domenica 25 luglio 2021

CASTELLO SFORZESCO

 

Prima fortificazione

La costruzione di una fortificazione con funzioni prettamente difensive fu avviata nella seconda metà del Trecento dalla dinastia viscontea, che deteneva la signoria di Milano da quasi un secolo, da quando nel 1277 l'arcivescovo Ottone Visconti aveva sconfitto nella battaglia di Desio e cacciato da Milano il precedente Signore, Napoleone della Torre. Nel 1354 l'arcivescovo Giovanni Visconti, morendo, lasciò in eredità il ducato ai tre nipoti Matteo II, Galeazzo II e Bernabò.

Tra il 1368 e il 1370 Galeazzo II Visconti fece costruire, a cavallo delle mura della città, in corrispondenza della Porta Giovia (o Zobia) una fortificazione detta Castello di Porta Giovia, dal nome di Porta Giovia romana, antico ingresso della cinta delle mura romane di Milano, che doveva a sua volta la sua denominazione a Giovio, soprannome dell'imperatore Diocleziano. In epoca romana, nella stessa area dove sarebbe sorto il Castello di Porta Giovia medievale, era presente l'omonimo Castrum Portae Jovis, uno dei quattro castelli difensivi della Milano romana.

Il Castrum Portae Jovis iniziò a rivestire, a partire dal 286, quando Milano diventò capitale dell'Impero romano d'Occidente, anche la funzione di Castra Praetoria, ovvero di caserma dei pretoriani, reparto militare che svolgeva compiti di guardia del corpo dell'imperatore. Tale zona era quindi il "Campo Marzio" di Milano, ovvero l'area consacrata a Marte, dio della guerra, che era utilizzata per le esercitazioni militari.


Il medievale Castello di Porta Giovia venne ampliato dai suoi successori: Gian Galeazzo Visconti, che divenne nel 1395 il primo duca di Milano, Giovanni Maria e Filippo Maria, che per primo trasferì stabilmente nel castello la corte dal palazzo ducale che sorgeva presso il Duomo (l'odierno Palazzo Reale). Il risultato è stato un castello a pianta quadrata, con i lati lunghi 200 metri, e quattro torri agli angoli, di cui le due rivolte verso la città particolarmente imponenti, con muri perimetrali spessi 7 metri. La costruzione divenne così dimora permanente della dinastia viscontea, per essere poi distrutta nel 1447 dalla Aurea Repubblica Ambrosiana, costituita dai nobili milanesi dopo l'estinzione della dinastia viscontea alla morte senza eredi legittimi del duca Filippo Maria.

Fu il capitano di ventura Francesco Sforza, marito di Bianca Maria Visconti, ad avviarne la ricostruzione nel 1450 per farne la sua residenza dopo aver abbattuto la Repubblica ed essersi così impadronito di Milano. Senza un proprio blasone, Sforza mantenne come stemma del proprio casato la vipera viscontea.

Nella primavera del 1450 Francesco Sforza nominò Giovanni da Milano quale commissario per i lavori del nuovo Castello e Marcaleone da Nogarolo quale commissario per le provvisioni. L'inizio dei lavori, secondo alcuni storici, ebbe luogo il 1 luglio. Cinque mesi dopo furono completati i due tratti di mura della Ghirlanda verso Porta Comasina (verso sud si incontrano i resti del rivellino della Porta, proprio nel punto in cui le mura ubiche incontravano perpendicolarmente il castello)


 e Porta Vercellina (a ovest, il Rivellino di Porta Vercellina. Quest’ultimo, costruito in corrispondenza della Porta di Santo Spirito, è l’unico ad aver mantenuto visibile l’impianto sforzesco quadrangolare, anche se l’aspetto attuale è il risultato del restauro ad opera dell’architetto Luca Beltrami).  



Ci si accinse ad innalzare il lato verso il giardino e i due torrioni a base circolare del Carmine e di Santo Spirito, così chiamati in quanto rivolti verso la chiesa di Santa Maria del Carmine e di Santo Spirito (non più esistente). Nel febbraio del 1451 si realizzarono i battiponti e si spianarono le due piazze su cui in seguito sarebbero sorti i rivellini rivolti l'uno verso la città e verso il giardino. Per far fronte alla mancanza di liquidità causata dalla sottostima nel costo dei lavori, venne imposta a tutte le città del Ducato una tassa sul carreggio che poteva essere versata in natura o trasformata in denaro; il versamento, tuttavia, non veniva effettuato, veniva eseguito solo parzialmente o subiva spesso ritardi costrigendo il duca a continue sollecitazioni. Vi fu anche qualche problema nel trasporto dei materiali da costruzione dal momento che il legname proveniva dai boschi di Cusago mentre la calce fin da Mergozzo per poi essere trasportata sul Toce, il Lago Maggiore, il Ticino e quindi attraverso il Naviglio Grande giungendo a Milano dopo aver percorso più di 110 km. Infine, nell'estate del 1451 i lavori furono funestati da un'epidemia di peste. In ottobre venne completata la Torre Castellana, ovvero quella della Rocchetta, e si insediò il nuovo castellano Foschino Attendolo.

