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giovedì 3 marzo 2022

BORGO DELLE OCHE

si trovava nell’estrema parte occidentale dell’attuale via San Vittore, a ridosso degli antichi bastioni.

L’area è oggi identificabile nelle vie: Matteo Bandello, Via Morozzo della Rocca, Bernardino Zenale e via San Vittore.

Sino a oltre la metà dell’Ottocento, questa zona era ancora coltivata a campi e poco urbanizzata, a ridosso delle mura di Porta Vercellina, che comprende corso Magenta e via San Vittore, rimasta coltivata a orti e poco urbanizzata sino a metà Ottocento, lentamente cambierà aspetto dopo l’unità d’Italia. Qui inizieranno a prender forma nuovi edifici residenziali, industriali e pubblici, come la costruzione del Nuovo Carcere detto di San Vittore, iniziata nel maggio del 1872, mentre viene inaugurato il 24 giugno del 1879 durante il Regno d’Italia da Umberto I.


martedì 1 marzo 2022

EL BURG DE' FURMAGIAT

C’era una volta a Milano el borgh di formaggiatt, dove si stagionavano e vendevano le forme di formaggio trasportate lungo i Navigli. 

Passeggiando per lo storico Corso San Gottardo ancora oggi si incontrano le case con corte che ospitavano le antiche casere…caratteristiche case a corte che si trovano nell’area compresa tra il Corso e il Naviglio Pavese.

Erano aree destinate alla vita sociale e professionale, disposte in lotti stretti e lunghi con ingressi spesso su ambo i lati.

Il borgo doveva la sua fortuna alla vicinanza con il naviglio, in particolare nell’ottocento quando il Naviglio Pavese venne completato. Le barche mercantili dirette alla Darsena sostavano nei pressi di corso San Gottardo dove le merci venivano scaricate evitando il dazio posto alla dogana nei pressi della Darsena. I doppi ingressi servivano proprio a trasportare le merci dal lato dei navigli a quelli del borgo.

Il borgo divenne noto soprattutto per lo scarico e la rivendita di latte e latticini che provenivano dal territorio pavese. Nelle case a corte si crearono depositi per la conservazione e la stagionatura dei formaggi. Per questa ragione la zona attorno a Corso San Gottardo venne definita il borgo dei formaggiai, in milanese “El burg dè furmagiatt“.

Nel 1819 fu completata la costruzione dell’attesissimo Naviglio Pavese, dove a bordo delle chiatte venivano scaricati i formaggi prodotti dalla campagna a sud di Milano. Le copiose forme venivano scaricate nelle case affacciate sul Naviglio e conservate nelle casere situate nei piani interrati e ai piani terreno di ogni edificio, che si impregnavano dell’odore acre di formaggio. Man mano che arrivavano nuove forme, le precedenti slittavano in avanti e giungevano, dopo una stagionatura di tre mesi, alla rivendita affacciata appunto su Corso San Gottardo. 

L’odore delle decine di migliaia di forme stagionate nelle case del Corso era così intenso da impregnare gli abiti dei residenti del quartiere e renderli riconoscibili persino a distanza. Si racconta inoltre che per evitare la fermentazione del formaggio e i conseguenti problemi digestivi, le forme di formaggio venivano grattate in superficie: le scaglie di crosta ricavate ancora morbide venivano usate dalle Dame di San Vincenzo per insaporire la minestra per i poveri del quartiere.

Le norme sanitarie degli anni Sessanta resero obsole e illegali le casere di San Gottardo,  trasformate per lo più in cantine o negozi/laboratorio dedicati spesso alle attività artigianali. Ancora oggi si trovano però testimonianze fotografie de el borgh di formaggiatt e percorrendo il quartiere si possono ancora intravedere i lunghi e fioriti cortili di Corso San Gottardo e ammirare il sistema di corti passanti che attraversano l’isolato e portano al Naviglio Pavese.

Fino alla dominazione austriaca per motivi di dazi era vietato ammassare e conservare latticini e prodotti caseari all’interno della città e dei Corpi Santi. I produttori del lodigiano, piacentino e parmense si organizzarono quindi creando delle casere ad hoc nell’area di Corsico e Buccinasco. In questi magazzini i formaggi venivano fatti stagionare, quindi portati nei mercati milanesi e venduti al dettaglio.

Dopo l’Unità di Italia il divieto fu tolto e dopo il 1880 il quartiere intorno a Corso San Gottardo si trasformò in un gigantesco magazzino con decine e decine di casere per stagionare i formaggi della Bassa. Si stima che a fine Ottocento nel quartiere erano più di 200.000  le forme qui immagazzinate.

BORGO DELLA CITTADELLA

Fuori dalla Porta Ticinese medievale partiva la  strada per Pavia e vi sorse il Borgo della Cittadella, vero e proprio quartiere commerciale che grazie al Naviglio Grande, al laghetto di Sant'Eustorgio (il porto di Milano precedente alla Darsena) e ai canali della Vettabbia e alla vicina conca di Viarenna, ebbe uno sviluppo notevole in epoca Rinascimentale e nei secoli successivi.
Il termine Cittadella indicava proprio l'appartenenza del quartiere alla città, nonostante fosse fuori dalle mura costruite dal Guintellino nel XII secolo.
Nel secolo successivo il quartiere venne a sua volta cinto da mura difensive, creando così una cittadella protetta, da cui il nome.
Inglobato dalla città dopo la costruzione della nuova cinta muraria, i Bastioni Spagnoli, vide aprire una nuova Porta Ticinese in corrispondenza dell'attuale piazza XXIV Maggio, ma si trattava di una piccola e modesta apertura, tanto che gli stessi occupanti spagnoli la chiamarono Porta Chica, cioè piccola.
Di fronte alla porta si tenne per secoli un enorme mercato, specializzato in origine nel bestiame, poi anche in prodotti caseari, quando il quartiere lungo corso San Gottardo iniziò a diventare il Borgo dei Furmagiatt, cioè dove venivano fatte stagionare decine di migliaia di forme di formaggi prodotti negli alpeggi e nei pascoli di tutta la Lombardia.

