
La basilica di San Simpliciano (il cui nome originario paleocristiano è basilica virginum) è una chiesa di Milano che sorge in piazza San Simpliciano, su un lato di corso Garibaldi. La costruzione della chiesa viene tradizionalmente attribuita al vescovo di Milano Sant'Ambrogio che nel IV secolo d.C. la eresse fuori dalla Porta Cumensis su una delle sei vaste aree cimiteriali esistenti in epoca romana. È una delle basiliche paleocristiane di Milano.
Insieme alla basilica prophetarum, alla basilica martyrum ed alla basilica apostolorum, la basilica virginum è annoverata tra le quattro basiliche ambrosiane, ovvero quelle fatte costruire, come già accennato, da sant'Ambrogio. Successivamente dedicata a san Simpliciano, venne edificata in epoca romana tardoimperiale nel periodo in cui la città romana di Mediolanum (la moderna Milano) era capitale dell'Impero romano d'Occidente (ruolo che ricoprì dal 286 al 402).
Attorno alla basilica fu costruito nel IX secolo un monastero benedettino, di cui sopravvive il chiostro grande di San Simpliciano.
Modifiche alla struttura furono apportate tra l'XI ed il XIII secolo; furono costruite le attuali volte e la cupola, in sostituzione dell'originaria copertura a capriate lignee. Furono tamponati i grandi finestroni di epoca romana per rafforzare la struttura. Fu riedificato l'abside, con dimensioni ridotte. L'interno dell'attuale chiesa pertanto appare oggi definito in grandi linee dalla costruzione romanica.
Nel 1176 la basilica divenne famosa per la vittoria milanese nella battaglia di Legnano, perché secondo la tradizione che i tre martiri, in forma di colombe, si posarono sul Carroccio annunciando la vittoria.
Alla fine del Quattrocento, grazie al consistente lascito dell'abate commendatario Gian Alimento Negri, fu costruito il chiostro quattrocentesco e affrescato il catino absidale con la celebre Incoronazione della Vergine, capolavoro rinascimentale di Ambrogio Bergognone.
Fra il 1838 e il 1841 su iniziativa del parroco per via di un generale deperimento dell'edificio, la chiesa fu sottoposta a pesanti interventi in stile neoclassico e neo-gotico dell'architetto Giulio Aluisetti. Dell'antica basilica paleocristiana sono giunti sono a noi solo i resti di un sacello situato a nord dell'abside che oggi si trova in corrispondenza della moderna sacrestia.

Con sant'Ambrogio iniziò un programma di costruzione di basiliche dedicate alle varie categorie di santi: una basilica dedicata ai profeti (la basilica prophetarum, in seguito ridenominata basilica di San Dionigi), una agli apostoli (la basilica apostolorum, che poi prese il nome di basilica di San Nazaro in Brolo), una ai martiri (la basilica martyrum, che divenne in seguito la basilica di Sant'Ambrogio), una dedicata alle vergini (la basilica virginum, ridenominata poi basilica di San Simpliciano).
Erano infatti dedicate ciascuna ad una diversa famiglia di santi, dato che non esisteva ancora l'usanza di intitolare le chiese a un solo santo. Queste quattro basiliche sono conosciute con il nome di "basiliche ambrosiane".
La basilica di San Simpliciano sorse nel IV secolo sulla lunga arteria che, attraverso la Porta Comasina romana, si irradiava dalla città romana di Mediolanum (la moderna Milano) a Nord verso Como (Novum Comum) e poi, attraverso le valli del passo del San Bernardino e del passo del Settimo, conduceva in Germania Venne quindi costruita in epoca romana tardoimperiale nel periodo in cui Mediolanum era capitale dell'Impero romano d'Occidente (ruolo che ricoprì dal 286 al 402). Nei pressi della Porta Comasina romana era presente sul luogo dell'attuale chiesa un precedente cimitero pagano documentato da are votive rinvenute in loco e pubblicate da Giovanni Labus nel 1841-1842; su quell'area cemeteriale la tradizione vuole che sant'Ambrogio abbia costruito la basilica Virginum, una delle quattro erette dal santo lungo le vie principali di uscita dalla città; la basilica era intitolata a Maria e tutte le Sante Vergini.
La questione dell'origine della basilica rimane però ancora oggi irrisolta: non viene infatti citata né nell'epistolario di Ambrogio né nella cronaca della vita del santo lasciata dal suo biografo diacono Paolino. Neppure Agostino, di cui Simpliciano fu precettore nella fede e che ci ha tramandato molte indicazioni anche sulla vita di Ambrogio, ha lasciato testimonianze sull'erezione della basilica. Alcuni studiosi negano che la basilica sia stata voluta da Ambrogio e preferiscono invece l'ipotesi che la sua erezione sia stata voluta e cominciata dallo stesso Simpliciano, che qui abitava nella sua vita ritirata e qui fu sepolto alla morte. Altri invece (si confronti Baroni, 1934) propendono per individuare nella basilica una delle quattro costruite da Ambrogio intorno all'abitato di Milano come a creare una sorta di cerchio sacro a protezione della città. Non ci sono quindi notizie certe su come l'originario luogo di sepoltura di Simpliciano nel cimitero di Porta Comasina si sia poi mutato in basilica, ma vi sono ipotesi e congetture diverse ognuna suffragata da indizi e ricerche raccolti nei secoli.
