mercoledì 21 luglio 2021

IL BOTTONUTO

Il Bottonuto era collocato in un rettangolo racchiuso tra Piazza Missori e le attuali vie: Unione, Cappellari, Falcone, Rastrelli , Larga e piazza Missori, a sud di Piazza Duomo in corrispondenza dell'attuale Piazza Diaz.

Il Bottonuto si estendeva nell'area delimitata (in senso orario a partire da ovest) dalle attuali vie Cappellari, Rastrelli, Larga, Velasca, Corso di Porta Romana, Piazza Missori, Via Mazzini. Il quartiere si sviluppava attorno a tre vie in direzione nordovest – sudest che seguivano l'antico tessuto urbano della città romana di Mediolanum. Esse erano, con riferimento all'attuale toponomastica:

  • Via Tre Alberghi, continuazione di Via Speronari. Essa dopo l'incrocio con Via Paolo Da Cannobio assumeva il nome di Via Bottonuto che a sua volta si apriva su Via Larga con uno slargo triangolare, spesso denominato impropriamente Largo Bottonuto;
  • Via Visconti che partendo da Via Cappellari, sfociava su Via Paolo da Cannobio senza raggiungere Via Larga;
  • Via Rastrelli che costeggia il Palazzo reale e sbocca in via Larga sotto il ponte che congiungeva le scuderie del Palazzo reale (oggi Comune di Milano - Sede anagrafica Municipio 1) al teatro della Cannobiana – oggi Teatro Lirico di Milano.

Le vie in direzione perpendicolare (da sudovest a nordest) erano due:

  • Via di San Giovanni in Conca che via univa Piazza Missori con Via Visconti senza sfociare in Via Rastrelli; (il nome è stato poi assegnato alla via che unisce Via della Signora con Via Francesco Sforza a poche centinaia di metri);
  • Via Paolo da Cannobio che partendo da Corso di Porta Romana univa le tre vie del quartiere parallelamente a Via Larga. La via si immetteva inizialmente a T in Via Rastrelli fino a quando (tra il 1914 ed il 1930) fu aperta Via Pecorari.

All'inizio di Via Bottonuto in corrispondenza di una piazzetta – sede dell'antica Pusterla del Bottonuto – si dipartivano due vicoli: Vicolo delle Quaglie ad ovest e vicolo del Cantoncello ad est. Quest'ultimo era anche noto come Vicolo Budellino o Stretta degli Ebrei.

Il cosiddetto Largo del Bottonuto costituiva la naturale unione delle vie Pantano e Chiaravalle all'incrocio con Via Larga. Lì si teneva nel XVII secolo il mercato del vino. In tale slargo si trovava una colonna (obelisco) di granito rosso di Baveno sormontato da una crocetta. Tale monumento fu benedetto dal cardinale Federico Borromeo nel 1607 per scongiurare la peste e fu definitivamente spostato in Via Marina nel 1872 dove si trova tuttora.

Via Tre Alberghi si era chiamata Via Tre Re in onore dei Re Magi ed era stata poi chiamata Via Tre Alberghi durante la Repubblica Cisalpina, quando molti riferimenti religiosi erano stati cancellati, in considerazione della presenza di tre alberghi: dei Tre Redel Cappello Rosso e Reale.

La Via Paolo da Cannobio si era chiamata Contrada dei Moroni nel tratto da Corso di Porta Romana a Via Bottonuto e poi Via del Pesce fino a Via Rastrelli.

Il nome sembra essere derivato da un'opera idraulica romana denominata butinucum riferibile al vocabolo italiano bottino cioè una cavità o fossa di scolo delle acque di scarico e dei rifiuti. L'accesso a tale fossa sarebbe stato un edificio rotondo adibito a latrina pubblica, come riferisce Galvano Fiamma nel primo quarto del 1300.

