mercoledì 4 agosto 2021

BASILICA DI SANT'AMBROGIO

 Dopo il Duomo, la Basilica di Sant'Ambrogio è senz'altro la chiesa più importante di Milano. Attraverso di essa passa tutta la storia della città, da quando era una città dell'Impero Romano alla Seconda Guerra Mondiale e le sue distruzioni.



La basilica di Sant'Ambrogio (basilega de Sant Ambroeus in dialetto milanese), il cui nome completo è basilica romana minore collegiata abbaziale prepositurale di Sant'Ambrogio (nome originario paleocristiano basilica martyrum). Si trova in piazza Sant'Ambrogio e rappresenta non solo un monumento dell'epoca paleocristiana e romanica, ma anche un punto fondamentale della storia milanese e della Chiesa ambrosiana. È tradizionalmente considerata la seconda chiesa per importanza della città dopo il Duomo di Milano. Insieme alla basilica prophetarum, alla basilica apostolorum ed alla basilica virginum, la basilica martyrum è annoverata tra le quattro basiliche ambrosiane, ovvero quelle fatte costruire da sant'Ambrogio.

Edificata tra il 379 e il 386 in epoca romana tardoimperiale per volere del vescovo di Milano Ambrogio, nell'epoca in cui la città romana di Mediolanum (la moderna Milano) fu capitale dell'Impero romano d'Occidente (ruolo che ricoprì dal 286 al 402), venne quasi totalmente ricostruita assumendo l'aspetto definitivo tra il 1088 e il 1099. Rispetto alla chiesa originale paleocristiana del IV secolo la nuova basilica dell'XI secolo ne ereditò scrupolosamente la pianta: tre navate absidate senza transetto con quadriportico antistante. Il suo complesso architettonico è composto dal monastero di Sant'Ambrogio, dalla canonica di Sant'Ambrogio, dalla chiesa di San Sigismondo e dalla basilica. È una delle basiliche paleocristiane di Milano.

Notevoli, da un punto di vista artistico, sono il portale dell'ingresso principale della basilica, che è caratterizzato da una minuziosa decorazione a rilievo, l'altare di Sant'Ambrogio, realizzato tra l'824 e l'859 da Vuolvino su commissione dell'arcivescovo di Milano Angilberto II e avente un prezioso paliotto aureo in rilievo con pietre incastonate su tutti e quattro i lati, il ciborio di epoca ottoniana, che si poggia su quattro colonne in porfido rosso e che presenta, sulle quattro facce, altorilievi in stucco, nonché il catino absidale, che è decorato da un mosaico che risale all'XI secolo, e il sacello paleocristiano di San Vittore in ciel d'oro, che risale al V secolo e che ha una volta completamente decorata da fogli d'oro. Il sacello di San Vittore in ciel d'oro ha le pareti laterali ricoperte da un mosaico dove sono raffigurati sei santi, tra cui sant'Ambrogio; quest'ultima è la più antica raffigurazione conosciuta del santo milanese.

L'antica basilica paleocristiana

La basilica di Sant'Ambrogio, il cui nome completo è "basilica romana minore collegiata abbaziale prepositurale di Sant'Ambrogio", è stata edificata tra il 379 e il 386 in epoca romana tardoimperiale per volere del vescovo di Milano Ambrogio, nel periodo in cui la città romana di Mediolanum (la moderna Milano) fu capitale dell'Impero romano d'Occidente (ruolo che ricoprì dal 286 d.C. al 402 d.C.), venendo costruita fuori dalle mura romane di Milano, non lontano da Porta Vercellina romana, in una zona in cui erano stati sepolti i cristiani martirizzati dalle persecuzioni romane.

Queste sepolture diedero origine a un cimitero ad martyres (non lontano sorgeva anche il mausoleo imperiale di San Vittore al Corpo, il cui nome richiama questo cimitero). Per questa presenza la basilica venne dedicata ai martiri, da cui il nome originario paleocristiano basilica martyrum: lo stesso Ambrogio vi ripose le reliquie dei santi martiri Gervasio e Protasio. Sant'Ambrogio stesso vi venne sepolto (397) e molto anni dopo, tra il IX e il XI secolo, la basilica cambiò nome assumendo quello attuale.

