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sabato 26 febbraio 2022

CASCINA CATTABREGA

In via Trasimeno, di fronte al civico numero 84/7, all'interno di un gradevole piccolo parco, fa bella mostra di sè una curata cappelletta che rimanda alle architetture che contraddistinguono le sepolture di famiglia nei cimiteri dei sobborghi.
Non ci sono scritte o lapidi però che lascino intuire qualcosa di più sulla storia di questa architettura religiosa.
All'interno, si scorge un altare sul quale spiccano una statuetta che riproduce la Madonna di Lourdes, la fotografia di una persona anziana e un cero sempre acceso.
Voci di quartiere identificano il personaggio della foto come signora Galimberti che qui riposa.
Era proprietaria dei terreni su cui sorge la cappelletta e alla sua morte lasciò in eredità denaro e terreni affinchè vi fosse costruito un asilo nido.
Probabilmente faceva parte della famiglia del Commendator Angelo Galimberti, costruttore edile che aveva eretto diversi palazzi in zona, e che, nel 1963 acquistò i terreni relativi alla cascina Faipò, via Magistretti, con l'obiettivo di rendere possibile la costruzione della chiesa di San Basilio.
A due passi dalla cappelletta, sempre lungo la via Trasimeno, troviamo ciò che resta della Cascina Cattabrega nei cui pressi, nel 1869 furono rinvenute alcune tombe di terracotta a forma di cono tronco, contenenti oggetti di bronzo e le ceneri dei defunti, probabilmente queste sepolture risalivano all'età del bronzo. Come sempre furono oggetto di furto da parte di ignoti profanatori e ciò che rimase fu donato all'accademia di Brera. 
Ritrovamento di un sepolcreto, avvenuto nel 1869 a circa un quarto d’ora da Crescenzago in un podere di Leopoldo Arnaboldi situato presso un corso d’acqua sorgente detto il Roggione”, che ci farebbero pensare all’esistenza di alcune tribù precedenti l’insediamento romano e che già praticavano l’incinerazione dei propri defunti; alcuni ritrovamenti del sepolcreto, come vasi di terracotta e asce di bronzo, potrebbero risalire, infatti, all’ultima età del bronzo.
Ma torniamo alla nostra cappelletta, dovrebbe essere stata eretta negli anni 50, il terreno su cui sorgeva era stato successivamente venduto al gruppo Ligresti che pagò i dovuti oneri di urbanizzazione al comune di Milano ma non diede inizio a nessun tipo di lavoro.
Col passare degli anni il terreno divenne una vera e propria giungla e solo negli anni 80 fu messa in essere una seria bonifica durante la quale, fra lamiere ed amianto ricomparve la nostra Cappelletta.
due possibili versioni sull'origine della costruzione, beninteso senza alcuna certezza storica, semplicemente voce di popolo.
La prima racconta che la signora della fotografia stava diventando cieca e quindi chiese grazia alla Madonna per non perdere totalmente la vista, a grazia concessa, fece erigere la cappelletta ed espresse il desiderio che alla sua morte sul terreno circostante fosse costruito un asilo nido.
La seconda storia racconta di un figlio che aveva commesso qualcosa di grave e, in cerca di espiazione, fece erigere la cappelletta dedicandola alla Madonna e facendovi tumulare la madre.
Al di là delle leggende metropolitane, che però un fondo di veridicità storica lo conservano sempre, va dato atto agli abitanti del quartiere per l'impegno costante con cui si occupano della piccola costruzione, tanto che il comune di Milano, dietro la loro spinta ha progettato e realizzato il parco che racchiude questa vera perla del quartiere, quando i cittadini si impegnano preservano i veri valori culturali ed ambientali del proprio territorio ed è proprio l'impegno degli abitanti a dare il valore aggiunto a questa nostra piccola storia.
Ora sede di un centro ricreativo

venerdì 28 gennaio 2022

SANTUARIO DI SANT'ANTONIO DA PADOVA

Nel 1872 venne costruito poco fuori Porta Tenaglia l'Ospizio di Terra Santa retto dai Frati Minori, con annessi convento e cappella dedicata all'Immacolata Concezione, costruita tra il 1875 e il 1876. Nel 1898, il convento, nel frattempo era stato ampliato ed era diventato sede della curia della neonata provincia dei Frati Minori (ruolo che mantenne fino al 1954), si decise di costruire una nuova e più grande chiesa.

Il progetto dell'edificio sacro, che sarebbe stato dedicato a Sant'Antonio di Padova, fu affidato all'architetto milanese Paolo Cesa Bianchi, e la sua costruzione si protrasse per quattro anni, fino al 1902. Il 12 giugno 1902, vigilia della festa di Sant'Antonio di Padova, il cardinale Andrea Ferrari, arcivescovo di Milano, ne compiva la solenne consacrazione.

Tra il 1932 e il 1927 la chiesa venne ampliata con la costruzione delle navate e delle cappelle laterali e del campanile su progetto di Ugo Zanchetta. Il santuario fu elevato alla dignità di basilica minore il 18 luglio 1937 da papa Pio XI e divenne sede parrocchiale il 5 febbraio 1957 per volere dell'arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini. Nel 1971 l'area presbiterale è stata pesantemente modificata con l'installazione dei nuovi altare maggiore e ambone su progetto di Giovanni Muzio. Lo stesso architetto, nel 1965, aveva progettato il nuovo oratorio, annesso al convento. La chiesa è stata interessata da una serie di restauri conservativi sia all'interno che all'esterno tra il 1995 e il 2001.

CHIESA DI SANT'APOLLINARE

La parrocchia di Baggio venne istituita da Federico Borromeo nel 1628; come parrocchiale fungeva quella che oggi è nota come "chiesa vecchia". Negli anni venti del XX secolo, a causa della crescita demografica della borgata di Baggio, venne deciso di costruire una nuova chiesa parrocchiale, che fu costruita tra il 1938 e il 1942 dall’Impresa di Costruzioni Antonio Bassanini su progetto dell’ingegnere architetto Egidio Aresi, e consacrata dall'arcivescovo cardinale Schuster.