venerdì 4 febbraio 2022

QUARTIERE SARPI

Chinatown è il nome attribuito nel gergo comune e giornalistico a un quartiere del Municipio 1 di Milano (che si estende anche fin dentro il Municipio 8), per via della notevole concentrazione della comunità cinese e di esercizi commerciali gestiti da suoi membri. Formalmente detto quartiere Sarpi in riferimento all'omonima via, in passato, prima della presenza cinese, era noto come il Borgo degli Ortolani (originariamente, in dialetto milanese, il nome era Borgh di scigulatt cioè "borgo dei produttori di cipolle"). È compresa tra via Luigi Canonica e via Paolo Sarpi, nelle vicinanze di Porta Volta.

Era il 1920 quando nel triangolo formato da via Canonica, via Bramante e via Sarpi.

La presenza cinese a Milano ha avuto inizio intorno al 1920 con una massiccia immigrazione dalla regione dello Zhejiang, soprattutto dalla città di Wenzhou, dalla quale proviene circa il 90% delle persone cinesi residenti in Italia; provincia orientale costiera sita appena sotto Shanghai, un’area grande un terzo dell’Italia ma con (quasi) lo stesso numero di abitanti e caratterizzata da una natura prevalentemente montuosa e ostile all’agricoltura. Vennero reclutati dal governo francese come manovalanza durante la Prima Guerra Mondiale un gruppo tra i 40 e i 150 cinesi provenienti da Parigi giunsero nella città di Milano.

 Nel capoluogo lombardo scelsero una zona che, per il particolare tessuto urbanistico, favoriva la concentrazione di laboratori nei cortili delle abitazioni. Già durante il fascismo il quartiere era chiamato "quartier generale dei cinesi".

E in questo triangolo meneghino, già storicamente a vocazione commerciale, una sempre più massiccia immigrazione cinese trovò il terreno fertile per creare quella che nel tempo sarebbe diventata la nota Chinatown meneghina. Nella zona fino ad allora conosciuta come Borgo degli Ortolani, che ruotava intorno alla chiesa medievale e barocca della Santissima Trinità (demolita tra il 1950 e il 1960), 

Tradizionalmente , anche se la cosa non è veritiera, il primo cinese insediatovisi è stato il pellettiere Wang Sang (1919-2009), detto "Romanino", a Milano dal 1937, attivo anche nella mediazione culturale, citato dal poeta dialettale Sergio Gobbi nel verso Wang Sang prim cinese el derva bottega (Wang Sang primo cinese apre bottega).

Le prime attività, localizzate principalmente attorno a via Luigi Canonica furono legate alla lavorazione della seta, specialmente per la produzione di cravatte, favorita dalla vicinanza con gli impianti industriali del comasco. Durante la Seconda guerra mondiale la lavorazione venne convertita in quella della pelle, al fine di fornire cinture militari ai contingenti italiani e tedeschi. Il commercio, principalmente all'ingrosso, era sostanzialmente monotematico, concentrato soprattutto sull'abbigliamento e la pelletteria.

Dalla fine degli anni novanta inizia il boom: l'area diventa un punto di riferimento per i cittadini cinesi non solo di Milano ma anche del resto della Lombardia. Nascono così supermercati, erboristerie/farmacie e librerie, esercizi in grado di soddisfare le richieste di prodotti cinesi da parte di una clientela cinese. Dagli anni 2000 l'attività si fa via via più ramificata, comprendendo pressoché qualsiasi forma di esercizio commerciale, non più solo all'ingrosso ma al dettaglio: negozi di abbigliamento, telefonia, alta tecnologia, fotografia, ottica; inoltre nascono molti negozi che offrono servizi, come assistenza e riparazione computer e telefoni cellulari, servizi per gli immigrati, agenzie viaggi, parrucchieri, estetisti, internet point e KTV (karaoke cinese).

Parallelamente all'esplosione del commercio al dettaglio, dal 1999 si è assistito anche al massiccio incremento del commercio all'ingrosso, insediatosi progressivamente al posto dei dettaglianti italiani, grazie al pagamento di buonuscite molto elevate per subentrare nei loro locali; questi esercizi si espandono lungo via Paolo Sarpi e nelle strade adiacenti del quartiere Canonica-Sarpi-Bramante.Passeggiando nel quartiere di Sarpi si incontrano botteghe storiche di Milano come la Macelleria Sirtori, risalente al 1931, Cantine Isola, un’altra bottega storica milanese aperta nel 1896 dove popoli di bevitori si ritrovano per un calice di vino, l’aperitivo ma anche una serata di poesie in milanese. Per un buon pranzo a base di specialità cinesi un indirizzo molto in voga è il ristorante Hua Cheng in via Giordano Bruno, per il dessert c’è una golosa scelta da Pasticceria Martesana e PastiCherì di Lucia Stragapede, talentuosa allieva di Ernst Knam. 

venerdì 28 gennaio 2022

VILLAGGIO GIARDINO TIEPOLO

Villaggio Tiepolo, un vero e proprio borgo di campagna che sorge ancora intatto nelle vicinanze di viale Abruzzi, poco lontano dal centro della città e che in primavera si veste ancora più a festa grazie ai numerosi gelsomini che lo popolano, in riferimento ai quali viene anche chiamato il “Villaggio dei gelsomini”.

