del Priore”

mercoledì 19 gennaio 2022

MONASTERO DI SAN CELSO

Il complesso è frutto di aggregazioni successive che partendo dall'antico nucleo della chiesa di S. Celso sulla destra, hanno visto aggiungersi successivamente le strutture conventuali, sulla parte retrostante e laterale, l'ospedale (oggi sede della Scuola militare Teuliè), il santuario di S. Maria dei Miracoli a sinistra e successivamente il quadriportico antistante il santuario. Degli ambienti monacali oggi è rimasto ben poco

domenica 16 gennaio 2022

CHIESA DI San Matteo ALLA BACCHETTA

È parte del Palazzo Fagnani-Ronzoni ed è adibita a chiesa privata.

Sull'origine del nome della chiesa vi sono più ipotesi: una prima vorrebbe che il nome "bacchetta" fosse il diminutivo di "banco" su cui era raffigurato san Matteo nella pala d'altare conservata nella chiesa, mentre una seconda ipotesi vorrebbe il termine derivato dalla corruzione di "banchetta" sempre in onore dell'apostolo san Matteo, la cui professione prima di unirsi agli apostoli era pubblicano, o in onore dell'attività bancaria della famiglia titolare del giuspatronato.

L'edificio fu costruito per volere di Augfredo Fagnani tra l'anno 1060 e 1065 come cappella privata a fianco del palazzo privato di famiglia. La chiesa fu rifabbricata nel XVIII secolo quando ancora era la cappella privata della medesima famiglia e tra le più antiche e durature cappelle private di famiglia. La chiesa settecentesca è composta da una sola navata con due cappelle oltre quella principale: quest'ultima è ornata con un dipinto del Redentore che chiama san Matteo all'apostolato di Francesco Vicentino.

mercoledì 24 novembre 2021

MEDIATECA DI SANTA TERESA

 Chi conosce Milano, andando indietro negli anni, ricorda bene la presenza quasi inaspettata, lungo via Moscova, proprio dinnanzi alla Caserma dei Carabinieri di una piccola chiesa barocca, solitaria presenza senza più vita, circondata da un parcheggio all’aperto e da incombenti edifici abbastanza cupi. Si tratta della settecentesca chiesa barocca ormai sconsacrata dei Santi Giuseppe e Teresa, ultima testimonianza di un convento carmelitano di origine seicentesca.

Il primo Carmelo milanese, fondato nel 1671 da un gruppo di religiose del Monastero di Cremona, fu intitolato ai Santi Giuseppe e Teresa e si sviluppò molto rapidamente in numero di monache. Il Monastero stesso delle Carmelitane ottenne la concessione alla fondazione nel 1671, venne eretto nel 1673 e fondato l’anno successivo nella parte periferica del quartiere di Porta Nova che, seppur interno ai bastioni, era ancora ricco di spazi liberi destinati a verde agricolo. Le monache trovarono inizialmente alloggio in case esistenti, adattate alle nuove necessità, che in occasione della fondazione vennero messe a loro disposizione dai Padri Carmelitani patrocinatori della fondazione del monastero ed erano stanziati in Porta Nova sin dal 1614. Dopo l’erezione del monastero e della chiesa, anche lo stradone (via della Moscova) venne chiamato di Santa Teresa.

Risale all’8 luglio 1700 il primo documento che si riferisce a questioni edilizie: le monache chiedono di poter incorporare la vigna al vecchio monastero e di poterlo riedificare secondo le norme vigenti. La Chiesa, ancor oggi esistente, costituì certamente la parte più importante dell’ampliamento: situata al confine con la proprietà dei Padri, prospiciente lo stradone e separata da esso da un cortiletto e da un porticato e stretta tra corpi di fabbrica che la univano ad altre parti del monastero.

Le riforme di Giuseppe II, succeduto a Maria Teresa nel 1780, portarono alla soppressione di molti monasteri in città, fra cui quello delle Carmelitane di Milano nel 1782. Le monache si disperdono trovando ospitalità in luoghi diversi e i beni immobili e mobili passano di proprietà. Nel 1797 la Chiesa e il Coro vennero utilizzati dalla Manifattura Tabacchi occupata temporaneamente dai militari.

