Sono tanti i luoghi d’intesse storico e artistico dove il visitatore può perdersi fra quadri, statue e opere d’arte di valore inestimabile. Tanti angoli e luoghi dimenticati senza particolare valore artistico, ma in grado di regalare la strana sensazione di essere tornato indietro nel tempo, dove le lancette dell’orologio hanno smesso di girare e sotto la patina di oblio che li ammanta, è possibile coglierne tracce.
mercoledì 9 marzo 2022
MONASTERO DE QUINZANO
martedì 8 marzo 2022
CHIESA DI SAN BERNARDO
MONASTERO SANTA MARIA MADDALENA
CHIESA DI SAN BARTOLOMEO
domenica 6 marzo 2022
CHIESA DI SANTA MARIA DI LORETO
I frati l’8 ottobre 1847 iniziarono la ricostruzione del vecchio edificio, con architettura più nobile e monumentale. L’incarico fu affidato all’architetto Moraglia, il quale disegnò una solenne costruzione neoclassica, secondo il gusto del tempo. La costruzione fu compiuta nel 1860 e il 6 agosto veniva benedetta la nuova chiesa. Il complesso era preceduto da un’imponente propileo formato da 14 grandiose colonne monolitiche di granito, senza base e con capitelli dorici. L’alta trabeazione è conchiusa da due timpani triangolari corrispondenti agli ingressi di chiesa (a destra) e ospedale.
Sia la chiesa di santa Maria di Loreto che l’attiguo Ospedale vennero abbattuti quando il nuovo piano regolatore sancì l’apertura, tra le vie Bandello e Zenale, di un’ulteriore viuzza: la Morozzo della Rocca, finalizzata a meglio lottizzare ulteriormente i terreni. Al loro posto saranno costruiti nuovi condomini.
CONVENTO DELLE OCHETTE
Il convento accoglieva dodici zitelle e due inservienti, le quali seguivano le regole di S. Francesco, e attendevano ad allevare nobili fanciulle nella pietà cristiana e nei buoni costumi.
Dopo il 1636 nel convento, su disegno di Carlo Buzzi (già architetto della fabbrica del Duomo), fu eretta una chiesa pubblica, S. Maria di Loreto, ad una sola navata, con tre cappelle e la cui pala dell’altare maggiore rappresentava la Vergine di Loreto con S. Chiara e il Card. Federico Borromeo. Il monastero fu soppresso durante il periodo napoleonico; rimase tuttavia il conservatorio, destinato però alle orfanelle, ma esse pure nel 1841 passarono all’Orfanotrofio della Stella (le Stelline). Il monastero fu acquistato dai Fatebenefratelli di Porta Nuova, ai quali passò, quindi, anche la chiesa di S. Maria di Loreto abbattuta successivamente.
lunedì 31 gennaio 2022
CHIESA DI SANT'ANNA IN CASTAGNEDO
mercoledì 26 gennaio 2022
CHIESA DEI SANTI NAZARO E CELSO ALLA BARONA
Decaduta la vita monastica per mancanza di vocazioni, il monastero ed i suoi possedimenti passarono in un regime di commenda. In diritto canonico la commenda era il conferimento ad una persona di un beneficio per il solo usufrutto delle rendite, in altre parole non si possedeva il terreno, ma solo i suoi ricavi. La commenda fu istituita nel 1265 da papa Clemente V° poi, per motivi politico-amministrativi fu ridotta, modificata e poi abolita.
Il commendatario continuò, per qualche tempo a mantenere, per la Barona, un cappellano che con molte probabilità risiedeva in luogo, poi l'uso decadde. La chiesa della Barona passò quindi, agli inizi del XVI° secolo, sotto la giurisdizione della parrocchia di San Lorenzo alle Colonne e, sia pure senza continuità, un cappellano esercitava come poteva, la domenica e durante le altre festività, la cura delle anime su delega del parroco di San Lorenzo.
Questo stato di cose durò fino l’anno 1567.