Nel 1452 Filarete e Jacopo da Cortona vennero ingaggiati dal duca per la costruzione e la decorazione della torre mediana, che tuttora viene chiamata Torre del Filarete. Tra il primo e gli ingegneri milanesi nacquero ben presto screzi dovuti all'altezzosità del primo (che sviliva gli ingegneri ducali chiamandoli muratori) e alla sua ostinazione nel voler decorare la torre con terracotte e beccatelli in marmo, rallentando l'andamento dei lavori. Lo stesso anno vennero realizzati i fossati. Più tardi ai due successe l'architetto militare Bartolomeo Gadio. Alla morte di Francesco Sforza, gli successe il figlio Galeazzo Maria che fece continuare i lavori dall'architetto Benedetto Ferrini. In questi anni fu avviata una grande campagna di affreschi delle sale della corte ducale, affidata ai pittori del ducato, di cui l'esempio più pregevole è la cappella ducale cui lavorò Bonifacio Bembo. Nel 1476, sotto la reggenza di Bona di Savoia, fu costruita la torre omonima.

Nel 1494 salì al potere Ludovico il Moro e il castello divenne sede di una delle corti più ricche e fastose d'Europa. Alla decorazione degli ambienti furono chiamati artisti come Leonardo da Vinci (che affrescò diverse sale dell'appartamento ducale, insieme a Bernardino Zenale e Bernardino Butinone) e Bramante (forse per una ponticella per collegare il castello alla cosiddetta strada coperta), mentre molti pittori affrescarono la Sala della Balla illustrando le gesta di Francesco Sforza. Di Leonardo resta in particolare la pittura di Intrecci vegetali con frutti e monocromi di radici e rocce nella Sala delle Asse, del 1498, mentre nulla rimane del colossale monumento equestre a Francesco Sforza, distrutto dai soldati Francesi prima di essere completato.

Negli anni a seguire il castello fu infatti danneggiato dai continui attacchi che francesi, milanesi e truppe germaniche si scambiarono; fu aggiunto un baluardo allungato chiamato "tenaglia" che dà il nome alla porta vicina Porta Tenaglia e progettato forse da Cesare Cesariano, ma nel 1521 la Torre del Filarete crollò perché un soldato francese fece per errore esplodere una bomba dopo che la torre era stata adibita ad armeria. Ritornato al potere e al castello, Francesco II Sforza ristrutturò e ampliò la fortezza, adibendone una parte a sontuosa dimora della moglie Cristina di Danimarca.



Dopo la morte di Francesco II nel 1535 e la conseguente fine del Ducato, il castello fu ceduto nel 1536 dal conte Massimiliano Stampa, deputato castellano per il duca Francesco II, al re di Spagna Carlo V in seguito a una convenzione stipulata a Bologna: nel febbraio del 1531, infatti, il capitano Giovanni di Mercado aveva ceduto il castello al conte Stampa sotto il giuramento che lo Stampa lo avrebbe a sua volta ceduto solo ed esclusivamente al «Sacratissimo et Invictissimo Carolo Quinto de' Romani Imperatore» ovvero ai suoi successori nel Sacro Romano Impero.

La cessione del castello segnò la fine di un lungo periodo di guerre e mutamenti politici: in trentasei anni dalla caduta di Ludovico il Moro si erano infatti succeduti nove diversi governi: prima i Guasconi di Luigi XII (1500), poi i tedeschi e gli svizzeri comandati da Ascanio Sforza; nuovamente i francesi dopo la presa di Novara; nel 1512 i mercenari svizzeri capitanati dal Cardinale di Sion Matteo Schiner in nome della Lega Santa fino al ritorno dei francesi di Francesco I (1515); nel 1525 l'arrivo delle truppe spagnole di Fernando Francesco d'Avalos, Marchese di Pescara, che abbandonavano il castello sei anno dopo per riprenderlo definitivamente dopo il breve dominio degli ultimi Sforza, Massimiliano e Francesco II.

Passato così sotto il dominio spagnolo del governatore Antonio de Leyva (1480-1536), il castello perse il ruolo di dimora signorile, che passò al Palazzo Ducale, e divenne il fulcro della nuova cittadella, sede delle truppe militari iberiche: la guarnigione era una delle più grandi d'Europa, variabile da 1000 a 3000 uomini, con a capo un castellano spagnolo.
Nel 1550 cominciarono i lavori per il potenziamento delle fortificazioni, con l'aiuto di Vincenzo Seregni: fu costruito un nuovo sistema difensivo di pianta prima pentagonale e poi esagonale (tipica della fortificazione alla moderna): una stella a sei punte portate poi a 12 con l'aggiunta di apposite mezzelune. Le difese esterne raggiunsero così la lunghezza complessiva di 3 km, e coprivano un'area di circa 25,9 ettari. Le antiche sale affrescate furono adibite a falegnameria e a dispense, mentre nei cortili furono costruiti pollai in muratura.

All'inizio del Seicento l'opera fu completata con fossati, che separarono completamente il castello dalla città, e la "strada coperta".

