lunedì 23 agosto 2021

FIUME SEVESO

 GRANDE SEVESE e PICCOLO SEVESE (Fiume Seveso)



Il Seveso (Séves in lingua lombarda) è un fiume italiano a carattere torrentizio lungo 52 chilometri il cui corso si sviluppa interamente in Lombardia nelle province di Como, Monza e Brianza e Milano. Nasce a Cavallasca, in provincia di Como, sul Monte Sasso, in prossimità della frontiera tra l'Italia e la Svizzera, a quota 490 m s.l.m, nel territorio del Parco Spina Verde di Como, tra Cavallasca e San Fermo della Battaglia. Esso contribuisce a formare il confine occidentale della Brianza.

In origine il Seveso raggiungeva il centro storico di Milano sfiorando l'abitato sul suo lato orientale. L'alveo naturale del Seveso transitava nei pressi delle mura medievali, da Porta Orientale medievale a Porta Romana medievale, seguendo poi il percorso del Cavo Redefossi e sfociando nel Lambro a Melegnano: il Cavo Redefossi rappresenta quindi la parte finale dell'antico alveo naturale del Seveso prima della modifica del suo percorso, che fu opera degli antichi Romani.

Il Seveso scorre oggi coperto per quasi nove chilometri dal confine comunale tra Bresso e Milano alla confluenza nel Naviglio della Martesana, che pone fine al suo corso. L'attuale "foce" del Seveso nel Naviglio della Martesana è al di sotto del manto stradale di via Melchiorre Gioia a Milano, all'altezza di via Giacomo Carissimi.

Il Seveso è stato il primo fiume facente parte dell'idrografia di Milano a cui gli antichi Romani modificarono il percorso: il suo corso naturale originariamente lo portava, provenendo da nord est, a sfiorare Mediolanum sul suo lato orientale. L'alveo naturale del Seveso seguiva poi il percorso del moderno Cavo Redefossi, sfociando infine nel Lambro a Melegnano.

Secondo la ricostruzione fatta nel 1911 dall'ingegner Felice Poggi, all'altezza di Milano, il Seveso sarebbe originariamente transitato nei pressi delle future mura medievali, da Porta Orientale medievale a Porta Romana medievale, il cui luogo dove sarebbero sorte, in epoca romana, era al di fuori dal centro abitato dell'antica Mediolanum.

In particolare il Seveso giungeva nel centro storico di Milano da nord est seguendo la moderna via dei Giardini per poi piegare a sud est seguendo le moderne via Monte Napoleonepiazza San Babila (e piegando decisamente verso ovest) corso Europa e via Larga fino all'altezza della futura Porta Romana medievale.

Da qui l'antico alveo naturale del Seveso piegava verso sud est per percorrere, lungo i moderni corso di Porta Romana e corso Lodi, il suo alveo naturale lungo il moderno "canale di Porta Romana" (conosciuto anche con il nome di "canale Vittadini"), che è stato in seguito interrato. Quest'ultimo intercettava poi il Cavo Redefossi all'altezza delle future mura spagnole di Milano: da questo punto in poi il Seveso percorreva il suo alveo naturale lungo il moderno Cavo Redefossi fino alla sua foce nel Lambro a Melegnano.

Dato che l'antica Mediolanum era cresciuta e serviva nuova acqua per i più svariati usi (per gli artigiani nonché per gli usi pubblici, domestici e difensivi) gli antichi Romani deviarono parte delle acque del Seveso, che scorreva lungo il perimetro orientale dell'abitato, verso il torrente Nirone, che transitava poco più a ovest.

Furono scavati due canali artificiali che avevano origine da due punti precisi dell'alveo naturale del Seveso, uno all'altezza dell'incrocio tra le moderne vie Borgonuovo e monte di Pietà, e l'altro più a sud all'altezza della futura Porta Romana medievale: entrambi vennero scavati verso ovest per intercettare il corso del Nirone. Anche il corso del Nirone venne modificato, con lo spostamento del suo alveo ancora più a ovest grazie alla costruzione di un canale artificiale che era la naturale prosecuzione verso occidente del canale che intercettava il Nirone all'altezza delle moderne vie Borgonuovo e monte di Pietà: questo canale diventò il nuovo alveo del Nirone. Venne anche realizzato, lungo il Seveso, il porto fluviale romano di Milano, che aveva banchine larghe 2,5 metri e che era in grado di far attraccare piccole imbarcazioni.

In particolare il nuovo alveo del Nirone rettificava verso ovest l'originario corso del torrente, per poi piegare verso sud e intercettare l'alveo naturale del Nirone all'altezza della moderna piazza Vetra, nei pressi della futura basilica di San Lorenzo, dove tornava a scorrere nell'antico letto con il nome di canale Vetra.