Con sant'Ambrogio iniziò infatti una programma di costruzione di basiliche dedicate alle varie categorie di santi: una basilica per i profeti (la basilica prophetarum, in seguito ridenominata basilica di San Dionigi), una per gli apostoli (la basilica apostolorum, che poi prese il nome di basilica di San Nazaro in Brolo), una per i martiri (la basilica martyrum, che divenne in seguito la basilica di Sant'Ambrogio), una per le vergini (la basilica virginum, ridenominata poi basilica di San Simpliciano). Erano infatti dedicate ciascuna ad una diversa famiglia di santi, dato che non esisteva ancora l'usanza di intitolare le chiese a un solo santo. Queste quattro basiliche sono conosciute con il nome di "basiliche ambrosiane".

La basilica attuale rispetta scrupolosamente la pianta dell'antica basilica paleocristiana voluta da Ambrogio: tre navate absidate senza transetto con quadriportico antistante. La basilica paleocristiana possedeva un tetto di legno, con la parte centrale a doppio spiovente e le due parti laterali a spiovente singolo. Dell'antica basilica paleocristiana, oltre alla pianta, è rimasto molto poco: una base di una colonna della navata sinistra, l'ornato della porta d'ingresso, che è conservato al Museo diocesano di Milano, il sarcofago di Stilicone, le colonne che sorreggono il ciborio sopra l'altare e i resti della decorazione del coro, oggi conservate presso l'antiquarium del Tesoro della basilica.

Le prime modifiche la basilica le subì nel V secolo, quando era vescovo di Milano Lorenzo I di Milano, che decise di elevare il pavimento del presbiterio dotandolo di lastre di marmo accostate con la tecnica di opus sectile e di realizzare due cappelle funerarie absidate, una della quali è il sacello di San Vittore in ciel d'oro, che è giunto sino a noi.

Nel 784 l'arcivescovo di Milano Pietro I fondò un'abbazia benedettina, approvata da Carlo Magno nel 789. A questa fu aggiunta una canonica, che doveva servire le necessità della comunità laica della città. Il vescovo Angilberto II (824-859) fece aggiungere una grande abside, preceduta da un ambiente sovrastato da volta a botte, sotto il quale si svolgevano le funzioni liturgiche. Nello stesso periodo, il catino dell'abside venne decorato da un grande mosaico ancora esistente, il Redentore in trono tra i martiri Protasio e Gervasio e con gli arcangeli Michele e Gabriele, corredato da due episodi della vita di Sant'Ambrogio. A questo periodo risale il campanile di destra (quello più basso) ispirato a quello della Basilica di San Pietro a Roma costruito qualche tempo prima. Al ciborio, di epoca ottoniana, vennero aggiunti quattro fastigi con timpano, decorati con stucchi nel X secolo ed ancora eccellentemente conservati. Sotto il ciborio venne collocato l'altare di Sant'Ambrogio, capolavoro dell'oreficeria carolingia, in oro, argento, pietre preziose e smalti, quale vistoso segnale della presenza delle reliquie dei santi, collocate al di sotto dell'altare stesso e visibili da una finestrella sul lato posteriore.

La basilica ha preso il definitivo aspetto tra il 1088 e il 1099 quando, sulla spinta del vescovo Anselmo III da Rho, venne radicalmente ricostruita secondo schemi dell'architettura romanica. Venne mantenuto l'impianto a tre navate (senza transetto) e tre absidi corrispondenti, oltre al quadriportico, anche se ormai quest'ultimo non serviva più a ospitare i catecumeni, trasformandosi in luogo di riunione. Tra il 1128 e il 1144 venne innalzato il secondo campanile, quello più alto a sinistra della facciata, detto dei canonici. Il tiburio fu aggiunto verso la fine del XII secolo ma crollò ben presto (6 luglio 1196): venne subito ricostruito, con la particolare conformazione esterna caratterizzata da gallerie con archetti pensili su due registri sovrapposti.

Il 4 agosto del 1258 la basilica divenne teatro della pace di Sant'Ambrogio, che pose fine alle lotte intestine del Comune di Milano tra nobili (Commune militum) e popolo (Commune populi).

