Negli anni ottanta del XIX secolo, non potendosi più tollerare per ragioni igienico-sanitarie la continua attività dei piccoli cimiteri ormai saturi ed inglobati dai nuovi quartieri, posti in zone una volta periferiche ma ora completamente urbanizzatesi, si decise di edificare un unico grande cimitero in una zona lontana dal fulcro cittadino; venne scelta una zona dalle parti della Certosa di Garegnano, nel comune di Musocco, un terreno al di sopra delle falde acquifere, asciutto, nient'affatto paludoso e idoneo all’assimilazione delle decomposizioni organiche.
Anche se a Milano da ormai 20 anni era in funzione il Cimitero Monumentale, la decisione di realizzare un secondo grande cimitero fu presa dal fatto che si era capito subito che il solo Monumentale non sarebbe stato sufficiente ad ospitare i defunti di una città in forte espansione territoriale e demografica.
Così, nel 1886, si iniziò a costruire il Maggiore, su progetto affidato agli ingegneri Luigi Mazzocchi ed Enrico Brotti. Venne costruito dove sorgeva l'antico Bosco della Merlata, celebre per la presenza di briganti e dissodato a seguito dell'entrata in vigore della Legge Forestale 3917 dell'anno 1877, che aveva eliminato il vincolo di tutela praticamente da tutti i boschi di pianura e collina.
Il cimitero iniziò la sua attività il 23 ottobre del 1895, per essere inaugurato con benedizione del Cardinal Andrea Carlo Ferrari il 26 dicembre dello stesso anno.
L'apertura del Cimitero maggiore coincise più o meno con la chiusura e la demolizione di buona parte dei vecchi cimiteri del comune di Milano (in origine posti all'uscita delle porte cittadine) e dai quali vennero traslati i cadaveri al fine di seppellirli in definitiva per l'appunto a Musocco:
- il Cimitero di San Rocco al Vigentino (già chiuso e abbandonato fin dal 1826, tornò ad ospitare alcune sepolture in occasione delle Cinque Giornate di Milano nel 1848, per poi venire nuovamente abbandonato);
- il Cimitero di Porta Garibaldi, la "Mojazza" (chiusura: 22 ottobre 1895);
- il Cimitero di Porta Ticinese, il "Gentilino" (chiusura 22 ottobre 1895);
- il Cimitero di Porta Magenta, già "Fopponino di Porta Vercellina", poi "Foppone di San Giovannino alla Paglia" (chiusura 30 novembre 1895);
- il Cimitero di Porta Vittoria, o "di Porta Tosa" (chiusura 30 giugno 1896).
Dallo stesso giorno di apertura del Cimitero maggiore, per agevolare il trasporto al nuovo cimitero ma anche al Monumentale sia dei morti recenti e dei loro cortei funebri, sia dei resti mortali provenienti dai cimiteri dismessi (purtroppo i resti di molti defunti, anche illustri, andarono perduti), il Comune, in collaborazione con la Edison, istituì un apposito percorso tranviario con nere vetture costruite ad hoc, le cui stazioni di partenza si trovavano la prima in via Bramante, la seconda (del 1906) accanto a Porta Romana; questa stazione, la Stazione funebre di Porta Romana, è ora l'edificio che ospita le Terme di Milano. I milanesi chiamavano ironicamente questo tram, che sarà attivo fino al 1925, "La Gioconda".
Il 23 dicembre 1923, in seguito a Regio Decreto, il comune di Musocco venne soppresso ed inglobato nel comune di Milano; il Cimitero maggiore diviene a tutti gli effetti parte di Milano.
Negli anni '20 e '30, durante il ventennio fascista, con due interventi, il primo del 1924, il secondo del 1934, il Cimitero maggiore è stato gradualmente ingrandito. La sua espansione si completò nel dopoguerra, quando oltre la parte posteriore, al di là dei cancelli e oltre una carreggiata da attraversare, venne costruito il Cimitero Ebraico.
La superficie complessiva del cimitero, originariamente di circa 400.000 m2, con gli ampliamenti è cresciuta fino a 678.624 m2, di cui circa 80.000 a giardino
All'interno del cimitero è presente la Chiesa di Santa Maria della Pietà.
Tra le altre curiosità vi fu anche la storia del corpo di Maria Eva Duarte de Perón “Evita” (1919-1952), modella, attrice, attivista, sindacalista, politica e filantropa argentina, moglie del presidente Juan Domingo Perón.
La sua tomba si trova ancora oggi, senza più il corpo, al Campo 86 nella tomba 41. Qui venne sepolta dopo che al suo decesso venne dapprima imbalsamata e poi fatta oggetto di esposizione e culto, senza mai essere tumulata. Una volta saliti al governo i presidenti argentini la salma venne nascosta ma anche profanata, tanto da far decidere le autorità di esiliare anche l’ingombrante corpo di Evita.
Così la salma, accompagnata da falsi documenti riportanti il nome fittizio di Maria Maggi vedova de Magistris, complice soltanto la Chiesa Cattolica (con interessamento diretto di Papa Pio XII) e senza che nessuna autorità italiana fosse a conoscenza della vera identità, venne portato in Italia sul transatlantico Conte Biancamano, sbarcò a Genova e venne inviato al Cimitero Maggiore di Milano, e sepolto il 13 maggio 1957.Ma nel settembre 1971, il corpo di Evita venne restituito, dapprima a Juan Domingo Perón, che lo conservò fino al 1974 in Spagna, dove si trovava in esilio e che in seguito lo trasportò in Argentina, dopo varie vicissitudini e reclami da parte del suo popolo.
Evita venne infine tumulata nell’edicola della famiglia Duarte, nel Cementerio de la Recoleta, a cura delle sorelle. Nel 26 luglio 2005 la Fundación Por La Paz y La Amistad de Los Pueblos, costituita con il lascito ereditario di Perón, pose una tomba-cenotafio vicino a quello che fu il luogo di sepoltura.
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