Ma distanza dalla chiesa parrocchiale doveva presto farsi sentire dalla popolazione di qui che andava crescendo numericamente. Arrivò quindi il giorno in cui una delegazione di cittadini si recò dall'Arcivescovo Carlo Borromeo chiedendo che la loro chiesa fosse elevata a chiesa parrocchiale con un sacerdote stabilmente in luogo. San Carlo accolse la richiesta e nei giorni 3, 4 agosto 1567 con atto notarile stillato presso il notaio Giovanni Pietro Scotti la vecchia chiesina divenne finalmente parrocchia conservando la primitiva dedica ai santi Nazaro e Celso.
Vari documenti dimostrano l'eccellenza della vita religiosa nel quartiere nei secoli scorsi. Come nel 1500 l'insistenza dei fedeli fece sì che la loro chiesa fosse elevata a parrocchia; cosi verso al fine del se-colo XVI° l’affetto dei fedeli portò alla ricostruzione della chiesa. Il periodo aureo della vita religiosa alla Barona fu durante il 1700.
lunedì 17 gennaio 2022
CHIESA DI SAN PIETRO CAGALENTI
La menzione più antica dell'oratorio in un documento risale al 1019, mentre è successiva la menzione tra le chiese parrocchiali, status che mantenne fino al 1577 quando San Carlo soppresse l'omonima parrocchia. Sul nome non vi sono origini certe, se non un'ipotesi per cui il nome "Santi Pietro e Lino" deriverebbe dalla corruzione del più antico nome "San Pietro a Ca' Galeni", che deriverebbe dal nome della famiglia alla quale era assegnato l'antico giuspatronato, mentre San Carlo Borromeo si riferiva alla chiesa come "San Pietro ad Linteum" per via del lenzuolo apparso in visione al santo secondo la tradizione cristiana.
L'aspetto tramandatoci dell'edificio è quello successivo ai restauri iniziati nel 1719 che videro l'innalzamento della chiesa e la modifica di alcuni interni, tra cui l'altare maggiore indietreggiato su cui fu posto il dipinto del Cristo Crocifisso coi santi Pietro ed Omobono di Antonio Busca, e l'aggiunta di due cappelle laterali, nelle quali vennero riposte due statue già presenti nella chiesa di Sant'Antonio da Padova e della Beatissima Vergine. Nella chiesa era presente anche un quadro di San Pietro di Giovanni Battista Longoni, al quale si dovevano anche gli affreschi in prossimità dell'altare maggiore, e una tela di Santo Omobono di Giuseppe Rivola.
La chiesa, fu demolita nel 1786: sull'area occupata dal complesso sorge oggi una piazzetta che prende il nome dall'oratorio.
sabato 15 gennaio 2022
CHIESA DI SANTA MARIA FULCLORINA
Santa Maria Fulcorina era parrocchia del decanato di Porta Vercellina e venne soppressa il 25 dicembre 1787 all'entrata in vigore del nuovo compartimento territoriale delle parrocchie della città e dei Corpi Santi di Milano.
Una prima ipotesi circa l'origine della chiesa, il cui titolo oscilla nei secoli fra Santa Maria Folcolina, Santa Maria Falcorinae l'attuale Santa Maria Fulcorina, vuole farla risalire all'anno 810, fondata dal conte Folco o Fulco o Falcuino, da cui deriverebbe il titolo della chiesa. Tuttavia i documenti ufficiali indicano la chiesa fondata nel 1007. Il Morigia, che il Latuada sicuramente leggeva, scriveva nel 1595 che la chiesa avrebbe tratto il nome dal nobilissimo milanese Fulco da cui Santa Maria Fulcolina; secondo il Torre, invece, il gentiluomo sarebbe stato il cavaliere francese chiamato Conte Folco; similmente, sempre secondo il Morigia, nello stesso tempo un altro nobile milanese, Pedone, avrebbe fatto edificare la chiesa di Santa Maria Pedone da lì non distante e una serva, tal Secreta, avrebbe fatto erigere nelle vicinanze la chiesa di Santa Maria Secreta.
Il Torre riferisce che la Collegiata della Falcorina, ai suoi tempi "comunemente detta "Castagnola", secondo alcuni scrittori a lui precedenti fosse stata luogo di appoggio per i primi frati Francescani trasferiti a Milano e che con loro fosse venuto San Francesco in persona che avrebbe occupato una piccola cella o piccolo Camerino ancora esistente ai tempi dello scrittore. La chiesa originaria era disposta su tre navate, presentava due cappelle e il coro era ornato con un affresco di Pietro Maggi di Sant'Anna. La chiesa fu poi demolita e ricostruita nel 1734 per poi essere sconsacrata il 20 maggio 1798 e non, come invece sostenuto dal Forcella, nel 1799.