È nel 1996, con il progetto di istituzione della prima biblioteca digitale italiana, ad ampliamento della Biblioteca Nazionale Braidense, che l’edifico ritrova una nuova vita. Oggi la struttura storica ospita attività di vario genere riferite alla consultazione informativo-culturale tramite stazioni informatiche, suddivise per utenti generali e specializzati, oltre ad aule per corsi, incontri e conferenze. Esternamente, accanto ai volumi barocchi della chiesa, ad attirare subito l’attenzione è un grande cubo trasparente, adagiato quasi senza peso su di un basamento in acciaio corten. Si tratta di un volume aggiunto per accogliere la caffetteria e il bookshop e che sceglie la strada della complementarietà per opposti nell’accostare alla materia grave, “vincolata” dell’architettura tradizionale, la leggerezza perfettamente trasparente del vetro. Una forma geometrica pura, che dichiara così la propria autonomia concettuale.

La struttura portante dei pilastri in acciaio, arretrata su un doppio ordine parallelo, permette ai progettisti di non avere interferenze di alcun genere sulle facciate lasciate trasparenti, con l’uso di ampie vetrate stratificate accostate al vivo tra loro senza interposizione di infissi: l’effetto è di totale comunanza tra interno ed esterno, in una continuità visiva che invita ad entrare per esplorare quegli gli spazi così esplicitamente messi “in vetrina”.

mercoledì 17 novembre 2021

LICEO SCENTIFICO LEONARDO DA VINCI

Liceo Scientifico Leonardo da Vinci, istituto statale situato in via Ottorino Respighi, è nato dalla sezione scientifica del Liceo Classico Carducci.

Nel 1946 si trovava in via Lulli poi, diventando autonomo dal Carducci, si spostò in via Settala per stabilirsi infine nella sede attuale di via Respighi.

Costruito come convento Benedettino su una precedente struttura degli Umiliati diventò un ospedale militare e, all’inizio dell’Ottocento, ospitò l’orfanotrofio maschile dei “Martinitt”.

Risale al 1953 l’edificazione del nuovo Liceo Scientifico Leonardo da Vinci in via Respighi, sui resti del chiostro rinascimentale di San Pietro in Gessate, oggi inglobato nella struttura scolastica.

Tra gli allievi del Liceo Scientifico Leonardo da Vinci ci sono alcuni nomi noti tra cui lo stilista Giorgio Armani, uno studente che, seppur distraendosi soventemente seguendo le lezioni disegnando, si diplomò nel 1953.

Anche il regista Maurizio Nichetti e lo scrittore Andrea Kerbaker hanno frequentato l’istituto. All’inizio degli anni ’60 il Liceo Scientifico Leonardo da Vinci era così all’avanguardia da ricevere la visita del leader sovietico Nikita Kruscev, rimasto colpito dai laboratori linguistici di cui la scuola si dotò per prima in Italia.

Da ricordare l’atteggiamento anticonformista di Emilio Arlandi, preside del Liceo dal 1960, che, in risposta agli insegnanti che si lamentavano dei ragazzi sempre troppo in giro e troppo poco sui banchi di scuola, rispose con testuali parole: “Imparano di più quando vedono la città reagire davanti a un giudice ammazzato che sui libri di matematica”.

L’istituto è dotato di 43 aule, 1 laboratorio di fisica, 1 di scienze, 3 di informatica, 1 aula multimediale e 2 palestre. Offre una preparazione completa, ottima base per il proseguimento degli studi.

Saper ascoltare significa possedere, oltre al proprio, il cervello degli altri” sono parole scritte da Leonardo da Vinci e riportate nella home page dell’istituto. Da tenere sempre a mente.

venerdì 12 novembre 2021

CHIESA DI SAN SISTO

Le origini dell’edificio rimontano all’epoca longobarda e al re Desiderio che avrebbe fondato la chiesa nel IX secolo. L’attuale conformazione si attribuisce a un progetto organico di inizio Seicento, promosso probabilmente dall’arcivescovo Federico Borromeo. A questo intervento si devono l’aspetto armonioso dell’edificio, ad aula unica biabsidata con cappelle laterali e facciata a doppio ordine.

Nel corso dei secoli la chiesa subisce una serie di danni dovuti a vicende travagliate, non ultimo il bombardamento nel 1943 che distrugge una delle due absidi, poi sostituita dal finestrone che ancora oggi si apre nella parete di fondo dell’edificio.

Nel 1969 il Comune di Milano concede San Sisto in comodato a Francesco Messina, all’epoca prossimo alla pensione dall’insegnamento all’Accademia di Brera e alla ricerca di un nuovo spazio in cui continuare il suo lavoro.

Messina fa restaurare a proprie spese la chiesa – da tempo sconsacrata – salvandola dalla demolizione, e la trasforma nel suo studio d’artista. Qui fonda anche il proprio museo monografico, mediante la donazione alla città di una selezione di opere rappresentative.

Dopo la sua morte, avvenuta il 13 settembre 1995, la chiesa-museo torna di proprietà del Comune di Milano. 