Con la costruzione di questi canali, si creò un anello d'acqua che circondava il centro abitato di Milano. Al tratto occidentale di questo anello d'acqua (ovvero il nuovo alveo artificiale del Nirone) fu dato il nome di Piccolo Sevese (l'antico toponimo però non scomparve completamente, visto che il Piccolo Sevese è conosciuto ancora oggi anche con il nome di "Nirone"), mentre alla restante parte dell'anello d'acqua, quella che circondava Milano a nord, a est e a sud (ovvero il corso d'acqua costituito dal letto naturale del Seveso e dai due canali artificiali realizzati per intercettare le acque del Nirone) fu dato il nome di Grande Sevese forse perché lungo esso passava il traffico fluviale, viste le sue dimensioni maggiori.

Il nuovo alveo del Nirone fu chiamato "Piccolo Sevese" perché questo corso d'acqua, sebbene avesse una portata d'acqua più limitata (tant'è che è classificato come un "torrente"), aveva il medesimo ruolo del fiume Seveso, ovvero portare acqua alla città e al suo fossato difensivo.

Il Grande Sevese e il Piccolo Sevese si allargavano costeggiando il perimetro esterno di Milano per poi convergere e sfociare entrambi nel già citato canale Vetra (da cui il nome della moderna piazza), che raccoglieva le acque di scolo della città e che fungeva da scaricatore dell'anello d'acqua costituito dal Grande Sevese e dal Piccolo Sevese.

L'anello d'acqua formato dal Grande Sevese e dal Piccolo Sevese diventò poi il fossato delle mura romane di Milano, che vennero costruite in posizione poco più interna rispetto a questo sistema idraulico circolare. In particolare il Grande Sevese costituiva il lato settentrionale, meridionale e orientale del fossato, mentre il Piccolo Sevese ne formava il suo ramo occidentale. Il Grande Sevese e il Piccolo Sevese esistono ancora e sono i canali più antichi di Milano, dato che risalgono all'età romana repubblicana.

Il Grande Sevese scorre oggi nel sottosuolo della città sotto le vie dell'Orso, via Monte di Pietà, via Monte Napoleone, piazza san Babila, via Larga, via Dei Disciplini e piazza Vetra: l'apporto d'acqua è ora fornito da un piccolo canale sotterraneo che scorre sotto via San Marco e via Borgonuovo innestandosi nel Grande Sevese in via Montenapoleone, e che deriva le sue acque dal Naviglio della Martesana, canale artificiale che venne completato tra il 1471 e il 1496.

Il tracciato del Piccolo Sevese, come già accennato, è totalmente artificiale: è stato realizzato dagli antichi Romani deviando verso ovest il tratto cittadino del torrente Nirone, che originariamente passava nel suo alveo naturale lungo le moderne corso Garibaldi, via Broletto e via Torino per poi percorrere il futuro canale Vetra. Con la sua deviazione artificiale verso ovest, il Nirone circondava ora in modo più ampio e efficace il lato occidentale del centro abitato dell'antica Mediolanum.

Il Piccolo Sevese, che è attivo ancora oggi, percorre sotto il manto stradale diverse vie del centro di Milano partendo da Foro Bonaparte angolo via Tivoli (un tempo rifornito d'acqua dalla "roggia civica", che proveniva da nord costeggiando il Cimitero Monumentale di Milano e che si innestava nel Piccolo Sevese nel punto in cui il Nirone fu anticamente deviato verso ovest: la roggia civica corrispondeva al primo tratto cittadino dell'antico alveo naturale del Nirone), toccando via San Giovanni sul Muro, corso Magenta e via Nirone e arrivando nei pressi del Carrobbio per poi giungere in piazza Vetra.

Dalla presenza del letto artificiale del Nirone, poi diventato Piccolo Sevese, è derivato il nome di "via Nirone", strada laterale di corso Magenta situata nei pressi di questo canale artificiale. Come già accennato, altra traccia dell'antica presenza di questo torrente in città è il fatto che l'altro nome con cui viene comunemente chiamato il Piccolo Sevese sia ancora oggi "Nirone". Il Grande Sevese e il Piccolo Sevese si uniscono poi in piazza Vetra, nei pressi della basilica di San Lorenzo, dando origine al canale Vetra, che confluisce poi nella Vettabbia, corso d'acqua ampliato dagli antichi Romani che corrisponde al tratto terminale dell'alveo naturale del Nirone e che sfocia nel Cavo Redefossi (corrispondente invece, come già accennato, all'antico letto naturale del Seveso) a San Giuliano Milanese.

Dal Seveso fu poi realizzata una derivazione che portava acqua alle Terme Erculee, erette tra la fine del III secolo e l'inizio del IV dall'imperatore Massimiano Erculio e andate distrutte durante le invasioni barbariche del V secolo o nel 1162, quando l'imperatore Federico Barbarossa fece radere al suolo Milano.