CHIESA DI SAN MARCELLINO
Le origini della chiesa risalirebbero, come scrive Paolo Rotta, a prima della venuta del Barbarossa a Milano: la chiesa era attestata in documenti nel 1021 e all'interno di essa figuravano della arche sepolcrali datate 1144. Rettore della chiesa fu, fino alla morte avvenuta nel 1522, Franchino Gaffurio, presbitero, teorico musicale e compositore. Qui ne fu collocata anche la sepoltura, dispersa però nel corso dei secoli. La chiesa fu poi rifatta in nuove forme sotto il cardinalato di Federico Borromeo, nel cui periodo nella chiesa si celebravano fino a quattordici messe al giorno. Sebbene si abbia notizia della soppressione della parrocchia omonima nel 1787, attiva dal XV secolo, non si hanno notizie certe sulla precisa data di demolizione della chiesa, salvo trovarla menzionata come non più esistente nel 1891. La chiesa continuò per anni a dare il nome alla contrada di San Marcellino, oggi semplice prosecuzione di via Broletto.
L'originale chiesa era di forma rettangolare, a più navate, di cui la maggiore terminava con un'abside. La chiesa fu rifatta per ordine del cardinale Federico Borromeo nel 1625 ad un'unica navata, fiancheggiata da tre cappelle per lato: degne di nota erano la cappella di sant'Antonio abate, dipinta da Rodolfo Cunio, allievo del Cerano, e la cappella di San Giuseppe, affrescata dal bolognese Marcantonio Franceschini. La facciata risultava ancora spoglia al 1738.
CHIESA DI SAN CIPRIANO IN CORDUCE
L'oratorio di San Cipriano, indicato talvolta come San Simplicianino, era un oratorio di Milano. Situato nella scomparsa piazza delle Galline, fu demolito nel 1786.
La presenza della chiesa è attestata dal 1142: era situata nella oggi scomparsa piazza delle Galline, corrispondente circa ad un'area tra piazza Cordusio e via Tommaso Grossi. Già sede parrocchiale, nel 1578 la parrocchia fu soppressa e suddivisa tra le parrocchie di Santa Maria Segreta e San Protaso ad Monachos. La chiesa fu affidata nel XVIII secolo ad una congregazione laicale, che si occupò di restaurarla nel 1728. Vittima delle soppressioni giuseppine, fu demolita nel 1786.
La facciata presentava in sommità una statua della Vergine Maria e di due angeli ai lati, era inoltre ornata con bassorilievi del Martirio del vescovo Cipriano. La chiesa presentataci dal Latuada al 1738, aveva tre altari, di cui due aggiunti nei restauri del 1728, protetti da balaustrata in marmo: i due altari laterali erano dedicati a san Giuseppe e a Gesù crocifisso. Nel coro era presenti varie tele su san Francesco d'Assisi dei Fiammenghini.
PARROCCHIA DI SANT'ANDREA ALLA PUSTERLA
sec. XV - 1787
Parrocchia della diocesi di Milano. La chiesa di Sant’Andrea alla Pusterla Nuova è attestata come “capella” alla fine del XIV secolo in Porta Nuova della città di Milano .
Nella “distinzione della quantità delle chiese, conventi, monasteri, oratori, scuole, e confraternite” nel distretto delle parrocchie entro i confini censuari della Porta Nuova figuravano nel 1768 la chiesa parrocchiale di Sant’Andrea alla Pusterla Nuova; il monastero delle reverende madri mendicanti francescane di Santa Maria del Gesù .
Verso la fine del XVIII secolo, secondo la nota specifica delle esenzioni prediali a favore delle parrocchie dello stato di Milano, la parrocchia di Sant’Andrea non risultava possedere fondi; il numero delle anime, conteggiato tra la Pasqua del 1779 e quella del 1780, era di 1.336 ; nella coeva tabella delle parrocchie della città e diocesi di Milano, la rendita netta della parrocchia di Sannt’Andrea assommava a lire 1.171.11.6, la nomina del titolare del beneficio spettava all’ordinario .