In epoca altomedioevale la basilica divenne la sede tradizionale dove avveniva l'incoronazione a re d'Italia degli imperatori del Sacro Romano Impero. Si ritiene che l'origine di questa tradizione risalga al 961, quando l'arcivescovo Valperto consacrò re d'Italia Ottone I nella basilica ambrosiana, prima di ottenere da papa Giovanni XII l'incoronazione imperiale, come narra il cronista milanese Landolfo Seniore. Il rito prevedeva che la cerimonia avvenisse il giorno dell'Epifania con la celebre corona ferrea che veniva posta sul capo del re d'Italia. Fra i suoi successori, furono incoronati nella basilica di Sant'Ambrogio Corrado di Lorena nel 1093 dall'arcivescovo Anselmo III, Ottone IV di Brunswick nel 1209, Enrico VII di Lussemburgo nel 1311 e Carlo IV di Lussemburgo, con testimone Francesco Petrarca, nel 1355. La basilica era anche la sede in cui si effettuava l'investitura dei nuovi cavalieri, detti per questo motivo militi di Sant'Ambrogio.

Inizialmente furono i Benedettini ad occuparsi dell'amministrazione della basilica e fu per loro conto che Donato Bramante nel 1492 ottenne l'incarico di progettare la nuova canonica, ricostruendo alcune parti del monastero, risistemando la disposizione delle cappelle nella basilica e realizzando i chiostri di Sant'Ambrogio . I Benedettini rimasero sino al 1497 quando vennero sostituiti dai Cistercensi dell'abbazia milanese di Chiaravalle, che promossero numerose iniziative culturali, tra cui l'apertura al pubblico della grande biblioteca monastica.

La situazione rimase pressoché invariata sino al 1799 quando, dopo i fermenti della Rivoluzione francese, la Repubblica Cisalpina decise di sopprimere il capitolo della basilica ed instaurarvi un ospedale militare; al termine della dominazione napoleonica, con la restaurazione austriaca, la basilica venne riaperta al culto ed il capitolo dei canonici venne ripristinato.

Nella basilica di Sant'Ambrogio è ambientato il primo atto de I Lombardi alla prima crociata, quarta opera di Giuseppe Verdi, composta su libretto di Temistocle Solera e andata in scena al Teatro alla Scala l'11 febbraio 1843. Nel XIX secolo il poeta e patriota Giuseppe Giusti scrisse la poesia Sant'Ambrogio, edificio religioso definito "quel vecchio, là, fuori di mano". Poco meno di un secolo dopo, nel 1929, la basilica fu fonte di ispirazione per la costruzione della Royce Hall dell'Università della California di Los Angeles, la cui facciata richiama quella della basilica di Sant'Ambrogio.

Monsignor Gerolamo Comi, primo prevosto-abate della basilica, chiese a papa Pio X di restaurare l'antica forma del capitolo locale, composto originariamente da diciotto canonici ordinari e da nove canonici minori (o "Beneficiati"). Pio X, il 5 aprile 1908, col breve "In persona Petri" restaurò il capitolo ex integro, concedendo inoltre ai membri della medesima istituzione il titolo di "nobili palatini". Il medesimo breve concesse inoltre allo stemma del capitolo della basilica l'uso dell'aquila a due teste, simbolo e qualifica dell'essere una basilica imperiale col motto Dominus Adjutor Meus.

La basilica venne pesantemente colpita dai bombardamenti di Milano del 1943, che distrussero soprattutto la parte esterna del quadriportico, danneggiando la cupola della basilica, il mosaico alle spalle dell'altare ed altre parti esterne della basilica. Negli anni successivi ebbero inizio i restauri, che negli anni cinquanta riportarono la basilica al suo antico splendore.

Le ricerche archeologiche, collegate ai lavori di scavo per la costruzione di un parcheggio sotterraneo, nell'area accanto alla basilica, e iniziate a partire dal 2005, hanno permesso la scoperta di una novantina di tombe riconducibili al cimitero ad martyres, posto al di fuori delle mura romane di Milano, di età tardo romana (IV - V secolo d.C.), ritrovate a circa 3,5-4 metri di profondità; si tratta di sepolture povere, senza corredo o strutture tombali, segnalate dalla presenza di ossa.

Sacello di San Vittore in ciel d'oro

Il sacello o cappella di San Vittore in ciel d'oro è una cappella paleocristiana che si trova all'interno della basilica di Sant'Ambrogio a Milano.

Il sacello ospita il corpo di san Vittore il Moro, è stato voluto dal vescovo Materno nella prima metà del IV secolo ed è antecedente la basilica di Sant'Ambrogio di Milano.

Vittore era un soldato di stanza a Milano al tempo dell'imperatore Massimiano che lo punì per non aver rinunciato alla sua fede cristiana. Accanto al corpo del martire, Sant'Ambrogio farà seppellire quello di suo fratello Satiro.