Lo Studio Museo Francesco Messina continua a ospitare le opere dello scultore: l’iniziale collezione si è arricchita grazie a nuove acquisizioni e donazioni arrivando oggi a contare un centinaio di opere fra sculture e disegni, cui si aggiungono quelli donati da Guido Lodigiani nel 2016.

CHIESA DI SAN CARPOFORO

 

La chiesa di San Carpoforo (gesa de San Carpofen) è una chiesa sconsacrata situata nel centro storico di Milano, in via Formentini 10.

La struttura originaria della chiesa di san Carpoforo apparteneva a un tempio pagano romano. Questa prima destinazione d’uso è testimoniata dal ritrovamento di diversi manufatti risalenti all'epoca romana: quattro colonne di porfido (spostate nel 1809 presso il Museo archeologico), diversi marmi preziosi, i resti di un edificio sotterraneo, un mosaico scoperto nell’ottobre del 1811 durante le operazioni di pavimentazione della piazza e un altare votivo dedicato ad una divinità portatrice di frutti (“carpofora”), poi identificata in Vesta.

Vesta era la dea del focolare. In ambito pubblico il suo culto consisteva principalmente nel mantenere acceso il fuoco sacro nel tempio cittadino: le sacerdotesse legate al suo ordine, quello delle celebri vestali, avevano il compito di custodire la fiamma all'interno del tempio a lei dedicato, facendo sì che non si spegnesse mai. A livello privato Vesta era la protettrice dei panettieri, dei fornai e del focolare domestico: per questo motivo le erano sacri tutti i cibi cotti su di esso.

La tradizione racconta che l'antico edificio milanese a lei sacro fu consacrato a San Carpoforo per mediazione di santa Marcellina, sorella del vescovo di Milano sant'Ambrogio, la quale visse nelle vicinanze insieme alla famiglia anche dopo la scomparsa dell'illustre parente fino al 404, anno della sua morte. La figura della donna ha lasciato traccia nella tradizione popolare sino a metà del XIX secolo: ancora in quegli anni, infatti, si riteneva che l'acqua (detta appunto "di santa Marcellina") fornita dal pozzo di una casa che dava sulla piazza possedesse proprietà miracolose.

La prima testimonianza storicamente provata dell'esistenza della chiesa risale all'anno 813. La si ritrova già ampliata verso l'XI secolo, mentre dal secolo successivo risulta essere amministrata da due parroci, uno che si occupava della cura d'anime esternamente alle mura della città e l'altro internamente. L'edificio subì notevoli modifiche strutturali anche durante il XVI secolo. All’epoca Gian Giacomo Medici ottenne infatti una dispensa pontificia attraverso l’intercessione del fratello cardinale Giovanni Angelo (il futuro Papa Pio IV) e gli fu permesso di occupare il sagrato della chiesa per costruirvi un palazzo; dovette però mettere mano alla struttura e far spostare la facciata e l’ingresso dal lato orientale a quello occidentale, al posto del preesistente abside, secondo un’organizzazione degli spazi tramandata fino ad oggi.

La chiesa, gravemente danneggiata dalla risistemazione e dall'incuria, fu poi completamente ricostruita per volere dell'arcivescovo Federico Borromeo, che vi compì una visita pastorale il 30 gennaio 1610. A partire dagli anni seguenti il 1624, l’architetto Angelo Puttini progettò e curò la realizzazione di una struttura con pianta a croce latina impreziosita anche da alcuni affreschi, oggi non più presenti, posti su parte dell’interno e della facciata. Malgrado questi interventi, la parrocchia era in piena decadenza e già nel 1760 essa appariva amministrata da un solo sacerdote; nell’ottica della risistemazione delle parrocchie milanesi e dei Corpi Santi essa fu infine soppressa il 24 dicembre 1787 e San Carpoforo divenne sussidiaria della vicina chiesa di Santa Maria del Carmine.

Con decreto vicereale del 10 settembre 1809 il Regno d’Italia decretò poi la soppressione del luogo di culto. Entro la fine di ottobre esso fu riconvertita in archivio: si stabilì, infatti, che vi dovessero essere depositate le carte del Ministero della Guerra, per un totale di circa millecinquecento metri lineari di documentazione, mentre gli spazi rimasti liberi furono adattati ad uso d’ufficio e ad abitazione dei custodi.
Nel settembre del 1854 i documenti militari vennero trasferiti altrove e San Carpoforo accolse quelli del Regio archivio governativo di deposito provinciale-civico. Già durante l’anno successivo, tuttavia, il rapido accrescimento dei fondi obbligò le autorità ad aumentarne la capienza mediante l’aggiunta di ulteriori scaffalature; sempre nel 1855, poi, il governo fece costruire sul lato meridionale dell’edificio una sala lunga sedici metri, larga sei e alta nove adibita ad archivio finanziario. Il 29 settembre 1864 il comune di Milano acquistò la proprietà dell’ex chiesa e subito dispose lo spostamento in altre sedi della documentazione di competenza statale; al termine della movimentazione, nel 1872, l’amministrazione del capoluogo sistemò nel corpo dell’edificio il proprio archivio di deposito e nella sala meridionale quello storico. Proprio in questa parte del complesso ebbe sede la Società storica lombarda a partire dai primi mesi del 1874 fino al 1897, quando si spostò presso il Castello Sforzesco.