Con il nuovo compartimento territoriale delle parrocchie della città e dei Corpi Santi di Milano che ebbe pieno effetto dal 25 dicembre 1787 , la parrocchia di Sant’Andrea alla Pusterla fu soppressa e unita alla parrocchia di San Francesco di Paola.
MONASTERO DI SANTA CATERINA IN BIASSONO
La tradizione vuole che sia stata la prima casa umiliata femminile, voluta dalla moglie di uno dei fondatori dell'ordine la quale convertì la propria abitazione in convento.
In un primo tempo la casa fu conosciuta col nome di Santa Maria di Biassono, forse - scrive il Latuada - perché "Biassono" o "de Biassono" poteva essere il cognome della fondatrice, e tale denominazione mantenne almeno fino al XIV secolo.
In seguito fu dedicata a Santa Caterina, detta in Brera perché si trovava sulla strada che conduceva a quella contrada.
Alla fine del XV secolo le religiose vennero dichiarate osservanti e mantennero la regola umiliata anche dopo la soppressione dell'ordine (1571).
L'ente fu soppresso nel 1782.
CHIESA DI SAN PIETRO IN CORNAREDO
Con il nuovo compartimento territoriale delle parrocchie della città e dei Corpi Santi di Milano che ebbe pieno effetto dal 25 dicembre 1787 (avviso 16 novembre 1787), la parrocchia di San Pietro alla Rete o San Pietro in Cornaredo, fu soppressa, e unita alla parrocchia di Santa Maria della Scala in San Fedele
La chiesa nella sua forma originale aveva un pianta rettangolare divisa in tre navate sorrette da sedici colonne in pietra ed una cappella decorata: in una delle sue visite, il cardinale Carlo Borromeone decretò il rifacimento come spesso fece per molte altre chiese vetuste, che sarebbe stato compiuto molti anni dopo su progetto di Francesco Maria Richini. La nuova chiesa aveva forma ottagonale e aveva tre cappelle compresa la Maggiore con altare in marmo e ai cui lati si aprivano due porticelle che mettono la chiesa in comunicazione con la sacrestia da una parte e la casa parrocchiale dall’altra, al di sopra delle due porte vi erano due ovali che riproducevano le teste dei due santi apostoli Pietro e Paolo dipinte da Giulio Rossi.
Nelle due cappelle laterali si trovavano su due altari lavorati con marmi pregiati, in quello di destra si trovava la statua della Vergine Maria mentre nella cappella di fronte la statua di San Gioacchimo.
La facciata del tempio rimaneva separata dalla pubblica strada con colonnette di pietra elegantemente lavorate che sorreggevano un grande timpano aggettante. Sopra la cima era posta la statua di pietra del Santo Apostolo Pietro con due angeli, mentre sotto al finestrone vi era un’immagine di Maria vergine a bassorilievo. La chiesa aveva un’unica entrata e tre finestre come si vede anche dall’unico disegno pervenutoci fatto dal Richini.
CHIESA DI SAN SILVESTRO
La chiesa di San Silvestro, anche nota come San Silvestro ai tre monasteri, era una chiesa di Milano. Situata nell'attuale via Giuseppe Verdi, la chiesa fu soppressa nel 1786.
Secondo Carlo Torre, la chiesa fu edificata in onore del Santo Papa Silvestro I dal vescovo Ansperto nell'878, mentre il Latuada sostiene che della chiesa non vi siano documenti risalenti a prima dell'XI secolo, mentre la chiesa viene citata nuovamente negli atti di un processo del XII secolo. La chiesa fu soppressa nel 1786 nel programma delle soppressioni Giuseppine ed in seguito demolita, tuttavia diede il nome alla contrada di San Silvestro per molti anni, fino all'intitolazione della via a Giuseppe Verdi.
Della chiesa è noto solo l'aspetto secentesco dopo i rifacimenti dovuti allo stato cadente della chiesa primitiva. La chiesa, progettata da Gerolamo Quadrio, aveva una pianta quadrata: nonostante la chiesa non fosse di eccezionali dimensioni, essa non fu conclusa prima del 1725 e presentava l'altare maggiore fatto di marmo decorato con una pala d'altare, con una cappella, definita dal Latuada come "maestosa".
