mercoledì 23 giugno 2021

LIUTERIA ANTONIO MONZINO

 


La storia di Casa Monzino inizia nella seconda metà del XVIII secolo. Due etichette, ancora inedite nel panorama degli studi sulla storia della liuteria e degli albori della famiglia Monzino, ci suggeriscono i primi passi dell’attività di Antonio I: la prima ritrovata in una mandola bassa, databile agli anni ’60 del Settecento, ci testimonia di una bottega nella zona di Porta Orientale della città ― corrispondente all’odierna Porta Venezia e in particolare alla moderna via di San Pietro all’Orto ― posta dirimpetto all’Uomo di Pietra; la seconda, riportata in un repertorio storiografico sulla liuteria del 1913, ci racconta di una bottega in Contrada dei Pennacchiari ossia nella zona dell’odierna via Torino.”

Antonio Monzino I (17??-1800) nel 1767 si stabilì in Contrada della Dogana all’insegna della Sirena n. 4037. “Fabbricatore di Istrumenti e corde armoniche” geniale e instancabile, ma anche importatore e rivenditore di tutto ciò che era necessario ai musicisti, nonché editore, Antonio I Monzino aveva già in se tutti i tratti peculiari di una storia che arriva fino ai nostri giorni.
Durante la gestione del figlio Giacomo Antonio Monzino II (1776-1854) l’iniziale attività artigianale viene integrata con il commercio di corde, accessori e strumenti antichi. La Casa diviene fornitrice di importanti Istituzioni milanesi. Maestro di violino e chitarra nonché compositore, Giacomo Antonio ha contatti con valenti musicisti dell’epoca, tra cui Niccolò Paganini e avvia l’attività di editoria musicale.
Con Antonio Monzino III (1800-1872) la famiglia vive da protagonista gli avvenimenti delle Cinque Giornate di Milano e consolida e sviluppa l’attività tramandata dall’Avo paterno.
Antonio Giacomo Monzino IV (1847-1929) introduce moderne macchine operatrici per la lavorazione del legno e la fabbricazione delle corde armoniche fasciate continuando nella tradizione della liuteria con i migliori artisti italiani dell’epoca, come i fratelli Antoniazzi, Romeo e Riccardo ma anche Erminio Farina, Severino Riva, Ambrogio Sironi e Luigi Galimberti che formeranno sotto la loro guida molti giovani-destinati a diventare tutti grandi liutai. Costituisce inoltre il “Circolo dei Mandolinisti” e continua con successo l’attività nel settore editoriale, occupandosi sapientemente dell’attività culturale milanese e nazionale.
Antonio Monzino V (1885-1918) collabora fattivamente all’impresa familiare ma purtroppo muore giovanissimo, a soli 32 anni, per una malattia contratta in guerra.
Con Antonio Carlo Monzino VI (1909-2004) si attua la diversificazione che i tempi richiedevano attraverso l’integrazione dell’attività artigianale con l’importazione e la commercializzazione di una vasta gamma di strumenti italiani ed esteri tra i marchi più prestigiosi.
Antonio Monzino VII (1938) raccoglie l’eredità commerciale, moltiplicando le attività del Gruppo e ideale della Famiglia, credendo nella musica quale componente essenziale di un’armoniosa crescita culturale. Costituisce a tale scopo la Fondazione Antonio Carlo Monzino, per la diffusione dell’educazione attraverso la musica: missione questa in cui si riconoscono anchei fratelli Vittoria, Carla, Alberto e Margherita.