La volta del sacello è interamente in mosaico d'oro. Al centro il ritratto di Vittore, in corrispondenza della sua tomba, è circondato da una corona di spighe (estate) e frutti (autunno) simboli pagani del succedersi delle stagioni e quindi dell'eternità. Sulle pareti laterali della cupola sono raffigurati a figura intera sei santi:

  • Protasio e Gervasio,
  • i vescovi milanesi Ambrogio e Materno,
  • i martiri Nabore e Felice.

Ambrogio è rappresentato in abiti civili. Pur non avendo l'aureola, a differenza degli altri santi, ha tessere più chiare intorno al capo. Recenti studi di medicina legale basati sui resti di Sant'Ambrogio hanno confermato l'effettiva corrispondenza del ritratto musivo.

Alla base della cupola coppie di colombe con ventiquattro piccoli cammei raffiguranti figure intere di santi.

Nella cupola emerge una accettazione completa della superficie sferica, ma nel contempo questa viene smaterializzata, soffusa di luce ed il santo collocato in una sfera dorata sembra appartenere ad un altro mondo.

Sulla datazione dei mosaici del sacello si è molto discusso. Verdelli sostiene che il mosaico della volta sarebbe più antico rispetto a quelli delle pareti. Questi ultimi infatti sono denotati da una rigidità stilistica nelle figure dei santi laterali rispetto al ritratto del martire nella cupola. Questa osservazione risulta però poco convincente se si considera che in una composizione possano intervenire maestranze dalle diverse personalità.

Julian McKie afferma invece che i mosaici delle pareti sono di poco posteriori alla morte di Ambrogio in quanto il suo ritratto non è corredato dall'aureola né dall'epiteto sanctus. I monogrammi criptici di Cristo presenti nel ritratto di Vittore indicherebbero un periodo antecedente l'anno 313 per quanto riguarda la cupola in quanto questi simboli erano utilizzati dai cristiani quando il loro culto non era ancora stato liberalizzato.

Ultimamente gli studiosi si sono orientati su una datazione più tarda, intorno alla seconda metà del V secolo, soprattutto sulla base di confronti stilistici con i mosaici ravennati di periodi diversi.

Ospita le reliquie del santo di cui porta il nome.

La cripta di san Satiro

Come già accennato il sacello di San Vittore in ciel d'oro è provvisto di uno spazio sotterraneo che è chiamato "cripta di san Satiro". Un tempo ospitava le salme di san Satiro e di san Vittore. Attualmente ospita alcuni sarcofagi traslati nel IX secolo dalla chiesa di San Vittore al Corpo rappresentando il cella memoriae di san Satiro e di san Vittore. La cripta di san Satiro, per la maggior parte, è stata realizzata nel Medioevo: l'unica parte risalente all'epoca paleocristiana è la parete sinistra, che è realizzata in mattoni disposti in fila oppure con accostamento opus spicatum.

Sarcofago di Stilicone

Si tratta del grande sarcofago che si trova sotto al pulpito, sul lato sinistro della navata principale (entrambi visibili in foto 4). Anche esso è di epoca paleocristiano e colpisce per i fantastici bassorilievi che ne decorano le pareti. Essi raffigurano fra l'altro Gesù e i dottori della Chiesa (o fra gli apostoli, secondo un'altra interpretazione), Elia e il Carro di Fuoco, Adamo ed Eva, Noè, Mosè.
Il sarcofago appartenne probabilmente alla basilica fin dalle origini, anche se la sua posizione originale doveva essere diversa.

Il pulpito
sopra di esso è di epoca incerta (secoli IX-XII). Colpiscono l'aquila e il personaggio, in rame sbalzato in parte dorato. Essi sono di epoca preromanica e dovrebbero simboleggiare gli evangelisti Giovanni e Matteo, anche se l'aquila potrebbe anche simboleggiare la ressurrezione.

