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lunedì 13 dicembre 2021

IL LAGO DI VIA LARGA

copertura del grande Sevese in via Larga 

Una piana ricoperta di brughiere e foreste di latifoglie. Nelle zone con suoli più umidi, quindi anche prossimi all’attuale Via Larga. 

Sulle rive dei corsi d’acqua e nelle isole fluviali dominavano gli arbusteti di salici e, nelle zone paludose, si sviluppava una ricca flora erbacea palustre: canne, carici, tife.

Il fiume Sevese (o Seveso) scorreva sinuoso, formando in questo punto una specie di laguna, per poi scorrere verso sud est. Grazie ad una favorevole posizione, tra tutti questi corsi d’acqua e un terreno fertile, l’uomo iniziò a colonizzare la zona. Prima si insediarono gli insubri nel VI secolo a.C, e poi nel 222 a.C. i romani, che pian piano modificarono il “lago” formato dal Seveso. Essendo Milano al centro della fascia delle risorgive tra Adda e Ticino, questo territorio è sempre stato ricchissimo d’acqua e, per poter praticare l’agricoltura e muoversi in un terreno altrimenti soltanto paludoso, gli abitanti col tempo regolarizzarono forzatamente il flusso delle acque ricorrendo a canalizzazioni e drenaggi, cui si sovrapposero opere successive che, col tempo, fecero perdere traccia e memoria dei vecchi corsi d’acqua.

I romani realizzarono le mura difensive e, ai suoi piedi, una piccola banchina per l’attracco di imbarcazioni. Infatti, da una serie di scavi effettuati inizialmente negli anni 1935-1936 per l’apertura di piazza Diaz ed una seconda volta nel dopoguerra (1951 e 1954), emerse una banchina di porto tra il Bottonuto e Via S. Clemente, con un andamento parallelo alle mura romane, dalle quali distava ben quattordici metri. La banchina era larga circa due metri e mezzo, pavimentata con lastre di serizzo posate su palificazioni di rovere alte anch’esse due metri e mezzo. In Via Larga e in Via San Clemente si alzavano due torri, adibite alla sorveglianza delle barche o, forse, a magazzini.

In seguito la città si ingrandì: vennero edificate mura di difesa, così come nuovi canali, che cancellarono la memoria di un porto a due passi dal Duomo. Così nel Medioevo questa divenne la contrada del Brolio (che significa “pascolo”) e di San Giovanni in Agugirolo o Guggirolo. La via prese l’attuale nome di “Larga” dall’arrivo degli spagnoli, che la chiamarono in questo modo perché lunga (curiosamente, “larga” in spagnolo significa “lunga”). Oggi ci rimangono solo alcuni nomi di vie che ricordano la presenza di acqua nella zona, come Via Pantano, Via Laghetto, Via Poslaghetto (ora scomparsa) e le chiese – scomparse o quasi – di San Giovanni in Conca e San Giovanni Aquagirolo (nome dalle molteplici interpretazioni, tra le quali una inerente all’acqua). La chiesa di San Giovanni era anche chiamata “in Guggirolo”, dalla forma del campanile a punta. Se ci fate caso, Via Flavio Baracchini, Via Rastrelli, Via Palazzo Reale e Via San Clemente sono tutte delicatamente in discesa verso via Larga; cosa strana per una città pianeggiante come Milano. Ciò potrebbe significare che qui c’era un grande avvallamento.

ARCO TRIONFALE DI MEDIOLANUM

In epoca romana, dopo il 380 dopo Cristo, giungendo a Milano, o meglio Mediolanum, da Roma o Piacenza, si percorreva la strada che dalla via Emilia, giungeva in città – l’odierno Corso Lodi e Corso di Porta Romana-, giunti all’altezza dell’attuale Crocetta ci saremmo trovati di fronte un bellissimo Arco in pietra candida, seguito subito dopo da una lunga via porticata lunga circa 600 metri che dall’arco trionfale conduceva sino all’ingresso della porta Placentiam (Romana), denotando da subito di entrare in una grandissima e importantissima città.

Dell’Arco e della via trionfale è rimasto pochissimo o quasi nulla, solo poche tracce che hanno permesso agli archeologi di ricostruirne la sua presenza e a grandi linee anche il suo aspetto. L’Arco venne distrutto – come altre vestigia – durante il lungo assedio delle truppe di Federico Barbarossa, che rasero al suolo la città nel 1162. Probabilmente l’arco in epoca medievale venne trasformato e utilizzato come torretta per tenere sotto controllo il territorio circostante. Mentre la Via trionfale con il colonnato e le botteghe non resistette oltre un secolo dalla sua realizzazione. Infatti il complesso rimanendo all’esterno delle mura era soggetto ad esser preso di mira da ogni tipo di predone o barbaro che passasse dalla città, rendendolo di fatto una fragile preda.