Nelle mura romane di Milano (I secolo d.C.) esisteva una pusterla, situata tra Vicolo delle Quaglie e Vicolo del Cantoncello che costeggiavano le mura stesse. Davanti alle mura tra Via del Bottonuto e Via San Clemente si estendeva una banchina di porto affacciata ad un laghetto, il cosiddetto porto fluviale romano di Milano, laghetto che però venne prosciugato già nel I secolo d.C. perché causa di frequenti allagamenti, trasformandosi in un grande prato, il Brolo. Il Bottonuto prendeva il nome dall’opera idraulica di convogliamento delle acque del Seveso – butin-ucum – , un’opera talmente importante da venire ricordata per secoli come aumatium,  che consentiva l'attracco in corrispondenza di Via Larga. 

Il laghetto venne in seguito prosciugato e fu realizzata l'opera idraulica che diede il nome al Bottonuto. Restava il ricordo di tale laghetto nel nome della Via Poslaghetto, scomparsa negli anni '50 del Novecento per fare posto alla Torre Velasca.

Nel IV secolo d.C. l'asse costituito da via Bottonuto, via Tre Alberghi e via Speronari assunse una notevole importanza divenendo la via di accesso dell'esercito per le cerimonie del triumphus nel foro romano di Milano.

Nel XIV secolo la pusterla divenne di proprietà dei Visconti e fu utilizzata come passaggio verso il loro palazzo di San Giovanni in Conca. Già alla fine dell'Ottocento, nonostante la vicinanza con Piazza del Duomo, il quartiere era degradato. Vi si trovavano numerosi alberghi e case di tolleranza. Secondo alcune fonti l'anarchico Bresci soggiornò presso il casino El peocett in Via Bottonuto 3 sopra l'osteria delle Due Pernici

Nel 1923 Paolo Valera in Milano sconosciuta dedica un capitolo alla prostituzione di basso livello al Bottonuto dando del quartiere e delle sue vie una descrizione negativa.

Il degrado, ma soprattutto la possibilità di disporre di un'ampia area da destinare ad edilizia di lusso e di uffici, portò il Comune di Milano ad espropriare l'intera area ed a sottoscrivere una convenzione per la realizzazione di un nuovo quartiere basato sul piano regolatore Albertini del 1931 con l'intento dichiarato di creare un nuovo centro e di alleggerire il traffico in piazza del Duomo.

Il quartiere fu inizialmente sventrato per realizzare verso nord l'Arengario con la demolizione della manica lunga del Palazzo reale ed il primo abbozzo di Piazza Diaz e verso sud e ovest per la realizzazione delle racchetta con l'allargamento di Via Larga e la costruzione di Via Albricci e piazza Missori. Nel dopoguerra si portò a termine la demolizione terminando la realizzazione del sistema viario intorno alla Piazza Diaz. Insieme al quartiere, fu anche demolita la Pusterla del Bottonuto, una delle porte minori (o pusterle) poste sul tracciato medievale delle mura di Milano.

Piazza Diaz resta oggi il punto centrale del vecchio quartiere e non ne preserva le caratteristiche di città vecchia, tuttavia sulla piazza si affacciano pregevoli edifici come il palazzo "INA" di Piero Portaluppi (lato ovest) ed il "grattacielo della terrazza Martini" (lato sud) di Luigi Mattioni.

Dal Bottonuto si usciva di città per andare al lago e all’arena, dal IV secolo in poi con la costruzione della via trionfale lungo il corso di Porta Romana, prevalse l’aspetto militare e religioso. 
Secondo Alessandro Colombo la pusterla del Bottonuto e la strada che vi confluiva (asse Tre Alberghi (scomparsa)-Speronari-Spadari-Armorari) acquisirono una connotazione militare e divennero la Quintana, ossia la via e la porta da cui di solito usciva l’esercito o entrava, mentre dal decumano massimo (Porta Romana) si  entrava per accedere al  Foro.
fogna del bottonuto

La Pusterla del Bottonuto entrò nel XIV secolo fra i possessi dei Visconti e Bernabò la utilizzò come camminamento che metteva in collegamento il suo palazzo di S. Giovanni in Conca con la Rocca che sussisteva dove un tempo era l’anfiteatro gallo-romano., la famosa Ca’ di Can, con il palazzo Ducale, l’odierno Palazzo Reale.
Dove si trovava la pusterla si era formata una sorta di piazzetta trapezoidale che – incrociando via Larga – si biforcava in due Contrade, quella del Pantano e Chiaravalle. La piazzetta chiamata Contrada del Bottonuto, in sostanza era un imbuto con una strozzatura al centro formata dai resti della pusterla che ancora negli anni Trenta; prima delle demolizioni la si poteva osservare nell’alta torre
 anni 1920-25

