Come immissario la Cerchia dei Navigli aveva il laghetto di San Marco, che era originato dal Naviglio di San Marco (ovvero dall'ultimo tratto del Naviglio della Martesana, che cambiava nome in Naviglio di San Marco dopo la Conca dell'Incoronata), mentre come emissari aveva il Naviglio Vallone, che poi confluiva nella Darsena di Porta Ticinese, e un canale scolmatore che scaricava l'eventuale portata in eccesso della Cerchia dei Navigli nella Vettabbia. Con l'interramento della Cerchia dei Navigli, il Naviglio della Martesana è stato interamente deviato verso il Cavo Redefossi: in precedenza quest'ultimo ne rappresentava semplicemente un canale scolmatore, visto che la gran parte della portata del Naviglio della Martesana fluiva all'interno della Cerchia dei Navigli. La parte del Naviglio della Martesana/Naviglio di San Marco dopo il Cavo Redefossi, così come il Naviglio Vallone e il laghetto di San Marco, furono interrati contestualmente agli analoghi lavori di chiusura della Cerchia dei Navigli.
Con il termine "Cerchia dei Navigli" oggi ci si riferisce a un anello di strade che circonda il centro di Milano il cui percorso coincide in larga parte con quello del Naviglio Interno. È in corso un progetto che ha l'obiettivo di ripristinare l'antico canale navigabile (quindi solamente solo la parte sud-est dello storico canale milanese) lungo la Cerchia dei Navigli stradale.
Le origini delle mura medievali di Milano risalgono al 1156, quando la città lombarda era in guerra con Federico Barbarossa. Fu Guglielmo da Guintellino, ingegnere militare genovese al servizio dei milanesi, a progettare le opere e a sovrintendere alla loro realizzazione.
Guglielmo da Guintellino realizzò anche il loro fossato ampliando forse l'antico refossum romano, ovvero il secondo fossato delle mura romane di Milano, che correva più esterno al primo lambendo i quattro castelli che difendevano la Milano romana. Il fossato romano più interno costeggiava invece le mura.
La cinta muraria di Milano, quella repubblicana a sud e a ovest e l'estensione massimiana (286-305) a nord e a oriente (anche se in molti punti la città, con la crescita del centro urbano, le aveva sopravanzate), erano interamente in muratura. Alcuni importanti monumenti, soprattutto chiese e conventi, sorgevano all'esterno di esse (la basilica di Sant'Ambrogio, la basilica di San Lorenzo Maggiore, la basilica di Sant'Eufemia, la basilica di San Babila e la chiesa di San Bernardino alle Ossa, per citarne alcune), e intorno a queste si erano sviluppati insediamenti e attività.
La nuova cerchia di mura medievali fu realizzata, più ampia, nel 1156. Essa proteggeva interamente la città e captava nel suo fossato le acque del Seveso e del Nirone. Queste acque furono incanalate nel nuovo fossato a servizio delle mura, che erano larghe ventiquattro braccia; la terra di riporto ottenuta dallo scavo del fossato fu poi utilizzata per costruire imponenti bastioni (chiamati anche "terraggi") la cui localizzazione coincide con le moderne vie della Cerchia dei Navigli stradale.
Questo sistema di difesa era strategicamente ben piazzato, ma non particolarmente efficace, dato che era costruito in terra rinforzata da palizzate ed era difeso da torri di legno. Ma questi erano i materiali di cui disponeva Milano, lontana dalle cave di pietra e priva di rilievi su cui arroccare le difese.
Federico Barbarossa, durante l'assedio di Milano del 1162, se ne impadronì e rase al suolo la città disperdendo i milanesi nei borghi limitrofi e distruggendo le mura romane, le uniche in muratura. Nel 1171, come conseguenza della distruzione del 1162, si iniziarono i lavori per la costruzione di un più efficace sistema difensivo, questa volta in muratura, dotato di un fossato allagato anche dalle acque dell'Olona, che fino ad allora era indirettamente tributario del fossato delle mura romane e che in questa occasione subì la seconda deviazione della sua storia.
La città aveva infatti da tempo un sistema idrico complesso: riceveva acque dal Seveso, dall'Acqualunga, dal Molia, dal Nirone, del Pudiga e dall'Olona; parte la penetravano, parte la circondavano o ne uscivano (il Nirone e la Vettabbia).
