Le tracce di queste cinte murarie sono tuttora ben leggibili nell'impianto urbanistico di Milano, tanto che ancora oggi si parla di Cerchia dei Navigli per designare la circonvallazione realizzata dove un tempo si trovava la Fossa Interna dei Navigli antistante le mura medioevali, navigabile da chiatte e ricoperto fra le due guerre mondiali, e di cerchia dei bastioni per indicare la circonvallazione, concentrica alla prima e più ampia ed esterna, realizzata sul tracciato della cinta muraria dell'epoca spagnola. Delle mura romane, medievali e spagnole sono giunti al XXI secolo solo alcuni brevi tratti, che si sono salvati dalle demolizioni.
Le mura romane di Milano sono state una cinta muraria provvista di torri che ebbe differenti fasi di costruzione durante l'epoca romana. Una prima fase avvenne in epoca repubblicana (attorno al 49 a.C.) ed una seconda dopo il 291, in epoca imperiale, al tempo dell'Augusto Massimiano, quando Mediolanum divenne capitale dell'Impero romano d'Occidente.
L'antica Mediolanum era difesa, oltre che da mura e torri, anche da quattro fortificazioni, il Castrum Vetus, il Castrum Portae Novae, l'Arx Romana e il Castrum Portae Jovis. Le mura romane di Milano vennero distrutte durante l'assedio di Milano del 1162, che fu opera di Federico Barbarossa, venendo poi sostituite dalle mura medievali di Milano.
Il percorso delle mura di epoca repubblicana era di forma quadrangolare (circa 700 m per lato) orientata da nord-est a sud-ovest con un lato smussato nella parte occidentale. Alle estremità del cardo e del decumano si aprivano le seguenti porte, fatte probabilmente erigere, insieme alle mura, da Ottaviano dopo l'assunzione di Mediolanum al rango di municipium nell'anno 49 a.C.:
- Porta Comasina (lat. Porta Comacina, Porta Cumana o Porta Cumensis), situata dove ora è presente la moderna via dell'Orso. Da Porta Comasina dipartivano la via Regina, ovvero l'arteria stradale che collegava Cremona (Cremona) a Comum (Como: da cui il nome della porta), e la via Mediolanum-Bellasium, che metteva in comunicazione Mediolanum con Bellagio.
- Porta Giovia (lat. Porta Jovia), situata dove ora sono presenti i moderni Teatro Dal Verme e la demolita chiesa di San Giovanni sul Muro. Doveva la sua denominazione a Giovio, ovvero all'epiteto dell'imperatore Diocleziano. Da Porta Giovia iniziavano la via Severiana Augusta, strada romana consolare che congiungeva Mediolanum con il Lago Maggiore e da qui al passo del Sempione, e la Via Mediolanum-Bilitio, che metteva in comunicazione Mediolanum con Luganum (Lugano) passando da Baretium (Varese).
- Porta Orientale (lat. Porta Orientalis), situata dove ora è presente la moderna via Manzoni. Da Porta Orientale dipartiva verso oriente (da cui il nome della porta) l'arteria stradale che, attraverso Bergomum (Bergamo) e Brixia (Brescia), portava a Verona (Verona), la via Gallica. Corrispondeva alla Porta Decumana dell'originario accampamento militare romano, il cosiddetto castrum, che diede poi origine al centro abitato dell'antica Mediolanum romana. Da Porta Orientalis dipartiva anche la via Mediolanum-Brixia, che collegava Mediolanum con Brixia (Brescia) passando anche da Cassianum (Cassano d'Adda).
- Porta Romana (lat. Porta Romana), situata dove ora è presente il moderno corso Italia. Da Porta Romana iniziava la via Mediolanum-Placentia, che metteva in comunicazione Mediolanum (Milano) con Placentia (Piacenza) e quindi poi con Roma (da cui il nome della porta) passando da Laus Pompeia (Lodi Vecchio).
- Porta Ticinese (lat. Porta Ticinensis), situata dove ora è presente il moderno Carrobbio. Da Porta Ticinese aveva origine l'arteria stradale che collegava Mediolanum a Ticinum (Pavia). Corrispondeva alla Porta Praetoria dell'originario accampamento militare romano, il cosiddetto castrum, che diede poi origine al centro abitato dell'antica Mediolanum romana.
- Porta Tosa (lat. Porta Tonsa), situata lungo la moderna via Rastrelli, poco prima del suo incrocio con via Larga. Sorgeva nei pressi del porto fluviale romano di Milano, da cui il nome della porta (tonsa in latino significa "remo"). Da Porta Tosa usciva la via Regina, strada romana che raggiungeva il porto fluviale di Cremona.
