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domenica 20 febbraio 2022

CINEMA REGINA

Al civico 22b di via Torino (oggi inesistente), all’angolo con via delle Asolenel 1924 inizia l’attività il cinema Regina: la sala si installa tra le mura dell’antichissima chiesa di Santa Maria Beltrade, sconsacrata proprio in quell’anno. L’edificio si trovava sostanzialmente al centro di quella che oggi è piazza Santa Maria Beltrade (vedi foto e mappa), allineato con gli altri caseggiati del lato destro. Guardando l’odierna piazza, il cinema Regina si collocava a sinistra dell’edicola, nonché di fronte a quello che un tempo era il cinema Modernissimo (poi Ritz, oggi un istituto bancario). 
Si tratta di una sala di prima visione che viene inaugurato con la proiezione del film La donna di Parigi (Chaplin, 1923 con Adophe Menjou).
Si tratta di una sala di prima visione, arredata con eleganza: all’ingresso una maschera in guanti bianchi strappa i biglietti e per l’accesso in sala si passa tra morbide tende di velluto color granato; poi, una lunga passatoia attutisce il rumore dei passi nei corridoi laterali.
La gestione della sala è a cura dell’Italo American Consortium che segue anche il cinema Diana.
In cartellone ci sono le ultime novità cinematografiche, tra le quali non mancano mai i nuovi film di Rodolfo Valentino, programmati in contemporanea con il cinema Diana.
Alle prime interviene spesso il signor Giannella, titolare della rubrica "Salotti, circoli e ritrovi milanesi" sulla rivista "L'Ambrosiano".

giovedì 3 febbraio 2022

TEATRO RE

La struttura venne realizzata dall'architetto Luigi Canonica per l'impresario Carlo Re nei locali della vecchia chiesa di San Salvatore in Xenodochio, collocata nella soppressa Contrada dei Due Muri nei pressi dell'odierna via Silvio Pellico. L'inaugurazione avvenne il 18 dicembre 1813 con la rappresentazione del Tancredi di Gioacchino Rossini.
Nel 1814 avviene la prima assoluta di Evellina di Coccia con Ester Mombelli, nel 1817 di Il matrimonio per procura di Giovanni Pacini, di Dalla beffa il disinganno ossia La poetessa di Pacini, di Il carnevale di Milano di Pacini, di Piglia il mondo come viene di Pacini e di Adelaide e Comingio di Pacini, nel 1820 di La festa di Bussone di Michele Carafa, nel 1841 di I due sergenti di Alberto Mazuccato, nel 1843 di Luigi V re di Francia di Mazzucato con Marietta Gazzaniga, nel 1844 di Il borgomastro di Schiedam di Lauro Rossi, nel 1848 di Il testamento di Figaro di Antonio Cagnoni e nel 1853 di Claudia di Emanuele Muzio.
Nel 1867 avviene la prima italiana di La Belle Helene.
Divenuto il teatro di prosa più famoso della città, il teatro Re venne demolito nel 1872 e l'attività artistica si spostò nel nuovo Teatro della commedia, intitolato successivamente ad Alessandro Manzoni, posto in piazza San Fedele.