Tra il 1919 e il 1920 furono realizzati quattro villaggi popolari, destinati soprattutto ai reduci, che avrebbero dovuto avere una durata limitata ad una decina d'anni. Si trattava di piccole, leggere costruzioni a un piano, per un totale di 325 casette con 615 alloggi, con giardini interni e vialetti. Furono completati i quartieri Campo dei fiori (311 alloggi), Baravalle (158 alloggi sul luogo dell'attuale parco), Gran Sasso (59 alloggi) e Tiepolo (38 alloggi). Vennero inoltre aggiunti all'interno del complesso di Baravalle 49 alloggi in via Balilla, tra il 1923 e il 1925.

Furono i privati e il mondo cooperativo, aiutati dalle banche popolari e dalle casse rurali, a farsi interpreti di modalità abitative diverse e lungimiranti per l’epoca, ispirandosi alle città-giardino inglesi e affrontando
già dal primo decennio del Novecento il tema del rapporto dell’abitare con gli spazi verdi. Nasce in questo contesto il Villaggio Tiepolo, realizzato grazie all’iniziativa di un gruppo di funzionari delle Poste che il 18 maggio 1919 costituirono la Cooperativa Edile Postelegrafonica: in tutto 47 villette con orto e giardino annesso. La particolare struttura del villaggio «con le porte delle case spesso aperte» come confermano varie testimonianze, contribuì a creare una condizioni di fiducia tra gli abitanti, favorendo il rapporto umano e la coesione sociale. 

Eppure non sono mancate le sfide: agli anni bui della guerra è seguita la rinascita degli anni Cinquanta «molti dei nostri piani terra erano affittati ad artigiani. Ricordo un laboratorio di pelletteria, uno di profumi, poi l’officina di un idraulico e addirittura una piccola fabbrica di tasti di fisarmonica». E poi quel tentativo di esproprio verso la fine degli anni Sessanta conclusosi in un nulla di fatto, fino alla recente ristrutturazione che ha conferito al Villaggio l’aspetto attuale. Quello di un piccolo paradiso, in cui ancora oggi entrando la sensazione è di piacevolezza immediata, come a ritrovare il respiro della campagna in città. Nel 2019 il Villaggio ha celebrato i cento anni dalla fondazione.

lunedì 24 gennaio 2022

QUARTIERE SANT'AMBROGIO

 è un complesso edilizio ad alta densità abitativa, situato nella periferia meridionale di Milano. Sorge adiacente all'autostrada A7, in un'area compresa fra viale Famagosta, il quartiere della Barona e il parco agricolo Sud Milano. Il quartiere è stato edificato sui terreni della cascina Monterobbio compresa nel Parco Sud, tutt'ora esistente anche se interamente circondata da aree urbanizzate.

Il quartiere si costituisce dei due complessi Sant'Ambrogio 1, realizzato fra il 1964 e il 1965 e di proprietà del comune di Milano, e Sant'Ambrogio 2, realizzato fra il 1971 e 1972 e di proprietà dell'ALER; entrambi sono stati comunque progettati dallo stesso architetto, Arrigo Arrighetti. Il quartiere si caratterizza oggi per un progressivo invecchiamento della popolazione, accompagnato da un declino delle funzioni commerciali. Dal 1994 il quartiere è servito direttamente dalla fermata Famagosta della M2.

Nel 2010 è stato approvato un protocollo d'intesa fra il comune e l'ALER volto alla riqualificazione sociale e architettonica del quartiere: oltre alla ristrutturazione fisica dei caseggiati vi è infatti l'espressa volontà di migliorare la qualità della vita, l'integrazione sociale e i servizi per popolazione che vi abita. Il progetto di riqualificazione contempla un aumento degli alloggi di edilizia sociale, volto a facilitare l'accesso di popolazione giovane; parallelamente sono in programma anche interventi destinati a favorire il risparmio energetico e la riduzione di emissioni inquinanti. Gli alloggi che verranno venduti copriranno infatti i costi necessari per l'ammodernamento dei servizi e delle infrastrutture; le ulteriori risorse necessarie verranno invece reperite tramite il coinvolgimento di soggetti pubblici e privati.

Il quartiere, che sorge ad ovest dell'autostrada A7, si contrappone idealmente al deposito ATM Famagosta - opera di Ludovico Magistretti - che sorge sul lato opposto: insieme costituiscono un punto di riferimento estremamente riconoscibile per tutti coloro che entrano in città da sud con l'autostrada.

venerdì 14 gennaio 2022

QUARTIERE MIRABELLO

Il complesso edilizio, denominato in origine "Quartiere Rodolfo Carabelli", fu costruito nel 1939 dall'Istituto Fascista Autonomo Case Popolari (IFACP) di Milano, su progetto di Gaetano Angilella. Successivamente prese la denominazione di "Quartiere Mirabello".

Il complesso edilizio consta di 12 palazzine, a due o tre piani, costruite nello stile razionalista tipico dell'epoca, e caratterizzate da forme fortemente plastiche.

La tipologia a palazzine, ripresa dal vicino Villaggio dei Giornalisti, denotava la destinazione del complesso al ceto impiegatizio.

Trattandosi di un intervento progettato nel periodo delle sanzioni, la costruzione fu improntata a criteri di economia, escludendo l'uso del calcestruzzo armato.

VILLAGGIO DEI GIORNALISTI

Inizialmente promosso come quartiere Giardino Mirabello, sorge a ridosso della villa Mirabello, in una fascia di terreno che si sviluppa sinuosamente sud-nord a partire da piazza Carbonari (allora confine della Milano tematizzata dal Piano Beruto). Il nucleo all'interno del quale s'è sviluppato il Villaggio dei Giornalisti ha come confine le vie Arbe, Romussi, Eugenio Torelli Viollier, Dario Papa, Lepanto, Ettore Perrone di San Martino e piazzale Salvatore Farina, a ridosso a ovest col fiume Seveso, allora scoperto.