- Porta Vercellina (lat. Porta Vercellina), situata dove ora è presente la chiesa di Santa Maria alla Porta, la cui denominazione è legata alla presenza di questa porta. Da Porta Vercellina dipartivano la via delle Gallie, che conduceva verso Augusta Prætoria (Aosta) passando da Novaria (Novara e che portava poi in Gallia Transalpina, e la via Gallica, arteria stradale che collegava Mediolanum a Augusta Taurinorum (Torino) passando da Vercellae (Vercelli, da cui il nome della porta.
Nel 291, in epoca imperiale, quando Mediolanum divenne capitale dell'Impero romano d'Occidente, la cinta muraria venne ampliata dall'imperatore Massimiano, l'impianto urbanistico subì importanti modifiche. Se la prima cerchia muraria, realizzata tra l'età cesariana e l'età augustea, delimitava un'area di circa 70 ettari, con la trasformazione a capitale il perimetro urbano vide un importante ampliamento verso Est che fece realizzare altre tre porte:
- Porta Argentea (lat. Porta Argentea), situata dove ora è presente la moderna via San Paolo. Prendeva il nome dall'argento. Quest'ultimo, ai tempi degli antichi Romani, si estraeva in miniere situate in varie parti dell'impero, dall'Iberia all'Asia Minore, dalla Britannia a Cipro, ecc. L'elettro, che è una lega d'oro e d'argento, metalli che quando sono miscelati sono separabili con fatica, può essere invece ottenuta sia artificialmente che in natura da miniere che sono concentrate soprattutto in Asia Minore, ovvero a est dell'Italia. Per tale motivo, alla porta cittadina più orientale della Milano romana, fu dato il nome di "Porta Argentea", mentre al varco murario situato perpendicolarmente, forse con un richiamo all'impossibilità di separare i due metalli in epoca romana (il processo chimico per separarli fu ideato infatti nel 1887), fu data la denominazione di "Porta Aurea" (lat. aurum = it. "oro").
- Porta Aurea (lat. Porta Aurea o Porta Nova), situata dove ora è presente la moderna via Manzoni. Prende i suoi due nomi, rispettivamente, perché fatta erigere lungo il "nuovo" perimetro di mura e per il fatto che si trovasse, come già accennato, perpendicolarmente alla Porta Argentea. Inoltre, da Porta Aurea, usciva la via Spluga, strada che era anche chiamata anche via Aurea perché conduceva al passo dello Spluga, il cui nome latino è Cunus Aureus. In epoca romana il passo dello Spluga era conosciuto con il nome di Cunus Aureus ("punto d'oro") perché in questo periodo storico, lungo l'arco alpino compreso tra il versante ligure e il fiume Ticino), si estraeva l'oro in miniere ricavate nei massicci montuosi, che erano spesso costituite da grotte e caverne naturali. Come per Porta Orientale, di cui rappresentava uno "spostamento" verso est, anche da Porta Aurea dipartivano verso oriente la via Gallica, che collegava Gradum (Grado) con Augusta Taurinorum (Torino), la via Spluga, il cui percorso si sviluppava tra Mediolanum e il passo dello Spluga e la via Mediolanum-Brixia.
- Porta Erculea (lat. Porta Herculea), situata dove ora è presente la moderna via Durini. Deriva il nome da Erculeo, epiteto dell'imperatore Massimiano.
Fin dal primo insediamento romano, i numerosi corsi di fiumi che gravitavano attorno all'abitato dell'antica Mediolanum (come l'Olona, il Seveso, l'Acqualunga, il Nirone ed il Lambro) furono deviati e portati intorno alle mura ed all'interno della città per il necessario approvvigionamento idrico e per smaltire i reflui fognari.
Le dimensioni del fossatum attorno alla città, esistente fin dal I secolo a.C. e documentato, ad esempio, in via Croce Rossa, era largo 3 metri e profondo 1,5 metri.
Le acque del fossato formato da Grande Sevese e Piccolo Sevese confluivano poi a sud nel canale Vetra, che a sua volta scaricava le sue acque nella Vettabbia, entrambi larghi fino a 4 metri, e quindi navigabili, come riscontrato nei pressi di San Vincenzo in Prato.
Massimiano (III secolo), espanse la cinta muraria inglobando un vasto territorio a est comprendendo anche le Terme Erculee (tra le attuali piazza San Babila, corso Europa e piazza Fontana), nella parte occidentale della città. Le mura vennero ampliate per racchiudere anche la zona del circo romano di Milano.