TEATRO MILANESE

Nell’autunno del 1864 viene deciso di trasferire la capitale del regno d’Italia da Torino a Firenze. E’ difficile oggi rendersi conto del trauma che questa decisione provocò a Torino e a Milano, antiche capitali che si videro relegate in secondo piano e che subito si prefigurarono una loro inevitabile decadenza. A Torino ci fu una sollevazione popolare, Milano inventò per consolarsi il termine tuttora in auge di “Capitale morale”. Il trasferimento a Firenze significò anche una massiccia operazione culturale, perfettamente riuscita, che mise la Toscana al centro della storia politica, artistica e letteraria d’Italia. Anche il Manzoni fu indotto dalla “cricca fiorentina” a scrivere il suo Dell’unità della lingua e dei mezzi di diffonderla (1868) a sostegno di questa operazione.
In questo clima polemico esplose a Milano nel 1867 una polemica contro alcuni intellettuali che invitavano a bandire il dialetto milanese dal teatro e dalla vita. I più accesi sostenitori del dialetto come fulcro dell’identità storica dei lombardi furono Camillo Cima e Carlo Righetti, in arte Cletto Arrighi.
Camillo Cima, nato a Milano nel 1827, dirigeva dal 1863 “L’Illustrazione italiana” dei Fratelli Treves, un settimanale di grande successo e sarà in seguito il più attivo collaboratore del giornale satirico “L’Uomo di pietra”. L’Arrighi, nato nel 1830, aveva acquistato nel 1863 una certa notorietà con il romanzo La Scapigliatura e il 6 febbraio sulla fallita rivoluzione mazziniana del 1853.
Entrambi questi scrittori, intervenendo efficacemente nella polemica sul dialetto, propugnano la nascita di una nuova letteratura teatrale in milanese capace di rilanciare questo tipo di spettacolo che languiva ormai da decenni con gli ultimi Meneghini, stanche ripetizioni del celebre personaggio inventato alla fine del Seicento da Carlo Maria Maggi. Rispondono alle accuse di scarso patriottismo ricordando che anche Cavour sosteneva il nuovo teatro dialettale piemontese, che stava riscuotendo molto successo con Monsù Travet del Bersezio.
Non ci volle molto per passare dalle parole ai fatti: nel 1869 Camillo Cima riunisce alcuni attori dilettanti nell’Accademia del Teatro Milanese, una compagnia dialettale che debutta il 16 maggio al nuovo Teatro Gerolamo con una commedia del Cima, El zio scior, proseguendo la sua attività al Fossati e al Carcano con altri testi dialettali del Cima e del Tronconi.
L’Arrighi non è del tutto d’accordo con l’operazione del Cima e pensa ad un repertorio teatrale che non utilizzi solo testi originali, ma possa allargarsi anche a rifacimenti di opere in lingua, italiane e straniere. Così alla fine del 1869 inizia ad organizzare un proprio teatro dialettale con tanto di testi, attori e teatro propri: è l’inizio del Teatro Milanese. 
Dietro la casa d’abitazione che si trovava in corso Vittorio Emanuele 15, in un’area dov’è oggi il cinema Apollo, in un vecchio padiglione dove si vendevano mobili, un certo signor Cattaneo allestisce un caffè-concerto con palco per l’orchestra che diventa subito il ritrovo di signorine poco raccomandabili. Nel 1869, visto il successo della prima compagnia milanese, viene attrezzato a teatro con un palcoscenico e un sipario, disegnato da Eugenio Perego e Giuseppe Tencalla, nel quale si vedeva Meneghino che apriva il sipario e diceva alla giovane commedia dialettale: “Adess mia tosa tocca a tì”. Sullo sfondo la Piazza del Duomo. Per entrare nel teatro si doveva attraversare l’androne della casa. L’Arrighi, per realizzare il suo programma affitta per dieci anni nel 1870 questo teatrino che veniva chiamato Padiglione Cattaneo e lo battezza Teatro Milanese. Vengono creati dei palchi-barcacce e una lobbia. Sul boccascena si scrivono le parole del Maggi: “In del voster lenguagg i bei penser” e ai lati del palcoscenico si dipingono due figure femminili rappresentanti la Musica e la Danza. La cospicua cifra di 35.000 lire (circa 700 milioni di oggi) necessaria per l’operazione proveniva in parte dalle tasche dell’Arrighi che aveva ricevuto una grossa eredità da uno zio, da una sottoscrizione pubblica patrocinata dal sindaco Belinzaghi e da prestiti.
La prima compagnia del Teatro Milanese.
Mentre i lavori procedevano, l’Arrighi raduna una compagnia di attori non professionisti tra i quali spiccavano Edoardo Ferravilla, Gaetanio Sbodio, Edoardo Giraud e Giuseppina Giovanelli. La pubblicità era assicurata da “Cronaca grigia” un inserto del giornale “Il Secolo” curato dall’Arrighi, che si arricchisce con la rubrica Tra un atto e l’altro che riporta i programmi del Teatro Milanese.
L’avventura comincia il 19 novembre 1870 con la prima rappresentazione di El barchett de Boffalora, un adattamento in milanese della commedia Cagnotte di Labiche. L’insuccesso iniziale della commedia non scoraggia affatto l’Arrighi che anzi fa scrivere sulle locandine “Replica a grande richiesta” e continua a rappresentarla apportando continue modifiche. E il successo infatti arriva, superando ogni previsione. La commedia, ben nota ancora oggi a molti milanesi, supererà le mille repliche, merito soprattutto di un’idea dell’attore Milanesi, che suggerì di accentuare i lati grotteschi della recitazione. Il Teatro Milanese diventa subito un posto frequentato con piacere da tutti i milanesi. Anche la principessa Margherita, la futura regina, si fa vedere spesso a teatro accompagnata dal sindaco Belinzaghi. Gli attori, superati i primi imbarazzi, acquistano sempre più sicurezza e i loro nomi cominciano a circolare per la città. Nell’ottobre 1872, quando va in scena la commedia Nodar e perucchee dell’Arrighi, il pubblico va in visibiglio per il personaggio del sur Pedrin di Ferravilla, la prima di una serie di macchiette comiche che faranno la fortuna dell’attore per tutta la sua lunga carriera.
La rivolta del 1898 e la repressione del generale Bava Beccaris tolgono ai milanesi per un bel po’ la voglia di ridere. Non c’è stato un grande ricambio di attori e gli storici protagonisti del Teatro milanese stanno avvicinandosi ai sessant’anni e cominciano a mancare. Nel 1899, dopo una lunga malattia, muore a Genova la Ivon. Gaetano Sbodio, colpito dalla cecità, deve lasciare le scene e trascinerà ancora per molti anni un’esistenza misera e infelice. Lo si vedrà periodicamente in via Olmetto 6 accompagnato da un nipote per riscuotere il sussidio della Congregazione di Carità. Cletto Arrighi muore nel 1904, seguito poco dopo da Camillo Cima (1908) e da Edoardo Giraud (1912).
Anche Ferravilla in questi ultimi anni ha rallentato la sua attività, che continua tuttavia a riscuotere il favore del pubblico. Vive serenamente con la famiglia nella sua casa di via Cesare Correnti e riesce negli ultimi anni a lasciarci anche una traccia della sua arte accettando l’offerta della Musical Film di Luca Comerio di filmare alcune delle sue più celebri interpretazioni: La class di asen, El duell del sciur Panera e Massinelli in vacanza, tutti del 1914. Muore il 26 ottobre 1916 ed è sepolto al Monumentale nella sua “villetta”, come era solito dire mentre andava a sorvegliare i lavori della cappella che si era premurato per tempo di farsi costruire.
Nel 1902 si decide di demolire lo stabile di corso Vittorio Emanuele 15 per costruirvi il nuovo e lussuoso Albergo Corso. Anche il Teatro Milanese dov’essere smantellato e sostituito da un nuovo locale. Per l’occasione i superstiti della vecchia compagnia teatrale si ritrovano per un’ultima recita d’addio. Pochi anni prima, nel vecchio Teatro Milanese era già accaduto un evento inquietante: Locandina dello spettacolo cinematografico per alcune serate, dopo gli opportuni adattamenti, in quella sala era stata presentata per la prima volta al pubblico la nuova invenzione dei fratelli Lumière, una curiosità che sembrò allora molto effimera tanto da essere subito dopo relegata in un baraccone da fiera a Porta Genova.
Nel nuovo progetto di Angelo Cattaneo e Giacomo Santamaria per l’Albergo Corso era comunque previsto di mantenere la vocazione teatrale di quel posto e quindi, dov’era il Teatro Milanese, venne creato un grande salone che serviva da sala da pranzo e da locale per spettacoli: il Trianon. Chiamato la “bomboniera” per il colore rosa dei suoi arredi, il Trianon, gestito per molti anni dal deputato Achille Mauro, fu sede ininterrotta di spettacoli d’arte varia. Marinetti e Mussolini furono assidui frequentatori di quel ritrovo che fu per qualche anni la fucina del movimento futurista. Nel 1935, ultimo sprazzo di gloria, il Trianon tenne a battesimo “La Madonina” di Giovanni D’Anzi durante un festival della canzone napoletana organizzato in quel teatro.
Il Trianon La facciata dell'Albergo Corso in piazza Liberty Sotto il Trianon, venne creato un altro grande locale, il Tabarin, che poi diventò il Pavillon dorè, con i telefoni bianchi sopra ogni tavolo, meta preferita dai giovanotti bene della Milano tra le due guerre. Nel 1938, le leggi per la difesa della lingua costrinsero il Trianon a chiamarsi Mediolanum, ma ormai era diventato anche lui un cinematografo, come molti altri vecchi teatri milanesi. Danneggiato dai bombardamenti, l’albergo e il teatro vennero completamente demoliti dopo la guerra e sostituiti nel 1954 dal palazzo della Fondiaria Assicurazioni e dalla nuova Galleria De Cristoforis. Dov’era il Teatro Milanese e il Trianon c’è oggi il cinema Apollo. La facciata liberty dell’albergo è stata ricomposta nella vicina piazza Liberty, completamente deturpata dall’apertura di 14 nuove finestre dove c’erano originariamente dei pieni e modificata anche nell’altezza.

venerdì 28 gennaio 2022

CINEMA ESPERIA - CINEMA CIELO

 Il cinema Esperia, situato in viale Premuda 46 (all’angolo con via Macedonio Melloni), viene inaugurato nel 1927. Il locale milanese, dotato di platea e galleria (2.000 posti), si colloca tra le sale di seconda visione e ospita quotidianamente spettacoli di rivista abbinati alle proiezioni cinematografiche. La proprietà è del sig. Cisotti.