La Via Porticata si trovava lungo una via trionfale lastricata, rialzata di 70 cm rispetto alla campagna circostante per evitare che si allagasse, infatti nei pressi scorreva il fiume Seveso e vi era il famoso “lago” di via Larga con tanto i porticciolo. La via aveva un’ampiezza di circa 9,30 metri compresi i marciapiedi. Mentre i due edifici porticati si ipotizza fossero una sorta di mercato coperto con locali retrostanti (presumibilmente botteghe) con colonnato in pietra e strutture in laterizio. Gli scavi recenti, avvenuti a partire dal dopoguerra, hanno potuto anche stabilire che tipo di botteghe fossero e si è potuto anche avanzare alcune ipotesi su come potessero presentarsi, la quantità rilevante di intonaci dipinti – ritrovati malauguratamente in frammenti di minuscole dimensioni – suggerisce che molti ambienti dovevano essere anche affrescati. Per il colonnato, è stato rinvenuto solo un capitello, utilizzato per tamponare  un muro della basilica di San Nazaro. Così come 4 colonne che si trovvano all’interno della basilica e che si suppone facessero parte del famoso colonnato. Va ricordato che anche all’interno di Mediolanum vi era una via porticata, lungo il Decumano, dove oggi si trova via Santa Maria Fulcorina, nell’Ottocento vennero ritrovati i resti delle basi di colonne e una fondazione che correva per ben 75 metri.

Sotto la via porticata è documentata l’esistenza di una fognatura, parallela alla strada, in cui confluivano lateralmente gli scarichi delle botteghe.

Durante gli scavi negli anni Ottanta per la costruzione della stazione Crocetta della metropolitana 3,vennero alla luce diverse reperti archeologici, tra i quali, un basamento molto grande all’altezza dell’ingresso del teatro Carcano e una serie di altre tracce, tra le quali un presunto basamento rettangolare per un monumento funebre (ipotesi), un edificio residenziale e varie fognature. Sicuramente il basamento e i resti dell’edificio residenziale vennero demoliti e spianati (presumibilmente nella seconda metà del III secolo d.C. ) per lasciare spazio libero alla costruzione della grande fondazione per l’arco onorario che fungerà da ingresso alla via porticata e a Mediolanum.

L’Arco Trionfale l’apertura doveva essere di circa 8 m, pari all’ampiezza della carreggiata, e in tutto arrivava ai 14,75 m di larghezza, mentre l’altezza doveva essere di circa 12 metri. Per molto tempo molte fonti sostenevano che l’arco fosse quadrifronte (come nella nostra ricostruzione), con quattro archi per lato, anche perché testimoni oculari come ArnolfoLandolfo SenioreOttone Morena (tutti scrittori o cronisti del 1100) ci parlano di questo arco trionfale così come nell’opera attribuita a Sire Raul (scrittore milanese della fine del 1100, autore degli Annales Mediolanenses, in cui ha lasciato importanti cronache relative allo scontro col Barbarossa) che ne descrive i suoi quattro fornici: Sed turris quedam lapidea, mirabilis opere, posita erat in via que vadit Melegnanum, ante portam Romanam iuxta domos malsanorum, et vocabatur Arcus Romanus, quoniam quattuor arcus inferius habebat… 

Dai rilievi degli scavi archeologici, risultava che la fondazione sporgeva di circa 70 cm rispetto al piano dell’acciottolato, si deve supporre che la soprastante strada, sicuramente lastricata con basoli, aveva uno strato di preparazione abbastanza spesso da eliminare il dislivello oppure che esistesse una rampa attorno all’arco: del resto anche l’acciottolato seguiva la pendenza del suolo dalla fondazione in direzione dell’area, con un dislivello di 38 centimetri. I dati dello scavo e in particolare la presenza di materiali ben datati sotto l’acciottolato, indicano che la grande risistemazione avvenuta non prima dell’ultimo venticinquennio del 300 d.C. e concordano con quanto emerso dallo scavo di via Rugabella, in base a cui non prima della metà del IV secolo d.C. venne costruita la via porticata, imponente ingresso alla città per chi proveniva dalla direzione di Roma.

Il nostro arco come abbiamo visto resistette a tutte le demolizioni delle incursioni gote e bizantine e, sotto forma di rocca, verrà smantellata solo dalle truppe imperiali del Barbarossa. L’arco fu attribuito nelle leggende medievali al console Marcello, il conquistatore della capitale insubrica, poi a Massimiano per deduzione logica, essendo l’imperatore alla quale era stata assegnata Milano come capitale. La struttura rettangolare dell’arco si giustifica pienamente se si pensa al confronto con l’arco dei Gavii di Verona (da noi utilizzato per i nostri fotomntaggi evocativi) o, con maggiore pertinenza cronologica, con l’arco di Galerio a Salonicco che si connetteva a una via porticata come il tetrapilo di Milano. Alcuni studiosi sostengono che l’arco invece, quadrifronte, fosse simile all’arco di Marco Aurelio a Tripoli.