L'estensione dell'area murata superava i 100 ettari ed il perimetro delle mura si aggirava sui 4,5 km, seguendo le seguenti ed attuali vie: San Giovanni sul Muro, Cusani, dell'Orso, Monte di Pietà, Montenapoleone, Durini, Verziere, delle Ore, Pecorari, Paolo da Cannobio, Disciplini, San Vito, largo Carrobbio, Medici, Nirone e corso Magenta.
Le fondazioni delle mura erano mediamente spesse sui 3,5-4 metri, costruite in conglomerato di ciottoli e frammenti di laterizi legati da malta molto dura.
Secondo Landolfo Seniore, nel 1037 le mura romane di Milano contavano circa cento torri, tanto vicine che una guardia di stazione su una poteva parlare con un'altra posta sulla successiva; le nove porte, chiuse da serrature e cataratte (pesanti saracinesche in ferro) erano difese da antiporte, torri triangolari poste davanti ad esse.
L'antica Mediolanum era difesa, oltre che da mura e torri, anche da quattro fortificazioni, tutte esterne alle mura, la più antica delle quali era conosciuta come Castrum Vetus, che si trovava nei pressi di Porta Ticinese romana. Gli altri castelli erano il Castrum Portae Novae, che si trovava nei pressi di Porta Nuova romana lungo il prolungamento del cardo fuori dalle mura cittadine (dall'altro lato del cardo, sempre fuori dalla cinta muraria, era presente il già citato Castrum Vetus), mentre lungo i prolungamenti esterni del decumano erano situati l'Arx Romana, appena fuori da Porta Romana, e il Castrum Portae Jovis, che sorgeva nei pressi di Porta Giovia romana. L'Arx Romana, in particolare, era situata sulla sommità di una piccola collina (arx, in latino, significa "rocca, "fortezza", ma anche "altura", "sommità", "luogo elevato").
Il Castrum Portae Jovis iniziò a rivestire, a partire dal 286, quando Mediolanum diventò capitale dell'Impero romano d'Occidente, anche la funzione di Castra Praetoria, ovvero di caserma dei pretoriani, reparto militare che svolgeva compiti di guardia del corpo dell'imperatore. Tale zona era quindi il "Campo Marzio" di Mediolanum, ovvero l'area consacrata a Marte, dio della guerra, che era utilizzata per le esercitazioni militari.
Dato che l'antica Mediolanum era cresciuta e serviva nuova acqua per i più svariati usi (per gli artigiani nonché per gli usi pubblici, domestici e difensivi) gli antichi Romani deviarono parte delle acque del fiume Seveso, che scorreva lungo il perimetro orientale dell'abitato, verso il torrente Nirone, che transitava poco più a ovest.
Furono scavati due canali artificiali che avevano origine da due punti precisi dell'alveo naturale del Seveso, uno all'altezza dell'incrocio tra le moderne vie Borgonuovo e monte di Pietà, e l'altro più a sud all'altezza della futura Porta Romana medievale: entrambi vennero scavati verso ovest per intercettare il corso del Nirone. Anche il corso del Nirone venne modificato, con lo spostamento del suo alveo ancora più a ovest grazie alla costruzione di un canale artificiale che era la naturale prosecuzione verso occidente del canale che intercettava il Nirone all'altezza delle moderne vie Borgonuovo e monte di Pietà: questo canale diventò il nuovo alveo del Nirone.
Con la costruzione di questi canali, si creò un anello d'acqua che circondava il centro abitato di Milano. Al tratto occidentale di questo anello d'acqua (ovvero il nuovo alveo artificiale del Nirone) fu dato il nome di Piccolo Sevese (l'antico toponimo però non scomparve completamente, visto che il Piccolo Sevese è conosciuto ancora oggi anche con il nome di "Nirone"), mentre alla restante parte dell'anello d'acqua, quella che circondava Milano a nord, a est e a sud (ovvero il corso d'acqua costituito dal letto naturale del Seveso e dai due canali artificiali realizzati per intercettare le acque del Nirone) fu dato il nome di Grande Sevese.
L'anello d'acqua formato dal Grande Sevese e dal Piccolo Sevese diventò poi il fossato che costeggiava le mura romane di Milano, le quali vennero costruite in posizione poco più interna rispetto a questo sistema idraulico circolare. In particolare il Grande Sevese costituiva il lato settentrionale, meridionale e orientale del fossato, mentre il Piccolo Sevese ne formava il suo ramo occidentale. Il Grande Sevese e il Piccolo Sevese esistono ancora e sono i canali più antichi di Milano, dato che risalgono all'età romana repubblicana.