Bonvesin de la Riva descrive così le mura medievali di Milano nella sua opera De Magnalibus Mediolani, che scrisse nel 1288:
«Un fossato di sorprendente bellezza e larghezza circonda questa città da ogni parte e contiene non una palude o uno stagno putrido, ma l'acqua viva delle fonti, popolata di pesci e di gamberi. Esso corre tra un terrapieno all'interno e un mirabile muro all'esterno.» |
(Bonvesin de la Riva, De Magnalibus Mediolani, 1288 - Pontiggia ed. Bompiani 1974.) |
La fossa medievale, superata poi militarmente, fu protagonista del benessere della città, dai commerci, all'agricoltura, ecc. perché centro regolatore del sistema irriguo e delle molteplici attività che lo scorrere dell'acqua rendeva possibili: mulini, folle, torchi, magli, torcitoi. Alcune di queste attività sopravvissero anche dopo la trasformazione dell'antico fossato difensivo in un canale navigabile, che avvenne a partire dalla fine del XIV secolo. L'opera di ampliamento necessitò di diversi decenni: si concluse infatti alla fine del XV secolo.
Fu Gian Galeazzo Visconti a iniziare imponenti lavori nel 1387 (opere portate poi avanti da Filippo Maria Visconti) rendendo l'antico fossato navigabile fino al laghetto di Santo Stefano con l'obiettivo di far giungere via acqua i marmi e i materiali indispensabili alla Fabbrica del Duomo per costruire la cattedrale milanese. Infatti, fino ad allora, le uniche imbarcazioni che navigavano i canali milanesi erano piccole chiatte. Con la decisione di farvi passare anche i barconi che trasportavano i blocchi di marmo del Duomo, nacque un problema: il pescaggio di queste imbarcazioni, che era molto più elevato rispetto a quello delle piccole chiatte che fino ad allora avevano navigato i navigli milanesi. Per tale motivo, fu necessario l'ampliamento e il dragaggio dell'antico fossato medievale
Le prime opere realizzate furono l'ampliamento e il dragaggio del fossato medievale dalla moderna via Molino delle Armi alla Ca' Granda, dove fu realizzato, nel 1388, il laghetto di Santo Stefano, ovvero il punto di attracco per i materiali destinati alla costruzione del Duomo, che si trovava a 500 metri dal cantiere finalizzato all'edificazione della cattedrale milanese. Dopo questi lavori l'anello d'acqua che giunse a circondare la città medievale fu chiamato Cerchia dei Navigli.
Questi lavori portarono alla possibilità di navigare dal Lago Maggiore, dove si trovavano le cave del marmo di Candoglia, materiale con cui fu rivestito il Duomo, a Milano. Nello specifico, le imbarcazioni, dal Lago Maggiore, imboccavano il fiume Ticino, poi il Naviglio Grande e infine il laghetto di Sant'Eustorgio, da cui venivano trasportate, con molta difficoltà, via terra fino alla Cerchia dei Navigli dove venivano nuovamente caricate sui barconi proseguendo il loro percorso via acqua fino ad attraccare al laghetto di Santo Stefano.
Per quanto riguarda la navigazione dei Navigli milanesi fu decisiva la costruzione, tra il 1438 e il 1439, del Naviglio Vallone, che collegava il laghetto di Sant'Eustorgio con la Cerchia dei Navigli, e della Conca di Viarenna, che fu la prima conca di navigazione realizzata in Europa. Con essi fu possibile eliminare il già citato trasporto via terra dei marmi dal laghetto di Sant'Eustorgio alla Cerchia dei Navigli. La costruzione della Conca di Viarenna fu necessaria per superare il dislivello tra la Cerchia dei Navigli e laghetto di Sant'Eustorgio, che era circa di due metri. Le imbarcazioni destinate al cantiere del Duomo, a differenza di tutte le altre che percorrevano i Navigli milanesi, riportavano la scritta Auf (lat. Ad usum fabricae, ovvero "ad uso della fabbrica", cioè destinato alla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano). A una delle estremità della Conca di Viarenna è stata ricollocata un'edicola, originariamente situata su uno dei suoi lati, che riporta il decreto ducale del 1497 inciso su una lapide di marmo di Candoglia che esentava dal pedaggio e dal dazio, con la formula Auf, i barconi destinati al trasporto dei materiali per la costruzione del Duomo.