Nel maggio del 1911 l'avvocato Mario Cerati, redattore de Il Secolo diffondeva un editoriale di forte impatto sul tema degli alloggi e delle case popolari, nel quale sosteneva che se molto era stato fatto a vantaggio delle classi operaie, niente era stato invece fatto a vantaggio della borghesia. Il quartiere prese subito il nome di Villaggio dei Giornalisti poiché l'iniziativa ebbe grande successo nei confronti di alcuni pubblicisti, rappresentativi della nuova borghesia meneghina legata alle testate giornalistiche.

Per consentire l'assegnazione degli immobili ivi presenti alle prime linee del Corriere della Sera nonché ai propri manager, il super-condominio oggi chiamato Villaggio Maggiolina, sito a nord-est del Villaggio dei Giornalisti originario, fu acquistato dalla Rizzoli Corriere della Sera e poi ceduto al Fondo per le Pensioni del personale CARIPLO e all'Istituto Nazionale delle Assicurazioni. In seguito ad alcune operazioni societarie, la proprietà di gran parte degli edifici è passata prima in favore di UniCredit per conto di alcuni fondi pensione da questa gestiti e poi delle Assicurazioni Generali, tramite alcuni fondi comuni d'investimento da questa gestiti. In una nota rilasciata da UniCredit nel contesto della vendita alle Assicurazioni Generali è stato dichiarato che "l’operazione, considerata la portata, l’ubicazione e l’elevata attrattività, rappresenta una delle transazioni residenziali più significative degli ultimi anni in Italia".

Al suo interno, si possono osservare ancora oggi alcune realizzazioni singolari della metà del Novecento, come per esempio le case a igloo di via Lepanto, dell'architetto Mario Cavallè, e la non distante Villa Figini, ideata, progettata ed abitata da Luigi Figini, in via Ettore Perrone di San Martino.

CORVETTO

In passato il quartiere veniva chiamato Gamboloita per la presenza di una cascina con quel nome, ora demolita.

Il quartiere fu oggetto di una intensa attività edilizia da parte dell'Istituto Autonomo Case Popolari. Nella seconda metà degli anni venti infatti vide la luce il quartiere Mazzini, compreso fra le direttrici via Polesine e via Comacchio da una parte e viale Enrico Martini e via dei Cinquecento dall'altra.

lunedì 10 gennaio 2022

SENAVRA

La Senavra, è il quartiere a est di Porta Vittoria, che si è sviluppato a partire dall’inizio del Novecento attorno al Manicomio della Senavra. Lungo l’attuale Corso XXII Marzo, all’altezza del numero 50 c’è la chiesa del Preziosissimo Sangue di Gesù alla Senavra. Più che una chiesa, sembra un vero e proprio palazzo dalle architetture di sapore barocco.

Per volere dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria, venne fondata una nuova istituzione deputata al ricovero dei folli, perciò fu prescelto come sede il palazzo della Senavra, fuori Porta Tosa (oggi Porta Vittoria), che nel XVI secolo, costituiva la residenza signorile di Ferrante Gonzaga, dopo la sua nomina a governatore di Milano nel 1546, e che alla fine del Seicento era passato ai Gesuiti, allo scopo di istituirvi una pia sede di ritiro spirituale.

Così nel 1781 si provvide al trasferimento dei malati psichiatrici dall’Ospedale di San Vincenzo, nei pressi dell’odierna Porta Genova, alla Senavra, che diventò presto, nel gergo popolare milanese il termine usuale per indicare il “manicomio”.

Il Nome di Senavra, alquanto particolare e che venne dato al ricovero, si presta a diverse ipotesi sulla sua etimologia: dal nome di una pianta presente davanti all’edificio, la “senavra”, ossia la senape in dialetto milanese (lat. sinapius alba), o dalla vicina palude “Sinus Averanus”, ma forse la più probabile sembra derivare da Scena Aurea, nome dato dai Gesuiti al luogo. 

Il resto della zona che si sviluppava lungo la strada per Monluè, oggi Corso XXII Marzo e viale Corsica, era fatto di campagna e cascine, una fra tutte è stata la Cascina Regalia, che si trovava dove oggi passa via Compagnoni all’altezza del civico 7.

La zona la possiamo approssimativamente racchiudere nell’area compresa tra Viale Piceno, Via Cena, Viale Campania e via Macedonio Melloni.

Venne a formarsi all’inizio del 1900, quando la città iniziò ad espandersi. Perciò vi possiamo trovare una omogeneità architettonica molto identificabile con l’eclettismo di inizio XX Secolo, con architetture liberty, neo romaniche, a graffito e art decò. 

Nel quartiere, oltre alla chiesa che ha preso il posto del manicomio della Senavra, troviamo anche il dirimpettaio vecchio edificio della Società Anonima Milanese Industria Salumi e Formaggi .

Nei pressi della Senavra vi era anche un’industria cinematografica, al 23 di Viale Campania, e si estendeva nei cortili dell’isolato sino a via Compagnoni.

Tra le architetture, più spettacolari vanno senz’altro menzionate le case progettate da Giò Ponti in Via Hajech (cicici: 29-31-33-35-37) ma soprattutto il Villino Siebaneck.

Al civico 7 di via Giuseppe Longhi troviamo la splendida palazzina progettata da Giovanni Muzio e realizzata nel 1933.

La casa di via Longhi 9 del 1934 è stata progettata dall’architetto Alessandro Minali

che, ha voluto indelebilmente firmare la sua creazione sul lato del grazioso tempesto semi-circolare che funge da ingresso principale.

sabato 1 gennaio 2022

QUARTIERE GALLARATESE

Nel 1955 iniziò la revisione del piano regolatore di Milano relativa ad aree specifiche: l'architetto Piero Bottoni assunse il compito di progettare un piano particolareggiato in accordo con gli uffici tecnici comunali. Il 13 marzo 1956 Bottoni consegnò il progetto urbanistico «redatto in forma di proposta di piano particolareggiato dopo l'approvazione delle varie Commissioni urbanistiche». Il progetto prevedeva un solo quartiere di 80 000 abitanti in un'area di 275 ettari.