Dagli anni sessanta vi si tiene, nel periodo natalizio, un "presepe biblico", cioè un presepe che narra anche gli altri eventi importanti della Bibbia, dalla creazione del mondo alla natività di Gesù, dalla fuga in Egitto alla diffusione del Vangelo da parte dei discepoli.

martedì 25 gennaio 2022

CHIESA DI SAN MARCO AL BOSCO

La Chiesa San Marco al Bosco, più conosciuta come San Marchetto, si trova in mezzo al parco delle cascine, che in primavera, con la semina del riso viene rispecchiata dalle acque che la circondano, creando così un paesaggio meraviglioso.

Detta di San Marchetto, è una piccola chiesa devozionale che sembra esistere già alla fine del 1300 essendo riportata nel catalogo delle chiese esistenti in diocesi all’epoca “Liber notitiae sanctorum mediolani”.

La sua costruzione sembra legata al ritrovamento di un Crocefisso in legno, conservato ancora della chiesa, attorno a cui ruota una leggenda. Sembrerebbe infatti che i cavalli utilizzati per l’aratura si fossero rifiutati di procedere in quella zona di terreno, dove ora sorge la chiesa e dove venne ritrovato questo Crocefisso, posto poi in venerazione.

La chiesa ha una struttura muraria a pianta quadrangolare, con semicerchio absidale. Il suolo rialzato su cui è stata eretta, al contrario di quello che si può pensare, non è affatto un terrapieno artificiale ma il piano campagna presente all’origine, allo stesso livello della Cascina S. Marchetto. Questo perché a causa dell’asportazione dello strato argilloso destinato alla costruzione di laterizi presso la vicina fornace all’inizio del secolo XX, ci fu un abbassamento dei terreni limitrofi

La struttura religiosa si trova nel mezzo dei campi del Parco Agricolo Sud di Milano, per l’esattezza nel Parco delle Risaie. Come si nota dalla foto, in primavera quando i campi vengono allagati sembra quasi sospesa su un isolotto. L’origine del nome S. Marco pare sia da collegare agli Eremitani di S. Agostino del Convento di S. Marco in Milano. Nella seconda metà del 1200, entrati in possesso dei fondi agricoli, i religiosi avrebbero fatto costruire la chiesa e forse anche un piccolo convento per alcuni frati come dipendenza del convento principale di S. Marco.

venerdì 14 gennaio 2022

PIAZZA CAMPOSANTO- CIMITERO CAMPO SANTO-CHIESA DI SANTA MARIA AL CAMPOSANTO

Forse non tutti sanno che... si! a Milano cera la piazza del Camposanto 
Alle spalle del Duomo di Milano si apre una piccola piazzetta. In realtà è più uno slargo che permette il passaggio da corso Vittorio Emanuele verso l’Arcivescovado e piazza Fontana. Da un lato si alza la magnifica abside del Duomo, la parte più antica della cattedrale, davanti a cui in primavera fiorisce una bellissima magnolia: è un angolo suggestivo che fa la gioia dei turisti e degli amanti della fotografia.
Dall’altro lato l’imponente facciata del Palazzo della Veneranda Fabbrica del Duomo, elegante e rigoroso con le sue colonne e il grande orologio affiancato dalle statue.
Un palazzo che nasconde un segreto: al di là della facciata infatti non si apre un cortile o un salone di rappresentanza ma una chiesa. Una piccola targa in ottone fissata alla cancellata informa che quello è l’ingresso della chiesa S. Maria Annunciata in Camposanto.
La targa in marmo sull’angolo del corso recita come previsto Piazza Duomo ed è solo consultando le antiche mappe della città che si scopre la denominazione originale: Camposanto.
Fin dal medioevo, infatti, l’intera area era occupata dal cimitero che la Veneranda Fabbrica aveva iniziato a costruire nel 1395, su progetto di Giovanni de’ Grassi, poco dopo l’avvio dei lavori per la Cattedrale (1386). Il progetto prevedeva la costruzione di un porticato addossato ai piloni absidali del Duomo, in una zona in cui la destinazione cimiteriale risaliva probabilmente all’alto medioevo e comprendeva l’area fra le chiese di Santa Tecla e di Santa Maria Maggiore, antecedenti la costruzione del Duomo.
Nella stessa zona si installa però anche il cantiere che ospita i depositi, le botteghe e le abitazioni dei marmorini, degli scalpellini e dei mastri vetrai. Qui sorge anche una piccola cappella dedicata alle maestranze, in una commistione fra sacro e profano, vita e morte, che ricorda in piccolo il villaggio che caratterizza il cimitero della Certosa a Bologna.
Il complesso, che prende il nome di Cassina, si amplia tanto da inglobare la contrada occupata dai macellai, che vengono sloggiati, ma nel 1661 il Camposanto perde definitivamente la funzione di cimitero: restano il cantiere e la chiesa dove i Fabbriceri assistono alla messa festiva. Negli anni seguenti la chiesa subisce ricostruzioni e rimaneggiamenti, fino a quando nel 1839 la Veneranda Fabbrica avvia i lavori per la costruzione di un nuovo palazzo, su progetto dell’architetto Piero Pestagalli.
I lavori di ampliamento del palazzo e quelli per la regolarizzazione della piazza decretano la fine della Cassina, che viene demolita nel 1846. Scompaiono così anche gli ultimi resti del camposanto. Il palazzo assume l’aspetto attuale: la chiesa viene inserita al suo interno, la facciata demolita e nascosta da un nuovo atrio porticato. Resta l’orologio che un tempo ornava il campanile della chiesa precedente e che per questo i milanesi chiamavano Santa Maria Relogii.
Oggi S. Maria Annunciata in Camposanto è sede della cappellania giapponese e, se ne avete la curiosità, tutte le domeniche alle 13.30 potete assistere alla celebrazione della messa in lingua giapponese.
Poi, senza un apparente motivo il nome fu cancellato e una piazza con una storia secolare scomparì per sempre dalla toponomastica meneghina.

CHIESA DEI SANTI CARLO E VITALE ALLE ABADESSE

 La chiesa dei Santi Carlo e Vitale alle Abbadesse venne costruita a cavallo fra sedicesimo e diciassettesimo secolo, ai tempi al centro di quelle che erano le Cascine delle Abbadesse del monastero di Sant'Agostino, destinate alla coltivazione di campi, orti e vigneti solcati da fiumi e canali.