Arco e via Porticata dovevano dare l’impressione di entrare in una grande città, quale Milano ancora non era nel IV Secolo, nonostante il ruolo di capitale che le venne dato. Infatti la grandiosa opera viene oggi interpretata come palese propaganda politica da parte dell’imperatore Graziano, che nel 381 d.C. stabilì la sua residenza a Milano, dando il via ad una politica di collaborazione – e a tratti di contrapposizione – nei confronti del Vescovo Ambrogio, che proprio in quegli anni avviava la costruzione delle quattro basiliche, collocate in posizione “strategica” lungo i principali assi viarii della città. A conferma del periodo storico in cui vennero costruiti arco e via porticata vi è la descrizione fatta da Ausonio, che si trovò a Milano nel 379, e che non menziona nulla su alcun arco trionfale pur essendo un complesso monumentale così prestigioso, che gli avrebbe permesso di tessere le lodi del committente. Quindi è un motivo in più per collocare la progettazione della via trionfale intorno al 381-382. Altre memorie della via sono riportate nelle leggende medievali, nelle descrizioni di Galvano Fiamma (Milano, 1283 – Milano, 1344), il quale parla di un edificio “frequentissimis columnis suustentatum“, probabilmente colonne ancora esistenti ma in rovina. Anche il nome della via in epoca medievale, Borgo dritto, fa supporre la presenza della lunga strada porticata.

Immagini dell’Arco non ve ne sono, tranne un ipotetica visione realizzata nel 1776 da Domenico Aspari, il quale ricostruì l’assedio di Federico Barbarossa del 1158. Rappresentò le due cinte murarie, la romana e la “nuova” composta dai terraggi medievali. Si notano ancora il Circo, il Teatro e l’Arco (in versione turrita) trionfale romani, o almeno quello che, secondo l’Aspari, all’epoca ne restava.

Gli scavi della MM3 negli anni Ottanta, hanno permesso di stabilire finalmente che la via trionfale datava all’ultimo quarto del IV secolo e che quindi coincideva con il breve ma denso periodo della grande alleanza tra il giovane imperatore Graziano e il vescovo Ambrogio.

Ambrogio nel 380 circa, fece erigere al centro della via porticata la Basilica Apostolorum, oggi San Nazaro. Infatti dopo il 380, il vescovo Ambrogio promosse, a Milano, la costruzione di una serie di nuove basiliche, dedicate ciascuna ad una diversa tipologia di santi, (non esisteva ancora l’usanza di intitolare le chiese a un santo solo). Furono così costruite una basilica per i profeti (dedicata poi a San Dionigi, della quale si conosce solo la localizzazione vicino ai bastioni di Porta Venezia), una per i martiri (martyrum), che in seguito ospitò le sue spoglie e divenne la basilica di Sant’Ambrogio), una per le vergini (futura basilica di San Simpliciano) ed una per gli apostoli, san Nazaro in Brolo appunto. La Basilica degli Apostoli venne consacrata dallo stesso Ambrogio il 9 maggio 386.

Qui di seguito una nostra ricostruzione dell’Arco Trionfale, della via Porticata e della Porta Placentiam.

Arrivando da Piacenza si giungeva nell’area attuale di Crocetta, dove si trovava l’Arco Trionfale.


martedì 23 novembre 2021

MAUSOLEO IMPERIALE DI SAN VITTORE AL CORPO

Il mausoleo imperiale di San Vittore al Corpo fu un monumento funerario a pianta circolare della città romana di Mediolanum (la moderna Milano). Realizzato verso la fine del IV secolo nell'epoca in cui Mediolanum fu capitale dell'Impero romano d'Occidente (ruolo che ricoprì dal 286 d.C. al 402 d.C.) e situato fuori delle mura romane di Milano nei pressi di Porta Vercellina romana, accolse probabilmente le tombe della casata dell'imperatore Valentiniano. Secondo le liste episcopali medievali (X-XI secolo) all'interno del mausoleo imperiale vennero anche deposti i corpi dei primi vescovi milanesi Mirocle (313-314) e Protasio (343-344). Trasformato in cappella di San Gregorio tra il IX e il X secolo e annesso alla chiesa di San Vittore al Corpo, il mausoleo fu abbattuto nel XVI secolo in occasione della ricostruzione tardo-cinquecentesca della citata chiesa cristiana.

L'area del mausoleo imperiale fu parzialmente scavata tra il 1950 e il 1953 e tra il 1960 e il 1977, quando furono riportate alla luce un recinto fortificato, un quarto del mausoleo e circa novanta sepolture a inumazione di alto livello, nella maggior parte cristiane e in piccola parte pagane. I resti del mausoleo imperiale sono visitabili nella moderna via Olivatani 3, nei sotterranei della chiesa di San Vittore al Corpo, mentre in via San Vittore 21, all'interno del monastero di San Vittore al Corpo, che ospita il Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci, è possibile vedere ciò che resta del recinto fortificato che un tempo racchiudeva l'area del mausoleo imperiale.

Quando Diocleziano decise di dividere l'Impero romano in due, scelse per sé l'Impero romano d'Oriente, con capitale Nicomedia, mentre il suo "collega" Massimiano si mise a capo dell'Impero romano d'Occidente scegliendo come residenza e capitale Mediolanum, la moderna Milano (286 d.C.). In questa occasione il nome della città fu cambiato in Aurelia Augusta Mediolanum.

