Una "città dei morti" dal fascino eterno, nel cuore della metropoli che non riposa mai. Il Cimitero Monumentale è il grande museo a cielo aperto che custodisce il passato e la storia di Milano.
Il Monumentale nasconde tra i suoi dedali di tombe, putti e croci tesori nascosti: c’è una sfera di Arnaldo Pomodoro, una delle rare sculture di Lucio Fontana e una bronzo di Enrico Butti. L’opera più curiosa però è l’Ultima Cena realizzata in bronzo da Giannino Castiglioni in scala 1 a 1 per la sepoltura della famiglia Campari che i milanesi hanno ironicamente ribattezzato “l’ultimo aperitivo”.
La genesi del cimitero Monumentale è da ricercarsi non tanto e non solo nella penuria di spazi preposti alle sepolture, situazione da sempre cronica nella storia milanese, quanto piuttosto nella volontà di creare un cimitero che rispondesse a precisi canoni artistici ed estetici, un luogo cioè in grado di rendere decoroso ed artistico l’insieme delle sepolture e delle cappelle che vi avrebbero dovuto trovare posto.
Il primo atto ufficiale del Monumentale fu la delibera presa nella seduta del Consiglio comunale dell’11 luglio 1825, con la quale iniziarono gli studi per la fattibilità di un cimitero degno di rendere onore ai defunti sull’onda emozionale suscitata nella popolazione italiana dal carme del Foscolo, Dei Sepolcri, uscito per le stampe nell’aprile del 1807 con l’epigrafe “Deorum Manium iura sancta sunto”. Il Foscolo si inseriva, polemicamente, nel dibattito nato in seguito all’editto napoleonico detto di Saint Cloud, applicato in Italia dal 5 settembre 1806, col quale si imponeva che i cadaveri fossero sepolti soltanto nei cimiteri e che non si facesse alcuna distinzione tra defunti comuni o famosi. Le sepolture dovevano essere anonime e la collocazione delle lapidi era relegata ai margini dei cimiteri. Foscolo, che pur condivideva molti aspetti dei presupposti culturali dai quali nascevano simili provvedimenti, ne rifiutava però l'effetto di omologazione che ricadeva sui defunti e sui valori del passato riconoscibili in essi.
Purtroppo, date le ristrettezza delle finanze comunali, solamente nel 1829 si giunse finalmente alla volontà concreta di realizzare un nuovo (e unico) cimitero al servizio dell’intera città di Milano. Trascorse tuttavia un altro decennio costellato di delibere, acquisti di terreni, intoppi burocratici governativi, fino a quando la situazione parve sbloccarsi nel 1838 con la pubblicazione di un apposito bando di concorso per la presentazione di un progetto avente lo scopo di erigere un cimitero monumentale occupante un’area di 55.200 mq comportante una spesa non eccedente il milione e trecentomila lire.
Purtroppo, date le ristrettezza delle finanze comunali, solamente nel 1829 si giunse finalmente alla volontà concreta di realizzare un nuovo (e unico) cimitero al servizio dell’intera città di Milano. Trascorse tuttavia un altro decennio costellato di delibere, acquisti di terreni, intoppi burocratici governativi, fino a quando la situazione parve sbloccarsi nel 1838 con la pubblicazione di un apposito bando di concorso per la presentazione di un progetto avente lo scopo di erigere un cimitero monumentale occupante un’area di 55.200 mq comportante una spesa non eccedente il milione e trecentomila lire.
La commissione esaminatrice, presieduta dal podestà Gabrio Casati, e composta da otto membri tra architetti, ingegneri e consiglieri comunali (ricordiamo solo il Canonica e l’Albertolli) concluse di esaminare gli elaborati nel 1844, emettendo un giudizio complessivamente negativo, e proponendo perciò la nomina di un solo architetto avente l’incarico di presentare un nuovo progetto.
Fu così predisposta dal Consiglio comunale una rosa di tre architetti, e su tutti si impose (benché più oneroso per le pubbliche finanze) l’elaborato dall’architetto Giulio Aluisetti, formatosi a Brera, già conosciuto ed apprezzato a Milano per il progetto dell’ospedale Fatebenesorelle e per gli interventi in San Simpliciano.