Nel castello di Porta Giovia furono trasferiti durante il 1902 anche i faldoni della sezione antica; rimase a San Carpoforo solo quella di deposito, poi distrutta dai bombardamenti alleati nell’agosto 1943. Negli anni successivi l'edificio passò sotto il controllo della Soprintendenza e nel 1993 fu concesso in uso gratuito all'Accademia di belle arti di Brera, che ancora oggi la utilizza come sede per i corsi di decorazione, restauro ed arte sacra contemporanea.

domenica 7 novembre 2021

UNIVERSITA' CATTOLICA DEL SACRO CUORE

Il progetto embrionale di una università cattolica nasce verso gli anni settanta del XIX secolo, sostenuto da esponenti di tutte le correnti culturali cattoliche a cui fa da guida l'economista e sociologo Giuseppe Toniolo. Nel settembre 1918, quando la prima guerra mondiale stava per finire, chiamando al suo capezzale padre Agostino Gemelli e i suoi collaboratori, Giuseppe Toniolo con queste parole li spronava a realizzare l'università: "Io non vedrò la fine della guerra: ma voi, appena essa è terminata, fatela, fatela, l'Università Cattolica".

Nel 1919, cinque eminenti personalità sotto il profilo culturale e religioso, padre Agostino Gemelli, Ludovico Necchi, Francesco Olgiati, Armida Barelli ed Ernesto Lombardo fondano l'Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori quale ente garante e fondatore dell'Università Cattolica. Il 24 giugno 1920 l'organizzazione ottiene l'approvazione del Ministro dell'Istruzione Benedetto Croce con l'avallo di papa Benedetto XV.

Il 7 dicembre 1921 padre Agostino Gemelli inaugura a Milano, alla presenza del cardinale Achille Ratti, futuro Papa Pio XI, la nascita del nuovo Ateneo: la prima sede dell'Università si trova nel palazzo di Luigi Canonica in via Sant'Agnese 2 e i primi corsi attivi sono quelli di Scienze filosofiche e di Scienze sociali.

Nel 1924, dopo l'approvazione da parte dello Stato dello statuto dell'Ateneo e con esso del riconoscimento legale dei titoli di studio, vedono la luce la Facoltà di lettere e filosofia e la facoltà di giurisprudenza da cui, nel 1926, nascerà la Facoltà autonoma di scienze politiche, economiche e sociali.


Nel 1932 l'Università si trasferisce nello storico monastero cistercense di Sant'Ambrogio progettato dal Bramante, i cui due caratteristici chiostri diventeranno uno dei simboli dell'Università. Il complesso architettonico è situato accanto all'omonima basilica ed è tutt'oggi la sede centrale dell'Ateneo. Nel 1936 dall'Istituto superiore di Magistero nasce la Facoltà di magistero, divenuta successivamente facoltà di scienze della formazione. Nel 1947 a Milano vede la luce la Facoltà di economia e commercio con due corsi, uno diurno e uno serale 

Durante la seconda guerra mondiale Ezio Franceschini, professore di lettere latine medioevali che appoggiava la Resistenza, nonché futuro Rettore dell'Ateneo, decise di ospitare all'interno dell'università le riunioni del comando Corpo volontari della libertà, struttura di coordinamento dei partigiani; sul finire della guerra, precisamente nel 1944, nasconde nei suoi sotterranei una cassetta contenente importanti documenti sulla Resistenza e sul Gruppo Frama, associazione da lui fondata, che svolgeva un importante ruolo nella lotta antinazista. Le SS cercarono ovunque all'interno delle strutture dell'Università quelle carte che, sepolte fra le ossa di cinquanta scheletri del Settecento, non furono mai trovate se non dopo la guerra.