CINETEATRO MODERNA

Intorno al 1905 è già attivo il cineteatro Gustavo Modena in via San Gregorio n. 3 (una perpendicolare di corso Buenos Aires, non lontana da Porta Venezia) dove si alternano film e teatro di rivista. Il locale porta il nome del celebre attore e patriota mazziniano che visse tra  il 1803 e il 1861. 
Il locale viene costruito nello stesso luogo in cui fu presente il Lazzaretto, luogo deputato ad ospitare gli appestati, che rimase in attività dal 1509 al 1890.
Nel primo dopoguerra la sala diviene più semplicemente il cinema teatro Modena.
Nei primi due decenni prevale la programmazione teatrale, con quella cinematografica in abbinamento; dopodiché i ruoli si invertono e il film diventa l’attrazione di maggior richiamo, con il teatro in subordine. 
Nelle proiezioni pomeridiane dei giorni feriali, negli anni dieci e nei primi anni venti, la sala è piuttosto mal frequentata: bulli di quartiere, sfaccendati e personaggi legati alla malavita milanese sono spettatori abituali e non sono infrequenti risse durante le proiezioni.
La sala promuove la programmazione attraverso l’affissione di manifesti tipografici nel quartiere; è interessante notare come la gestione del Modena – a differenza di molte altre - investa particolarmente nella promozione tramite affissi, al punto da introdurre formule promozionali incentrate sulla sala stessa e non sul singolo spettacolo. Ad esempio, a inizio novembre 1920 per le strade del quartiere sono affissi manifesti con lo slogan tipo “Attenti! da giovedì 4 novembre: Grandiosi Debutti / Grandi Novità” senza alcuna indicazione del programma.
Negli anni venti e trenta, il Modena spesso propone una proiezione cinematografica abbinata ad uno spettacolo teatrale: non solo varietà, ma anche spettacoli di marionette; il locale spesso ospita la storica compagnia milanese di marionette dei Fratelli Colla, il cui debutto in questa sala avviene l’8 dicembre 1922. La gestione del locale è attenta anche a rassicurare la clientela intorno alla decenza dei suoi spettacoli di rivista; così su umanifesto della primavera 1925, in relazione all’operetta proposta dalla compagnia di Lugi Bianchi si trova scritto in stampatello“arte – bellezza – moralità”. 
A partire dalla fine degli anni trenta, il locale punta maggiormente sui film e spesso vengono proposte due pellicole al prezzo di uno.
La programmazione cinematografica in questi anni propone frequentemente melodrammi interpretati da grandi attrici del muto, quali Leda Gys, alias Giselda Lombardi, Pina Menichelli e Greta Garbo, pellicole drammatiche interpretate da Amleto Novelli oppure d’azione con Giovanni Raicevich (1).
Il Modena mantiene nel tempo la connotazione di cinema rionale, tant’è che – pur essendo attivo fin dai primi anni del Novecento – la sala inizia ad apparire nelle pagine degli spettacoli dei quotidiani solo a partire dal 1939: in quegli anni l’apertura è alle ore 10 del mattino.
Il Modena si salva dai terribili nbombardamenti dell’estate 1943: nell’ottobre di quell’anno è tra i pochissimi (una ventina) cinema attivi.
Nel dopoguerra, riprende la normale programmazione da terza visione; la sala in questi anni ha una capienza di 800 posti. 
Ancora negli anni cinquanta, il Modena si rivolge soprattutto al pubblico del quartiere, con una presenza praticamente nulla di annunci (tamburini o flani) sui quotidiani. E’ probabile che la gestione del cinema sia di tipo familiare, slegata dai mini-circuiti milanesi costituiti da più sale aventi in comune lo stesso gestore oppure la stessa società che ne cura la programmazione.
Negli anni cinquanta la programmazione è caratterizzata da melodrammi italiani e film d’avventura, a volte anche di serie B, che probabilmente la sala riesce ad avere in tempi più rapidi rispetto ai film di maggiore richiamo, che hanno un periodo di sfruttamento tra prime e seconde visioni molto più lungo.
Nell’aprile 1958 il Modena chiude e l’edificio viene completamente ristrutturato dall’architetto Vico Magistretti. La sala riapre nell’agosto 1959. 
La platea del nuovo Modena presenta una pavimentazione lievemente in salita – in contrapposizione ad altre sale con pavimentazione inclinata, tutte verso il basso.
All'ingresso della sala, sulle porte a vetri sono esposte le locandine del film in programmazione; una volta entrati, sulla destra è presente la cassa. Interessante notare che sulla parete alle spalle della cassa è presente una locandina d’epoca, risalente agli anni trenta recante l'intestazione “Cinema Teatro Modena”.
A partire dagli anni sessanta, nell'atrio è esposto il tabellone retro-illuminato che annuncia la prossima pellicola in programmazione; tenendo alle spalle l'ingresso, di fronte sono presenti quattro gradini, discesi i quali ci si trova di fronte alla porta di legno d'accesso alla platea. Sulla sinistra dell’atrio si trova una scala che porta alla galleria. 
La sala, oltre alle poltrone differenziate, presenta pareti di colore "mattone scuro"; prima dell'inizio del primo spettacolo lo schermo è chiuso da un sipario - il cinema è ancora dotato di piccolo palcoscenico - che si apre 10 minuti prima della proiezione. 
Anche dopo i lavori di ammodernamento del 1958-59 il locale rimane una sala di quartiere e viene classificata tra le terze visioni che saltuariamente recupera titoli di valore.
A fine anni sessanta il Modena propone nei giorni feriali la doppia programmazione: spesso pellicole di second’ordine con la possibilità di vedere due film al prezzo di uno.
Negli anni settanta il cinema, sempre classificato tra le terze visioni, è una delle mete preferite dei ragazzi della zona Venezia-Buenos Aires, perché abbina al prezzo accessibile un’accettabile qualità dell’offerta, in rapporto alla tipologia di spettatori, generalmente commedie all’italiana. 
Al termine dello spettacolo, è abitudine degli stessi ragazzini fare una sosta alla Pasticceria S. Gregorio attigua al cinema.
All’ingresso in sala è presente la maschera, un signore di una sessantina d'anni, abbastanza corpulento e con i capelli bianchi: abitualmente, all’ingresso di gruppi di ragazzini piuttosto vivaci, la maschera intima loro di non fare confusione, pena venire divisi ed essere costretti ad assistere alla proiezione separatamente gli uni dagli altri.
I prezzi sono differenziati sulla base della qualità delle poltrone: 500 lire per la platea - dotata di sedie di legno - e 600 lire per la galleria, con poltrone in similpelle di colore blu. 
La gestione è strettamente collegata al cinema Italia (*) di Piazzale Lodi: il sig.Trapanese è l'intestatario e la signorina Principe cura la programmazione. Nei primi anni ottanta quest'ultima figura al cinema Maestoso (ex Italia) in qualità di direttrice. In entrambe le sale inoltre operano gli stessi proiettori, Prevost neri a carboni. 