Purtroppo la burocrazia dilatò le tempistiche per la scelta e l’acquisto dell’area (inizialmente individuata nei terreni delle cascine Abbadesse), i moti del ’48 sospesero il tutto, e la morte prematura dell’Aluisetti avvenuta nel 1851 archiviò definitivamente la realizzazione del progetto.
Purtroppo la burocrazia dilatò le tempistiche per la scelta e l’acquisto dell’area (inizialmente individuata nei terreni delle cascine Abbadesse), i moti del ’48 sospesero il tutto, e la morte prematura dell’Aluisetti avvenuta nel 1851 archiviò definitivamente la realizzazione del progetto.
La situazione parve sbloccarsi nel 1857, quando l’incarico di seguire i lavori fu affidato all’architetto Giuseppe Pestagalli (che maggior fortuna avrebbe avuto più tardi, con il progetto del teatro Dal Verme).
Scelta l’area nella zona dei Corpi Santi ubicata dietro porta Tenaglia, il tutto ebbe un nuovo arresto dovuto questa volta ai moti unitari, e solo ad Italia fatta si ricominciò a parlare del Monumentale.
La seduta consigliare del 25 luglio 1860, valutata l’opportunità di abbandonare ogni progetto in corso, decise per un nuovo bando di concorso, affidato alla Commissione esaminatrice presieduta dal sindaco Beretta.
Dopo un paio di selezioni volte a scremare la rosa iniziale dei ventotto partecipanti, finalmente fu giudicato come migliore il progetto dell’architetto Carlo Francesco Maciachini.
Questi, nato da semplice famiglia varesotta, aveva conseguito la laurea in architettura presso l’accademia di Brera. Tra gli altri suoi interventi, possiamo ricordare il restauro delle facciate delle chiese di San Marco, San Simpliciano, Santa Maria del Carmine.
Un ultimo intoppo a causa della zona prescelta: il consigliere comunale avvocato Mosca paventò per quella zona un probabile sviluppo cittadino e ferroviario. La Commissione Consigliare incaricata di dar risposta alle rimostranze del Mosca stabilì (alla fine delle opportune verifiche), in data 28 novembre 1863, che era alquanto improbabile un ulteriore sviluppo cittadino oltre la linea ferroviaria, di fatto autorizzando la Giunta comunale all’acquisto delle aree preposte all’erigendo cimitero.
Si iniziarono gli acquisti dai privati, al fine di ottenere tutti i terreni necessari a formare la metratura progettata fuori porta Tenaglia, fino ad arrivare all’estensione, appunto, di 172.000 mq.
Le opere iniziarono nel 1863, compresa la realizzazione di un viale alberato che conducesse al nuovo camposanto (attuale viale Ceresio).
Lo stile eclettico che ne risultò fu definito da alcuni “stile lombardo moderno”, anche se l’utilizzo di marmi e materiali di diversi colori, e soprattutto l’effetto di bicromia bianco-nera, portò anche a definirlo di “tradizione medievale”.
La seduta consigliare del 25 luglio 1860, valutata l’opportunità di abbandonare ogni progetto in corso, decise per un nuovo bando di concorso, affidato alla Commissione esaminatrice presieduta dal sindaco Beretta.
Dopo un paio di selezioni volte a scremare la rosa iniziale dei ventotto partecipanti, finalmente fu giudicato come migliore il progetto dell’architetto Carlo Francesco Maciachini.
Questi, nato da semplice famiglia varesotta, aveva conseguito la laurea in architettura presso l’accademia di Brera. Tra gli altri suoi interventi, possiamo ricordare il restauro delle facciate delle chiese di San Marco, San Simpliciano, Santa Maria del Carmine.