Leggenda vuole che lungo la Cerchia dei Navigli nord-ovest si inoltrasse la Magna, ovvero la reggia galleggiante di Filippo Maria Visconti, l'ultimo duca di questa dinastia, figlio cadetto di Gian Galeazzo Il duca si spostava tra i castelli di Milano, Abbiategrasso, Cusago e Pavia solo per via d'acqua, sia per affari di Stato che per raggiungere le sue amanti (numerose malgrado la salute malferma e un corpo che lo sosteneva a malapena). Dapprima su percorsi incerti per rogge e canali che discendevano fino al Naviglio Grande poi, dal 1445, attraverso la Conca di Sant'Ambrogio, appositamente costruita nell'attuale via Carducci (ramo Vercellino del Castello Sforzesco), e la Conca di Viarenna.
Fu infine Ludovico il Moro nel 1496 a completare verso nord, oltre il laghetto di Santo Stefano, l'ampliamento e il dragaggio della Cerchia dei Navigli, così da renderlo navigabile anche ai barconi che trasportavano merci pesanti; questa parte di Cerchia dei Navigli si sviluppava fino al laghetto di San Marco, che era collegato al Naviglio di San Marco, ovvero alla prosecuzione del Naviglio della Martesana a valle della Conca delle Gabelle, dopo la quale cambiava nome. il laghetto di San Marco, il Naviglio di San Marco, il Naviglio della Martesana e la Conca delle Gabelle furono realizzati in precedenza, nel 1469: con questi lavori venne completata la Cerchia dei Navigli navigabile (per tale opera furono fondamentali le innovazioni introdotte da Leonardo da Vinci). Da questo momento in poi fu possibile navigare senza interruzioni nel percorso dal Lago Maggiore al Lago di Como via Milano grazie al Naviglio della Martesana, canale che ha origine dal fiume Adda, corso d'acqua che è emissario proprio del Lago di Como
Esistevano poi due bracci secondari della Cerchia dei Navigli, mai resi navigabili, che erano collegati al fossato del Castello Sforzesco completando a nord-ovest l'anello d'acqua intorno alla città: uno scendeva dal vertice settentrionale della fortificazione da via Pontaccio, dopo la quale si ricongiungeva al fossato navigabile, mentre l'altro, il cosiddetto "ramo Vercellino" (che prende il nome da Porta Vercellina, porta cittadina di Milano che si trovava lungo il suo percorso), usciva dal suo vertice meridionale lungo via Carducci, al termine della quale si ricongiungeva alla fossa navigabile.
La parte di Cerchia dei Navigli che iniziava dalla moderna via Carducci, il cosiddetto ramo Vercellino, era anche chiamato Naviglio di San Gerolamo, mentre l'altro ramo, quello che cominciava in via Pontaccio, dopo l'interramento del fossato del Castello, che avvenne nel XVII secolo perché il suo allagamento aveva perso importanza militare, prese il nome di Naviglio Morto, visto che giunto alla fortificazione non aveva sbocchi (analogamente anche il Naviglio di San Gerolamo era "chiuso" dal successivo interramento del fossato del Castello)
L'arco della Cerchia dei Navigli mancante a completare l'intero anello navigabile (ovvero la già citata parte nord-ovest, quella in corrispondenza del Castello Sforzesco) ebbe una storia diversa legata in qualche modo alle vicende della fortificazione, al suo fossato e alle molte trasformazioni che essa subì nei secoli. Da nord l'acqua scendeva per via Pontaccio e si incanalava con quella proveniente da rogge, fontanili e fonti che sgorgavano nell'area attorno all'attuale Arena Civica e che cingevano il castello arricchendosi con altre fonti provenienti da nord-ovest (dall'attuale quartiere del Musocco): uscivano dal castello dal vertice meridionale e, attraverso la spianata dell'attuale piazzale Cadorna, si incanalavano per via Carducci dove confluivano nel Naviglio di San Gerolamo.
Lunga 6,5 km e larga 9 m nella sua parte navigabile, la Cerchia dei Navigli possedeva nel complesso, lungo le sue sponde, 30 bocche di derivazione che alimentavano rogge irrigue e molinatorie. Lungo il suo percorso erano infatti presenti orti e mulini. Legata a quest'ultima caratteristica, è indicativo il nome di una via della Cerchia dei Navigli: via Molino delle Armi.
Come immissario la Cerchia dei Navigli aveva quindi il laghetto di San Marco, che era originato dal Naviglio di San Marco (ovvero dall'ultimo tratto del Naviglio della Martesana, che cambiava nome in Naviglio di San Marco dopo la Conca dell'Incoronata), mentre come emissari aveva il Naviglio Vallone, che poi confluiva nella Darsena di Porta Ticinese, e un canale scolmatore che scaricava l'eventuale portata in eccesso della Cerchia dei Navigli nella Vettabbia.