Milano, il liutaio 2.0 riapre bottega
e salva l’eredità di famiglia

I MONZINO NON CREAVANO PIÙ STRUMENTI. NICOLA ORA «TORNA» AL 1750, QUANDO INIZIÒ LA LUNGA ATTIVITÀ DELLA DINASTIA
Nel 1750 il Teatro alla Scala ancora non esisteva. Ma d’estate, sulla spianata del Castello Sforzesco, Giovanni Battista Sammartini dirigeva tre volte a settimana grandi concerti sinfonici. Fu in quegli anni, in cui il Ducato di Milano ancora apparteneva all’Impero di Maria Teresa d’Austria, che Antonio Monzino I, «fabbricatore di istrumenti e corde armoniche» aprì la sua prima bottega da liutaio, in Contrada Dogana, a due passi dal Duomo. Fu l’inizio di una dinastia che portò avanti l’antica arte della costruzione degli strumenti ad arco e a pizzico — da violini e contrabbassi a chitarre e mandolini — fino agli anni Settanta del Novecento, formando i migliori liutai italiani. Oggi quella fabbrica esiste ancora. Si chiama «Mogar Music», si è trasferita a Lainate e impiega circa trenta dipendenti nel commercio all’ingrosso di strumenti musicali. L’antica arte della costruzione dei violini, nella famiglia Monzino, sembrava essere tramontata. E invece, a sorpresa, un nuovo liutaio è spuntato in seno all’ottava generazione. È Nicola, 47 anni, nipote di Antonio Monzino IV, l’ultimo costruttore di violini e chitarre a lavorare nella bottega di via Rastrelli e nel negozio in via Larga, fino alla loro chiusura. Oggi Nicola costruisce i suoi violini nell’atelier allestito nella sua casa, a due passi da Piazza Piemonte. Ma ha un obiettivo. «Riaprire il laboratorio di mio nonno e dare lavoro a giovani liutai. E aggiungere anche altre attività, come il noleggio degli strumenti, aree espositive per la collezione di famiglia e fare iniziative culturali», racconta.
Seguire le orme del nonno non era nei suoi programmi. Fino a cinque anni fa, Nicola lavorava nell’impresa di famiglia. «È stata la crisi a farmi trovare la mia strada — spiega —. In quel periodo il mercato era stagnante e ho ripensato alla proposta che il nonno mi aveva fatto quando avevo 16 anni. Io ero l’unico dei nipoti che amava lavorare con le mani e lui mi suggerì di andare a lavorare per Luca Sbernini, che oggi è uno dei migliori liutai in Italia. Io naturalmente rifiutai. Cinque anni fa, invece, ci ho ripensato, ho preso un anno sabbatico e mi sono iscritto alla Civica Scuola di Liuteria di Milano. In famiglia ormai non c’era più nessuno che potesse insegnarmi il mestiere». Dopo quattro anni in classe da mattina a sera, a studiare, fra l’altro, disegno tecnico, acustica degli strumenti, le caratteristiche di legno e vernici, e dopo sei mesi di lavoro in atelier, Nicola costruisce il suo primo violino e lo dona a sua moglie, Adriana.
«La parte più difficile della costruzione è il taglio della chiocciola (la parte finale del manico), lì si diventa un po’ scultori, si lavora sui decimi di millimetro. E che emozione quando si sente la prima nota, il “la”: la prima volta mi sono commosso». Quel violino oggi è affidato a un musicista. «Perché uno strumento non deve restare in una cassaforte: di questo ne sono fermamente convinto». Ed è la stessa filosofia della Fondazione Monzino, che con il progetto «Adotta uno strumento» presta i suoi «tesori» a giovani musicisti. Un violino Testore del 1759 è in uso a una violinista, mentre un violoncello Farina E. del 1910 è affidato a un musicista della Scala. «Nella cassa armonica degli strumenti Monzino c’è l’etichetta con la firma di mio nonno e il nome del liutaio che l’aveva costruito: lui desiderava che i nomi dei suoi artigiani non andassero persi».
Parte della collezione Monzino — settantacinque pezzi su 150 — è ammirabile oggi al Museo degli Strumenti Musicali del Castello, a cui è stata donata. In più di due secoli di attività, la casa produsse anche strumenti di sua invenzione, come la chitarra da viaggio e speciali mandolini. E, nella collezione, spiccano anche una lettera di Giuseppe Verdi e una di Niccolò Paganini, che lodava le corde del «Mi cantino» (le più sottili del violino) prodotte dai Monzino e che acquistava a fasci di trenta per volta. Una delle chicche, oggi custodita al Museo della Scala, è poi la lira costruita per la rappresentazione dell’opera Nerone di Arrigo Boito nel 1924. «Ne fecero due esemplari: una per l’attore in scena e una realmente funzionante».In attesa che la bottega di Nicola apra — «sto cercando una sede adatta» — a partire da settembre, al Centro culturale Rosetum di via Pisanello la Fondazione proporrà corsi di liuteria per adulti e bambini.

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