La pianificazione del quartiere nasce come progetto sperimentale, sulla base della scelta dell'Ottava Triennale di Milano, che si dava come obiettivo la ricerca di soluzioni di edilizia economica alle spalle del quartiere QT8.

A partire dal 1957 il Comune sceglie di accantonare il piano presentato da Piero Bottoni per autorizzare quello del C.E.P. Quest'ultimo, di matrice profondamente antecedente rispetto a quello approvato, prevede ancora la divisione in due quartieri distinti G1 e G2. Si inizia a costruire il nuovo quartiere Gallaratese G1 che sorge sull'area su cui si sarebbe dovuto realizzare una delle quattro città satelliti, il quartiere Costanzo Ciano e vede la collaborazione di ben 68 progettisti coordinati da Gianluigi Reggio.

Il quartiere cresce con una certa "casualità", senza un disegno ponderato degli spazi e delle funzioni. Dal 1964 al 1974 il quartiere viene completato da Gallaratese G2 e San Leonardo.

Il progetto originale viene disatteso soprattutto per quanto riguarda i servizi collettivi e la sistemazione urbanistica, nonché per la distribuzione del verde. Il risultato definitivo è la costruzione di insediamenti che assolvono a una sola funzione, quella residenziale, costringendo gli abitanti a lunghi trasferimenti per raggiungere le attività produttive, le strutture commerciali. Anche la maggior parte degli edifici parrocchiali del quartiere sono rimasti per decenni dei piccoli prefabbricati dove la comunità si riuniva e che, solo alla fine del ventesimo secolo, sono stati ricostruite in muratura.


QT8

Il quartiere, progettato da Piero Bottoni, venne concepito nell'ambito dell'ottava edizione della Triennale di Milano, svoltasi nel 1947. La città era nel vivo della ricostruzione all'indomani della guerra, e fu proprio Piero Bottoni in particolare, commissario straordinario della Triennale di Milano, che nel 1945 promosse la realizzazione di questo "Quartiere sperimentale" e al suo interno del Monte Stella, un'altura artificiale costituita con le macerie di tutti gli edifici distrutti a seguito dei bombardamenti subiti dalla città.

La realizzazione del quartiere richiese diversi anni. Tra il 1946 e il 1947 si realizzarono le prime case, per ospitare molti fra gli sfollati, seguendo undici modelli diversi, progettati da architetti che avevano vinto un concorso nazionale. Nel 1948 si realizzarono per la prima volta in Italia case prefabbricate a 4 piani. Anche la chiesa del quartiere (dedicata a Santa Maria Nascente), a pianta circolare, venne realizzata sulla base di un progetto vincitore di un concorso.

Molta attenzione venne prestata agli spazi verdi, sia con la realizzazione dei primi campi gioco per ragazzi, sia con aree verdi condominiali, sia infine con la creazione di un vasto parco di circa 375.000 m², in grado di soddisfare non solo le esigenze degli abitanti del quartiere ma anche, in generale, di tutta la città, di cui costituisce un importante "polmone" verde. Grazie alla particolare tensione ispiratrice del progetto, e alle particolari circostanze che hanno reso possibile la sua realizzazione, il quartiere è tuttora un ottimo esempio di vivibilità urbana.

lunedì 27 dicembre 2021

CITYLIFE

Con il trasferimento di gran parte del quartiere fieristico nel nuovo polo Fieramilano di Rho-Pero, l'area liberata - equivalente a una superficie di circa 255000 m² - è stata oggetto di una gara internazionale vinta nel luglio 2004 dal consorzio CityLife, composto da Generali Properties S.p.A, Gruppo Ras, Immobiliare Lombarda Spa, Lamaro Appalti Spa e Gruppo Las Desarrollos, che aveva presentato un’offerta di € 523 milioni. Le altre offerte erano state presentate dal gruppo Pirelli Real Estate (€ 439 milioni) e dal gruppo Risanamento (€ 378 milioni). Il prezzo minimo fissato per l’acquisto dell’area era di € 310 milioni.

In seguito all'aggiudicazione della gara è stata costituita la società CityLife S.p.A., società controllata dal Gruppo Generali e partecipata da Allianz. La costruzione del complesso è iniziata nel 2007 e sarebbe dovuta concludersi nel 2015, in tempo per l'Expo di Milano ma, in seguito ai ritardi accumulati, la data di fine lavori veniva rifissata al 2020.

Il Piano integrato di intervento relativo all’area è stato approvato definitivamente dal Comune di Milano il 9 ottobre 2008

All'interno troviamo la Torre Isozaki

Soprannominata Il Dritto, la Torre Isozaki porta la firma di Arata Isozaki, architetto giapponese già autore in Italia del progetto per il Palasport Olimpico di Torino, e di Andrea Maffei. La torre è alta 209 m per 50 piani e si affaccia sulla nuova Piazza Tre Torri assieme agli altri due grattacieli. Il piano tipo della torre, che dispone i nuclei di distribuzione verticale ai due lati dell'edificio, con ascensori panoramici, contiene un unico grande spazio centrale destinato a uffici. Al momento della costruzione la Torre Isozaki è il secondo grattacielo più alto d'Italia.

Torre Adid

Soprannominata lo Storto per via del suo andamento tortile, la Torre Hadid è alta 177 m per 44 piani. La particolarità dell'edificio è il suo sviluppo verticale con un dinamico movimento di torsione. Anch'essa porta il nome della sua creatrice, l'architetta anglo-irachena Zaha Hadid.