Vi è invece certezza, attraverso studi compiuti nel 1944 dallo storico dell'arte Wart Arslan, che la basilica si sia ampliata in epoca romanica sulla struttura di un edificio precedente poi inglobato nelle strutture successive: le alte esili pareti originarie, costituite da una successione di arcate e aperte da ampie finestre oggi tamponate, rendono infatti San Simpliciano affine alla basilica palatina di Treviri in Germania, e suggeriscono una datazione all'epoca costantiniana. Si può quindi concludere che la basilica abbia avuto una prima erezione nel IV secolo e che sia poi stata ampliata nella struttura da anonimi architetti di epoca romanica.
A supporto di questa teoria vi è il ritrovamento di alcuni tegoloni in terracotta recanti il sigillo di Agilulfo (Agilulfus Rex), re dei Longobardi e d'Italia fra il 591 e il 616 d.C. che furono rinvenuti in alcuni muri e nella copertura della volta dell'abside durante i restauri del 1841; nel 1893 ne venne rinvenuto un altro mentre si provvedeva a isolare l'affresco del Bergognone; i rinvenimenti sarebbero quindi la prova che in epoca longobarda la chiesa fu oggetto di riparazioni eseguite tra il 590 e il 615 su un edificio già esistente dopo le devastazioni gote operate durante l'assedio di Milano del 538-539.
Alla morte di Ambrogio avvenuta nel 397 d.C. gli successe nella carica di vescovo il briviese Simpliciano (circa 320-401 d.C.) che depose nella basilica i corpi dei martiri Martirio, Sisinnio ed Alessandro e che vi fu poi a sua volta sepolto. I tre martiri erano chierici originari della Cappadocia (Turchia) inviati da Ambrogio a evangelizzare la regione dell'Anaunia (odierna Val di Non), dove furono poi uccisi dai pagani locali il 29 maggio dell'anno 397. Il vescovo Vigilio di Trento si fece propagatore del loro culto e le loro reliquie vennero inviate al nuovo vescovo di Milano. Morto poi Ambrogio e Simpliciano suo successore la basilica, intolata alla Santissima Maria e alle sante vergini, vide per devozione popolare cambiato il titolo in San Simpliciano.
Nel IX secolo presero possesso della chiesa i monaci benedettini cluniacensi, che fondarono l'attiguo monastero urbano. Nel 1176 la chiesa divenne famosa per la vittoria nella battaglia di Legnano, perché racconta la tradizione che i tre martiri, in forma di colombe, si fossero posati sul Carroccio annunciando la vittoria.
Modifiche alla struttura furono apportate tra l'XI ed il XIII secolo; Furono costruite le attuali volte e la cupola, in sostituzione dell'originaria copertura a capriate lignee. Furono tamponati i grandi finestroni di epoca romana per rafforzare la struttura. Fu riedificato l'abside, con dimensioni ridotte. L'interno dell'attuale chiesa pertanto appare oggi definito in grandi linee dalla costruzione romanica.
Alla fine del Quattrocento, grazie al consistente lascito dell'abate commendatario Gian Alimento Negri, fu costruito il chiostro quattrocentesco e affrescato il catino absidale con la celebre Incoronazione della Vergine, capolavoro rinascimentale di Ambrogio Bergognone.
Nel 1517 la chiesa e il monastero passarono su disposizione di Leone X ai benedettini cassinesi che vi eressero nello stesso anno il convento; restarono sino al 1798, anno in cui il monastero fu trasformato in caserma. Nel XVI secolo il campanile fu fatto abbassare di circa 25 metri dal Governatore di Milano don Ferrante I Gonzaga, come la gran parte di quelli che sorgevano nelle vicinanze del castello sforzesco, affinché dall'esterno delle mura non fosse possibile vederne l'interno. La cupola ed i bracci laterali vennero modificati nel 1582.