CINEMA LITTORIO

Nel 1935 in via Cadamosto n. 4, nella ex sede del Gruppo Rionale Fascista Oberdan, apre il cinema Littorio. La sala, che ospita pellicole in seconda visione e spettacoli di varietà, si trova nelle vicinanze di Porta Venezia, più precisamente nella via che collega piazza Romana e piazzale Lavater. La sala offre spesso due film al prezzo di uno.

Il cinema chiude nel 1943, viene rinnovato e il 19 febbraio 1944 riapre con il nome di cineteatro
 Alhambra (circa 450 posti). Per la serata inaugurale viene scelto il film tedesco La città d’oro (V. Harlan, 1942). 
La sala ospita film di seconda visione e spettacoli di varietà. Già nella seconda metà degli anni quaranta l’attività teatrale viene sospesa e la sala entra a far parte della vasta schiera dei cinema di terza visione.

CINEMA IMPERO

Al civico 10 di via Vitruvio, tra corso Buenos Aires e la Stazione Centrale, nei primi mesi del 1929 viene inaugurato il Gran Cinema Teatro Impero; si tratta di una sala di 1350 posti dotata di platea e galleria, che viene costruita su progetto dell’architetto Mario Cavallè. 
L’Impero al suo esordio è già attrezzato per il sonoro: è la prima sala nella capitale lombarda ad ospitare proiezioni sperimentali con la nuova tecnica (l’avvento ufficiale del sonoro a Milano avviene il 26 aprile 1929 al cinema Corso con Il cantante di jazz).
Negli anni trenta e quaranta il locale alterna proiezioni cinematografiche a spettacoli di varietà. In questo periodo l’Impero è però prevalentemente un teatro: durante la guerra è uno dei principali cineteatri della città, insieme a Cristallo, Supercinema (Alcione) e Smeraldo. 
I bombardamenti dell’aviazione inglese tra i 14 e il 20 agosto 1943 danneggiano il locale che però viene restaurato nei mesi successivi. Il 26 marzo 1944 il cinema è già operativo ed ha in cartellone il film svedese Vicini al peccato (S. Bauman, 1939).
A volte l’attività teatrale viene sostituita dalla rivista; ad esempio il 15 febbraio 1945 viene rappresentato lo spettacolo Cosa succede a Porta Venezia?, nel quale si esibiscono Gorni Kramer, Luciano Taioli e il Quartetto Cetra. 
Negli anni cinquanta la sala si converte all’esclusiva attività cinematografica, mantenendo tuttavia sia il palco, sia la buca orchestrale. 
Da questo momento il cinema Impero non riesce più a recuperare i fasti di un tempo: nonostante le dimensioni e la bella struttura architettonica, esso rimane una sala di proseguimenti prime visioni, senza mai riuscire a fare il salto di qualità verso le prime visioni; conseguentemente anche le pellicole in cartellone finiscono per essere seconde scelte o comunque film proiettati in contemporanea con le sale del centro.

Demolito ed ora vi è un grosso parcheggio

lunedì 24 gennaio 2022

CINEMA ANTEO

Nel 1979 tre giovani ragazzi pervasi da una grande voglia di fare, di costruire e di rendersi autonomi e indipendenti rilevano una sala cinematografica da cinquecento posti in via Milazzo 9. La chiamano Anteo MusiCineTeatro proprio perché non è esclusivamente un cinema, ma uno spazio polivalente, comprensivo di palco e sala video. Fin da subito, Lionello Cerri, Maurizio Ballabio e Raimondo Paci intuiscono lo spirito culturale degli anni e precorrono i tempi.

Il 1981 è il periodo della svolta, dato dalla programmazione di film d’essai in prima visione in lingua originale e sottotitolati in italiano. Questo periodo epocale inizia con la proiezione di The Kids Are Alright, seguita da Radio On e Alice nelle città, per poi continuare con il nuovo cinema tedesco e e il cinema europeo. Anteo nasce da qui. Da questo embrione nasce ciò che Anteo è ancora oggi: un cinema con un’offerta di qualità, allora alternativa, quasi borderline.

Anteo non è mai rimasto uguale a se stesso, ma è cambiato con il suo tempo. Ha sempre creato una “situazione”: non bastava inseguire il sogno – e il mito – di fare cultura. Bisognava partire dal pubblico, dalla sua fidelizzazione. Fin dagli inizi Anteo crea una situazione di contatto, di rapporto diretto con gli spettatori.

L’offerta di Anteo, nel corso degli anni, muta come mutano i mezzi e i meccanismi propri di questo settore. Anteo parte dal pubblico per creare e arredare uno spazio culturale. Per andare alla ricerca di nuovo pubblico, è necessario essere contemporanei.

Passaggio a tre schermi nel 1997. Oltre alla varietà dell’offerta cinematografica, Anteo crea uno spazio polifunzionale, costruendo accanto alle sale il ristorante al posto del palcoscenico e la libreria al posto della sala video. Diventa uno spazio da vivere a 360 gradi e la proposta si affina.

Aggiunta del quarto schermo nel 2006. Nasce la Sala Cinquanta, oggi Sala De Amicis, la sua particolarità consiste nell’utilizzo di poltrone biposto e divanetti.

Nasce Anteo Palazzo del Cinema nel 2017 che vede il passaggio da 4 a 11 sale che si sviluppano su 4 piani per un totale di circa 5.500 metri quadrati. Anteo Palazzo del Cinema è in continua evoluzione, ma risponde a quel disegno nato nel maggio del 1979. Anteo Palazzo del Cinema è un luogo di incontro dal forte valore sociale aperto dalle 10 del mattino all’una di notte. È un luogo dove il pubblico può accedere indipendentemente dall’offerta cinematografica, per parlare di cinema e non solo, per leggere un libro o per mangiare, per vedere un film on-demand o per partecipare ad un corso sui mestieri del cinema.

lunedì 17 gennaio 2022

CINEMA MEDA - LAS VEGAS


Il cinema Meda, 
attivo fin dal 1920 circa, si colloca nella via omonima al civico 49, nella zona sud della città, non lontano dai naviglio pavese. Il cinema prende quindi il nome del pittore, architetto e ingegnere cinquecentesco Giuseppe Meda.