Essa si presenta come una piccola chiesa a navata unica e ospita un altare tardo-barocco. Internamente è suddivisa in quattro campate e coperta con volte a botte e tetto a due pioventi. Sul cantonale di levante è impostato un campaniletto a pianta quadrata. Le pareti interne sono adornate ed affrescate (per lo più dal Morazzone).
Il grande altare tardo barocco si trova davanti ad un abside solamente dipinto sulle pareti.

La facciata, pur molto sobria, non è priva di una certa solennità, specie in proporzione alle piccole dimensioni dell'edificio.

La chiesa rappresenta una testimonianza della Milano che fu, e sicuramente merita una visita.

sabato 8 gennaio 2022

SEMINARIO ARCIVESCOVILE

Quasi nascosto dal tessuto storico di Corso Venezia, su cui affaccia il maestoso portale con cariatidi e il motto borromaico Humilitas, realizzato su disegno di Francesco Maria Richini, si articola in diversi corpi di fabbrica organizzati su un lotto molto profondo. Il primo edificio di dimensioni minori, di un solo piano, accoglie l'ingresso della costruzione. Attraverso un lungo passaggio scandito dalla presenza di alberi secolari si giunge all'imponente ed austero cortile di pianta quadrata (m. 56 di lato) con doppio loggiato a colonne binate e architravate, doriche al piano inferiore e ioniche al superiore. Insieme a quello del Collegio Elvetico (attuale Archivio di Stato) poco lontano, in via Senato, risultò esemplare per la qualità architettonica e la severa monumentalità tanto da essere preso a modello per costruzioni analoghe in territorio lombardo e non solo, in epoca barocca e neoclassica. Articolato su due piani l'istituto si configura al suo interno con grandi aule voltate, spazi adibiti alla residenza dei seminaristi e i locali di servizio. Un grande scalone a due rampe ricoperto con volta a padiglione collega i due piani. I gradini sono realizzati con lastre di granito e il parapetto a balaustri, in Rosso d'Arzo. Lungo la scala si possono osservare riquadri e stemmi in stucco.

Istituito da San Carlo Borromeo, nell'area su cui sorgeva il soppresso monastero umiliato di San Giovanni, fu inaugurato nel 1564. La nuova sede dell'Istituzione religiosa fu ricavata riammodernando e ricostruendo parte degli edifici preesistenti. Soprintendente della fabbrica e supervisore delle varie opere fu l'architetto Vincenzo Seregni. I lavori, in questa fase, compresero l'erezione di un refettorio con capaci cantine e un più adatto dormitorio situato sopra di esso. Al 1569 risale la costruzione, nel corpo settentrionale, di due nuovi dormitori. Agli inizi del Seicento, sotto Federico Borromeo, cugino e successore di San Carlo, ulteriori interventi riguardarono l'edificio. Tra il 1602 e il 1608 l'ingegnere Aurelio Trezzi, insieme al capomastro Cesare Arano, diedero avvio alla costruzione di una nuova ala a est. La messa a punto definitiva del progetto del Seminario avvenne però intorno al 1611 quando fu coinvolto l'architetto Fabio Mangone. L'esecuzione dell'elaborato portale d'ingresso, costruito su Corso Venezia nel 1635, si deve invece a Francesco Maria Richini, "architetto delle fabbriche ecclesiastiche" milanese già subentrato qualche anno prima, nell'altro importante cantiere borromaico condotto parallelamente a quello del seminario, il Collegio elvetico. Nel 1798, in età napoleonica, fu occupato dal Ministero della Guerra della Repubblica Cisalpina. Tornato nelle disponibilità della curia assistette ad un periodo di decadenza sfociato nell'abbandono della sede milanese nel 1930, quando i seminaristi vennero trasferiti a Venegono Inferiore. Attivo fino al 2002, il seminario è attualmente chiuso in attesa di necessari interventi di restauro.

CHIESA SANTA MARIA DELLA CONSOLAZIONE AL CASTELLO

Edificata sulla spianata del Castello nel 1471 come oratorio voluto da Galeazzo Maria Sforza e intitolata alla Madre della Consolazione proprio dal Duca, la chiesa fu affidata nel 1492 ai frati agostiniani che vi aggiunsero un piccolo convento successivamente abbattuto probabilmente durante i lavori di ampliamento del castello. 

Demolito il convento è rimasta la chiesetta che è giunta fino a noi, attraverso vari rimaneggiamenti, in una veste neoclassica evidente nella facciata dell'architetto Giovan Battista Chiappa e ultimata nel 1836. La facciata è a due ordini, con un pronao di tre arcate ed è adornata da tre statue raffiguranti la Vergine e due angeli.

L'interno, a una sola navata e otto cappelle, è a due ordini e ornato da alcuni fra i più significativi artisti del Seicento lombardo: il soffitto in legno a cassettoni ospita dipinti di Camillo Procaccini con le figure degli Apostoli. La pregevole pala d'altare che è custodita all'interno e che raffigura la Madre della Consolazione fu traslata nel 1502. Nella terza cappella di destra una pregevole tela di Enea Salmeggia, il Martirio di sant'Andrea apostolo, del 1604.

La chiesa è attualmente importante punto di riferimento per la comunità filippina che ha donato una statua del Santo Niño de Cebú (il Bambino Gesù di Cebu) a cui quella comunità è particolarmente devota e che è visibile nella prima cappella di sinistra.

Dall'11 gennaio 2015, viene celebrata la Santa Messa secondo il rito ambrosiano tradizionale, utilizzando il messale in latino promulgato nel 1954 dal cardinale Ildefonso Schuster ogni festività alle ore 8:30 e 10:00.

giovedì 6 gennaio 2022

CHIESA SANT'ELENA

La chiesa di Sant'Elena fu costruita dal 1936 al 1940 su progetto dell'architetto Michele Marelli e dell'ingegnere Ernesto Saliva. Fu eretta in parrocchia con un decreto del 15 ottobre 1942 dell'arcivescovo cardinale Schuster, ricavandone il territorio dalla parrocchia di Trenno.

La chiesa, posta a nord del nucleo storico di Quarto Cagnino, è disegnata in stile tradizionale, con un paramento murario in mattoni a vista.

La costruzione si basa su un modulo quadrato di 12 m di lato: ne risultano una larghezza e un'altezza di 24 m e un'altezza di 60 m.

sabato 1 gennaio 2022

SANTUARIO DI LAMPUGNANO

 Chiesetta di Santa Maria Nascente in Lampugnano.