Mediolanum rimase capitale dell'Impero romano d'Occidente fino al 402 d.C., quando la corte imperiale fu trasferita a Ravenna, in quanto considerata più difendibile e meglio collegata a Costantinopoli. L'imperatore prese questa decisione dopo l'assedio di Milano del 402, che fu opera di Alarico, re dei Visigoti.

In epoca tardoantica, nell'epoca in cui Mediolanum fu capitale dell'Impero romano d'Occidente, vennero costruiti molti importanti edifici, tra cui il mausoleo imperiale, che venne innalzato a ovest della città, fuori delle mura romane di Milano, nei pressi di Porta Vercellina romana. In questa area (corrispondente all'attuale via San Vittore) erano originariamente presenti un cimitero ad martyres (cioè vi anche erano sepolti i cristiani martirizzati dalle persecuzioni romane) e, fin dal I secolo, un'antica e vasta necropoli pagana poi cristianizzata.

È proprio dalla presenza di questa cimitero cristiano che deriva il richiamo "al Corpo" nel nome del mausoleo imperiale, della chiesa di San Vittore al Corpo e del monastero di San Vittore al Corpo. Non lontano dal mausoleo imperiale venne poi costruita la Basilica di Sant'Ambrogio, il cui nome originario paleocristiano fu Basilica Martyrum, con un richiamo al citato cimitero ad martyres.

Nella stessa zona dove era già presente la citata necropoli, alla fine del IV secolo, venne eretto un imponente recinto fortificato con pianta a ottagono schiacciato. Tale struttura incluse nel suo perimetro parte della preesistente necropoli e il sontuoso mausoleo imperiale di San Vittore al Corpo, divenendo così un luogo di sepoltura privilegiato, visto che accolse le tombe della casata dell'imperatore Valentiniano, gruppo familiare che regnò sull'Impero romano dal 364, con l'ascesa di Valentiniano I, al 472, con Anicio Olibrio, l'ultimo dei valentiniani al potere.

In particolare, il mausoleo imperiale accolse le salme degli imperatori romani da Graziano (morto nel 383) a Valentiniano II (deceduto nel 392). Forse il mausoleo milanese ospitò anche la salma di Teodosio I (morto nel 395). Secondo alcune ipotesi, il mausoleo imperiale potrebbe essere stato pensato per ospitare le salme della famiglia dell'imperatore Massimiano, che fu al potere dal 286 al 305, quindi circa un secolo prima della casata di Valentiniano: il tal caso la realizzazione del mausoleo andrebbe anticipata all'inizio del IV secolo.

Molto probabilmente, in occasione della costruzione del mausoleo imperiale, venne edificata anche la basilica portiana, nome nome paleocristiano della chiesa di San Vittore al Corpo. Essa non era adiacente al mausoleo, ma venne costruita nei suoi pressi. Come consuetudine dell'epoca, gli antichi Romani realizzarono prima il mausoleo imperiale e la basilica, e solo successivamente il recinto fortificato che racchiudeva anche parte della necropoli e del cimitero.

Secondo le liste episcopali medievali (X-XI secolo) all'interno del mausoleo imperiale vennero anche deposti i corpi dei primi vescovi milanesi Mirocle (313-314) e Protasio (343-344). Trasformato in cappella di San Gregorio tra il IX e il X secolo e annesso alla chiesa di San Vittore al Corpo, il mausoleo imperiale fu abbattuto nel XVI secolo in occasione della ricostruzione tardo-cinquecentesca della citata chiesa cristiana.

L'area del mausoleo imperiale fu parzialmente scavata da Aristide Calderoni nel 1950 al 1953 e da Marco Mirabella Roberti tra il 1960 e il 1977, quando furono riportate alla luce il recinto fortificato, un quarto del mausoleo e circa novanta sepolture a inumazione di alto livello, nella maggior parte cristiane e in piccola parte pagane. Di queste prime indagini non si dispone però di un adeguato rendiconto scientifico che consenta un preciso riesame delle testimonianze archeologiche.

Il recinto fortificato sub-ottagonale, lungo internamente 132 e largo 100 metri, aveva lati lunghi 42/44 metri ed era dotato di torri semicircolari ai vertici. Il muro fuori terra, con pareti laterali in laterizio e nucleo in mattoni e ciottoli alternati a strati, era sorretto da fondazioni in conglomerato di malta e ciottoli. Il tratto di muro nord occidentale presentava all'interno nicchie affiancate da lesene, motivo forse presente anche negli altri lati della struttura. L'ingresso monumentale al recinto fortificato era collocato a sud-est ed era fiancheggiato da due torri.

Il recinto fortificato, verosimilmente posteriore ad alcune sepolture del IV secolo e al mausoleo imperiale, dovette avere lunga vita: in una pianta del 1814, tre dei suoi lati costituivano ancora confini di proprietà. All'interno di questo recinto fortificato era situato il mausoleo imperiale.