Fra il 1838 e il 1841 su iniziativa del parroco per via di un generale deperimento dell'edificio, la chiesa fu sottoposta a pesanti interventi in stile neoclassico e neo-gotico dell'architetto Giulio Aluisetti («sciagurato rinnovamento» lo definisce l'Arlsan nel 1947): l'architetto, già noto per lunghe vicende legate alla progettazione del Cimitero Monumentale di Milano, eresse nel 1839 l'attuale altare maggiore in dimensioni consistentemente superiori al precedente, tanto da oscurare l'affresco absidale del Bergognone; anche con l'intento di cancellare le aggiunte operate nel 1582 rimosse gli intonaci e i capitelli originali, intonacò pareti e volte con vivaci decorazioni neoromaniche e infine demolì quattro piloni romanici. La cupola venne adormata di affreschi del pittore Giovan Battista Zali e furono riposizionati gli organi. Il rinnovamento fu oggetto di aspre critiche già durante i lavori anche per via del costo complessivo delle opere. In definitiva il restauro, per la critica moderna, falsificò del tutto l'aspetto della parte romanica della basilica.
La facciata, che mantiene ancora gran parte dell'impianto originale, fu ricostruita nel 1870-1871 dall'architetto Maciachini (1818-1899), autore di molti interventi simili su chiese milanesi; nel 1932 alle finestre della facciata furono apposte otto vetrate realizzate da Carlo Forni su cartoni di Aldo Carpi, raffiguranti episodi della vita di San Benedetto.
Dopo la seconda guerra mondiale la chiesa venne liberata dalle sovrapposizioni ottocentesche dando origine a un restauro conservativo. Gli ultimi imponenti lavori di restauro, che hanno riportato alla luce parte delle strutture paleocristiane e reso alla chiesa i caratteri romanici, sono terminati nell'anno 2004.
Nel giugno dell'anno 1517 i monaci benedettini della congregazione cassinese avevano preso possesso del monastero e della basilica della quale ampliarono il coro, per cui si rese necessario lo spostamento dell'altare maggiore che si trovava addossato alla parete della nicchia del coro. Durante lo spostamento i frati rinvennero le casse contenenti le reliquie di Simpliciano, dei santi Sisinio, Martirio, Alessandro e Vigilio di Trento e dei vescovi milanesi Benigno, Ampelio e Geronzio; non potendo assicurare una traslazione adatta all'importanza di quelle reliquie, il 21 agosto esse vennero raccolte nel nuovo altare in casse di piombo separate; nella cassa di Simpliciano fu posta una tavoletta di cipresso con l'iscrizione: corpvs s.simpliciani archiepiscopi . mcxxvii . xxi avgvsti. In occasione di quella traslazione racconta Ignazio Cantù che un fulmine scoppiò nel campanile mentre vi era radunata un gran folla che era raccolta intorno alle reliquie esposte dei tre santi; il popolo diede colpa di quel fulmine allo sdegno dei Santi per essere stati disturbati. La folla invase quindi il convento per punire i benedettini ma subito circolò la voce che il fatto fosse opera di stregoneria. Vennero subito effettuati degli arresti dall'amministrazione francese che in quegli anni governava Milano (era Governatore nel 1517 Odet de Foix) e diverse donne, giudicate streghe, furono bruciate sul rogo a Ornago e Lampugnano.
Nel 1582 i monaci operarono una nuova trasformazione dell'altare maggiore e per permetterne lo spostamento nella nuova posizione, che è quella attuale, fu necessario rimuovere i Corpi Santi custoditi nel vecchio altare. La ricognizione e il riconoscimento ufficiale delle reliquie furono affidati al vescovo di Milano Carlo Borromeo che il 7 marzo 1581 le riconobbe come erano state disposte nel 1517. La traslazione solenne dal vecchio al nuovo altare avvenne il giorno 27 maggio del 1582, domenica parima della Pentecoste, con una cerimonia alla quale tutta la città di Milano concorse. Furono eretti altari e archi effimeri in diverse luoghi della città e di fronte alla chiesa. Nella grande processione chi si concluse a San Simpliciano sfilarono anche numerosi vescovi delle diocesi lombarde: Cesare Gambara di Tortona, Nicola Sfondrato di Cremona e futuro papa Gregorio XIV, Gerolamo Ragazzoni di Bergamo, Gabriele Paleotti di Bologna, Giovanni Dolfin di Brescia, Domenico Della Rovere di Asti, Guarnero Trotti di Alessandria, Vincenzo Marino di Alba, Francesco Galbiati di Ventimiglia e Alessandro Andreasi di Casale Monferrato.
Oggi è spesso sede di concerti di musica barocca e di mostre d'arte sacra.
I resti paleocristiani
Dell'antica basilica paleocristiana sono giunti sono a noi solo i resti di un sacello situato a nord dell'abside e che oggi si trova in corrispondenza della moderna sacrestia. Il sacello ha una volta a botte; forse in origine era distaccato ed indipendente dal corpo architettonico della basilica e non fu costruito quando la basilica fu innalzata, ma poco dopo e comunque in un periodo antecedente il V secolo In origine serviva come luogo di sepoltura di illustri personalità religiose o come cella memoriae per la venerazione delle reliquie dei santi.