I primi documenti sul piccolo santuario di Lampugnano vanno fatti risalire ad una relazione della visita pastorale dell’arcivescovo di Milano Federico Borromeo, in data il 31 ottobre 1605. Da questi scritti si apprende che questo Santuario si chiamava oratorium Nativitatis Beatae Virginis Mariae e che fu costruito per l’interessamento ed anche i contributi in denaro di Mons. Alessandro Mazenta, Canonico Maggiore del duomo di Milano. L’oratorio permetteva ai canonici del Duomo di celebrare la S. Messa quotidiana quando, nel periodo estivo, si trasferivano a Lampugnano per le loro vacanze, per questo venne dedicata, come il Duomo, a Maria Nascente.

La costruzione, a pianta rettangolare, rimanda alla basilica romana ed alla sinagoga ebraica, misura m. 7,5 x 19,5 e, come tutte le chiese antiche, è rivolta ad oriente; i tre gradoni di accesso e l’architrave del portale sono in marmo non levigato di tenue colore rosa.

La semplicissima facciata ha una sola luce con un timpano sormontato lateralmente da due acroteri a forma di pigna e dalla croce al centro.

L’interno è ad una sola navata, suddivisa in tre campate da lesene in muratura; prende luce da quattro finestre, due per ogni lato, abbellite da vetrate inserite in epoca recente, che riprendono la tecnica medioevale di segmenti di vetro inseriti in guide piombate, un’altra finestra ad arco a tutto sesto illumina il presbiterio.

Il soffitto della navata è a cassettoni, in legno, molto semplici; il presbiterio ha il soffitto a vela in cui sono affrescati i quattro evangelisti; il pavimento è in cotto che manifesta il logorio del tempo, il corridoio centrale è stato rifatto in pietra.

Il battistero del secolo XVI, la cui vasca è costituita da un unico blocco di marmo rosa lavorato a mano, è posto all’ingresso sul lato sinistro e delimitato da una piccola cancellata in ferro battuto. L’arco di trionfo che unisce la navata al presbiterio è sostenuto da pilastri nascosti in muri laterali ed è ornato da decorazioni floreali a intreccio; dal centro dell’arco pende un crocifisso in legno scolpito di epoca secentesca; una trave lignea traversale che congiunge gli estremi dell’arco porta la scritta in caratteri d’oro: “Mors mea, vita tua”.

Sull’altare troneggia una pala di cm 260×185 raffigurante “La nascita della Vergine” attribuita al Procaccini, inserita in una cornice lignea barocca; questa cornice prosegue formando il resto dell’altare e della mensa eucaristica.

Sulla destra del presbiterio, si trova un delizioso e armonioso dipinto di interesse artistico “La Madonna del Cardellino” del secolo XVI , un olio su tavola accolta in una elegante ancona rinascimentale. Vi è raffigurata una bella Madonna col Bambino il quale tiene fra le mani un cardellino. Intorno è una cornice di legno intarsiato e dorato, chiusa in alto da una lunetta, sulla quale è dipinto l’Eterno Padre.

Mentre sulla parete di sinistra possiamo ammirare un affresco attribuito alla scuola di Luini che rappresenta “L’Adorazione dei Magi”; in esso si nota una distribuzione dello spazio che dà l’illusione di continuare oltre il dipinto, ottenuta con una sapiente tecnica, resa con lo snodarsi del corteo che va ad adorare Gesù Bambino. Non esiste la grotta o la capanna, ma, con gusto rinascimentale, il Divino Bambino è a contatto diretto con la natura, segno che accentua e attualizza l’umanizzazione del Figlio di Dio; la Madre è raffigurata come colei che porge il Bambino. Ai piedi di Gesù i tre re manifestano negli abiti e nel volto la diversità delle razze e rappresentano l’intera umanità salvata da quella nascita prodigiosa. Il corteo con cavalli, cani e cavalieri rispecchiano l’idea della corte e della regalità di coloro che stanno adorando il Bambino.


TEMPIO CIVICO DI SAN SEBASTIANO

 chiesa di san Sebastiano in Balla

La chiesa attuale venne eretta dal governatore di Milano, marchese di Ayamonte, con richiesta alla curia milanese del 15 ottobre 1576 come atto votivo per la disastrosa peste che da poco aveva colpito la città. Il luogo prescelto ospitava già in tempi antichi una chiesa dedicata a san Tranquillino detta "alla corticella" o "alla cancelleria" per l'estrema vicinanza con l'antico palazzo imperiale romano del IV secolo. Nel 1319, quando la chiesetta passò alla famiglia Pusterla, essa ne cambiò la dedicazione in San Sebastiano abbinandovi la cosiddetta "facchinata del cavallazzo". una cerimonia rituale con la quale l'antica casata milanese portava in processione dalla chiesa al Duomo un cavallo realizzato con materiali commestibili che poi veniva distribuito alla popolazione sul piazzale.

Il Tempio civico, invece, venne realizzato dal governo milanese con l'intervento dell'arcivescovo Carlo Borromeo il quale si inserì nella costruzione dell'edificio proponendo l'affidamento del progetto al suo architetto di fiducia, Pellegrino Tibaldi, che venne incaricato della costruzione dal 1577, il quale seguì l'evolversi del cantiere sino al 1586, anno in cui venne chiamato ad operare in Spagna. La posa della prima pietra avvenne il 6 settembre 1577.

Il progetto passò dunque a Giuseppe Meda che si occupò dell'area del presbiterio e diresse i lavori sino al 1599, anno in cui gli subentrò Pietro Antonio Barca, il quale fece realizzare la cupola a tamburo ancora oggi spiccatamente visibile.

L'edificio, completato nel 1616 seguitò per anni a barcamenarsi nell'amministrazione tra la curia milanese e gli uffici del governatorato, sino al 1861 quando il comune di Milano decise di affidarne la rettorìa ad una "conservatorìa" municipale che avesse essenzialmente una funzione di tutela artistica. Fu nel 1938, infine, che l'allora podestà milanese Gallarati Scotti decise di valorizzare al meglio il monumento, occupandosi personalmente di opere di isolamento esterno della chiesa, alla quale nei secoli erano state addossate case civili estranee al progetto originario, oltre ad un restauro globale della chiesa.