Le mura medievali sono state sostituite dai bastioni spagnoli di Milano, che sono stati costruiti dal 1548 al 1562, mentre la Cerchia dei Navigli è stata completamente interrata tra il 1929 e il 1930.
Attualmente il Naviglio della Martesana raggiunge i bastioni di Porta Nuova dove cambia bruscamente direzione verso sud-est mutando nome in Cavo Redefossi. Prima dell'interramento della Cerchia dei Navigli il Cavo Redefossi rappresentava solamente un canale scolmatore del Naviglio della Martesana, che scaricava infatti gran parte della sua portata nella Cerchia dei Navigli.
Nel passato il Naviglio della Martesana proseguiva il suo percorso cittadino, ora interrato all'incontro con Via Melchiorre Gioia, verso sud-ovest superando Porta Nuova, sottopassando prima le mura spagnole, poi il ponte delle Gabelle e infine incontrando la Conca dell'Incoronata, dopo la quale cambiava nome in Naviglio di San Marco. Poco dopo, quest'ultimo, dava origine al laghetto di San Marco, che si immetteva nella Cerchia dei Navigli attraverso la Conca di San Marco.
Il Naviglio e il laghetto di San Marco, il Naviglio Vallone e il tratto del Naviglio della Martesana da Porta Nuova alla Conca dell'Incoronata sono stati completamente interrati contestualmente agli analoghi lavori di chiusura della Cerchia dei Navigli, ovvero tra il 1929 e il 1930.
Invece, il Naviglio Morto e il Naviglio di San Gerolamo, ovvero i due rami della Cerchia dei Navigli che dipartivano dal Castello Sforzesco, furono interrati in precedenza, tra il 1894 e il 1895, visti i problemi igienici causati dall'acqua stagnante (entrambi, come già accennato, non avevano sbocchi, dato che il fossato del castello, loro originaria destinazione, venne interrato nel XVII secolo). Il laghetto di Santo Stefano fu interrato per motivi igienici, data l'acqua stagnante, nel 1857
Il primo documento ufficiale a parlare dell'interramento della Cerchia dei Navigli è stato il Piano Beruto, primo piano regolatore generale di Milano, che è stato approvato nel 1884: ci vollero quasi cinque decenni perché si avviassero i lavori che però, una volta iniziati, marciarono speditamente. La città ne giovò in ammodernamento, ma cambiò completamente fisionomia e perse il suo volto di "città d'acqua".
Da Luca Beltrami a Riccardo Bacchelli a Empio Malara, molti commentatori sostennero che il cambiamento e l'adeguamento alle esigenze di mobilità e di sviluppo si sarebbero potute ottenere senza perdere una delle caratteristiche peculiari della città. Di diverso avviso erano Alessandro Manzoni e Filippo Turati, che definirono la Cerchia dei Navigli, rispettivamente, «onda impura» e «gorgo viscido chiazzato e putrido» (Manzoni però non visse la discussione sul loro interramento, visto che morì nel 1873). Stendhal, che soggiornò a Milano per sette anni a inizio XIX secolo, definì la Cerchia dei Navigli, con accezione positiva, «canali-boulevard», richiamando in questo modo i celebri viali parigini.
Il 3 marzo 1928 venne chiesto al Ministero dei lavori pubblici, con esito positivo, il permesso per interrare la Cerchia dei Navigli e i canali connessi, ovvero il tratto del Naviglio della Martesana da Porta Nuova alla Conca dell'Incoronata, il Naviglio di San Marco, il Naviglio Vallone e il laghetto di San Marco. La decisione era motivata da nuove necessità viabilistiche e motivi igienici causati dagli scarichi abusivi degli immobili costeggianti i canali, che finivano nella Cerchia dei Navigli anziché nella rete fognaria.
La copertura di questi Navigli avvenne tra il 1929 e il 1930: con la loro scomparsa si creò un anello di strade che ne prese il posto e il nome: la "Cerchia dei Navigli" stradale. Con la scomparsa della Cerchia dei Navigli acquea, sparirono anche gli ultimi mulini ad acqua che sorgevano lungo le sue sponde.
La spesa da parte del Comune per l'interramento della Cerchia dei Navigli e dei canali connessi fu di oltre 27 milioni di lire del tempo. Marcello Visconti di Modrone, podestà di Milano, risparmiò sulle spese di miglioria, riducendole del 18%
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