Un ultimo intoppo a causa della zona prescelta: il consigliere comunale avvocato Mosca paventò per quella zona un probabile sviluppo cittadino e ferroviario. La Commissione Consigliare incaricata di dar risposta alle rimostranze del Mosca stabilì (alla fine delle opportune verifiche), in data 28 novembre 1863, che era alquanto improbabile un ulteriore sviluppo cittadino oltre la linea ferroviaria, di fatto autorizzando la Giunta comunale all’acquisto delle aree preposte all’erigendo cimitero.
Si iniziarono gli acquisti dai privati, al fine di ottenere tutti i terreni necessari a formare la metratura progettata fuori porta Tenaglia, fino ad arrivare all’estensione, appunto, di 172.000 mq.
Le opere iniziarono nel 1863, compresa la realizzazione di un viale alberato che conducesse al nuovo camposanto (attuale viale Ceresio).
Lo stile eclettico che ne risultò fu definito da alcuni “stile lombardo moderno”, anche se l’utilizzo di marmi e materiali di diversi colori, e soprattutto l’effetto di bicromia bianco-nera, portò anche a definirlo di “tradizione medievale”.
Il cimitero fu benedetto da Monsignor Calvi, e ufficialmente aperto il 2 novembre 1866 con la tumulazione simbolica del primo defunto, traslato dal soppresso cimitero di Porta Magenta.
L’area crebbe poi con il tempo, a seconda delle esigenze e dei fondi mano a mano disponibili. Vennero in seguito creati anche ossari per i defunti riesumati dai vari cimiteri soppressi.
Nel 1869 nacque l’idea di creare al suo interno un campo riservato ad onorare i milanesi illustri: il famedio, inaugurato il 5 giugno 1887. Questo risulta avere pianta a croce greca con una cupola ottagonale, e il luogo ben presto si arricchì di monumenti funerari realizzati da architetti ed artisti di alto livello. Tra i tantissimi che vi lavorarono negli anni e vi lasciarono un’impronta, ricordiamo: Giannino Castiglioni, Medardo Rosso, Odoardo Tabacchi, Antonio Tantardini, Leonardo Bistolfi, Giuseppe Grandi, Francesco Messina, Luca Beltrami, Paolo Cesa Bianchi, Giacomo Manzù, Giovanni Brogli, Arnoldo e Giò Pomodoro.
Nel 1876, per desiderio ed elargizione dell’industriale Alberto Keller, venne realizzata una moderna costruzione, il Tempio crematorio, per la cremazione dei defunti, una delle prime in Europa. Il nuovo forno fu inaugurato proprio con la cremazione delle spoglie del suo mecenate. Nel 1878 venne dedicata un’area per la raccolta delle urne cinerarie. L'impianto fui poi trasformato secondo il nuovo sistema inventato da Paolo Gorini. Attualmente i forni sono in disuso da parecchi decenni.
L'impianto crematorio del cimitero Monumentale
al suo interno venne edificato il Tempio crematorio, per desiderio (e per elargizione della necessaria somma) dell’industriale massone Alberto Keller (1800-1874).
Il tempio, progettato dal Maciachini in stile greco-dorico con moltissimi richiami ai simboli massonici, ospitò inizialmente un rudimentale forno per la cremazione dei cadaveri, uno dei primi in Europa ad entrare in funzione.
Si trattava di una semplice ara in pietra con fiammelle alimentate da gas illuminante (il gas di città che alimentava i lampioni stradali e le abitazioni dei ricchi), su progettato degli scienziati Celeste Clericetti e Giovanni Polli. Fu inaugurato il 22 febbraio 1876proprio con la cremazione (il primo caso in Italia) delle spoglie mummificate del Keller, morto ormai da due anni.
Il tempio, progettato dal Maciachini in stile greco-dorico con moltissimi richiami ai simboli massonici, ospitò inizialmente un rudimentale forno per la cremazione dei cadaveri, uno dei primi in Europa ad entrare in funzione.
Si trattava di una semplice ara in pietra con fiammelle alimentate da gas illuminante (il gas di città che alimentava i lampioni stradali e le abitazioni dei ricchi), su progettato degli scienziati Celeste Clericetti e Giovanni Polli. Fu inaugurato il 22 febbraio 1876proprio con la cremazione (il primo caso in Italia) delle spoglie mummificate del Keller, morto ormai da due anni.