Gli ultimi interventi all'interno della struttura si compirono nel 1970 quando sotto la cappella della pietà (realizzata nel 1862) venne posto un sarcofago contenente la salma dell'"internato ignoto" ovvero di una persona sconosciuta internata e deceduta in un campo di concentramento per commemorare perennemente la fine della seconda guerra mondiale. Venne apposta per l'occasione anche una targa a spiegazione del monumento.

La chiesa ha da sempre uno status fondamentalmente ambiguo, civile e religioso, in quanto sin dall'atto della sua costruzione esso si rivelò frutto di un lavoro a quattro mani. Nel documento datato 15 ottobre 1576 col quale il governatore di Milano diede il via all'idea della costruzione della cappella, si cita infatti la richiesta di autorizzazione al vicario di provvisione Giovanni Battista Capra il quale comunicò subito la notizia all'arcivescovo per autorizzarne la costruzione.

Carlo Borromeo, contemporaneamente impegnato nelle vicende del Concilio di Trento, colse subito l'occasione del progetto del tempio per impedire, in pieno spirito controriformista, che si potesse costruire un luogo di culto "cittadino" che avesse come richiamo formale tra l'altro quello dei templi pagani. Il Borromeo invocò dapprima una richiesta e poi una pretesa da parte della curia milanese rifacendosi alle norme all'epoca da poco approvate che regolavano i rapporti tra la chiesa e lo Stato milanese, giungendo quindi ad un accordo: il progetto della chiesa sarebbe stato gestito dal comune e dalla chiesa, e anche la nomina del cappellano civico predisposto all'officiatura dei riti doveva essere proposta dal comune di Milano ma ratificata dall'arcivescovo.

All'interno della struttura, ad ogni modo, non mancano i richiami evidenti alla città di Milano come ad esempio la presenza dei blasoni dei sei sestieri in cui era suddivisa la municipalità (detti familiarmente "porte") che qui si riunivano in occasione di feste patronali legate alla città ed in rapporto con le loro specifiche aree di pertinenza.

giovedì 30 dicembre 2021

CHIESA DI SANTA CROCE

La chiesa di Santa Croce sorse su iniziativa della congregazione dei Padri Stimmatini, fondata nel 1816 da san Gaspare Bertoni (1777-1853), che si erano stanziati a Milano in via Cellini nel 1903. Nel 1906 i Padri si stabilirono in località detta la busa, sull'attuale via Sidoli, dove eressero in via Goldoni una piccola chiesetta di legno rotonda, detta appunto La rotonda, dedicata alla Madonna del Perpetuo Soccorso e benedetta dal cardinal Ferrari nel 1907. Interessante notare che La rotonda fosse stata ricavata da una parte di un padiglione dell'Esposizione internazionale di Milano del 1906, acquistato dai padri Stimmatini, ricoperto da un tetto di lamiera e rimontato in loco dopo la chiusura della grande manifestazione.

Fu lo stesso Ferrari che nel 1913, nel XVI centenario dell'Editto di Costantino del 313, pensò di costruire una chiesa che ricordasse l'editto. Per l'erezione del tempio fu scelta la via Sidoli, che si snodava allora lungo il bivio ferroviario dell'Acquabella poi smantellato nel 1931. A disegnare l'edificio fu chiamato l'architetto Arpesani, che optò per uno stile che richiama la forma delle prime basiliche cristiane costantiniane.

La prima pietra della nuova chiesa venne posta il 28 settembre 1913 e il 23 dicembre del 1917 il tempio venne aperto ai fedeli; il 9 febbraio 1920 venne eretta in parrocchia

La chiesa con i binari, poi smantellati nel 1931, e ancora priva dei mosaici che decorano la facciata

BASILICA DI SANT'AGOSTINO

Un primo progetto per la costruzione di una nuova chiesa di grandi dimensioni nell'area alla sinistra della stazione centrale venne presentato dall'architetto Cecilio Arpesani nel 1895. Questa versione prevedeva due torri campanarie ai lati dell'abside maggiore ed una facciata a salienti con, al centro, tre grandi finestroni ad arco, chiaramente ispirati alla facciata della basilica di Sant'Ambrogio.

Questo progetto venne modificato nell'anno successivo; la costruzione del tempio ebbe inizio quattro anni dopo, nel 1900, e terminò nel 1926. Tuttavia la chiesa venne consacrata ancora prima di essere terminata dall'arcivescovo di Milano Andrea Carlo Ferrari, il 19 giugno 1920.

Danneggiata dal bombardamento di Milano dell'agosto 1943, venne in seguito restaurata. Nel 2007, dopo mesi di lavori, è terminato il restauro dell'area absidale, con installazione di un nuovo impianto di illuminazione.

giovedì 23 dicembre 2021

CHIESA DI SANTA MARIA BAMBINA

 

Lungo la via Santa Sofia al numero 13 si trova un edificio che ricorda qualcosa di più antico, ma moderno. In effetti si tratta di una ricostruzione in stile di un palazzo distrutto dai bombardamenti del 1943.

Un portale molto elaborato e neoclassico, con ogni probabilità l’originario ingresso alla chiesa. Ma per accedere dovrete varcare il civico 13, dove potrete notare una lapide marmorea che indica: Santuario di Maria SS Bambina (la chiesa è aperta solo durante le messe).

Varcando l’ingresso si potrà accedere ad un piccolo cortile. Qui si potrà notare la graziosa facciata a vela rivestita di marmi colorati e disposti in un intreccio geometrico molto ben studiato. Al centro un’alta finestra a serliana funge anche da ingresso principale al santuario.

venne progettata dal grande architetto milanese Giovanni Muzio (quello della Ca’ Brütta), come ricostruzione post bellica tra il 1951 e il 1953.
Al suo interno si trovano dipinti di Luigi Filocamo e Silvio Consadori. I mosaici nell’abside sono di Achille Funi.
Questa piccola chiesa venne visitata fra l’altro da Papa Giovanni Paolo II nel 1984.

In origine in questo luogo si trovava la cinquecentesca chiesa di Sant’Apollinare. 

La chiesa di Sant'Apollinare era una chiesa di Milano. Situata assieme all'annesso convento in via Santa Sofia, il complesso fu sconsacrato nel 1782 ed adibito a caserma.