Si tratta di una piccola sala, appartenente alla terza fascia di locali della mappa urbana milanese ossia cinema di terza visione che si inseriscono nel bacino dei piccoli cinema rionali. Nei primi due decenni di attività la programmazione viene pubblicizzata attraverso l’affissione dei manifesti tipografici nella zona; a partire dall’autunno 1943 il Meda compare regolarmente sulle pagine dei quotidiani. Tra l’altro in quei disgraziati mesi il locale appare come uno dei pochissimi (una ventina) sopravvissuti ai terribili bombardamenti alleati.
Il cinema è una delle poche sale dell’epoca che non abbina al film uno spettacolo di varietà: al Meda si fa esclusivamente cinema e come eventuale fuori programma ci si accontenta di qualche breve comica. Dal gennaio 1932 la sala è in grado di proporre film sonori.
Negli anni cinquanta molto spesso la sala propone due film al prezzo di uno.
Nell’autunno 1954 il cinema Meda chiude per essere sottoposto ad un significativo intervento di ristrutturazione che coinvolge l’intero stabile. Il progetto è firmato dall’architetto Mario Cavallè, considerato insieme ad Alessandro Rimini il massimo esperto dell’epoca in tema di architettura di sale cinematografiche.
La sala del vecchio cinema Meda viene ampliata, utilizzando altri spazi dell’edificio che lo ospitava: il muro portante viene eliminato per l’altezza di due piani e viene inserita, in spessore di muro, una trave Vierendeel alta 4 metri. Sopra la sala, l’edificio continua ad ospitare tre piani adibiti ad abitazioni.
Il nuovo cinema Meda è dotato di platea  e galleria, con una capienza totale di 1070 posti a sedere. Rispetto al progetto originale, la gestione aumenterà poi il numero di posti a sedere, arrivando ad una capienza complessiva di 1270.
La copertura della sala è costituita da una volta in laterizio, rinforzata con nervature in cemento armato, mentre il sistema di condizionamento prevede la mandata dell’aria a plafone e il recupero dalla platea.
Dopo oltre 5 mesi di chiusura per lavori, il nuovo cinema Meda riapre nella seconda metà dell’aprile 1955.
Seppur completamente rinnovato, il Meda mantiene la sua connotazione di sala di terza visione con forte radicamento rionale, la cui utenza è costituita prevalentemente dagli abitanti del quartiere: la presenza di annunci (tamburini o flani) sui quotidiani è minima. A volte la sala ha in cartellone lo stesso film che altre sale di terza visione promuovono attraverso tamburini. 
La programmazione si incentra principalmente su film americani, d’avventura o drammatici.
All’inizio del 1967 il Meda chiude per lavori di rinnovo di impianti e arredi; riapre in autunno con una nuova gestione (E.C.I.) e un nuovo nome: Las Vegas, in onore della città americana capitale del divertimento e del gioco d'azzardo, celebrata in molti film, come Agente 007.
Il locale è classificato tra le terze visioni e, fino alla fine del 1968 la sua programmazione è abbinata a quella del cinema Giardini ; poi, nel 1969, il Las Vegas viene promosso tra le seconde visioni. Le cinque sale costituiscono un micro circuito cittadino di seconda visione, con una buona distribuzione territoriale nella mappa milanese.
Nel 1974 il Las Vegas è nuovamente promosso e si trova classificato tra i proseguimenti prime visioni. Si tratta però di un breve periodo di splendore: nella seconda metà degli anni settanta la concorrenza televisiva si fa sempre più accanita e le sale che vogliono sopravvivere devono investire in adeguamenti tecnologici (poltrone più comode, impianti audio più sofisticati, ecc.). La gestione del Las Vegas - forse anche a fronte del progressivo calo di incassi - non investe più nella sala, che progressivamente si marginalizza. Nel 1976 ritorna tra le terze visioni, con conseguente scadimento della programmazione, sia in termini temporali, sia qualitativi.

domenica 16 gennaio 2022

CINEMA GIARDINI

Cinema-Teatro dei Giardini
, il  nome deriva dalla collocazione nelle vicinanze dei giardini pubblici di Porta Venezia, è uno dei più antichi di Milano.
Ubicato in via Vittorio Veneto n. 2, il locale (550 posti), proprietà dell’ingegnere Pietro Troubetzkoy, viene solennemente aperto il 12 aprile 1916 con il film Piccola ombra (Ugo Falena, 1916; con Bianca Camagni); alla serata inaugurale prendono parte numerose personalità (il prefetto, il console francese, il console inglese, il console russo... ).
Il locale rimase stabilmente adibito a proiezioni di seconda visione (nella scelta delle pellicole prevalgono i titoli di qualità e compaiono perfino film d’autore) fino alla seconda metà degli anni settanta quando la sala dapprima opta per una programmazione di tipo erotico e quindi - dal 1978 - si trasforma in cinema a luci rosse.
A partire dal 1998, dopo una radicale ristrutturazione effettuata dagli architetti Gae Aulenti e Carlo Lamperti, questa sede viene occupata dallo Spazio Oberdandi proprietà della Provincia di Milano.
L’Oberdan è il luogo privilegiato del cinema d’arte a Milano.

CINEMA PUCCINI

Agli inizi del Novecento al n. 33 di corso Buenos Aires apre il Luna Palace.

Si tratta di «una sorta di palazzo dei divertimenti, dove si pratica lo skattinaggio, si provano le vertigini per le montagne russe, si balla, si allestiscono esibizioni circensi, si organizzano incontro di boxe, si presentano spettacoli in un annesso teatrino, si pratica il tiro a segno e così via».

Nel 1920 (o ’21: le fonti sono discordanti) arriva il momento della seconda incarnazione con il nome di Politeama Milanese: la nuova gestione di Mauro Rota ristruttura totalmente l’edificio ricavando all’epoca un’immensa sala disadorna destinata a un pubblico popolare che vi accedeva per assistere agli spettacoli delle compagnie dialettali (tra le commedie meneghine ricordiamo ad esempio Ona volada de strasc di Giorgio Bolza). Le rappresentazioni avvenivano spesso davanti a platee tumultuose di 1800 persone e non mancavano neppure spettacoli equestri e incontri di boxe.