La piccola porzione del mausoleo imperiale indagata tra il 1953 e il 1960 consente tuttavia di restituirne la planimetria. Il mausoleo imperiale si presentava come un ottagono (lato di 7,5 metri) caratterizzato all'esterno sugli angoli da lesene a libro e all'interno da otto nicchie rettangolari e semicircolari alternate e divise da colonne: si tratta di una tipologia architettonica che richiama altri noti edifici milanesi (nello specifico, il battistero di San Giovanni alle Fonti e la cappella di Sant'Aquilino).

Informazioni sull'alzato del mausoleo sono desumibili solo da una veduta di un disegnatore olandese di poco precedente alla demolizione (1570), in cui il mausoleo imperiale è rappresentato ancora nella sua posizione presso la chiesa di San Vittore al Corpo. Nel rilievo si nota inoltre l'indicazione di un secondo ordine con arcate cieche: questo dato suggerirebbe la presenza all'interno di gallerie superiori, di cui rende testimonianza anche lo scrittore milanese Giacomo Filippo Besta nel XVI secolo.

Dell'originario sontuoso apparato decorativo che caratterizzava l'interno del monumento fino alla sua demolizione restano pochissime tracce. Sappiamo che i pavimenti erano costituiti da lastre di marmo accostate con tecnica opus sectile, mentre la parte delle mura verticali interne che era appoggiata al pavimento era rivestita da uno zoccolo di marmo grigio. Le pareti interne del mausoleo imperiale dovevano essere impreziosite da tarsie di marmo e di vetro, mosaici, dipinti e da un intonaco dipinto.

Dell'antico mausoleo imperiale di Mediolanum sono giunti sino a noi pochi resti. Gli unici suoi resti si trovano nella moderna via San Vittore 25, nei sotterranei della chiesa di San Vittore al Corpo, che corrispondono a un quarto della superficie dell'antica struttura. Questo sito archeologico, che è visitabile da parte del pubblico con l'ingresso in via Olivatani 3, è costituito da due delle otto nicchie che un tempo ornavano le pareti interne del mausoleo imperiale e da una piccola porzione del pavimento in lastre di marmo.

In via San Vittore 21, all'interno del Monastero di San Vittore al Corpo, che ospita il Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci, è possibile vedere ciò che resta del recinto fortificato che un tempo racchiudeva le aree del mausoleo imperiale e della necropoli. Nello specifico, questi resti sono costituiti da ciò che rimane delle due torri che fiancheggiavano l'ingresso del recinto fortificato, e dai resti di un tratto di muro del recinto stesso, quello verso sud-est. Il sito è liberamente visitabile da parte del pubblico. All'interno del museo, situate al piano terreno, è possibile vedere alcune antiche epigrafi della necropoli cristiana. Tra esse, è stata rinvenuta un'epigrafe che risale al 386 d.C. e che si riferisce alla sepoltura di un praesbyter di nome Probo, carica ecclesiastica seconda solo a quella di vescovo (l'epigrafe è stata rinvenuta nei pressi delle mura esterne del mausoleo imperiale a testimoniare l'importanza della persona sepolta): essa rappresenta il più antico documento databile con precisione della Milano cristiana.

In via San Vittore 29 è presente un sito archeologico, non visitabile da parte del pubblico, che conserva il tratto nord-ovest del recinto fortificato. Si trova nel giardino dell'Istituto del Buon Pastore ed è costituito da un muro aventi nicchie larghe 3 metri a cui lati sono presenti resti di lesene pensili in laterizio. Questo tratto di muro era forse destinato a conservare sarcofagi oppure ad accogliere le mensae dei banchetti funebri. In questo sito archeologico sono state anche trovate tombe a cappuccina un tempo appartenenti all'antica necropoli.

L'elevato numero di tombe trovate documentano la grandezza della necropoli e del successivo cimitero cristiano, testimoniando la presenza di una vera e propria "cittadella dei morti". Durante gli scavi archeologici sono stati trovate sia tombe pagane che tombe cristiane, a volte provviste del corredo funebre.

venerdì 12 novembre 2021

CONCILIO DI MILANO

 Il Concilio di Milano è stato un concilio di natura scismatica convocato nel 355 a Mediolanum (la moderna Milano), nel periodo in cui la città era capitale dell'Impero romano d'Occidente, dall'Imperatore romano Costanzo II allo scopo di condannare la dottrina trinitarista in favore dell'arianesimo.

Il concilio si tenne nel 355 nella Basilica maior, edificata solo cinque anni prima, sotto gli auspici del vescovo milanese Dionisio, sostenitore dell'Imperatore.

L'Imperatore, come già avvenuto al precedente concilio di Arles (Arelate), inviò all'assemblea una lettera contenente le dichiarazioni ariane che si aspettava fossero controfirmata dai vescovi ed una richiesta di scomunica per il trinarista Atanasio di Alessandria, campione dell'ortodossia. In un primo momento l'assemblea sembrò propendere per l'approvazione, sospinta anche da Dionigi di Milano, il quale non esitò a sottoscrivere la condanna anche perché, come racconta sant'Ambrogio nelle sue opere a parziale discolpa di quest'ultimo, questa condannava sostanzialmente Atanasio per lesa maestà nei confronti dell'Imperatore e non per questioni dottrinarie.