Il rito fu autorizzato dal neo ministro degli interni Nicotera (del nuovo governo di sinistra Depretis, sorto dopo la caduta della destra storica).
Dopo questa prima cremazione quasi simbolica, ne seguì una seconda con scarsi risultati; il 17 marzo 1877 il terzo esperimento (fu cremato il corpo di un anziano morto all'ospedale per senilità) diede risultati ancora insoddisfacenti, visto che al termine del procedimento (durato due ore e mezza e costato molti soldi, a detta del Corriere della Sera) il peso della salma superava i 3 chili, vale a dire il doppio di quanto ci si aspettasse.
Nel 1878 venne dedicata un’area per la raccolta delle urne cinerarie.
Dopo questa prima cremazione quasi simbolica, ne seguì una seconda con scarsi risultati; il 17 marzo 1877 il terzo esperimento (fu cremato il corpo di un anziano morto all'ospedale per senilità) diede risultati ancora insoddisfacenti, visto che al termine del procedimento (durato due ore e mezza e costato molti soldi, a detta del Corriere della Sera) il peso della salma superava i 3 chili, vale a dire il doppio di quanto ci si aspettasse.
Nel 1878 venne dedicata un’area per la raccolta delle urne cinerarie.
Il nuovo sistema Gorini
Lo scienzato Paolo Gorini (1813-1881, clicca per la sua biografia), dopo essersi interessato per anni alle tecniche di conservazione dei cadaveri (suo il metodo della “pietrificazione”), giudicò il sistema crematorio applicato sul corpo del Keller antiquato e non razionale.
Studiando e sperimentando nuove tecniche, giunse a perfezionare il sistema poi conosciuto come “metodo Gorini”: la cremazione avveniva con fascine di pioppo o altra legna dolce sul principio della fiamma indiretta; la salma, era spinta all’interno del forno per scorrimento su rotelle. Poi veniva investita orizzontalmente per tutta la sua lunghezza dalla testa ai piedi dalle fiamme generate da una fornace a legna sistemata dietro e sotto il capo stesso. Il camino del fumo scendeva dapprima in basso sotto i
piedi della salma per poi salire nel fumaiolo. All’inizio di questo una seconda piccola fornace a legna bruciava ogni residuo. Il consumo era di circa due quintali di legna per la durata di due ore.
piedi della salma per poi salire nel fumaiolo. All’inizio di questo una seconda piccola fornace a legna bruciava ogni residuo. Il consumo era di circa due quintali di legna per la durata di due ore.
Il suo metodo crematorio fu applicato dal 1877 presso il cimitero di Riolo, a Lodi.
Successivamente, il metodo Gorini venne sfruttato al Monumentale di Milano, in sostituzione del vecchio sistema Clericetti-Polli, deludente sotto molti aspetti.
Per cercare di contrastare il fenomeno della cremazione (che sempre più persone sceglievano richiedendo ciò nel proprio testamento), uscì a Milano nel 1885 un libretto del sacerdote Giacomo Scurati: "Se sia lecito abbruciare i morti". Nell'opera, si legge una forte critica alla cremazione e un richiamo alla pratica della sepoltura di origine cristiana. Non mancavano descrizioni e immagini al limite del "pulp", volte a risvegliare le coscienze dei lettori, come questa raffigurazione fortemente critica del tempio milanese e del forno Gorini: Nel 1896, l'architetto Augusto Guidini ampliò l'edifìcio, aggiungendo verso il retro una nuova sala, capace di ospitare ben quattro forni metodo Gorini, chiusi da battenti in materiale refrattario.
Per cercare di contrastare il fenomeno della cremazione (che sempre più persone sceglievano richiedendo ciò nel proprio testamento), uscì a Milano nel 1885 un libretto del sacerdote Giacomo Scurati: "Se sia lecito abbruciare i morti". Nell'opera, si legge una forte critica alla cremazione e un richiamo alla pratica della sepoltura di origine cristiana. Non mancavano descrizioni e immagini al limite del "pulp", volte a risvegliare le coscienze dei lettori, come questa raffigurazione fortemente critica del tempio milanese e del forno Gorini: Nel 1896, l'architetto Augusto Guidini ampliò l'edifìcio, aggiungendo verso il retro una nuova sala, capace di ospitare ben quattro forni metodo Gorini, chiusi da battenti in materiale refrattario.