Il 30 ottobre 1930 la sala, ampiamente ristrutturata, cambia nome in teatro Puccini ed esordisce con La Bohème.
L’intitolazione a Giacomo Puccini e l’apertura del teatro con una sua opera sembravano una chiara dichiarazione d’intenti. Invece la lirica, sul cartellone del teatro di corso Buenos Aires, tendeva a lasciare maggiore spazio alla prosa, anche dialettale, mantenendo anche gli spettacoli circensi e le manifestazioni sportive delle precedenti gestioni4.
 In seguito il locale ospita soprattutto compagnie di rivista; vi si ascoltano anche melodrammi, spesso inseriti in una vera e propria stagione lirica.
Nel 1943 il teatro viene danneggiato dai bombardamenti, ma riapre prontamente già nel febbraio 1944 con la rivista Via delle sette note con Gorni Kramer e Irene D’Astrea; in questo periodo il Puccini offre ospitalità anche ai balletti della Scala, rimasti senza sede.
Dal 1946 il locale (circa 1200 posti) affianca al teatro di rivista (Wanda Osiris, Macario, Rascel)  regolari proiezioni cinematografiche, collocandosi tra le sale di prima visione; dal 1955 viene invece declassato tra le seconde visioni.
Nell’estate 1953 
Buster Keaton si esibisce in Italia all’interno di uno spettacolo di varietà denominato “Il piccolo Naviglio” (tra i partecipanti c’è anche Gino Bramieri).
L’avanspettacolo continua ad accompagnare l’attività cinematografica fino alla prima metà del 1969. In seguito il Puccini diviene una normale sala cinematografica che, occasionalmente, sospende le proiezioni filmiche per ospitare spettacoli teatrali.
Nel marzo 1971 il cinema cambia genere per dedicarsi agli spogliarelli vietati ai minori, per poi tornare nuovamente alla programmazione cinematografica.
Il Puccini, già situatosi  tra le seconde visioni, torna nel circuito delle prime visioni a partire dalla seconda metà del 1972 e sostanzialmente vi rimane fino alla chiusura avvenuta nel 1986.
Negli anni ottanta tuttavia l’attività del locale è disordinata: all’inizio del decennio rientra temporaneamente nel novero delle seconde visioni, poi riprende il suo posto tra le prime; inoltre chiude per un lungo periodo tra la fne del 1984 e l’inizio del 1985.

Di tanto in tanto il Puccini – quando era sala di seconda visione - ospita film minori, in prima visione.
Il cinema chiude il 18 marzo 1986.
Lo storico teatro viene acquistato dal comune nel marzo 1989 che intende ristrutturarlo per farne un importante polo della vita teatrale cittadina. Il costoso intervento parte però solo dieci anni dopo.
Nel marzo 2010, dopo lunghi lavori di ristrutturazione,  il Puccini riapre, ritornando alle sue origini teatrali, come nuova sede del Teatro dell’Elfo 
(fino ad oggi ospite nel locale dell’ex X Cine in via Ciro Menotti; vedi): nei suoi spazi sono state ricavate tre sale.

CINEMA MISSORI

Il cinema Missori (1550 posti) – situato nel moderno Palazzo dei Cavalieri (1948) di Emilio Lancia che domina il fronte est della piazza Missori – è stato un elegante cinema di prima visione. Si trovava a poche centinaia di metri da piazza Duomo e nella piazza che per alcuni decenni aveva ospitato l’altrettanto importante cinema Italia.
L’attività cinematografica inizia il 4 dicembre 1948.
Nella seconda metà degli anni settanta la programmazione manifesta una particolare attenzione al genere del “poliziottesco”; in generale cala la qualità delle pellicole proposte e ciò prelude alla chiusura.
Il cinema si caratterizza per un ampio atrio a semicerchio -simile all'Astra con due scaloni che portano alla galleria, mentre la platea è posta sotto il livello stradale. D’estate la sala sfrutta l’impianto di aria condizionata del vicino hotel garantendo una temperatura perfetta. La gestione è della ditta Lodigiani, che, negli anni '50, segue anche Odeon, Puccini, Apollo, Dal Verme e Giardini. In seguito subentra la E.C.I. (Esercizio Cinematografico Italiano) di Roma, che segue molte sale milanesi tra cui: Giardini, Odeon, Puccini, Manzoni, Dal Verme, Impero, Cielo e Las Vegas. In cabina vengono utilizzate macchine Cinemeccanica a carboni. 

La sua collocazione isolata, in una zona semiresidenziale destinata soprattutto a uffici e a sedi di uffici turistici, zona caratterizzata dalla presenza di pochi locali attigui (bar, pizzerie ecc.), gioca in modo sfavorevole poiché il Missori è tra le prime sale centrali a gettare la spugna; chiude il 30 gugno 1980. L’ultimo film programmato è Border Crossing (Leitch, 1979).

Il suo spazio è attualmente occupato da una banca.

domenica 9 gennaio 2022

TEATRO SMERALDO

Il teatro fu progettato tra il 1939 e il 1940 da Alessandro Rimini che, essendo di origini ebraiche, non poté firmare il progetto a causa delle leggi razziali fasciste all'epoca vigenti.

Il teatro aprì nel 1942 e, fino alla chiusura, venne gestito dalla famiglia Longoni, tramandato di generazione in generazione. Inizialmente concepito come sala cinematografica, tale rimase fino agli anni ottanta, quando fu deciso (sotto la direzione artistica di Gianmario Longoni, che ne è stato l'ultimo proprietario) di usarlo esclusivamente per rappresentazioni teatrali, soprattutto musical e recital di singoli artisti.

Dopo innumerevoli voci di chiusura, paventate da Gianmario Longoni fin dal 2009, lo Smeraldo ha terminato ufficialmente la sua ultima stagione di attività in data 11 giugno 2012 con uno spettacolo dei Fichi d'India. L'ultima serata, commemorativa, è stata il 30 giugno 2012, con un Dj set di Alex Cicognini, dj resident dello storico locale Shocking Club di proprietà dello stesso Gianmario Longoni.

Dal 1º luglio 2012 l'edificio è passato ufficialmente alla catena Eataly di Oscar Farinetti che lo ha trasformato in un negozio Eataly e che è stato inaugurato il 18 marzo 2014.

Secondo lo stesso Longoni, la causa della chiusura sarebbe in parte motivata dagli interminabili lavori di piazza XXV Aprile, proprio di fronte all'ingresso del teatro, e in parte dalla «concorrenza sleale degli Arcimboldi», il quale riceve due milioni e mezzo di euro l'anno e «può permettersi di affittare a prezzi più bassi».

Il 4 ottobre 2009 al Teatro Smeraldo Beppe Grillo fondò il Movimento 5 Stelle.

sabato 8 gennaio 2022

TEATRO FRANCO PARENTI

Nel 1972 Franco Parenti e Andrée Ruth Shammah, con Giovanni Testori, Dante Isella e Gian Maurizio Fercioni, fondano il Salone Pier Lombardo, che diventa immediatamente un punto di riferimento di vitalità artistica e culturale per Milano, caratterizzandosi per un'idea di teatro proiettata sia verso le novità italiane e straniere, sia verso la rilettura dei classici in chiave contemporanea e che comprende un'intensa e diversificata attività di manifestazioni culturali, concerti, rassegne cinematografiche, conferenze, festival, presentazioni di novità editoriali. Ben presto gli spettacoli del Pier Lombardo trovano circuitazione in tutta Italia, contribuendo a creare dei veri e propri ‘eventi’ di carattere nazionale.