I rapporti di forza mutarono però all'arrivo a Milano dell'ortodosso vescovo Eusebio di Vercelli, il quale chiese che la condanna di Atanasio venisse invalidata per vizio di forma e impose ai vescovi presenti la professione di fede nicena, i quali rigettarono le tesi ariane. A quel punto l'Imperatore ordinò che la sede conciliare venisse trasferita nel Palazzo Imperiale ed impose che venisse rinnovata la sentenza di condanna per Atanasio. Molti vescovi, tra cui Eusebio di Vercelli, Lucifero di Cagliari e Paolino di Treviri, che si rifiutarono di sottostare alla volontà dell'Imperatore vennero esiliati in Oriente. Lo stesso Dionigi di Milano venne deposto, inviato in Cappadocia e sostituito sulla cattedra episcopale dall'ariano Aussenzio, seguace di Ulfila, l'Apostolo dei Goti, e appoggiato dall'imperatrice Giustina.

La scomunica nel 368 di Aussenzio da parte di papa Damaso spianò la strada all'elezione episcopale nel 374 del governatore della Regio XI Transpadana, Ambrogio di Treviri.

lunedì 1 novembre 2021

BASILICHE PALEOCRISTIANE DI MILANO

 Le basiliche paleocristiane di Milano sono le prime chiese cristiane costruite nella città a partire dal 313, subito dopo l'editto di Milano di Costantino, che ammise il cristianesimo tra le religioni praticate nell'Impero romano. La maggior parte fu edificata in epoca romana tardoimperiale nel periodo in cui la città romana di Mediolanum (la moderna Milano) era capitale dell'Impero romano d'Occidente (ruolo che ricoprì dal 286 al 402).

Le chiese più antiche furono la cattedrale di Santa Maria Maggiore (Basilica vetus), la basilica di Santa Tecla e la basilica di San Lorenzo Maggiore (Basilica palatina), mentre quelle "ambrosiane", cioè quelle volute da sant'Ambrogio, furono la basilica di San Nazaro in Brolo (Basilica apostolorum), la basilica di Sant'Ambrogio (Basilica martyrum), la basilica di San Dionigi (Basilica prophetarum) e la basilica di San Simpliciano (Basilica virginum).

Altre chiese paleocristiane di Milano furono la basilica di San Giovanni in Conca (Basilica evangeliorum), la basilica di San Vittore al Corpo (Basilica portiana), la basilica di San Calimero (Basilica sancti Calimerii) e la basilica di Sant'Eustorgio (Basilica trium magorum), mentre l'unica costruita dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente fu la basilica di San Vincenzo in Prato (Basilica virginum).

Durante la tetrarchia la città divenne capitale dell'Impero romano d'Occidente su volere dell'imperatore Massimiano (286-305). L'accordo tra Costantino e Licinio (noto come l'editto di Milano del 313) segnò anche l'inizio di profonde e radicali trasformazioni: l'incoraggiamento del culto cristiano portò alla metodica distruzione dei monumenti invisi alle autorità cristiane.

A questo proposito è interessante notare che nella base su cui venne costruito San Lorenzo sono state riconosciute delle pietre tolte dall'anfiteatro di Milano, segno che era stata iniziata la demolizione del grande edificio (del I secolo uno dei più grandi anfiteatri dell'Impero) tra la fine del IV o all'inizio del V secolo.

Questo impiego era giustificato sia per la presenza di corsi d'acqua attorno alla zona dove fu costruito San Lorenzo, sia perché le grandi pietre a Milano erano scarse, trovandosi in una pianura argillosa. Sia questo fatto, che il posizionamento delle famose colonne davanti al cortile, indicano che l'edificazione delle grandi basiliche di epoca imperiale venne fatta anche a spese degli edifici pagani.

Le basiliche paleocristiane di Milano possono essere suddivise in più categorie, corrispondenti a periodi successivi.

Le prime basiliche di cui si ha notizia sono "basiliche doppie". Questa particolare conformazione forse derivava dall'aspetto degli horrea romani o, più probabilmente, si trattava, come ad Aquileia, di chiese separate per i battezzati e per i catecumeni, essendo il sacramento battesimale a quell'epoca concesso solo al completamento di un processo di conversione e purificazione spirituale. La basilica di Santa Tecla (le cui rovine sono visitabili sotto il Duomo) aveva già comunque un'abside di tipo tradizionale, che ricorda quelle delle "basiliche" annesse ai grandi palazzi civili.

Una fase successiva corrisponde a quella delle grandi basiliche della più tarda romanità, a forma poligonale, a croce, ecc. Questi furono i modelli adottati (oltre che a Milano) anche per alcune tra le maggiori basiliche più famose del tardo Impero, come quelle di Costantinopoli.

giovedì 28 ottobre 2021

PORTO FLUVIALE ROMANO DI MILANO

 Il porto fluviale romano di Milano fu un punto di attracco per piccole imbarcazioni realizzato a Mediolanum (la moderna Milano) lungo il fiume Seveso dagli antichi romani. È stato il primo porto fluviale di Milano ed era in comunicazione, tramite la Vettabbia, con il Lambro, quindi con il Po e infine con il mare Adriatico.