Il complesso altare ciborio
Esso rappresenta il punto focale della basilica.
Il più antico dei due è il ciborio, le cui colonne sono sicuramente addirittura di epoca romana. La parte superiore, invece, è di datazione più incerta. Taluni la fanno risalire al secolo VI, altri al secolo IX.
Alcuni ricercatori hanno messo in evidenza la struttura tipicamente bizantina della cupola.
La sua faccia principale raffigura la Traditio Legis, ovvero Cristo che consegna le chiavi a Pietro e il libro a Paolo.
Su chi siano le persone raffigurate sugli altri lati vi è invece maggiore incertezza.
L'altare d'oro rappresenta invece con certezza uno straordinario esempio di arte orafa carolingia. Esso venne donato alla basilica dal vescovo Angilberto nella prima metà del secolo IX, rappresentato in uno dei due sportelli apribili.
L'opera è firmata da "Vuolvinius magister phaber" (da cui l'altro nome "Altare di Volvino"), che si volle pure raffigurare su uno sportello.
L'altare presenta il lato verso la chiesa ricoperto di lamina d'oro, mentre gli altri lati sono ricoperti di lamina d'argento parzialmente dorata. Sulla facciata d'oro sono rappresentati episodi della vita di Cristo, mentre sulla facciata posteriore è raccontata la vita di Ambrogio.
Curiosamente la parte meglio realizzata è quella posteriore, mentre le altre, compresa quella d'oro, sono state evidentemente realizzate non dal maestro, ma da suoi assistenti.

Le cappelle laterali
Le cappelle laterali sono ovviamente successive all'impianto romanico della basilica, come è facile intuire dalle decorazioni che le abbelliscono. La loro aggiunta faceva parte del progetto di allargamento messo in atto dal Bramante (cui si devono anche i chiostri per i monaci, ora Università Cattolica, l'incompiuto portico della Canonica e altri spazi rimasti a livello di progetto).
Come l'intera basilica, anche esse contengono innumerevoli opere di grande valore, fra cui affreschi del Tiepolo (nell'antecappella del Sacello di San Vittore), di Bernardino Lanino e del Bergognone (Cristo morto fra due angeli, nella prima cappella di sinistra. Merita poi una citazione particolare l'Anticappella di San Satiro, sistemata nel 1738, decorata con splendidi dipinti murali e alla quale si accede oltrepassando una cancellata (XVIII secolo), in ferro battuto
Edificata tra il 379 e il 386 per volere dello stesso vescovo Ambrogio, che la dedicò ai santi martiri in essa sepolti (ovvero i santi martiri Satiro, Vittore, Nabore, Vitale, Felice, Valeria, Gervasio e Protasio). Il nome della chiesa divenne "Sant'Ambrogio" alla morte del vescovo fondatore. Importanti lavori di ampliamento furono voluti dal vescovo Angilberto II, mentre nel XII sec. fu costruito il tiburio. La basilica è preceduta da un grande quadriportico, all'interno del quale si ha una chiara visione sulla grande facciata a capanna ed i due campanili, detti "dei Monaci" e "dei Canonici”. L'interno è a pianta basilicale, con vasto matroneo sopra le navate laterali. Occorre in ultimo ricordare il Museo di Sant'Ambrogio, che ne ospita il tesoro e molte antiche opere della primitiva basilica.

Nel presbiterio, sotto il tiburio ottagonale, si trova il famoso Altare d'oro, del magister phaber Vuolvino, coperto dal ciborio del IX secolo. L'abside è su due livelli: in quello inferiore, più basso rispetto alla navata, c'è la cripta con i corpi dei Santi Ambrogio, Gervasio e Protasio e, nel livello superiore, ci sono gli stalli lignei del coro (XV sec.). Sulla sinistra del quadriportico, infine, si trova la cosiddetta colonna del diavolo.
Accanto al terzo pilastro e posizionato su una colonna romana con capitello corinzio fatta di granito d’Elba, si trova un serpente nero di bronzo in posizione semi-eretta.

Il materiale di costruzione del complesso della basilica di sant'Ambrogio è di provenienza è locale ed è "povero", visto che è principalmente costituito da mattoni di diversi colori, pietra e intonaco bianco.

Rispetto alla chiesa originale paleocristiana del IV secolo, la nuova basilica dell'XI secolo ne ereditò scrupolosamente la pianta: tre navate absidate senza transetto con quadriportico antistante; la pianta interna della basilica è longitudinale e (se si escludono le absidi) ha le stesse dimensioni del portico antistante.

La basilica di Sant'Ambrogio appare oggi come un caso isolato di modello per il romanico lombardo, poiché altri esempi paragonabili (come le cattedrali di Pavia, di Novara e di Vercelli) sono ormai andati distrutti o radicalmente trasformati. Di sicuro fu un esempio per i futuri sviluppi dell'architettura romanica nell'area di influenza lombarda che allora superava i confini regionali moderni, comprendendo anche parti dell'Emilia e del Piemonte.



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