Spettacoli come la Trilogia di Testori (Ambleto-Macbetto-Edipus), Il malato immaginarioIl misantropo di MolièreI promessi sposi alla prova di Giovanni Testori, interpretati da Franco Parenti e tutti con la regia di Andrée Ruth Shammah, fanno ormai parte della storia del teatro italiano.

Altri spettacoli come La doppia incostanza di Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux, Il maggiore Barbara di George Bernard Shaw, La palla al piede di Georges Feydeau, Il bosco di notte di Gaetano Sansone, Timone d'Atene di Shakespeare, si sono imposti anche per una concezione dello spazio scenico, proiettato verso una forma di ‘teatro aperto’, che ha caratterizzato le scelte di Andrée Ruth Shammah.

Nel 1989, con la scomparsa di Franco Parenti, Andrée Ruth Shammah assume interamente la direzione del teatro che, in onore del grande attore, prende il nome di Teatro Franco Parenti.

giovedì 6 gennaio 2022

TEATRO EDEN

Il Teatro Eden venne inaugurato nel 1892, al piano terreno del  palazzo di sinistra guardando il castello, on capienza di 350 posti ricavati in una sala con colonne in ghisa e tavolini e sedie a collocazione libera.
L’architetto milanese si occupò anche della progettazione del locale, caratterizzato da una sala con delle logge su tre lati, un  piccolo palcoscenico piccolo e numerosi tavoli disposti nello spazio restante.

Il Teatro Eden fu probabilmente il secondo caffè-concerto meneghino (il primissimo, il Morisetti, fu creato l’anno precedente), ma è stato senza dubbio tra i pionieri.

Gaspare Stabilini e Malacchia Colombo, i due creatori del Teatro Eden, come altri imprenditori italiani guardarono con interesse al successo del Salone Margherita di Napoli, il primo café-chantant della penisola (fondato nel 1890) e ne seguirono l’esempio. L’Eden diventò subito un ritrovo elegante per assistere a spettacoli di varietà con vedette internazionali, tra le quali persino la Bella Otero. Temporaneamente ospitò anche i campionati europei di lotta greco-romana (1908 – 1910), ma non solo:

In un primo tempo, l’Eden è collegato con un passaggio sotterraneo al teatro Olimpia, che sorge all’altro lato della piazza: è il tempo che nel sottosuolo dell’Eden si svolgono gare di pattinaggio, lo sport che col primo ciclismo (Ganna, Galetti, ecc,) crea il primo pubblico di appassionati. Gare di pattinaggio nel sottosuolo e spettacoli di caffè-concerto nella sala del teatro che, giunta la moda dei cafés-chantants parigini, è sistemata a posti distinti, con tavolini per le consumazioni durante lo spettacolo.

Nel frattempo la gestione venne messa in mano alla Società Suvini – Zerboni, che nel 1914 ipotizzarono di inaugurare il nuovo corso del teatro cambiandone il nome in “Cabaret Rouge”.

Contro tale possibilità si scagliò lo scrittore Luciano Zuccoli sulle pagine del Corriere della Sera (di cui era collaboratore), tacciando i due impresari di essere dei provinciali esterofili e proponendo quindi un più semplice “Taverna Rossa“. L’idea del nobile intellettuale fu accolta anche perché manteneva comunque nel nome il riferimento cromatico da cui partiva l’ipotesi in francese: il colore rosso che avrebbe caratterizzato interamente il nuovo arredamento, dalle tende alle sedie alla tappezzeria.

Negli uffici della nuova attività lavorò nientemeno che Umberto Saba: lo scrittore triestino si era appena trasferito a Milano e, dovendosi adattare, accettò di curare l’amministrazione del locale e revisionare i testi di alcuni spettacoli.

Fu proprio all’interno di una rivista di Carlo Rota, Il vile padrone, che nel 1923 debuttò sul palco della Taverna Rossa, all’insaputa della famiglia, la giovane Anna Menzio, destinata a diventare Wanda Osiris.

Nel 1924 l’impresa cambiò nuovamente direzione: tornò a chiamarsi Teatro Eden ma, tramontata la moda del caffè-concerto, passò a ospitare la prosa e l’operetta.

Nel 1932 divenne una sala cinematografica, chiusa definitivamente nel 1986.


TEATRO DELLA CANNOBIANA

Il teatro lirico di Milano, già teatro della Cannobiana (talvolta indicato anche come teatro della Canobbiana o La Cannobiana), è uno storico teatro di Milano

Nel 1717 a Milano venne costruito il Teatro Regio Ducale in un'ala del palazzo Reale; ma un incendio lo distrusse completamente il 25 febbraio 1776.

Quello che fino a ieri era noto come Teatro Lirico, in Via Larga (proprio accanto al palazzo degli uffici comunali), nasceva nel 1778 per volontà degli arciduchi d’Austria.

L'arciduca Ferdinando, figlio di Maria Teresa d'Austria, propose di dotare la città di Milano di due teatri: il principale ("nobile") da erigere nei pressi della corte sull'area della sconsacrata chiesa di Santa Maria alla Scala, ovvero l'attuale Teatro alla Scala, mentre il secondo ("popolare") da costruire sull'area delle scuole cannobiane, fondate da Paolo da Cannobio (da cui il nome).

Il luogo scelto apparteneva al demanio ducale, alle spalle del Palazzo Reale, ma assai malandato e trascurato, separato dal malfamato quartiere del Bottonuto solo dalla strada Larga, già voluta dagli spagnoli, quasi a separare gli aqquartieramenti nobili dalle bassezze dell’umano viver plebeo.

L’area era già stata occupata in passato dalle fortificazioni romane del primo castrum, che in quest’area piegava verso nord, girando attorno ad un torrione con funzione di cisterna. Successivamente lo stesso era servito da posterla verso l’area malsana dei pantani, creati dagli straripamenti del Seveso che qui scorreva in luogo dell’odierna Via Larga, e che si estendevano fino al laghetto (sia il toponimo dei pantani che quello del laghetto corrispondono oggi ad altrettanto famose vie cittadine). Lo stesso Piermarini durante gli scavi di fondazione della nuova impresa ritrovò i resti, sia del torrione con un diam. di 16 m. sia delle mura di spessore di 3 m.