La Torre ad uffici si fonda sui concetti di movimento e dinamismo, risultanti da una torsione dell'edificio stesso, con l'obiettivo di valorizzare la percezione e le viste che offre rispetto agli assi urbani. L'edificio presenta un piano tipo con un nucleo distributivo centrale e gli uffici sulla corona perimetrale, così da offrire una vista a tutto orizzonte sulla città.

La Torre Libeskind

Soprannominata il Curvo per via della sua forma, la Torre Libeskind è alta 175 m e dà le spalle a largo Domodossola. L'edificio è concepito come parte di una sfera ideale che avvolge la Piazza Tre Torri e può ospitare locali commerciali e residenziali.

venerdì 24 dicembre 2021

LA MAGGIOLINA

La Maggiolina  è una zona residenziale di Milano, appartenente al Municipio 2. Per quanto il suo nome (appartenuto a una cascina oggi scomparsa) si riferisse originariamente a un quartiere residenziale sorto a ovest di via Melchiorre Gioia e quasi interamente a sud della circonvallazione esterna, col tempo sarebbe andato a indicare una zona più estesa e dai contorni decisamente sfumati, finendo per sovrapporsi al vicino Villaggio dei Giornalisti (realizzato a partire dal 1911) e per comprendere anche il Quartiere Mirabello (1939).

La zona prende il nome da un'antica cascina demolita nel 1920 che sorgeva lungo il corso del Seveso, a est dell'attuale ferrovia Milano-Monza, approssimativamente sul luogo dell'attuale via della Maggiolina. Il nome della cascina, già attestato insieme all'edificio nel XVI secolo, è di origine incerta.

Agli inizi del Novecento, il termine Maggiolina era stato utilizzato come nome per il quartiere di villette sorto tra le Melchiorre Gioia (ad est), Stresa (a nord), Timavo (ad ovest) e Muzio (a sud), ben distinto quindi dal vicino Villaggio dei Giornalisti, sorto a partire dal 1911, a nord della circonvallazione esterna e a ovest della ferrovia. Col progressivo sviluppo urbano che avrebbe di fatto saldato tutta la zona in un unico tessuto cittadino, l'uso del termine si sarebbe esteso finendo per comprendere ad esempio anche il recente complesso razionalista del Quartiere Mirabello (1939). Il complesso residenziale recintato realizzato negli anni Sessanta a nord-est del Villaggio dei Giornalisti, nell'ultima porzione di terreni rimasti inedificati tra questi e la ferrovia avrebbe ad esempio assunto il nome di Villaggio Maggiolina, forse dal vicino storico ristorante di via Torelli Violler 28 che aveva negli anni precedenti cambiato il proprio nome da Gallo d'Oro a La Maggiolina.

L'interramento della ferrovia Milano-Monza avvenuto nella seconda metà degli anni Sessanta, avrebbe permesso nel decennio successivo la realizzazione di un'estesa porzione destinata a verde (i giardini Aldo Protti ed il Gregor Mendel), che da piazza Carbonari - punto di contatto tra quelli che erano i nuclei originari della Maggiolina (a sud-est) e del Villaggio dei Giornalisti (a nord-ovest) - si estende come un parco lineare fino a raggiungere l'attuale Palazzo Lombardia.

Tra le architetture più significative della Maggiolina, meritano una citazione particolare alcune abitazioni a pianta circolare realizzate nel 1946 dall'architetto Mario Cavallè, lungo una striscia di terreno a ridosso della ferrovia Milano-Monza, ai margini del Villaggio dei Giornalisti (via Lepanto). Conosciute per la loro forma peculiare come case a igloo, vennero realizzate adottando questo particolare modello mono-abitativo e la relativa tecnica tecnica di costruzione dagli Stati Uniti. 

Delle dodici unità abitative originariamente realizzate, ne sopravvivono oggi solo otto.

Realizzate con un sistema a volta formato da mattoni forati disposti a losanghe convergenti, ciascun edificio consentiva un'assoluta libertà nella disposizione degli interni (all'incirca 45 m²). Erano presenti due livelli, uno fuori terra, l'altro seminterrato, accessibile solo dall'esterno (o da una ristretta botola all'interno) e illuminato da alcuni piccoli lucernai disposti all'altezza della strada. Le diverse ristrutturazioni subite dagli edifici hanno alterato più o meno pesantemente il progetto originario: delle otto unità abitative rimaste, probabilmente solo due mantengono ancora oggi la disposizione originaria degli spazi, con l'ingresso, il bagno, le due stanzette e la cucina.

Insieme alle case a igloo erano state realizzate dallo stesso architetto, sempre nel 1946 anche due edifici dalla forma ancora più peculiare, a fungo, demolite tuttavia nel 1965 e sostituite da un altro edificio residenziale.

Contrariamente alle precedenti, si sviluppavano su due livelli fuori terra: uno più ristretto (il gambo) ed uno più ampio (la cappella) e sembravano ispirarsi alla Amanita muscaria, famosa specie di fungo da cui sembravano trarre la forma caratteristica.

Tre unità abitative simili si possono tuttavia ancora osservare a Novate Milanese, in via Puccini.

L'edificio storico di maggior rilievo della zona è la quattrocentesca Villa Mirabello, ai margini occidentali del Villaggio dei Giornalisti. Nata come villa di campagna, sarebbe stata riadibita nei secoli successivi adazienda agricola; si presenta nelle sue forme attuali dopo i restauri del 1916 e del 1930.

Non distante dalla Maggiolina, a ovest del giardino Gregor Mendel si trova l'oratorio dei Santi Carlo e Vitale alle Abbadesse, risalente al Seicento. La piccola chiesetta presenta al proprio interno alcuni affreschi di Pietro Maggi, che ne hanno valso nel 1911 la tutela da parte della Sovrintendenza, dopo un precedente periodo di abbandono.