CHIESA DI SAN VITTORE E QUARANTA MARTIRI
La chiesa di San Vittore e Quaranta martiri era una chiesa di Milano. Situata nell'attuale via Pietro Verri, viene chiusa al culto nel 1787 e definitivamente demolita nel 1927.
La chiesa di San Vittore e quaranta martiri risale probabilmente al XI secolo, ma più volte nel corso dei secoli ha subito modifiche. La sua esistenza è confermata “dal Landolfo [Landolfo Seniore] e dal Beroldo e dall’Anonimo sotto l’anno 1065”.
È attestata come “capella” alla fine del XIV secolo in Porta Nuova della città di Milano.
Tra XVI e XVIII secolo la parrocchia di San Vittore e quaranta martiri è costantemente ricordata negli atti delle visite pastorali compiute dagli arcivescovi di Milano e dai delegati arcivescovili tra le parrocchie di Porta Nuova. In particolare, si ha notizia di alcune visite pastorali compiute dal Cardinale Federico Borromeo.
La prima descrizione completa e corredata di disegni della Chiesa di san Vittore e i quaranta martiri antica risale al 1581, ed è stata redatta sotto il vescovato di Carlo Borromeo, probabilmente in occasione di una visita pastorale del visitatore delegato, il canonico milanese Ottaviano Abbiate de' Forieri. Sebbene non sia riportata la scala metrica, il disegno è in parte quotato. Le note riportate sul disegno, unitamente alla descrizione scritta, forniscono molte informazioni sia sulla consistenza materiale dell’edificio, sia anche sul contesto urbano in cui è inserito. È infatti chiaramente riportato come il presbiterio e l’abside siano posti, in accordo con la tradizione, verso est: questo già esclude la possibilità che la facciata principale della chiesa sia direttamente affacciata su via Verri .
Come si evince dalla pianta, la Chiesa originariamente è a navata unica, conclusa da un’abside curva su cui si trovava l’altare, e presenta una serie di cappelle laterali. La descrizione conferma la presenza di tre altari interni, più uno esterno, posto fuori dalla chiesa sul lato settentrionale, in una cappella esterna aperta su una piccola piazza. Il battistero si trova sul lato destro dell’aula, in una piccola nicchia, mentre la sagrestia con il vicino campanile è a destra dell’altare maggiore, accessibile da due porte. Sul lato meridionale si trova l’ingresso alla casa parrocchiale. Nella piazza trova posto anche un piccolo cimitero.
La seconda importante testimonianza riguardante la Chiesa di San Vittore e i quaranta martiri ha una storia particolare: si tratta di una pianta redatta nel 1639, in occasione di un processo per violazione del diritto d’asilo e dell’immunità ecclesiastica, sotto l’arcivescovato di Cesare Monti. Un documento allegato agli atti di processo, datato 5 ottobre 1639, parla dell’”extractione di Carlo Bossi da una casa del Santissimo Sacramento della chiesa di S.to Vittore e quaranta martiri quale è attaccata alla medesima chiesa”.
Si ipotizza dunque che il disegno sia stato eseguito per fissare con precisione la posizione dei vari corpi annessi alla parrocchiale, così da non avere dubbi in sede di processo, tramandando una descrizione dettagliata che può essere confrontata con la precedente pianta del 1581.
Da questo confronto si evince come la Chiesa abbia subito in quegli anni alcune modifiche, la più importante delle quali è l’introversione della “Cappella di Santa Maria della Corte”, prima spazio devozionale aperto verso la piazza, e ora nuova sede del fonte battesimale.
La struttura del sagrato rimane invariata, ma in questo caso è descritta in modo molto più dettagliato, soprattutto per quanto concerne l‘ingresso, unico e delimitato da “cholonette et barre”. È interessante notare tutt’attorno al perimetro sezionato dell’abside la proiezione della linea di gronda dove, come riportato dagli atti, il Bossi “era in piedi attaccato attaccato a questa muraglia del choro”. Indicate in verde troviamo tutte le superfici dei locali connessi alla chiesa.