Durante i bombardamenti nella notte tra il 15 e il 16 agosto 1943 furono distrutti l'edificio d'ingresso, lo scalone e il lato dell'attiguo chiostro in stile ionico. I lavori di ricostruzione cominciarono subito, mossi dalle parole di Agostino Gemelli: "risorgerà più bella e più grande di prima". La ricostruzione postbellica diede il via a quello sviluppo che avrebbe portato la Cattolica allo stato attuale.

Nel 1949, alla presenza dell'allora presidente della Repubblica Luigi Einaudi, viene posata la prima pietra della Facoltà di agraria a Piacenza. La facoltà verrà istituita nel 1951 e il corso partirà ufficialmente nel novembre del 1952.

Trent'anni dopo la fondazione, nel 1958, viene istituita a Roma la Facoltà di medicina e chirurgia, fortemente voluta dal fondatore A. Gemelli, egli stesso laureato in medicina. Alla fine degli anni cinquanta viene realizzato anche il Policlinico “A. Gemelli” intitolato al suo fondatore. In Italia, è la prima Facoltà a introdurre il numero chiuso.

Nel 1965 a Brescia, con l'istituzione della Facoltà di magistero, si inaugura una nuova sede dove, nel 1968, viene istituita anche la Facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali: i corsi inizieranno ufficialmente nel 1971.

Il Sessantotto in Italia ha la sua scintilla iniziale all'interno dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano: a causa della decisione dell'Ateneo di aumentare le rette universitarie, il 15 novembre 1967 gli studenti compiono la prima occupazione dell'Università. La notte stessa, il rettore Ezio Franceschini fa sgombrare centocinquanta occupanti dalla polizia, comandata dal commissario Luigi Calabresi. Dopo tre giorni 30 000 studenti sfilano per Milano fino all'arcivescovado e la protesta si diffonde in tutte le principali università del paese. Il 21 marzo 1968 la Cattolica viene nuovamente occupata e dopo essere stata sgomberata viene chiusa a tempo indeterminato. Qualche giorno dopo, il 25 marzo, scoppierà la cosiddetta "battaglia di Largo Gemelli": migliaia di studenti tentano di riaprire l'Università, ma sono respinti con forza dalla polizia e 60 studenti vengono arrestati. Leader iniziale della rivolta era Mario Capanna, studente di filosofia della Cattolica.

ORATORIO DI SAN BARTOLOMEO

Immaginatevi nel diciassettesimo secolo questo posto, senza palazzi ferrovia strade e macchine, lontano dalle mura che difendevano la città di Milano.
Campagna e il Naviglio della Martesana non ancora diventato la riviera di Milano con le sue ville settecentesche.
Per andare a messa i pochi fedeli dovevano attraversare la Martesana per andare alla chiesa di Turro, per la loro sicurezza si decise di erigere questo oratorio, piccolo e semplice.
A breve distanza dal Naviglio Martesana e dal suo pittoresco Ponte Vecchio
si trova questa piccola chiesetta originaria del Seicento, allora perfettamente adatta alla piccola borgata di Gorla, parecchie miglia al di fuori dalle mura di Milano.
Con annessione della zona al Comune di Milano, nel 1923, e con la conseguente espansione edilizia, divenne troppo piccola per i nuovi abitanti e, poco dopo fu costruita la nuova chiesa dedicata a Santa Tersa del Bambin Gesù.
Ora la piccola chiesa, dalle linee semplici e con una facciata altrettanto semplice, con un piccolo campanile in mattoni, è stata trasformata in sede della biblioteca Comunale di Gorla.
La chiesetta si presenta infatti con le forme sobrie e aggraziate delle origini, sebbene ampiamente rimaneggiate a fine Ottocento.
Nella spoglia facciata a capanna, delimitata ai lati da paraste quadrangolari, si apre il semplice portale d'ingresso con arco a tutto sesto, mentre appaiono un po' più mossi i fianchi, attraversati da lesene che scandiscono le tre finestre, sormontate da modanature curve e da una cornice trasversale lungo l'intera superficie.
Ma ad attirare veramente l'attenzione è l'originario ed elegante campanile lombardo in mattoni a vista, che spicca rossastro alla fine del lato sinistro creando un piacevole effetto cromatico con l'intonaco color avorio della sottostante chiesetta.
L'Oratorio, progettato nel 1630 con l'approvazione dell'arcivescovo Federico Borromeo ed eretto anni dopo sotto la direzione del celebre ingegnere milanese Giovan Battista Guidabombarda, nacque per dare una propria chiesa parrocchiale ai fedeli del Borgo di Gorla, costretti fino ad allora ad attraversare il Naviglio Martesana per raggiungere la Parrocchiale di Turro; funzione che mantenne per quasi tre secoli fino al 1927, quando fu ultimata la nuova e più grande parrocchiale di Santa Teresa del Bambin Gesù.
Questa chiesa, che come San Giovanni in Conca fu “accorciata” sul fronte per far spazio alle necessità viabilistiche, è diventata ora una biblioteca.
Nel ’44 accolse alcuni corpi dei bambini uccisi dal bombardamento “alleato”, che furono visitati e benedetti dall’allora arcivescovo di Milano Alfredo Ildefonso Schuster (1880-1954).