Anche l'Olona fu deviato verso Milano, sempre in epoca romana, per lo stesso motivo: il fabbisogno d'acqua della popolazione della città, diventata molto numerosa con il passare dei secoli. Il modesto regime idrico di Seveso e Merlata non era infatti più sufficiente a soddisfare le necessità di Milano. L'Olona, che garantiva una quantità d'acqua di gran lunga superiore a quella di Seveso e Merlata, venne deviato a Lucernate, frazione di Rho, verso Milano, tra la fine dell'era repubblicana e i primi decenni dell'età imperiale. Come destinazione finale del nuovo percorso dell'Olona fu scelto il fossato delle mura romane di Milano. In particolare l'Olona riversava le sue acque alla confluenza tra il Piccolo Sevese e il canale Vetra.

L'Olona rimase affluente del fossato delle mura romane fino al XII secolo, quando venne deviato nel fossato difensivo delle mura medievali di Milano, più esterne di quelle romane, all'altezza della moderna piazza della Resistenza Partigiana.

Quando, nel 1471 terminarono i lavori di costruzione del Naviglio della Martesana alla Cassina de' Pomm, le scarse acque in eccesso del naviglio stesso si riversavano nel Seveso poco lontano, ma quando la Martesana fu portata fino a Milano (1496), i due corsi d'acqua si intersecarono, perché lo sbocco del Seveso nella fossa interna era più a est di quello del nuovo canale.

All'intersezione, il Seveso venne incanalato, forse per un tratto nel suo antico alveo naturale, dando origine alla roggia Gerenzana, ma il carico idrico su Milano in caso di concomitanti piene del Seveso e del Naviglio della Martesana era diventato eccessivo e si avvertì l'esigenza di creare un canale che potesse scaricarle prima che entrassero, attraverso la conca dell'Incoronata, nel Naviglio di San Marco, recapitandole direttamente nella Cerchia dei Navigli più a valle.

Lo scolmatore, che riprendeva parzialmente, come già accennato, l'antico alveo naturale del Seveso, fu chiamato Redefosso, probabilmente dalla contrazione di retrofossum che troviamo in documenti antichi a indicarne la posizione arretrata rispetto alle mura di Porta Nuova medievale. Con la costruzione delle mura spagnole, fu naturale che il Redefossi le contornasse dal ponte delle Gabelle (poco a oriente della Porta Nuova spagnola) fino a confluire nella Vettabbia (a quel punto già uscita dalla Cerchia dei Navigli) nei pressi di Porta Lodovica.

Il Redefossi portato fino a Melegnano

La portata aggiunta alla Vettabbia non trovò infatti sufficiente sfogo nell'irrigazione dei terreni circostanti e le esondazioni divennero via via più frequenti e colpirono sia la città, da Porta Tosa fino a Porta Lodovica, sia le campagne sottostanti con effetti catastrofici. Si instaurò allora una lunga polemica tra chi considerava come soluzione del problema un minore afflusso d'acqua verso la città e chi pensava che un migliore deflusso a valle avrebbe risolto il problema.

In realtà, nel 1708 il governo aveva provveduto a una risistemazione dell'alveo del cavo, tra Porta Nuova e Porta Lodovica, senza ricavarne alcun reale beneficio; dopo la metà del secolo la polemica infuriava coinvolgendo sulle opposte tesi illustri ingegneri-idraulici come Giovanni Antonio Lecchi e Dionigi Maria Ferrari, architetto camerale.

A offrire la soluzione, sarà l'ingegnere Pietro Parea, ingaggiato da un gruppo di "Utenti della Vettabbia", che progetterà il prolungamento del Redefossi fino quasi a Melegnano: il costo dell'opera fu poi assai elevato (un milione di lire milanesi), ma con molto realismo il governo austriaco rispose che la cifra fosse inferiore a quella sborsata in occasione di una delle ricorrenti esondazioni. Così, approfondite le indagini tecniche, i lavori iniziarono nel 1783 e furono terminati nel giro di tre anni. Il percorso era quello odierno fino alla Vettabbia prima della sua foce nel Lambro.

La copertura e la tombinatura del Seveso a Milano avvennero gradualmente, con l'espandersi della città. Le prime datano dalla fine del XIX secolo e riguardarono il tratto dal Naviglio della Martesana a Porta Nuova, iniziando dai Bastioni spagnoli e risalendo fino a via Ponte Seveso e in un secondo tempo fino al Naviglio della Martesana, in via Melchiorre Gioia dove, all'altezza di via Giacomo Carissimi, ha la sua foce.

Sulla destra del Naviglio della Martesana fino a viale Zara (piazzale Istria) la copertura è stata effettuata a partire dagli anni trenta, mentre le successive, che sono una conseguenza del Piano Regolatore Generale della città del 1953, si estesero in anni più recenti verso la periferia, prima sino a Niguarda poi lungo la via Ornato, fino al confine comunale con Bresso.



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