Troviamo inoltre Villa Figini progettata da Luigi Figini 1934 come propria abitazione.


martedì 21 dicembre 2021

QUARTIERE MAC MAHON


La costruzione del quartiere venne decisa dal Comune di Milano nell'ambito di un piano di case popolari, elaborato nel 1906-07 per contribuire a lenire l'emergenza abitativa dettata dalla forte crescita demografica.

Il piano prevedeva a costruzione di 3 800 locali divisi in quattro quartieri (oltre al Mac Mahon, il Lulli, lo Spaventa, il Tibaldi), non in grado di incidere sull’espansione urbana complessiva, per la loro limitata estensione.

Il quartiere Mac Mahon, in cui vennero sperimentate diverse tipologie edilizie, venne progettato dall'ingegnere dell'ufficio tecnico municpale, Giannino Ferrini (fratello di Contardo Ferrini), coadiuvato dall'ingegnere Arnaldo Scotti del medesimo ufficio, e costruito dal 1908 al 1909; in seguito fu ceduto all'Istituto Case Popolari (ICP).

Per il collegamento del quartiere al centro cittadino venne costruita una tranvia elettrica che si diramava dalla linea per il Cimitero Maggiore al Rondò della Cagnola (attuale Piazza Firenze); il nuovo tronco venne attivato il 27 gennaio 1909.

venerdì 10 dicembre 2021

QUARTIERE EDISON

 

Terminata la seconda guerra, la penuria di case ed alloggi fu a Milano una vera emergenza. Rientrati gli sfollati, con migliaia e migliaia di abitazioni crollate o inagibili, la mancanza di un tetto per i cittadini si fece davvero preoccupante. 

In attesa della ricostruzione postbellica, le case minime, edificate in fretta e furia nelle periferie, accolsero provvisoriamente (ma sappiamo quante rimasero in piedi per decenni, e alcune ancora oggi sono abitate) chi una casa migliore non l'aveva più.
Dal 1955 si registrò a Milano (e non solo) l'inizio del boom economico, cui seguì il boom edilizio. 
L'ambizioso piano INA-Case per l'edilizia popolare, l'aumento del reddito pro capite, la bassa disoccupazione, i contenutissimi tassi di interesse, contribuirono alla crescita esponenziale dei cantieri edilizi. Milano appariva un'immensa selva di gru!

Questo aumento vertiginoso di nuovi palazzoni, prevalentemente nelle periferie che si espandevano a dismisura a scapito di campagne e cascine, accolse in grande misura l'immensa immigrazione dal Sud Italia. Si calcola che nel decennio a cavallo tra gli anni cinquanta e gli anni sessanta si trasferirono al Nord almeno 10 milioni di abitanti delle zone del Mezzogiorno, spostando la forza lavoro dall'agricoltura all'industria.

Tra i tanti quartieri che andavano crescendo, e tra i tantissimi palazzoni che salivano come funghi, prendiamo come esempio (anche per capire quale aria si respirava all'epoca, e quale entusiasmo circondava il completamento di ogni nuovo complesso edilizio) l'imponente inaugurazione del Quartiere Edison di via Primaticcio (zona Lorenteggio).

Domenica 27 marzo 1960, una mattina fresca ma soleggiata, vide radunarsi migliaia di persone e le immancabili autorità cittadine e religiose, in quella periferia appena nata, una zona da poco conquistata alle campagne. Poco distante sorgeva e sorge la cascina Corba, mentre non molto più in là verrà poi abbattuta, per far posto ad altri palazzi, la cascina Arzaga.

Il complesso edilizio tutt'ora esistente è compreso nel triangolo formato dalle vie Primaticciosan GimignanoSoderini. La sua realizzazione, costata alcuni anni di lavori nell'ambito del piano INA Casa, fu curata dalla Società Edison, per assegnare moderni alloggi ai propri dipendenti e alle loro famiglie.

Come venne raccontato dal quindicinale Notiziario Edison, inviato ai dipendenti del gruppo, sul numero 6 del 31 marzo 1960, il progetto aveva portato alla costruzione di 15 palazzi di sette piani, per un totale di 598 appartamenti. Gli edifici risultavano immersi in un vasto spazio verde solcato da innumerevoli vialetti, e da uno spiazzo centrale a mo' di piazzette.  Ad un vertice del tringolo, fu costruito un Asilo d'infanzia oggi comunale.

A completamento del quartiere, un potente impianto di riscaldamento centralizzato con tre caldaie tipo marina, ben 27 ascensori e cantine per il ricovero delle motorette.
Dopo la benedizione impartita da Monsignor Oldani, abate di sant'Ambrogio su incarico del card. Montini, il ragionier Rossello, presidente dell'Edison, consegnò quella mattina le chiavi degli alloggi ai dipendenti, coadiuvato da altri funzionari della società.
Una vera festa, insomma, un altro tassello che contribuì alla rinascita e all'espansione di Milano in quegli anni spensierati e favolosi, che si lasciavano alle spalle le miserie e le sofferenze della guerra. Era appena iniziato un decennio irripetibile.

giovedì 9 dicembre 2021

QUARTIERE VIRIDIANA

Il contesto proprio non si poteva definire signorile. Alla fine degli anni Sessanta su via Forze Armate erano già sorti diversi quartieri popolari, e Baggio stava assumendo l’aspetto di un grande quartiere periferico e d’immigrazione. Certo, dietro al lotto l’orizzonte si apriva ancora sulla campagna, c’erano i fontanili e le cave di sabbia dei Cabassi, ma anche quelli erano posti poco raccomandabili.