sabato 6 novembre 2021

REAL CONSERVATORIO DI MUSICA

 Oggi Conservatorio di musica di Giuseppe Verdi

Durante la dominazione degli Asburgo d'Austria l'arte musicale a Milano non aveva mai goduto di particolari riguardi. L'imperatrice illuminata Maria Teresa diede il via (a partire dal 1773) ad una serie di riforme volte a creare un sistema di istruzione primaria pubblica. Ciononostante, l'insegnamento della musica non era previsto, in quanto materia ritenuta non essenziale per la formazione di artigiani e funzionari.

Quest'arte era quindi appannaggio di nobili (che sovente la praticavano a livello dilettantistico), o di persone appartenenti a ceti meno abbienti (per quanto riguarda i musici professionisti). È tuttavia in questi anni che inizia a venire concepita l'idea di creare una scuola di musica nella città di Milano.

Il periodo storico che vide la nascita del conservatorio meneghino è caratterizzato dalla figura di Napoleone Bonaparte. Nel 1796 il generale francese libera il capoluogo lombardo dagli austriaci e lo proclama capitale della Repubblica Cisalpina.

La motivazione principale per la creazione di un conservatorio è da ricercare nelle cattive condizioni in cui versava il teatro d'opera italiano in quegli anni. A partire dalla metà del XVIII secolo, infatti, l'opera italiana era stata soppiantata da quella d'oltralpe (basti ricordare l'influsso di compositori come Gluck e Mozart). Non essendosi verificati fenomeni di innovazione, la produzione di quel periodo aderiva a dei modelli consolidati (ma lontani dalle esigenze del pubblico). È il conte Carlo Brentano Grianta, Direttore generale dei regi teatri e degli spettacoli, a comprendere come la creazione di una scuola musicale possa rappresentare una soluzione a questo annoso problema. Grianta, personaggio politico parzialmente dimenticato alla fine dell'era napoleonica, usava firmarsi nella versione francesizzata Brentano de Grianty anche prima che gli Asburgo perdessero il potere. L'idea viene accolta con grande favore dagli intellettuali e dalle autorità francesi (in quanto l'opera lirica era considerata un ottimo strumento di propaganda).

Il 24 agosto 1803 Grianty avanza la sua proposta (“a riparo del minacciato intiero decadimento dell'arte musicale”), che viene accolta il giorno dopo dal vicepresidente della Repubblica Francesco Melzi d'Eril. Il progetto viene esposto il 5 settembre di quello stesso anno. Prevede l'accoglienza (presso il chiostro della chiesa di Santa Maria della Passione) di 36 studenti (24 maschi e 12 femmine), per un periodo di formazione non superiore al decennio. Il conservatorio, dal punto di vista regolamentativo, s'ispira all'orfanotrofio di San Pietro in Gessate (Grianty usa definirlo "luogo pio"). Effettivamente il termine "conservatorio", nella lingua italiana dell'epoca, era sinonimo di "orfanotrofio". Grianty aveva difatti in mente di istituire un orfanotrofio (aperto però ad ambo i sessi) che avesse come obiettivo l'istruzione musicale dei bambini ospiti.

Sembra abbia pesato di meno il fatto che il corrispettivo parigino si fregiasse del nome conservatoire. Questa adozione linguistica era motivata dalle precedenti esperienze napoletane, note per l'alta qualità dell'insegnamento perpetratovi, che resero la parola "conservatorio" (almeno all'infuori dell'Italia) sinonimo di "scuola di musica".

L'influenza del Conservatorio di Parigi nello sviluppo di quello di Milano è stata a lungo dibattuta. Il primo venne fondato il 3 agosto 1795 e si poneva come obiettivi la fondazione di una "scuola nazionale" e il fornire al governo un polo di propaganda e di rappresentanza politica. All'epoca dei fatti è diretto ancora dal fondatore, Bernard Sarrette. Il conservatorio di Milano, invece, nasce motivato dalla necessità di risanamento dell'opera lirica e i parallelismi tra le due istituzioni si possono riscontrare praticamente solo in alcuni dettagli organizzativi.