Davanti alle mura romane di Milano, tra le moderne via del Bottonuto e via San Clemente, si estendeva una banchina portuale affacciata ad un laghetto che consentiva l'attracco di piccole imbarcazioni in corrispondenza della moderna via Larga, lungo la quale scorreva il Seveso. Il laghetto venne in seguito prosciugato e fu al suo posto realizzata la fossa di scolo delle acque di scarico e dei rifiuti, chiamata butinucum, che diede poi il nome al quartiere Bottonuto. Questo fu il primo porto fluviale di Milano che era in comunicazione, tramite la Vettabbia, con il Lambro, quindi con il Po e infine con il mare Adriatico.

Restò il ricordo di tale laghetto nel nome della via Poslaghetto, scomparsa negli anni cinquanta del XX secolo per fare posto alla Torre Velasca. Di questo collegamento fa menzione nell'XI secolo Landolfo Seniore nella sua Historia Mediolanensis, mentre una "patente" di Liutprando re dei Longobardi (690-740) parla di un porto tra Lambro e Po. Ancora a favore della tesi, due ritrovamenti, uno in piazza Fontana e l'altro in via Larga, di un lungo manufatto romano (un pavimento litico su palafitte) che appare come una banchina portuale. Il materiale, costituito da lastre in serizzo di due metri e mezzo e pali di rovere, è conservato al Museo civico di storia naturale di Milano.

A causa del successivo prosciugamento e della seguente trasformazione in fossa di scolo delle acque di scarico e dei rifiuti, gli archeologi moderni, in questa area, hanno trovato una straordinaria discarica dell'antichità, che ha permesso loro di meglio ricostruire la vita quotidiana della Mediolanum imperiale.

Mediolanum era un importante snodo commerciale visto che, oltre alla presenza del porto fluviale, vi passavano la via Gallica, la via delle Gallie, la via Regina, la via Spluga, la via Mediolanum-Bellasium, la via Mediolanum-Bilitio, la via Mediolanum-Brixia, la via Mediolanum-Placentia, la via Mediolanum-Ticinum e la via Mediolanum-Verbannus.

Il laghetto fu realizzato modificando opportunamente una laguna naturale formata da un'ampia ansa naturale paludosa del Seveso. Per realizzarlo vennero bonificate le zone paludose (compresa quella dove sarebbe sorto il porto) e fu predisposta un'opera di canalizzazione del fiume così da renderlo navigabile da parte delle piccole imbarcazioni. Sorgeva nei pressi di Porta Tosa romana (lat. Porta Tonsa), da cui il nome della porta (tonsa in latino significa "remo").

Il piccolo porto fluviale era largo 7 metri e profondo 1,5. La banchine, in lastre di serizzo, erano ampie 2,5 metri, mentre le fondamenta erano realizzate in pali di rovere che entravano nel terreno fino a una profondità di 2,5 metri. In corrispondenza della moderna via Larga, la banchina distava 14 metri dalle mura. Lungo la banchina era anche presente una torre di guardia che serviva per tenere sotto osservazione il traffico fluviale e il magazzino dove venivano stipate temporaneamente le merci.

Per quasi due secoli ancora Mediolanum rimase una città profondamente celtica e poco romana; questi ultimi però iniziarono subito a modificare la città, romanizzandola tramite un colossale sistema di opere pubbliche, tipiche di Roma.

Il Foro, i canali di scolo, i templi delle divinità romane, le strade e le piazze lastricate, edifici in pietra, così rari in una Milano dove le cave di pietra distano decine di chilometri e un anello di mura difensive.

Oltre a queste opere i Romani deviarono anche dei corsi d'acqua, principalmente due, il Nirone e il Seveso; la loro deviazione serviva a creare un fossato difensivo che corresse esternamente alle nuove mura.

Il Nirono correva sul lato occidentale, il Seveso su quello orientale. I due canali vennero chiamati Piccolo e Grande Sevese (Sevese era il nome originale del fiume Seveso).