 I soci dell’Immobiliare Ponti hanno chiesto a Luigi Caccia Dominioni e Vico Magistretti di progettare, proprio lì, un complesso residenziale destinato alla classe media. E chiedevano un progetto innovativo: niente edifici a stecca, niente lunghi corridoi negli alloggi, più qualità rispetto all’edilizia media di quegli anni. Forse i committenti erano stati incuriositi dal fatto che i due progettisti stessero già lavorando insieme a un quartiere piuttosto singolare per l’epoca, il Milano San Felice nel comune di Segrate. Ed è proprio in relazione al disegno di quest’ultimo – quasi fosse un fratello maggiore – che possiamo leggere lo schema proposto per il supercondominio di via Forze Armate.

In primo luogo le tipologie edilizie. Gli architetti dispongono diciannove torri residenziali di otto piani e alcune villette attorno a un grande parco centrale. Pur derivando da soli due impianti di base – a tre e a quattro «lobi», rispettivamente con tre e quattro appartamenti per piano – gli edifici a torre vengono ruotati, lavorati nelle facciate con logge e terrazze, producendo un paesaggio architettonico di grande varietà, che corrisponde a un’articolata gamma di variazioni tipologiche interne, ulteriormente arricchita dalle soluzioni abitative indipendenti offerte dalle ville.

Poi le autorimesse. I box privati stanno sotto gli edifici, e si raggiungono direttamente con gli ascensori condominiali. Le strade carrabili per raggiungerli vengono anch’esse interrate, e consentono di realizzare un giardino pensile sulla loro copertura. Nel giardino – che diventa il tema centrale dell’intervento – tra gli alberi di alto fusto sono collocate alcune dotazioni esclusive per i residenti come una piscina, spazi sportivi e per il gioco dei bambini.

Infine il recinto, che racchiude tutto il supercondominio. Su via delle Forze Armate si affaccia l’unico accesso, sorvegliato giorno e notte da una portineria circolare, e una galleria commerciale porticata e aperta sulla strada.

Costruito tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta, l’intervento incontra immediatamente un grande successo di vendite. La clientela, costituita prevalentemente da coppie giovani in cerca della loro prima casa, è conquistata dalla tipologia non tradizionale degli alloggi, ma anche da una serie di soluzioni tecniche, di materiali e di finiture – i serramenti in Douglas da 55 mm, i pavimenti in marmi pregiati, l’acqua calda centralizzata, l’antenna tv per tutti i canali – ripetuti nelle pagine pubblicitarie sui quotidiani, che contribuiscono a comunicare una certa idea di comfort domestico e di distinzione sociale. Più in generale risulta attraente un formato residenziale – il complesso autosufficiente di grande dimensione, destinato a una clientela abbiente e omogenea, con una generosa dotazione di servizi esclusivi e di verde in cui i bambini possono giocare in sicurezza – che si imporrà di lì a poco nei gusti della borghesia media e medio-alta di tutta l’area milanese.


mercoledì 8 dicembre 2021

QUARTIERE OLMI


Il quartiere degli Olmi è un quartiere di edilizia residenziale pubblica situato all'estremità occidentale di Milano e conta circa 8000 abitanti. Amministrativamente è compreso nel Municipio 7.

Confina con Cesano BosconeMuggiano e Baggio. È raggiungibile in circa 10 minuti dalla stazione Bisceglie della linea M1 con l'autobus urbano 63.

Fu realizzato negli anni sessanta del XX secolo.

Una caratteristica di questo quartiere è che, come lo si nota anche dal nome Olmi, tutte le vie hanno la denominazione di un albero: Ulivi, Betulle, Ippocastani, Salici, Larici, Ontani e Abeti.

Poiché situato abbastanza lontano dal centro della città, i principali centri commerciali sono Baggio e Cesano Boscone.

QUARTIERE OMERO

il quartiere Omero rappresenta il tentativo di costruire un'immagine organica per un settore urbano che nasce dall'aggregazione di tipologie edilizie diversificate e che, riallacciandosi alle esperienze del Movimento Moderno, si configura come unità autosufficiente immersa nel verde. I blocchi edilizi (disegnati da vari architetti) variano dalle case a schiera, agli edifici in linea attestati lungo la via Omero (a cinque o sei piani fuori terra, allineati secondo l'asse eliotermico), agli edifici porticati affacciati su piazza Gabrio Rosa e certamente progettati da Irenio Diotallevi, direttore dal 1946 dell'Ufficio Studi e Progetti dell'Istituto Autonomo Case Popolari di Milano e autore, nel 1952, di un volume dedicato alla progettazione delle periferie. All'esperienza dello IACP sono riconducibili anche le "case minime" realizzate nel comparto, schiere a due piani di alloggi dotati di un piccolo orto che, nella maggior parte dei casi, è oggi occupato da verande o pavimentato.


lunedì 6 dicembre 2021

VILLAGGIO DEI FIORI

Il quartiere che viene chiamato spesso solo come Villaggio dei Fiori, trae origine dalla nominazione delle strade che lo percorrono (tutti dal vocabolario floreale) e rimane tra via Primaticcio e via Lorenteggio.

Questo villaggio inizialmente era stato creato con delle casupole in legno temporanee che la Finlandia aveva donato, nel dopoguerra, al Comune il quale le prese a modello per far partire un primo villaggio pilota di poche dozzine di edifici.

Il disegno del quartiere è ancora caratterizzato da lotti piccoli e contigui, disposti ortogonalmente, con case unifamiliari di un solo piano, circondate da un giardino privato. Oggi alcune case sono state demolite e sostituite da nuovi edifci a più piani, ma sempre di piccole dimensioni.

Nei pressi del Villaggio dei Fiori, nei lotti ancora liberi e più prossimi alla Cascina Corba, ancora in piedi in quegli anni, vennero edificate altre case “temporanee”; le casette minime del Villaggio dei Fiori erano prefabbricate, a due piani, con il giardino solo nel retro.

PARCO DEL CITYLIFE

CityLife vanta uno tra i parchi più ampi di Milano, ma soprattutto è ricco di opere d’arte che lo rendono un vero museo a cielo aperto tutto...