Gli stessi che, ormai in disuso dagli anni settanta, possiamo ancora vedere in stato di abbandono, come testimoniano le mie foto scattate nel giugno 2014.
Il Famedio
Al centro del prospetto frontale del cimitero affacciato sul piazzale di ingresso domina il Famedio, o "Tempio della Fama". Originariamente progettato da Maciachini con la funzione specifica di cappella cattolica, l'edificio tra il 1869 e il 1870 viene destinato a luogo di sepoltura, celebrazione e ricordo dei milanesi di origine o di adozione (compresi gli ospiti e i cittadini onorari) che attraverso opere e azioni hanno reso illustre la città e l'Italia. Viene così a concretizzarsi l'idea di allestire un grande Pantheon ambrosiano, già viva in età napoleonica e prefigurata dalla serie di monumenti commemorativi ai cittadini celebri innalzati nel cortile e negli spazi interni del Palazzo di Brera, per eccellenza il luogo del sapere della Milano ottocentesca.
Alle forme tipiche dell'eclettismo neomedioevale di Maciachini che contraddistinguono l'esterno del Famedio e che trovano il suo elemento distintivo nel grande rosone goticheggiante sovrastante l'ingresso centrale, all'interno fa riscontro un apparato decorativo estremamente ricco e dai colori vivaci. Nella realizzazione dei lavori, avvenuta tra il 1884 e il 1887, l'architetto si vale della collaborazione di una equipe composta dal pittore Luigi Cavenaghi, dagli ornatisti fratelli Angelo e Celso Stocchetti e da molteplici scultori e marmisti, i quali rivestono letteralmente le pareti interne del Famedio con decorazioni pittoriche a motivi floreali e geometrizzanti, lapidi commemorative e altorilievi con ritratti. In seguito, Lodovico Pogliaghi esegue i cartoni per i mosaici che ornano le lunette al di sopra dei tre portali di accesso, raffiguranti (da sinistra a destra) le allegorie della Luce, della Storia e della Fama.
I personaggi
I criteri di "ammissione" al Famedio rispondono a un regolamento definito nel 1884 e in parte modificato nel 1904, il quale fissa a tre le categorie dei cittadini considerati degni di passare alla storia: gli "illustri" per meriti letterari, artistici, scientifici o atti insigni, i "benemeriti" che per virtù proprie hanno recato benefici e fama alla città e i "distinti nella storia patria" che hanno contribuito all’evoluzione nazionale. Per ricevere gli onori del Famedio non occorre esservi tumulati, molti dei personaggi ricordati nelle lapidi poste all'interno sono infatti sepolti in altre zone del Monumentale, per esempio Arturo Toscanini. Sono ricordati anche alcuni italiani illustri le cui salme riposano altrove, come Giuseppe Verdi, tumulato nella cripta della Casa di Riposo per Musicisti a lui dedicata, sita in piazza Buonarroti a Milano, oppure Giuseppe Mazzini, sepolto nel cimitero di Staglieno a Genova.
Nel Famedio sono ospitati i resti di soli sette personaggi: al centro, in un sarcogafo disegnato dallo stesso Maciachini, riposa Alessandro Manzoni, il primo ad essere traslato nel Famedio, nel 1883, a dieci anni dalla sua morte. Negli altri due sarcofaghi presenti nella grande sala si trovano Carlo Cattaneo e Luca Beltrami; mentre quattro colombari di fascia a lato ponente custodiscono i resti di Salvatore Quasimodo, Carlo Forlanini, Bruno Munari e Leo Valiani.
