Ancora oggi piace chiamarla “il salotto di Milano”, perché un tempo lo era davvero, come fulcro della vita borghese meneghina tra boutique eleganti, ristoranti e caffé. E ancora oggi è una tappa da non perdere per chi arriva in città e un luogo del cuore per chi in città ci vive: parliamo della Galleria Vittorio Emanuele II di Milano, splendido complesso ottocentesco che domina piazza Duomo e idealmente la incornicia, dal lato sinistro osservando la Cattedrale, dirimpetto al Palazzo dell’Arengario e a al Museo del ‘900 al di là della grande piazza.
A dare il benvenuto a chi vuole visitare la Galleria Vittorio Emanuele di Milano è il grande arco che invita a entrare. Dentro, locali storici, boutique, ristoranti, ma anche decorazioni e piccoli e grandi tesori, che portano dritto all’altra piazza simbolo del centro meneghino: piazza della Scala.
La Galleria, i cui lavori erano iniziati il 7 marzo 1865, fu inaugurata il 15 settembre 1867 alla presenza del Re. L’architetto Giuseppe Mengoni, che aveva diretto i cantieri, morì dieci anni dopo, il 30 settembre 1877, precipitando da un ponteggio mentre tentava di ultimare l’arco verso piazza del Duomo: uno dei casi più famosi di morte sul lavoro.
non era la prima volta che Milano si arricchiva di un passaggio coperto: la Galleria De Cristoforis, che collegava corso Vittorio Emanuele con via Monte Napoleone, costituì per alcuni decenni un luogo importante di socialità cittadina. Non presentava tuttavia una veste grandiosa.
La nuova Galleria fu qualcosa di diverso. Finanziata dal consiglio comunale, che ne affidò i lavori alla società inglese City of Milan Improvements Company, essa rappresentò nelle sue dimensioni imponenti, nei temi delle decorazioni, l’emblema dell’Italia risorta, gemma preziosa dello Stato nazionale monarchico. Giuseppe Verdi in una lettera scritta a un amico francese nel 1868, non nascondeva la sua ammirazione per questo ardito passaggio vetrato che collegava piazza del Duomo con piazza della Scala.
Alla sua apertura la Galleria ospitava novantasei negozi, un numero certamente rilevante se consideriamo che la Galleria De Cristoforis ne aveva allora una settantina. I caffè rivestivano un ruolo significativo nella vita sociale dei milanesi in Galleria. Chi fosse entrato a fine Ottocento da piazza del Duomo, avrebbe trovato sulla destra il celebre Caffè Campari gestito da Gaspare Campari. Giunto a Milano nel 1863 dopo aver lavorato a Torino e a Novara, Campari fece fortuna con i celebri liquori: il Fernet e il Bitter all’uso d’Olanda come si diceva a quel tempo (oggi conosciuto come Bitter Campari). Nel 1915, anno dell’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra, Campari aprì un altro caffè sul lato opposto che dava sempre verso piazza del Duomo. Oggi questo spazio, tuttora adibito a caffé (nonché ristorante al piano superiore) non è più di Campari ma conserva il prezioso bancone che gli antichi proprietari avevano fatto costruire in stile art nouveau.
Un altro caffè storico era quello aperto da Paolo Biffi nel 1867 al centro dell’Ottagono, nei locali in cui oggi si trovano gli stupendi negozi di Prada. Le vetrine di Biffi, che si era distinto per la produzione di panettoni artigianali, si estendevano lungo il braccio della Galleria verso via Ugo Foscolo.
Sul lato opposto si trovava una sede secondaria del caffè Gnocchi di Galleria De Cristoforis. Poi la proprietà passò alla Birreria Stocker, i cui gestori garantivano ai clienti la calda accoglienza di avvenenti cameriere in abito tirolese. Nel 1885 la proprietà fu acquistata da Virginio Savini, che ne fece la sede del suo celebre caffè frequentato dagli artisti del vicino teatro Manzoni. Dalla metà del secolo scorso il Savini divenne, com’è fin troppo noto, il centro della vita mondana: nelle sale lussuose di questo ristorante si ritrovavano politici, banchieri, intellettuali importanti nella storia nazionale.
Oggi alcuni di questi locali storici vivono ancora, anche se passeggiando in Galleria Vittorio Emanuele i negozi si alternano in una maggiore mescolanza di generi. Ma una regola rimane ferrea e riporta all’eleganza: tutti gli esercizi all’interno della Galleria, infatti, devono avere le insegne scritte in color oro su fondo nero.
fu proprio il re d’Italia a porre la prima pietra, il 7 marzo del 1865, alla presenza dell’allora sindaco Antonio Beretta e fu .fu inaugurata il 15 settembre 1867 alla presenza del Re. L’architetto Giuseppe Mengoni, che aveva diretto i cantieri. Si narra che il primo ad avere l’idea di una via commerciale che collegasse Piazza Duomo a Piazza della Scala fu addirittura Carlo Cattaneo, nel 1839. Ma si dovette attendere il 1860 affinché il Comune potesse lanciare il concorso per la sua realizzazione. Parteciparono in tanti, ben 176 architetti, ma nessun progetto fu il prescelto.
Ci vollero altri due tentativi per cominciare a pensare alla Galleria così come la vediamo noi oggi: vinse Giuseppe Mengoni. Che però non riuscì a godere a lungo della sua creazione: l’architetto precipitò dalla Cupola nel 1877 pochi giorni prima dell’inaugurazione. Incidente o suicidio? Il mistero rimane ancora irrisolto.
Quella non fu l’unica tragedia a piombare sulla Galleria Vittorio Emanuele di Milano, che divenne suo malgrado protagonista anche durante la Seconda Guerra Mondiale: i bombardamenti dell’agosto 1943 la colpirono duramente, distruggendo la copertura in vetro e una parte di quella metallica, non risparmiando neanche le decorazioni al suo interno. Sembra difficile immaginare un simile scempio oggi, quando con gli occhi all’insù si rimane a bocca aperta ammirando gli stucchi, le figure, le decorazioni luccicare al sole.
la grande cupola centrale in mezzo all’Ottagono.
Si chiama così lo spazio che si trova all’intersezione tra il braccio principale, che collega piazza Duomo a piazza della Scala, lungo 196,6 metri, e il braccio più corto, di 105,1 metri. La sua forma è stata ottenuta dal taglio dei quattro angoli all’incrocio delle gallerie e in cima alle pareti si possono ammirare le quattro lunette dipinte che raffigurano altrettanti Continenti in maniera allegorica: l’Europa, l’America, l’Asia e l’Africa. La cupola centrale al suo apice è alta 47 metri: per realizzarla, insieme alla tettoia di copertura, furono impiegate ben 353 tonnellate di ferro e 7 milioni e 850mila metri quadrati di lastre di vetro rigato. Ispirò anche la Torre Eiffel di Parigi, inaugurata nel 1889, anno dell’Expo francese.

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