In seguito all'abolizione della Repubblica e alla creazione dell'Impero Napoleonico, il senso di sconforto generale causa una generale perdita di fiducia nel progetto (che passa di mano in mano faticando a trovare considerazione). Nel giugno 1804 Grianty, per motivi non del tutto chiariti, abbandona i suoi incarichi e (a quanto pare) non si dimostra più interessato all'idea di far nascere un conservatorio in quella che è ormai la capitale del Regno d'Italia. Il piano, dopo una fase di stallo durata fino al 1806, viene comunque approvato.

Il Real Conservatorio di musica venne stabilito nei locali detti "della Passione" su decreto del 18 settembre 1807 firmato dall'allora Sua Altezza Imperiale il Principe Viceré d'Italia Beauharnais,  venne inaugurato il 3 settembre 1808, giorno onomastico del Vicerà, con una solenne cerimonia a cui intervenne il Ministro dell'Interno che lesse un discorso circa l'utilità della nuova istituzione. I locali sono quelli dell'ex convento dei Frati Canonici annesso alla chiesa di Santa Maria della Passione, requisito dai francesi. Viene preferita la forma di convitto a cui hanno diritto gratuito 24 studenti, di cui 18 maschi e 6 femmine. Viene anche fondata la biblioteca, che diverrà un punto di riferimento per la conservazione dei testi musicali di epoche antiche.

Ubicato in una ex struttura religiosa, il conservatorio mantiene fin dall'inizio, nel solco della politica anticlericale napoleonica, un carattere laico (a differenza di quelli napoletani e di quello veneziano, di approccio tipicamente filoreligioso).

I corsi previsti sono 14: solfeggio, composizione, canto, cembalo, violino e viola, violoncello, corno, clarinetto, fagotto, arpa, oboe e flauto, contrabbasso, declamazione (ovvero dizione e gestualità, materie essenziali per gli studi del cantante d'opera) e ballo; sono tenuti da 16 insegnanti, nel tipico stile dell'apprendimento "a bottega" italiano. I maschi possono frequentare tutti i corsi, mentre le femmine sono vincolate al loro ruolo di future cantanti d'opera.

Per loro sono quindi previsti i corsi di canto e cembalo (come strumento da accompagnamento), tuttavia possono frequentare anche lezioni di arpa. Tra le motivazioni avanzate per spiegare questa concessione extracanora vi è la necessità di spezzare la monotonia dello studio del canto, oppure il bisogno di offrire una possibilità alternativa alle ragazze impossibilitate a seguire il corso. In realtà pare che il corso d'arpa fosse stato attivato soltanto per sfruttare appieno le potenzialtà didattiche del maestro Carlo Andreoli (che insegnava contrabbasso, ma era anche arpista). Un altro corso controverso è quello di ballo, visto fin dall'inizio come utile solo ad educare i cantanti ad un portamento corretto in scena. L'arte coreutica è inevitabilmente associata alla nobiltà dell'Ancien Régime, e in un clima post-rivoluzionario non può essere vista con un occhio di riguardo.

Il primo "direttore e censore" del conservatorio è Bonifazio Asioli. Il suo primo contributo importante all'istituzione consiste nel forinire dei metodi musicali sui quali gli allievi possano formarsi. Su ordine di Beauharnais stesso erano già arrivati (dal conservatorio di Parigi) dei metodi in lingua francese, finemente rilegati e ornati. Essi non godettero però di grande considerazione e solo tre di essi ebbero la fortuna di venire aperti e pubblicati (dopo il ritorno degli austriaci). La scuola italiana prediligeva comunque l'apprendimento diretto dall'insegnante: i metodi ricoprivano quindi un ruolo di secondo piano.

Nel corso dell'ottocento, anche dopo il ritorno degli Asburgo in Italia, i conservatori di Parigi e Milano seguono una linea di uniformazione: il primo perde parte del proprio spirito militaristico, mentre il secondo inizia ad aprirsi alla cultura francese. A prova di questo nascente gemellaggio culturale il manuale d'armonia di François-Joseph Fétis e quello di orchestrazione di Hector Berlioz vengono tradotti in italiano da Alberto Mazzuccato e pubblicati negli anni quaranta di quel secolo. Il conservatorio di Milano acquisisce prestigio soprattutto grazie alla sua simbiosi col Teatro alla Scala, sempre all'avanguardia nell'ambito dell'opera lirica, che fa confluire validi musicisti nella città. All'inizio, in effetti, il conservatorio contava un numero studenti appena superiore a quello di una comune scuola di musica a gestione familiare o privata.