La chiesa fu fondata assieme ad un monastero di clausura nel XIII secolo dal vescovo Enrico I da Settala, che donò alla chiesa le reliquie di San Fausto e San Lorenzo. Annesso alla chiesa vi era un tempo un vasto giardino dove sarebbe stato seppellito anche Cicco Simonetta. Il convento fu soppresso e parzialmente demolito nel 1782, mentre il chiostro rimanente del complesso fu usato come deposito di armi. Della chiesa rimangono le mura perimetrali.

come la chiesa di Santa Maria bambina, era preceduta da un vestibolo quadrato. All’interno, ad unica aula, vi erano quattro cappelle per lato ricche di stucchi e affreschi. Vi erano inoltre alcuni quadri preziosi oggi probabilmente in qualche museo all’estero. Una Madonna con Sant’Apollinare dipinta da Gian Paolo Lomazzo, un dipinto del Procaccini e uno di Enea Salmeggia. La chiesa venne sconsacrata alla fine del 1700 e utilizzata per altri scopi.

Le origini milanesi della devozione alla Madonna Nascente (il Duomo le è dedicato) risalgono al X secolo, ma la nostra storia va portata al 1600.

La devozione a Maria SS. Bambina ebbe origine nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, eretta nel 1619 presso San Simpliciano.

Mons. Alberico Simonetta, patrizio milanese eletto al Vescovado di Como, dal quale si ritirò nel 1738, perché colpito da grave malattia, possedeva, e teneva carissimo, un simulacro in cera di Maria SS. Bambina avuto in dono da Suor Isabella Chiara Fornari, Superiora delle Francescane di Todi, la quale riusciva assai bene a trarre, da stampi in gesso, belle figure sacre. La copia fu da Mons. Simonetta portata a Como ed in seguito a Milano; dove, per soddisfare il desiderio delle Cappuccine di S. Maria degli Angeli, ne fece riprodurre una copia in terra di Lucca e la donò al monastero. Alla morte di Mons. Alberico Simonetta, avvenuta nel 1739, le Cappuccine ebbero in dono il simulacro in cera lavorato dalla Fornari. Questa Madonna di cera peregrinò, portata da alcune suore, in via Annunciata, nei pressi dell’arco antico di Porta Nuova.

Spentasi lentamente la piccola comunità religiosa di via Annunciata, per cura di Donna Barbara Viazzoli il sacro deposito fu affidato a Don Luigi Bosisio, parroco di S. Marco il quale consegnò la sacra effige alle Suore di carità, chiamate nel 1842 dal Cardinale Gaisruck nell’Ospedale Fatebenesorelle. Questa rimase nell’Ospedale Ciceri (Fatebenesorelle) fino al 1876 quando, eretto il Noviziato generale delle Suore della Carità della Beata Capitanio in via S. Sofia, sul luogo dove sorgeva il monastero di S. Apollinare (il più antico convento francescano di Milano), essa vi fu trasportata.

L’8 settembre 1884, festa della Natività di Maria, il simulacro fu trasportato nel l’infermeria del monastero per desiderio di una suora malata. Il mattino dopo la Superiora generale, recatasi nell’infermeria, ebbe la felice ispirazione di presentare il simulacro alle ammalate, perchè lo baciassero. Fra le degenti vie era la novizia Giulia Macario costretta all’immobilità assoluta per un incidente. La malata, nel vedere la benedetta statua, sentì un vivo desiderio di guarire miracolosamente ottenne la guarigione.

Nel gennaio del 1885 due nuove grazie particolarissime vennero a riconfermare, nella sua legittimità, la devozione che andava rapidamente crescendo intorno alla preziosa effige. La quale fu fasciata di raso bianco, adornata di gioielli e adagiata in una ricca ed elegante culla. I fatti furono poi appurati ed approvati dalla competente autorità ecclesiastica e lo stesso Leone XIII, informato di ogni cosa, accordò ai devoti di questa immagine tesori di indulgenze.

Preghiere e grazie si intrecciavano e si moltiplicavano. L’effige miracolosa, sempre più importante, necessitava di una più adeguata collocazione. Venne quindi ideata la chiesuola quale sede delle meraviglie di Maria Bambina. Le spoglie mura dell’antica infermeria furono ingentilite a Santuario.

Il simulacro taumaturgico venne posto sopra una leggiadra culla d’argento a forma di conca, sorretta da quattro Angeli, i quali premono col piede quattro piccoli draghi, simbolo delle potenze infernali. Angeli e spire si avvolgono felicemente a fiori e fanno sostegno alla culla, mirabile per la sua naturalezza. Dietro la culla pare che scenda a volo, staccandosi lieve dallo sfondo, un gruppo di Angeli: gli uni si protendono reverenti verso la Celeste Regina a contemplarla; gli altri si disegnano in alto, accorrenti al suono gioioso di un Angelo che li invita. Il bellissimo gruppo è in bronzo e l’unica tonalità della tinta è vinta da sapienti dorature e ossidature. L’artista ideatore è il Quadrelli. Tutto è racchiuso in un’ampia custodia, a mo” di ancona, costituita da tersissimo cristallo, stretto da incorniciatura e da sei eleganti colonnette. Sopra di queste si imposta uno svelto arco circolare da cui pendono ghirlande e fiori tenuti sempre da Angeli, concepito in un elegante stile Rinascimento.

L’altare originario, cui la ricchissima ancona serve da pala, era in legno scolpito, come lo sono pure le balaustre chiuse da tre bei cancelli in bronzo. Ai lati si trovavano due statue del Moretti, in legno dorato, raffiguranti i santi sposi Gioachino e Anna. Decorazioni, stucchi, dorature erano profusi con grande armonia nelle quattro campate in cui era suddivisa la cappella da lesene laterali. I riquadri del soffitto erano decorati dal Cisterna, che vi dipinse l’Annunciazione, l’Adorazione dei Magi e l’Assunzione. Un altro dipinto del Cisterna ricopriva la parete di fronte all’altare e raffigurava la Presentazione di Maria al Tempio. Le vetrate che danno luce al Santuario, erano dipinte con dodici figure cotte, anch’esse per mano del Cisterna e rappresentavano Profeti e Donne dell’Antico Testamento.