Quando la Lombardia passò dalla Spagna agli Asburgo d'Austria, per mano del grande generale Eugenio di Savoia, il castello conservò la propria destinazione militare. L'unica nota artistica del dominio austriaco è la statua di San Giovanni Nepomuceno, protettore dell'esercito austriaco, posta nel cortile della Piazza d'armi.

Con l'arrivo in Italia di Napoleone, l'Arciduca Ferdinando d'Austria abbandonò il 9 maggio 1796 la città, lasciando al Castello una guarnigione di 2.000 soldati, sotto il comando del tenente colonnello Lamy, con 152 cannoni e buone scorte di polvere, fucili e foraggiamenti. Respinto un primo, velleitario, attacco di un gruppo di Milanesi filo-giacobini, subì l'assedio francese, protratto dal 15 maggio alla fine di giugno. In un primo tempo Napoleone ordinò di ripristinarne le difese, per alloggiarvi una guarnigione di 4000 uomini. Nell'aprile 1799 questa dovette subire l'assedio delle rientranti truppe austro-russe ma, già un anno dopo, all'indomani di Marengo, il dominio francese venne ristabilito.

Già nel 1796 era stata presentata una prima petizione popolare che richiedeva l'abbattimento del castello inteso come simbolo della '"antica tirannide". Con decreto del 23 giugno 1800 Napoleone ne ordinò, in effetti, la totale demolizione. Essa venne realizzata a partire dal 1801, solo in parte per le torri laterali e totalmente per i bastioni spagnoli esterni al palazzo sforzesco, di fronte a una popolazione esultante.

Nel 1801 venne presentato dall'architetto Antolini un progetto per il rimaneggiamento del castello in forme vistosamente neo-classiche, con un atrio a dodici colonne e circondato dal primo progetto di Foro Buonaparte: una piazza circolare di circa 570 metri di diametro, circondata da una sterminata serie di edifici pubblici di forme monumentali (le Terme, il Pantheon, il Museo Nazionale, la Borsa, il Teatro, la Dogana), collegati da portici sui quali si sarebbero aperti magazzini, negozi ed edifici privati. Il progetto fu respinto da Napoleone, il 13 luglio dello stesso anno, perché troppo costoso e, in effetti, sproporzionato per una città di circa 150.000 abitanti.

Venne quindi ripreso in considerazione un secondo progetto, presentato dal Canonica, che limitava l'intervento alla sola parte rivolta verso l'attuale via Dante (che porta comunque il nome dell'ambizioso progetto: Foro Bonaparte) mentre la vasta area retrostante venne adibita a piazza d'armi, coronata, anni più tardi, dall'Arco della Pace, opera del Cagnola, a quel tempo dedicato a Napoleone.

Pochi anni a seguire, nel 1815, Milano e il Regno Lombardo-Veneto, furono annessi nell'Impero d'Austria, sotto il dominio dagli austriaci del Bellegarde e il castello, arricchito di cortine, passaggi, prigioni e fossati, divenne tristemente famoso perché durante la rivolta dei milanesi nel 1848 (le cosiddette Cinque giornate di Milano), il maresciallo Radetzky darà ordine di bombardare la città proprio con suoi cannoni. Durante i tragici avvenimenti delle guerre d'indipendenza italiane, gli austriaci si ritirarono per qualche tempo e i milanesi ne approfittarono per smantellare parte delle difese rivolte verso la città. Quando nel 1859 Milano è definitivamente sabauda e dal 1861 parte del Regno d'Italia, la popolazione invade il castello saccheggiandolo in segno di rivalsa.

Circa venti anni dopo il castello fu oggetto di dibattito: molti milanesi proposero di abbatterlo per dimenticare i secoli di giogo militare e soprattutto per costruire un quartiere residenziale. Tuttavia la cultura storica prevalse e l'architetto Luca Beltrami sottopose il Castello ad un diffuso restauro , quasi una ricostruzione, che ebbe come scopo farlo tornare alle forme della signoria degli Sforza. Il restauro ebbe termine nel 1905, con l'inaugurazione della Torre del Filarete, ricostruita sulla base dei disegni del XVI secolo e dedicata a re Umberto I assassinato pochi anni prima. La torre costituisce anche il fondale prospettico della nuova via Dante.

Nella vecchia piazza d'armi vengono inoltre messe a dimora centinaia di piante del nuovo polmone verde cittadino, il Parco del Sempione, giardino paesaggistico in stile inglese. Il Foro Bonaparte è ricostruito a scopo residenziale anteriormente al castello.

Nel 1977 gli sgraffiti presenti sulla facciata interna (opera del Beltrami) vennero restaurati da Valeriano Dalzini. Direttore dei lavori: Franco Milani.

Nel corso del XX secolo il castello venne danneggiato e ristrutturato dopo la seconda guerra mondiale; negli anni novanta fu costruita in piazza castello una grande fontana ispirata ad una precedentemente installata sul posto che venne smantellata negli anni sessanta durante i lavori per la costruzione della prima linea della metropolitana e non più rimessa dopo il termine dei lavori.


Attualmente il complesso ospita i Musei del castello nelle proprie sale.

Vi è la possibilità di effettuare dei tour guidati del castello


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