È in questa fase iniziale che nascono e si consolidano alcune delle tradizioni che avrebbero poi avuto grande seguito e sviluppo nella storia di questa istituzione: i concerti aperti al pubblico (generalmente tenuti dagli studenti) noti per i programmi rivolti a compositori contemporanei (Hummel, Pixis, Rode, Rust) e per l'attenzione riservata anche agli autori precedenti (Alessandro Scarlatti, Paisiello, Gastoldi, Piccinni…). Anche il Requiem di Wolfgang Amadeus Mozart vede la sua prima interpretazione italiana in una di questi concerti (nel 1844).

Allo stesso tempo il conservatorio di Milano è passato alla storia per non aver ammesso agli studi Giuseppe Verdi, nel giugno 1832. La commissione lo considera infatti troppo anziano (ha 18 anni e 14 è l'età massima consentita per l'ammissione) e lo accusa di avere un'errata tecnica nella postura della mano. Come se non bastasse è anche straniero, poiché proviene dal ducato di Parma. In merito a questa questione, in una sua lettera a Jacopo Caponi del 13 ottobre 1880

Nonostante l'esclusione, l'istituto gli verrà intitolato nel gennaio 1901, come molti altri conservatori italiani, nonostante Verdi avesse manifestato, pochi anni prima di morire, una ferma contrarietà ad un simile utilizzo del proprio nome.

Intorno al 1850 si ha un'importante riforma strutturale e dirigenziale, ad opera di Lauro Rossi, il già citato Alberto Mazzucato e Antonio Bazzini. Tra le innovazioni apportate vi è la trasformazione in Liceo musicale di quello che era in pratica un convitto, la sostituzione del direttore con un Curatore governativo (da compiti prevalentemente amministrativi), l'istituzione di nuove classi (una classe d'arpa nuova e indipendente dalla polivalenza di un singolo insegnante, Mimica, Storia della musica…).

In seguito all'unità d'Italia il conservatorio diviene, insieme all'Accademia di Brera uno degli ambienti milanesi più vicini al movimento della Scapigliatura. Nello stesso periodo Arrigo Boito e Franco Faccio, all'epoca giovani studenti, iniziano una lotta per l'abolizione delle forme melodrammatiche filorisorgimentali (a favore della musica di artisti all'avanguardia come Richard Wagner). Sempre nella fase post-unitaria il conservatorio di Milano viene indicato dal Ministero della pubblica educazione come modello organizzativo per le scuole di musica di tutta Italia.

Nel 1898 viene istituito un Museo degli strumenti musicali, e nel 1908 viene costruita la sala Verdi (poi distrutta durante la Seconda guerra mondiale e restaurata nel dopoguerra). Durante il periodo fascista l'istituzione manifesta avversità nei confronti delle correnti moderniste, tanto che la musica di autori come Alfredo Casella e Gian Francesco Malipiero viene osteggiata e criticata in un documento pubblico. Di questo appello sono firmatari Ildebrando Pizzetti (all'epoca direttore del conservatorio) e i compositori Ottorino Respighi e Alceo Toni.

Dopo la fine del secondo conflitto mondiale si ha un periodo di rinascita culturale e di apertura nei confronti delle avanguardie estere, ad opera (principalmente) di Giorgio Federico Ghedini. Gli studenti italiani iniziano così a conoscere le tecniche della dodecafonia e gli altri stilemi maturati in seno alla cultura compositiva internazionale. In questo periodo, inoltre, studiano e insegnano in conservatorio alcuni grandi nomi della musica italiana: si ricordano Piero Rattalino, Antonio Ballista, Bruno Canino, Riccardo Muti, Michele Campanella, Bruno Bettinelli, Franco Donatoni, Riccardo Chailly, Guido Salvetti e, tra i rappresentanti della cultura letteraria, Salvatore Quasimodo e Fernanda Pivano. Vengono introdotti i corsi relativi alla musica Jazz e il corso di musicologia. Si tengono masterclass, seminari e altre attività volte ad approfondire il bagaglio culturale dello studente.

Dal 1971, primo esperimento in Italia, è sede del Liceo Musicale Sperimentale del conservatorio "G. Verdi", che viene istituzionalizzato nell'anno scolastico 2010/2011, quando vengono istituiti i Licei Musicali nell'ambito della riorganizzazione legislativa e normativa della scuola, essendo così rinominato "Liceo musicale Giuseppe Verdi". Istituto statale secondario ad ordinamento, ad oggi rimane l'unico caso, assieme al Liceo di Trento, di Scuola Superiore operante all'interno di un conservatorio.

PARCO DEL CITYLIFE

CityLife vanta uno tra i parchi più ampi di Milano, ma soprattutto è ricco di opere d’arte che lo rendono un vero museo a cielo aperto tutto...