La Scala era il "teatro grande", l'altro un secondo teatro, i cui palchi erano di proprietà degli stessi palchettisti della Scala, salvo il fatto che, essendo più piccolo, alcuni, estratti a sorte, dovettero rinunciare ad avere un palco anche nel "teatro piccolo".

Entrambi i progetti, simili tra loro nella tipologia del teatro all'italiana con pianta a ferro di cavallo e con vari ordini di palchi e loggione, vengono affidati a Giuseppe Piermarini, Regio architetto.

Il nuovo teatro, detto "la Cannobiana", viene inaugurato un anno dopo del Teatro alla Scala, la sera del 21 agosto 1779, con uno spettacolo e musiche di Salieri. Varie sono le rappresentazioni che vi si svolgono nelle varie stagioni teatrali; da ricordare quella del 1832, nella quale la Cannobiana è scelta da Gaetano Donizetti per la prima di L'elisir d'amore con Giuseppe Frezzolini diretto da Alessandro Rolla. I due maggiori teatri milanesi furono per lungo tempo gestiti insieme dagli impresari che si succedettero nella conduzione.

Con la riduzione delle sovvenzioni comunali e statali, per la Cannobiana dal 1870 inizia una situazione di declino. È l'editore musicale Edoardo Sonzogno a dargli nuova vita: lo fa restaurare e gli muta il nome in Teatro Lirico Internazionale (1894). Il teatro riprende ad essere un importante centro di cultura.

Un grave incendio lo danneggia nel 1938.

Il Comune decide allora di ricostruirlo in forme nuove: del progetto viene incaricato l'architetto Cassi Ramelli. Tra il 1943 e il 1945 il Lirico ospita la stagione del Teatro alla Scala, andato distrutto per i gravi bombardamenti angloamericani che avevano colpito Milano.

Il 16 dicembre 1944 Benito Mussolini pronuncia quello che sarà il suo ultimo comizio, il Discorso della riscossa.

Nel dopoguerra, il teatro lirico ritorna a svolgere il suo ruolo culturale. Nel 1960 il Comune lo concede al Piccolo Teatro di Paolo Grassi e Strehler, per il quale funziona come "sala grande". Si apre un'importante stagione di opere  e di manifestazioni politiche, fino agli anni novanta, quando una crisi finanziaria ne provoca la chiusura. 

venerdì 17 dicembre 2021

CINEMA GIADA

Al civico numero 25 di via Galeno, traversa di viale Monza in zona Villa San Giovanni/Precottonell’autunno del 1958 inizia l’attività il cinema Giada.

Si tratta di una sala da 1000 posti, dotata di platea e galleria con una particolarità nella struttura dell’edificio: è presente una scala esterna in ferro per l’accesso alla cabina di proiezione, dotata di macchine Prevost manuali a carboni. Il nome scelto, semplice e diretto, richiama la pietra minerale verde usata spesso come ornamento, a cui alcuni popoli attribuivano qualità magiche e terapeutiche.
Il Giada completa il quadro delle sale di viale Monza che, partendo dal Loreto nell’omonimo piazzale, prosegue con Argo  e ABC per arrivare ai locali di Sesto San Giovanni.
Il cinema fa parte dell’ondata tardiva di sale rionali che – dopo il boom tra il 1921 e il 1945 – si aprono ancora in città: sono cinema periferici di terza visione, ubicati oltre la circonvallazione esterna, con una programmazione di pellicole minori di carattere popolare.
Il Giada si rivolge soprattutto al pubblico del quartiere, senza alcuna presenza di annunci (tamburini o flani) sui quotidiani.
Nei primi anni di attività, la programmazione alterna pellicole d’avventura e commedie americane – numerosi i film interpretati da Tony Curtis - a commedie e film drammatici italiani. Sul finire degli anni sessanta, la qualità della programmazione migliora e il cinema mette in cartellone anche pellicole d’autore, uscite negli anni precedenti, spesso già ampiamente sfruttate sia dalle sale del centro, sia dalle cosiddette sale di “seconda fascia”.
Nei primi anni settanta la programmazione del locale offre spesso film western, sia americani, sia italiani alternati a pellicole di serie B di vario genere, tra le quali abbondano i film con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Le locandine relative alla programmazione settimanale del Giada sono esposte nei bar da Precotto fino a Sesto S. Giovanni.
Come altre sale di terza visione, nell’atrio del Giada è presente un tabellone retro-illuminato che riporta la programmazione settimanale del locale: un riquadro piccolo è destinato al giorno della settimana, mentre il riquadro principale contiene il titolo del film in programmazione quel giorno e gli attori principali. Non essendo disponibile apposita cartellonistica,  i titoli dei film all’interno del tabellone sono tutti scritti a mano.
In linea con l’attività, fin dall’inizio il locale viene classificato tra le terze visioni e tale rimarrà negli anni seguenti fino al passaggio a sala d’essai.
Nell’autunno del 1977 avviene un cambio di gestione e il cinema rimane chiuso per ristrutturazione alcuni mesi. A partire dall’ottobre 1978, la gestione è a cura di Raul Della Cecca che, oltre a curarne la programmazione insieme a quella del Porpora, si occupa della preparazione dei volantini con i programmi delle rassegne, tutti realizzati personalmente a mano.
Con l’arrivo di Della Cecca, la programmazione del Giada ha un salto di qualità: il locale nel 1981 aderisce al circuito d’essai, modifica il nome in Giada - Musica e Spettacolo e si specializza in film musicali, con apertura solo serale, alternata a concerti dal vivo; infatti proprio in quel periodo avviene l'apposita costruzione di un palco teatrale fisso in legno, che prima non esisteva nonostante la grandezza della sala e la creazione di camerini sul retro, ricavati da spazi inutilizzati, nonchè il rinnovo del'impianto di diffusione sonora.
Così rinnovato il Giada avvia una regolare attività concertistica mentre al mattino il locale viene spesso utilizzato da cantanti celebri per le prove teatrali o musicali prima dell’avvio della tournée. Tra gli altri, il Giada ospita Gaber, Battiato, i Pooh, Claudio Lolli. Nell’aprile 1981 vi si tiene il 1° Festival Milano Rock.
La prima metà degli anni ottanta, caratterizzati dalla devastante e selvaggia concorrenza delle televisioni private e dall’introduzione nel 1983 di nuove e onerose norme di sicurezza in seguito all’incendio del cinema Statuto di Torino, è fatale per molte sale milanesi decentrate. Il Giada non fa eccezione e cessa l’attività nell’autunno 1983. L'ex Cinema Giada, opportunamente ristrutturato, diviene una chiesa chiamata Iglesia Ni Cristo, frequentata dalla comunità filippina.

PARCO DEL CITYLIFE

CityLife vanta uno tra i parchi più ampi di Milano, ma soprattutto è ricco di opere d’arte che lo rendono un vero museo a cielo aperto tutto...