Il Dizionario della Chiesa Ambrosiana riporta che nel 1674 la chiesa subisce una serie di grandi interventi, che interessano la struttura e le decorazioni. La chiesa diventa “a pianta rettangolare, ad aula unica con cinque cappelle, compresa la maggiore”8. Probabilmente, è proprio in quest’occasione che vengono realizzati gli affreschi, l’altare e l’organo che nel 1929 saranno trasferiti nella nuova chiesa di viale Lucania. Non sono pervenuti disegni o documenti dell’epoca che rappresentano questa nuova configurazione, ad esclusione delle piante (molto schematiche) che possiamo trovare in alcune carte storiche della Città di Milano.
In particolare, la carta di Giovanni Filippini mostra con chiarezza le cinque cappelle e l’accesso alla chiesa dalla piazza del sagrato. Inoltre, è interessante notare come l’odierna via Verri si chiamasse ai tempi “Via San Vittore e i quaranta martiri”, proprio a causa della presenza della chiesa. La prima rappresentazione grafica alla scala architettonica della nuova consistenza della chiesa risale poi al 1927, ed è parte della relazione allegata alle operazioni di demolizione. L’assenza di ulteriori disegni potrebbe essere motivata anche dal fatto che la chiesa verrà sconsacrata e declassata a aula d’oratorio.
Con il nuovo compartimento territoriale delle parrocchie della città e dei Corpi Santi di Milano, che ha pieno effetto dal 25 dicembre 1787 (avviso 16 novembre 1787), la Parrocchia di San Vittore e quaranta martiri viene soppressa, e unita alla parrocchia di Santa Maria della Scala in San Fedele (Fondo Duplicati). Questi avvenimenti sono confermati dal Rotta, che nel 1891 afferma: “La chiesa, già rifabbricata, tutt’ora è conservata e serve da Oratorio festivo ad un manipolo di giovani addetti alla Parrocchia di San Fedele”, facendo anche riferimento ad una “cartella apposita conservata presso l’archivio della Curia.
Pare che tra questi giovani figurasse Gabrio Piola, autore “al quale dobbiamo una interessante relazione sull’oratorio ed un non meno interessante progetto educativo, nella forma di una lettera al Maestro degli Incipienti”. Proprio per questo motivo, non essendo più considerato un edificio di culto, la chiesa scompare anche dalle carte urbane.
È stato possibile rintracciare un libricino del 1850, una sorta di codice di comportamento a cui i giovani membri della congregazione dovevano fare riferimento, e che riporta la chiesa di San Vittore e i quaranta martiri come sede ufficiale delle sue attività.
La Chiesa di San Vittore e i quaranta martiri viene definitivamente demolita nel 1929, quale conseguenza dell’attuazione del Piano Regolatore, per la realizzazione di Piazza Crispi, oggi Piazza Meda.
Il confronto tra due carte turistiche di Milano, realizzate a pochi anni di distanza dal medesimo disegnatore, mette in evidenza come la chiesa (la cui posizione è riconoscibile grazie alla particolare forma della piazza del sagrato) sia sta effettivamente al centro di un’importante demolizione.
In realtà alcune fonti meno autorevoli, tra cui il Sonzogno, fanno risalire la demolizione alla metà del XIX secolo; questo è tuttavia incompatibile con le cartografie e i documenti della sovraintendenza; l’equivoco nascerebbe in questo caso dal confondere la sconsacrazione della chiesa con la sua effettiva demolizione.
Pare esista una documentazione fotografica del Sacerdote Carlo Ponzoni, all’alba della demolizione della Chiesa; tuttavia negli archivi non c’è traccia di queste immagini.
CHIESA DI SANTO STEFANO IN NOSIGGIA
La chiesa di Santo Stefano in Nosiggia era una chiesa di Milano. Situata in un'area allora edificata corrispondente all'odierna piazza Belgioioso, fu demolita nel 1787.
Della chiesa si ha traccia in documenti risalenti al VIII secolo per essere poi citata in dei documenti relativi ad un concilio provinciale del 1119. Nella chiesa sarebbe stato battezzato Goffredo da Bussero nel XIII secolo. Il nome "Nosiggia", dato per distinguerla da altre chiese dedicate allo stesso santo, deriverebbe o per il patronato della famiglia Nusiggia o per corruzione del nome derivato da antico albero di noce presente sull'area di edificazione della chiesa, noce peraltro stemma della famiglia Nusiggia.