L’edificio e il suo prezioso tesoro, però, non hanno vita facile. Durante il bombardamento di Milano dell’agosto 1943 il santuario venne completamente distrutto, ma il simulacro si salva grazie ad un lungimirante trasferimento a Maggianico di Lecco. Al termine del conflitto l’architetto Giovanni Muzio venne incaricato per ricostruire la nuova chiesa, che verrà consacrata nel 1953 dal card. Schuster. Oggi possiamo ammirare alcune parti della vecchia cappella in alcune delle decorazioni che adornano l’attuale edificio, salvate dalla distruzione della guerra, come due dipinti del Cisterna e le statue dei genitori Maria, Gioachino e Anna. L’interno, a predominanza bianca nei marmi e negli stucchi, richiama il candore della tradizionale culla di Maria Bambina. Quest’ultima, custodita in una nicchia, cattura l’attenzione nell’abside.

Una tradizione oggi pressoché scomparsa era quella di donare alle giovani coppie di sposi una piccola statua di Maria Bambina, generalmente in cera, riccamente decorata di merletti e piccoli gioielli custodita a volte, sotto una campana di vetro. Collocata sui comò, dava protezione alle nuove famiglie in procinto di allargarsi.


martedì 21 dicembre 2021

CHIESA SANTO SPIRITO ALLA GHISOLFA

La cappella risale al 1505, come risulta da una data scritta all’interno del campanile e probabilmente nella zona vi era già una cappella più antica della quale però non si hanno notizie. Oggi si presenta per l’appunto circondata da grandi complessi residenziali che la sovrastano nascondendone la visuale. La chiesetta è una dipendente della parrocchia di San Gaetano in via Mac Mahon.

La proprietà della chiesa fu sempre del popolo della Ghisolfa, rappresentato dai Priori della Confraternita del Santissimo Sacramento che si occupavano dell’oratorio. Tra coloro che pregarono in questo oratorio vi fu anche San Luigi Gongaza, che quando era allievo dei Padri Gesuiti in Milano si recava spesso a pregare in questo luogo.

Oggi l’oratorio è dedicato proprio a S. Luigi, il santo patrono della gioventù, ed in occasione della sua festa vi si celebra una messa solenne con il concorso della corale parrocchiale e della popolazione.

L’interno della chiesetta è semplice e vi si trovano due graziose tele antiche.

CHIESA DI SANTA MARIA ALLA FONTANA

Il Santuario di Santa Maria alla Fontana sorge su un’antica fonte ritenuta miracolosa. Nel 1506, Charles II d’Amboise, governatore di Milano sotto il dominio francese, ordinò la costruzione del santuario dopo aver ricevuto una guarigione miracolosa: l’edificio divenne una delle strutture sanitarie più importanti della città, insieme al Lazzaretto alla Ca' Granda, di cui riprende lo schema planimetrico.
Santa Maria alla Fontana fu costruita vicino appunto ad una fonte sotterranea alla base dell’odierno Santuario, in quanto era considerata taumaturgica e adatta a curare disturbi dell’apparato osteo-articolare, artrosi e artriti. Dove sorge oggi il complesso esiste ancora una depressione naturale del terreno contenente una fonte d’acqua sorgiva.
Le origini della chiesa di S. Maria alla Fontana sono da ricondurre al XII secolo, quando nella zona dove oggi sorge il santuario, che era ricca di boschi e ville, sorgeva un piccolo sacello a forma di parallelepipedo, al centro erano collocate due scale che portavano direttamente ad un cavo del terreno dove era collocata una pietra verticale con undici fori che lasciavano zampillare l’acqua (polla di acqua purissima) ritenuta nel Medioevo miracolosa.
L’edificazione della chiesa fu attribuita a diversi progettisti quali Leonardo in particolare, ma anche Bramante e Cristoforo Solari.
Nel 1982 però fu rinvenuto un contratto del 17 Marzo 1507 in cui il progettista ed esecutore risulta essere l’architetto Giovanni Antonio Amadeo. Una lapide a lato del santuario ricorda la data della posa della prima pietra dell’Oratorio: 29 Settembre 1507, anche se un atto notarile del’epoca ne fa risalire l’inizio dei lavori al 20 marzo 1508.La chiesa fu eretta in quella che allora era aperta campagna, addossato a un pendio naturale, oltre Porta Comasina. I terreni erano amministrati dai monaci benedettini della chiesa di San Simpliciano, che per l’edificazione li ottennero in donazione da Giovanni Gaspare Visconti. Santa Maria alla Fontana divenne già nel Cinquecento uno dei principali centri della sanità milanese, assieme all’Ospedale Maggiore ed al Lazzaretto: divenne uno dei santuari più sacri e contava centinaia di pellegrini che ogni giorno si bagnavano nelle sue acque.
Secondo la tradizione fu Carlo II d’Ambroise, governatore di Milano sotto Luigi XII di Francia, a volere nel 1507 l’istituto, in segno di ringraziamento alla S.S. Vergine della guarigione da un’infezione agli occhi tramite l’acqua taumaturgica. Qui potevano essere portati ”li richi che forse de ogni negritudine vorano essere curati”. Ma di lì a poco, a soli 38 anni, Carlo d’Amboise morì.
All’inizio del XX secolo, la zona fu sconvolta da un forte insediamento artigianale e industriale, tanto che nei pressi della chiesa era stata insediata dalla Società Edison, una sottostazione principale che serviva la parte nord della città, fino alla Bovisa. Intorno al 1920 la chiesa subiva una pesante trasformazione da parte degli architetti Griffini e Mezzanotte, soprattutto in facciata.
Negli anni cinquanta nel convento si insediarono suore della congregazione delle Piccole Figlie dei Sacri Cuori, tuttora presenti. Alcune memorie storiche del quartiere Isola riferiscono che l’omonima piazza che si estendeva di fronte a Santa Maria alla Fontana venne recintata negli anni cinquanta: la dogana vicina provocava l’uso del piazzale da parte di numerosi camion.
L’intervento più recente al Santuario fu quello dell’architetto Ferdinando Reggiori che vi lavorò in carico alla Sovrintendenza negli anni tra il 1956 e 1961, per riparare i danni dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. L’antica fontana fu ripristinata dal Reggiori all’interno della chiesa, ma dagli undici ugelli presso il santuario, oggi, sgorga normale acqua di rubinetto proveniente dall’acquedotto del Comune di Milano.


lunedì 20 dicembre 2021

CHIESA DI SAN GOTTARDO AL CORSO

La chiesa di San Gottardo al Corso (già San Gottardo fuori Porta Ticinese) è una chiesa di Milano situata all'inizio dell'omonimo Corso San Gottardo, nel Municipio 5.