La facciata è una delle meno alterate dagli interventi di fine XIX secolo e mantiene ancora in parte il suo aspetto originario romanico. Nella parte inferiore, le arcate che incorniciano i portali denunciano l'esistenza in antico di un portico, detto nartece. Il portale centrale conserva gli originali rilievi romanici, mentre i due portali laterali sono aggiunte moderne del Maciachini. La parte superiore, che appare invece più rimaneggiata, mostra due trifore laterali, due bifore centrali, una trifora in alto ed archetti decorativi.
Sul fianco della chiesa vi è il campanile, che risulta tozzo a causa della mutilazione cinquecentesca. La cella campanaria dà verso l'esterno con quattro bifore rinascimentali.
L'interno della basilica è a sala: le tre navate, separate da quattro pilastri circolari in mattoni, sono di uguale altezza, anche se le due navate laterali, come la centrale coperte con volta a crociera, appaiono più strette di quella maggiore. Questa peculiarità della grande sala composta da tre navate di eguale altezza che fanno perno sui pilastri della navata centrale creano un effetto luminoso distribuito assai peculiare, una soluzione analoga verrà poi ripresa in tutt'altro contesto dal Gotico Catalano. Le navate sono illuminate da sei grandi monofore a tutto sesto con vetrate policrome moderne.
L'altare maggiore in forme classiche scolastiche fu eretto dall'Aluisetti nel 1839; ai lati due statue in marmo raffiguranti Sant'Ambrogio e Carlo Borromeo, entrambe di Alessandro Puttinati. In prossimità del presbiterio, sotto il tiburio ottagonale e nella campata precedente, vi è l'innesto del transetto a due navate. Al suo interno, due piccole cantorie in muratura fiancheggiano l'imbocco dell'abside e sorreggono gli organi e vi sono rappresentati Santi e Sante affrescati da Aurelio Luini, figlio di Bernardino Luini. Nel transetto destro, inoltre, vi è il dipinto Sconfitta del Cammolesi di Alessandro Varotari, detto "il Padovanino". Sulla parete del transetto opposto, invece, vi sono lo Sposalizio della Vergine, di Camillo Procaccini ed un affresco con la Deposizione dalla Croce di un maestro lombardo del XVI secolo. Il presbiterio, affiancato da due pulpiti lignei barocchi, accoglie il grande altar maggiore neoclassico in marmi policromi. Nel catino absidale, vi è l'affresco dell'Incoronazione della Vergine, capolavoro rinascimentale di Ambrogio da Fossano detto il Bergognone (1508). L'affresco occupa la volta su una superficie di circa 7 mq; nel centro della composizione spicca la figura del Padre Eterno, alta 4,25 m. L'affresco fu restaurato una prima volta intorno al 1840 dal pittore Knoeller in occasione della ristrutturazione dell'Aluisetti. Poi nel 1890, per via di gravi infiorescenze di salnitro che avevano reso quasi illeggibile la figura della Vergine, fu rifatta la copertura dell'abside per assicurare maggiore impermeabilità; nel 1892, infine, l'intero affresco fu sottoposto a ripulitura completa.
Il coro ligneo, con legni intarsiati, fu disegnato dall'architetto e ingenere milanese Giuseppe Meda e realizzato dai maestri Anselmo del Conte e il figlio Virgilio nell'anno 1588, quando il monastero era governato dal benedettino Serafino Fontana.
Lungo le navate si aprono varie cappelle con decorazioni barocche, rococò e neoclassiche; fra queste la cappella del Rosario, costruita all'inizio del XVIII secolo. Dalla porta sotto la cantoria di sinistra, si accede al Sacello dei Martiri dell'Anaunia, basilichetta a croce latina con abside semicircolare, minuscolo transetto e cupoletta; la piccola costruzione potrebbe risalire al IV secolo.
Nella basilica si trovano tre organi a canne:
- l'organo maggiore, situato sulla cantoria in controfacciata, è l'Ahrend opus 134, costruito nel 1990 prendendo come modello gli organi barocchi tedeschi; lo strumento è a trasmissione integralmente meccanica e dispone di 35 registri su tre tastiere e pedaliera;
- un secondo organo, costruito nel 1897 da Vincenzo Mascioni, è situato in fondo alla navata laterale di destra, nell'area del transetto; anch'esso a trasmissione meccanica, ha 22 registri su due tastiere e pedaliera; in posizione speculare, dall'altra parte dell'abside, vi è una cassa simmetrica, priva però di strumento al suo interno;
- a pavimento nell'aula, vi è l'organo a cassapanca Pinchi (opus 408), del 1996; è a trasmissione meccanica e dispone di tre registri con un unico manuale, senza pedaliera.
Chiostro di San Simpliciano
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