Nella cripta del Famedio, cui si accede dai portici di ingresso al cimitero, s’incontrano alcuni personaggi che godono tuttora di grande notorietà: Aldo Aniasi, Guido Crepax, Dario Fo e Franca Rame, Ambrogio Fogar, Giorgio Gaber, Paolo Grassi, Enzo Jannacci, Duilio Loi, Alda Merini, Giovanni Raboni.
Al centro del prospetto frontale del cimitero affacciato sul piazzale di ingresso domina il Famedio, o "Tempio della Fama". Originariamente progettato da Maciachini con la funzione specifica di cappella cattolica, l'edificio tra il 1869 e il 1870 viene destinato a luogo di sepoltura, celebrazione e ricordo dei milanesi di origine o di adozione (compresi gli ospiti e i cittadini onorari) che attraverso opere e azioni hanno reso illustre la città e l'Italia. Viene così a concretizzarsi l'idea di allestire un grande Pantheon ambrosiano, già viva in età napoleonica e prefigurata dalla serie di monumenti commemorativi ai cittadini celebri innalzati nel cortile e negli spazi interni del Palazzo di Brera, per eccellenza il luogo del sapere della Milano ottocentesca.
Alle forme tipiche dell'eclettismo neomedioevale di Maciachini che contraddistinguono l'esterno del Famedio e che trovano il suo elemento distintivo nel grande rosone goticheggiante sovrastante l'ingresso centrale, all'interno fa riscontro un apparato decorativo estremamente ricco e dai colori vivaci. Nella realizzazione dei lavori, avvenuta tra il 1884 e il 1887, l'architetto si vale della collaborazione di una equipe composta dal pittore Luigi Cavenaghi, dagli ornatisti fratelli Angelo e Celso Stocchetti e da molteplici scultori e marmisti, i quali rivestono letteralmente le pareti interne del Famedio con decorazioni pittoriche a motivi floreali e geometrizzanti, lapidi commemorative e altorilievi con ritratti. In seguito, Lodovico Pogliaghi esegue i cartoni per i mosaici che ornano le lunette al di sopra dei tre portali di accesso, raffiguranti (da sinistra a destra) le allegorie della Luce, della Storia e della Fama.
I personaggi
I criteri di "ammissione" al Famedio rispondono a un regolamento definito nel 1884 e in parte modificato nel 1904, il quale fissa a tre le categorie dei cittadini considerati degni di passare alla storia: gli "illustri" per meriti letterari, artistici, scientifici o atti insigni, i "benemeriti" che per virtù proprie hanno recato benefici e fama alla città e i "distinti nella storia patria" che hanno contribuito all’evoluzione nazionale. Per ricevere gli onori del Famedio non occorre esservi tumulati, molti dei personaggi ricordati nelle lapidi poste all'interno sono infatti sepolti in altre zone del Monumentale, per esempio Arturo Toscanini. Sono ricordati anche alcuni italiani illustri le cui salme riposano altrove, come Giuseppe Verdi, tumulato nella cripta della Casa di Riposo per Musicisti a lui dedicata, sita in piazza Buonarroti a Milano, oppure Giuseppe Mazzini, sepolto nel cimitero di Staglieno a Genova.
Nel Famedio sono ospitati i resti di soli sette personaggi: al centro, in un sarcogafo disegnato dallo stesso Maciachini, riposa Alessandro Manzoni, il primo ad essere traslato nel Famedio, nel 1883, a dieci anni dalla sua morte. Negli altri due sarcofaghi presenti nella grande sala si trovano Carlo Cattaneo e Luca Beltrami; mentre quattro colombari di fascia a lato ponente custodiscono i resti di Salvatore Quasimodo, Carlo Forlanini, Bruno Munari e Leo Valiani.
Nella cripta del Famedio, cui si accede dai portici di ingresso al cimitero, s’incontrano alcuni personaggi che godono tuttora di grande notorietà: Aldo Aniasi, Guido Crepax, Dario Fo e Franca Rame, Ambrogio Fogar, Giorgio Gaber, Paolo Grassi, Enzo Jannacci, Duilio Loi, Alda Merini, Giovanni Raboni.
per le visite guidate:https://www.milanoweekend.it/.../cimitero-monumentale.../
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