Il Grande Sevese, giunto all'altezza dell'odierno Verziere, poco a sud di Piazza Fontana, giungeva in un'area che presentava un vastissimo e profondo avvallamento che correva verso sud-est,partendo dalle mura, che correvano all'altezza delle odierne Vie delle Ore, Pecorari e Paolo da Cannobio, sino ad arrivare all'altezza dell'odierna Via Orti.
Quel gigantesco prato ridotto ad acquitrino venne dragato nella parte più a nord, trasformandolo in un laghetto artificiale, lungo circa 200 metri e profondo abbastanza per essere navigabile.
Sul lato nord furono costruite delle banchine per far attraccare navi e zattere e per scaricare le merci.
A ridosso del lago, sulla sponda settentrionale, sorse un quartiere a servizio del porto, con magazzini e depositi, ma anche taverne e locande.
Il quartiere divenne poi noto come Bottonuto; il nome pare derivi da "butinucum", una tecnica che i romani usavano per drenare i prati troppo intrisi d'acqua, come era il caso del prato a sud del porto.
La tecnica prevedeva l'utilizzo di anfore tagliate a metà, dette "butinucum", che facevano filtrare l'acqua dalla superficie verso il basso.
Mappa dell'antica Milano romana (Mediolanum) (sec. III-V) con indicate le mura e le porte romane di Milano, il foro romano di Milano, il teatro romano di Milano, l'anfiteatro romano di Milano, il circo romano di Milano, l'area del palazzo imperiale romano di Milano (in rosa più tenue), la zecca romana di Milano, le terme Erculee, il mausoleo imperiale di Milano, la via Porticata con l'arco trionfale, i magazzini annonari romani di Milano (lat. horrea), il porto fluviale romano di Milano, i castelli romani di Milano e le basiliche paleocristiane di MilanoIn blu la presunta area del porto, in giallo l'area del "brolo", in azzurro le mura romane del I° secolo a.C., in arancione il Foro Romano, in rosso il quartiere portuale, poi noto come Bottonuto.

lunedì 25 ottobre 2021

QUATTRO CASTELLI

 I castelli romani di Milano rappresentano l'insieme delle quattro caserme che ospitavano i vari corpi militari dislocati fuori dalle mura cittadine a difesa della città di Mediolanum, il cui centro abitato corrisponde alla moderna Milano, di cui rappresenta l'evoluzione storica.

I castelli romani (lat. castra) di Mediolanum erano il Castrum Vetus, il Castrum Portae Novae, l'Arx Romana e il Castrum Portae Jovis. Nella stessa area dove sorgeva il Castrum Portae Jovis venne costruito, in epoca medievale, il Castello di Porta Giovia che fu poi trasformato nel moderno Castello Sforzesco.

L'antica Mediolanum era difesa, oltre che da mura e torri, anche da quattro fortificazioni, tutte esterne alle mura, la più antica delle quali era conosciuta come Castrum Vetus, che si trovava nei pressi di Porta Ticinese romana. Gli altri castelli erano il Castrum Portae Novae, che si trovava nei pressi di Porta Nuova romana lungo il prolungamento del cardo fuori dalle mura cittadine (dall'altro lato del cardo, sempre fuori dalla cinta muraria, era presente il già citato Castrum Vetus), mentre lungo i prolungamenti esterni del decumano erano situati l'Arx Romana, appena fuori da Porta Romana, e il Castrum Portae Jovis, che sorgeva nei pressi di Porta Giovia romana. L'Arx Romana, in particolare, era situata sulla sommità di una piccola collina (arx, in latino, significa "rocca, "fortezza", ma anche "altura", "sommità", "luogo elevato").

Il Castrum Portae Jovis iniziò a rivestire, a partire dal 286, quando Mediolanum diventò capitale dell'Impero romano d'Occidente, anche la funzione di Castra Praetoria, ovvero di caserma dei pretoriani, reparto militare che svolgeva compiti di guardia del corpo dell'imperatore. Tale zona era quindi il "Campo Marzio" di Mediolanum, ovvero l'area consacrata a Marte, dio della guerra, che era utilizzata per le esercitazioni militari. L'ultima delle quattro fortificazioni che venne costruita fu il Castrum Portae Novae. Dei quattro castelli non sono giunte sino a noi tracce archeologiche, ma solo menzioni nei documenti. Nella stessa area dove sorgeva il Castrum Portae Jovis venne costruito, in epoca medievale, il Castello di Porta Giovia, che fu poi trasformato nel moderno Castello Sforzesco.

La destinazione del castello nord occidentale a Castra Praetoria è legato all'orientamento degli edifici nel foro romano di Milano. In particolare, fu il Capitolium, che era dedicato alla Triade Capitolina, a dare alla toponomastica della Mediolanum dell'epoca, quando la città divenne capitale dell'Impero d'Occidente: dato che nel gruppo scultoreo principale del Capitolium, Giove era seduto al centro, con Minerva alla sua destra e Giunone a sinistra, fu deciso di destinare il castello difensivo nord occidentale, che si trovava alla destra del Capitolium, alla funzione di Castra Praetoria, ovvero a sede dei pretoriani, che erano un reparto militare che svolgeva compiti di guardia del corpo dell'imperatore (Minerva è infatti anche la dea della lealtà durante la lotta): la porta verso cui si accedeva a questo castello (che era esterno alle mura cittadine come gli altri tre) fu poi chiamata Porta Giovia).

Le mura romane di Milano furono distrutte dell'esercito di Federico Barbarossa durante l'assedio del 1162, venendo poi sostituite dalle mura medievali di Milano.

PARCO DEL CITYLIFE

CityLife vanta uno tra i parchi più ampi di Milano, ma soprattutto è ricco di opere d’arte che lo rendono un vero museo a cielo aperto tutto...