L'origine della chiesa è antica: nel 1398 è menzionata come oratorio dei Benedettini; nel 1568 il cardinale Carlo Borromeo, da due anni arcivescovo di Milano e impegnato in una vasta opera di riorganizzazione e di potenziamento della sua diocesi al fine di sostenere l'attuazione in Lombardia della riforma tridentina, la fece riedificare e la eresse in parrocchia, facendone una delle quattro parrocchie extramurarie del sestiere di Porta Ticinese, poi ricomprese - dal 1782 - nel Comune dei Corpi Santi di Milano.

La chiesa era il punto di riferimento religioso del borgo (il "burg dè furmagiatt" che, situato fuori della cinta daziaria e in prossimità della Darsena e del Naviglio Pavese aveva un'intensa vita commerciale - che sul Corso mantiene ancor oggi), delle sue frazioni (Conca Fallata, Cascina Rossa, Morivione) e delle altre chiese e oratori del territorio.

Riconsacrata il 31 dicembre 1900 dall'arcivescovo Andrea Carlo Ferrari, a quel momento contava 21345 parrocchiani e ospitava diverse confraternite e associazioni, un oratorio maschile e uno femminile, e un clero di 6 sacerdoti.

La chiesa ha un'unica navata con cappelle laterali su pianta a croce latina sovrastata da un'ampia cupola. Fu rimaneggiata nel 1740, ampliata negli anni 1830, rifatta nella facciata (Cesare Nava, 1896), decorata con affreschi di Giovanni Valtorta e Luigi Morgari.

CHIESA DI SANTA MARIA DEL SUFFRAGIO

La chiesa di Santa Maria del Suffragio (o anticamente chiesa di Santa Maria Nascente di Calvairate) è un luogo di culto cattolico di Milano, situato in corso XXII Marzo.
Le origini della chiesa si ascrivono al 1577 quando l'allora arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo decide la costruzione di una parrocchia nel villaggio rurale di Calvairate, appena fuori dai bastioni spagnoli di Milano, dedicata al culto di santa Maria Nascente.

Nel 1873, con l'annessione del borgo di Calvairate al comune dei Corpi Santi e poi a quello di Milano con la conseguente espansione della metropoli e l'aumento della popolazione anche nel quartiere stesso, la chiesa si trovava ormai in pessimo stato, cadente e quasi inutilizzabile e non in grado di accogliere tutti i fedeli. Passarono altre trentadue anni e nel 1896 l'arcivescovo Andrea Carlo Ferrari decise la costruzione di una nuova chiesa nel quartiere, con una nuova ubicazione rispetto alla precedente ma sempre all'interno dell'area. La chiesa venne dedicata il 31 ottobre 1896 dallo stesso cardinal Ferrari a Santa Maria del Suffragio.
La facciata principale della nuova chiesa, che prospetta su corso XXII Marzo, è a salienti. Essa, con paramento murario in blocchi di pietra chiara ed inserti in mattoni rossi, presenta, nella parte inferiore, tre portali ogivali strombati, con lunette musive. In quella centrale, è raffigurata la Madonna in trono col Bambino. I portali bronzei, opera di Ercole Franz De Vecchi, sono stati realizzati nel 1996 e, nello stesso anno, inaugurati dall'allora arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini. Il portale centrale raffigura Storie della vita di Maria, quello di sinistra l'Annunciazione e quello di destra la Sacra Famiglia. Al centro della facciata, in corrispondenza della navata centrale, si apre il grande rosone circolare.
L'interno della chiesa è a croce latina, con tre navate e profondo coro absidato.
Le tre navate, di tre campate ciascuna, sono coperte con volta a crociera e sono divise da due file di archi a tutto sesto poggianti di pilastri polistili in mattoni rossi. Sulla crociera, si eleva il tiburio ottagonale, illuminato da trifore romaniche.
Gli affreschi delle pareti laterali del presbiterio realizzati da Aldo Carpi de' Resmini (noto soprattutto per le vetrate del duomo), rappresentano la Resurrezione e la Crocefissione (1946), che riflettono l'esperienza del maestro nei lager nazisti.
Nel transetto di destra, entro un'abside rettangolare con volta a botte, si trova il moderno battistero. Al centro dell'area sopraelevata, vi è il fonte battesimale, di Ercole Franz De Vecchi, in marmo di Carrara con inserti in bronzo raffiguranti la Samaritana al pozzo, il Sacrificio di Isacco, il Cieco nato e la Resurrezione di Lazzaro.
Il presbiterio occupa interamente lo spazio del coro e dell'abside poligonale. I moderni arredi sacri che lo compongono - altare, ambone e sede - sono stati realizzati in marmo di carrara e bronzo nel 2006, in occasione dei 110 anni della consacrazione della chiesa. L'antico altare maggiore, invece, è in stile neoromanico, in marmi policromi, con decorazioni a bassorilievo sul paliotto e sull'alzata e rilievi di Leone Lodi spostato nel 2006 nell'adiacente cappella di San Proto. L'ancona accoglie il Trittico dell'Addolorata, di Eugenio Cisterna, con predella su sfondo oro.
Alla destra dell'abside, si apre la cappella di San Proto, costruita nel 1933 per accogliere le reliquie del santo martire e ristrutturata nel 1984. L'ambiente, a croce latina con transetto poco sporgente ed abside semicircolare, ha un moderno presbiterio con arredi in legno, e grande crocifisso.
La bella statua in alabastro Mater Misericordiae, il grande candelabro Cero pasquale in marmo e la statua sempre in marmo dedicata a Sant'Antonio sono di Leone Lodi. La statua di Santa Monica, in terracotta patinata, è di Valerio Pilon.
Alcuni affreschi furono eseguiti nel 1946 da Aldo Carpi e da Raffaele Albertella.

PARCO DEL CITYLIFE

CityLife vanta uno tra i parchi più ampi di Milano, ma soprattutto è ricco di opere d’arte che lo rendono un vero museo a cielo aperto tutto...