Anche l'Olona fu deviato verso Milano, sempre in epoca romana, per lo stesso motivo: il fabbisogno d'acqua della popolazione della città, diventata molto numerosa con il passare dei secoli. Il modesto regime idrico di Seveso e Merlata non era infatti più sufficiente a soddisfare le necessità di Milano. L'Olona, che garantiva una quantità d'acqua di gran lunga superiore a quella di Seveso e Merlata, venne deviato a Lucernate, frazione di Rho, verso Milano, tra la fine dell'era repubblicana e i primi decenni dell'età imperiale. Come destinazione finale del nuovo percorso dell'Olona fu scelto il fossato delle mura romane di Milano. In particolare l'Olona riversava le sue acque alla confluenza tra il Piccolo Sevese e il canale Vetra.
Le quattro fortificazioni citate in precedenza, il Castrum Vetus, il Castrum Portae Novae, l'Arx Romana e il Castrum Portae Jovis, erano, come già accennato, esterne alle mura ed erano lambite da un secondo fossato allagabile, il refossum, che correva più esterno al primo, il quale, invece, costeggiava le mura. Il refossum diede poi forse origine al fossato delle mura medievali di Milano, costruite in seguito: questo fossato, tra il XIV e il XV secolo, fu reso navigabile trasformandosi nella Cerchia dei Navigli
tutti i tratti delle antiche mura romane ancora visibili
- Nel cortile del Civico museo archeologico di Milano, nell'area dell'Ex Monastero Maggiore si possono ammirare gli imponenti resti di due tratti di mura e di due torri poligonali, riferibili al lato occidentale del sistema difensivo delle mura massimiane
- Nel lato settentrionale di via Carrobbio, parzialmente inglobata negli edifici, c'è una porzione di una delle due torri di Porta Ticinese, chiamata "Torraccia" o "Torre dei Malsani", risalente alle prime mura del I secolo. La torre è alta 6 metri, ha una base ottagona ed è visibile nel cortile di uno dei palazzi dell'area.
- Nei seminterrati di alcuni edifici in via San Vito corre un lungo tratto di mura repubblicane di cui è ben visibile la tecnica di costruzione (mattone su base in pietra). Su uno dei tratti di questa cinta muraria, lungo la moderna via San Vito al numero civico 18, è stato trovato un graffito in lingua leponzia, ovvero in una lingua celtica estinta parlata nelle regioni della Gallia Cisalpina dal popolo dei Leponzi, che erano originariamente stanziati nelle Alpi centro-occidentali, a testimoniare che la cultura celtica fosse ancora sentita dalla popolazione. Su questa iscrizione si può anche leggere il nome di Mediolanum nel celtico leponzio dell'epoca: Mesiolano. La lingua celtica continuò quindi a essere parlata a Mediolanum per almeno due secoli dopo la conquista romana.
- Nel giardino di un edificio tra via Medici 3 e via Torchio 4, si trova una torre. Un piccolo tratto di mura massimiane è situato in via Medici 11.
- Nel piano interrato del Grand Hotel et de Milan è stato rinvenuto e restaurato un tratto di fondazione della cerchia muraria di età massiminianea (1991).
- Via Monte Napoleone 5 dove si trovano alcuni segmenti delle mura massimianee per una lunghezza di circa 5 metri nei piani interrati. In occasione della scoperta nel 1958 si intercettarono anche le strutture dell'ormai scomparsa chiesa altomedievale di San Donnino alla Mazza, costruita in appoggio alle mura tardoromane, utilizzando una cospicqua quantità di blocchi lapidei di reimpiego.
- mura difensive Via San Vito, 26, 28 Complesso del circuito della cinta fortificata dai romani a più riprese, da quella più antica, a quella augustea, a quella massimianea con l'addizione del circo, ancora visibile nell'area intorno a Corso Magenta. Di quest'ultim
a oltre alla cortina fortificata all'interno del Museo archeologico si può osservare, in buono stato di conservazione, il tratto di circa 32 m di paramento conservato in un seminterrato dell'edificio ricavato in origine ad uso discoteca al n.26 di Via S. Vito. Non solo fa parte del più lungo tratto conservato, ma è anche il più alto con i suoi 2,70 m di altezza con struttura di filari di pietra, seguita da quella in mattoni e con uno spessore medio di 1,60 m. Le mura si innalzavano su un dislivello del terreno che degradava repentinamente verso la campagna, invasa dal pantano fra Seveso e Vetra.
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