La chiesa aveva una pianta a forma rettangolare di 40 metri di lunghezza e 12 di larghezza. La chiesa originale, descritta come piccola e angusta, fu ricostruita nel XVII secolo con una facciata ornata con paraste di ordine ionico, il portale d'ingresso era sormontato da una statua del santo tutelare della chiesa: l'interno era ad unica navata con tre cappelle. La paternità del progetto secentesco fu assegnata al bolognese Antonio Maria Corbetta.
venerdì 14 gennaio 2022
CHIESA DI SAN ROCCO
La chiesa di San Rocco era una chiesa di Milano. Situata circa all'attuale incrocio tra corso di porta Romana e viale Caldara, fu sconsacrata nel 1786.
La fondazione della chiesa risale all'ultimo decennio del XV secolo, quando fu edificata per richiedere al Santo la protezione dalla peste: non sono disponibili documenti precedenti a questo periodo, tuttavia alcune ipotesi sostengono che la chiesa potrebbe essere sorta su una cappella dedicata a San Sebastiano e a San Rocco edificata per volere di Galeazzo Maria Sforza mezzo secolo prima. Nel 1616 fu assegnato alla chiesa il titolo di parrocchia: sappiamo inoltre che il culto di San Rocco e la conseguente importanza della chiesa crebbe durante l'epidemia di peste del 1630 e che una parte dei morti di quella pestilenza venne sepolta in un terreno attiguo alla chiesa. Nel 1783 venne realizzato, dietro la chiesa, l'antico Cimitero di San Rocco al Vigentino, del quale la stessa chiesa di San Rocco ebbe giurisdizione per appena tre anni. Tra il XVII secolo ed il 1786, anno della sconsacrazione della chiesa, si hanno tuttavia poche notizie. L'anno di demolizione della chiesa è incerto: due anni dopo la sconsacrazione Domenico Aspari raffigurava ancora il campanile della chiesa in una stampa dell'area di Porta Romana.
Dopo la soppressione le opere d'arte e arredi sacri della chiesa furono trasferiti nella nuova chiesa di San Rocco presso l'attuale viale Sabotino, che fu edificata nel 1791, anch'essa oggi demolita.
Sulla facciata della chiesa era affrescati dei ritratti di San Rocco e di San Sebastiano, entrambi santi protettori dalla peste, eseguito da pittori di scuola bramantesca. Sull'interno della chiesa vengono date informazioni discordanti: Carlo Torre descrive all'inizio del XVIII secolo la chiesa come a singola navata, mentre Serviliano Lattuada poco più di trent'anni più tardi la descrive suddivisa in tre navate.
L'unica opera superstite della chiesa di San Rocco è un polittico di pittura ad olio su tavola di Cesare da Sesto risalente al 1523, identificato semplicemente come Polittico di San Rocco, oggi in parte conservato ai musei del Castello Sforzesco
CHIESA DI SANT'ANNA
La chiesa di Sant'Anna era una chiesa di Milano. Situata nell'attuale corso Garibaldi, fu soppressa e demolita all'inizio del XIX secolo.
Una chiesa col medesimo nome esisteva in tempi antichi nella zona dell'attuale Castello Sforzesco: la sua presenza viene attestata sin dal 1285, quando vi fu portato il Carroccio in processione prima di una spedizione di guerra capitanata da un membro della famiglia Castiglione. L'antica chiesa fu però demolita per volere del duca Francesco Sforza quando ordinò l'ampliamento delle fortificazione del castello. Ospitante in origine delle monache di clausura, la chiesa, quando queste furono trasferite alla chiesa di Sant'Apollinare, accolse una congregazione di teatini nell'anno 1670 dopo una supplica a papa Clemente X.
La chiesa possedeva un'unica navata con varie cappelle laterali, ed era ricoperta da un soffitto in legno. La chiesa ospitava quattro ante d'organo opera di Giovan Battista Discepoli, rappresentanti Sant'Anna, Nostra Signora con Gesù Bambino, Sant'Agostino, e San Girolamo.
PARCO DEL CITYLIFE
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