Mentre l’andamento delle mura lo si poteva percepire con i vicoli che partivano dallo slargo interno, delle Quaglie e del Cantoncello, rimasti a segnare antichi camminamenti.
Grazie alla forma del suo slargoil Bottonuto ebbe un ruolo centrale nell’accogliere crocette e altaroli durante le pestilenze del Cinque e Seicento. 
Nel 1606 si elevò la crocetta del Bottonuto o di S. Glicerio, dedicata al vescovo milanese attivo tra il 436 e il 438. La crocetta venne solennemente benedetta l’11 giugno 1607 dal cardinale Federico Borromeo. L’obelisco di granito rosso di Baveno poggiava su quattro palle di ottone e aveva alla sommità una croce, che doveva ricordare la Passione di Cristo. Ad essa si rivolgevano gli occhi di quanti, consigliati dalla prudenza a non uscire per strada, potevano pregare stando alle finestre delle proprie abitazioni. 
Mutati i tempi e svanite le emergenze, nel XVIII secolo presso la crocetta si teneva il mercato del vino. Nel 1872 l’obelisco del bottonuto, privato della croce, venne trasferito all’ingresso dei Giardini Pubblici dalla parte di corso di Porta Venezia, perché al Bottonuto dava intralcio ai carri.
Dallo slargo partiva la via che introduceva in città, Contrada dei Tre Re, poi diventata dei Tre Alberghi. La contrada prendeva il nome da un tabernacolo dell’Adorazione dei Magi, in origine affrescato, poi riportato su tela nel 1723 da Jacopo Paravicini e conservato dentro un’ancona lignea.

Sin dal medioevo divenne un’arteria commerciale tra le principali di Milano. In seguito lungo la via sorsero locande e alberghi, tanto da far modificare in epoca Cisalpina il nome in Tre Alberghi,

visto che i riferimenti religiosi o comunque monarchici non erano ben accetti e prendendo spunto dal fatto che sulla si affacciavano, in effetti, tre antichissimi alberghi, quello
dei Tre Re già presente nel 1476, quello del Cappello Rosso dove si svolgeva l'incontro della Congregazione dei Cuochi e degli Osti di Milano e quello Reale.

Due furono le chiese del quartiere del Bottonuto:

  • La basilica paleocristiana di San Giovanni in Conca, riedificata nell'XI secolo e di nuovo, nel XIII secolo, dopo le distruzioni dell'imperatore Federico Barbarossa nel 1162, che fu cappella gentilizia dei Visconti e dal 1879 al 1951 (anno della sua demolizione) sede della Chiesa Evangelica Valdese di Milano. Dell'antica basilica rimangono oggi solo la cripta e l'abside nel punto in cui via Albricci (la "Racchetta") si apre su piazza Missori.
  • San Giovanni in Laterano, situata attorno alla metà di Via Tre Alberghi, edificata probabilmente nel IV secolo, al tempo del vescovo Mona di Milano ed inizialmente intitolata a San Giovanni Isolano, fu probabilmente intitolata a San Giovanni in Laterano da papa Leone X. Fu demolita nel 1936 come parte degli sventramenti del Bottonuto.
cortile albergo Reale


Da allora il nome definitivo divenne quello “laico”. Il più antico di questi, l’Albergo dei Tre Re, già conosciuto nel 1476 sorgeva dove si trovava il tabernacolo appena citato. Più avanti si trovava l’Albergo Reale, caratterizzato da un grazioso portale barocco e un bel cortile.

Al Bottonuto si trovava un’antica chiesa, in origine chiamata San Giovanni Isolano forse perché costruita in un punto dove scorrevano alcune rogge o passava il Seveso, poi per volere di Papa Leone X, il nome cambiò in San Giovanni in Laterano.
Per molti era solo un luogo malfamato, sporco e dedito alla prostituzione, per altri invece era un quartiere dove convivevano le classi sociali più diverse, dal semplice artigiano al nobile, dall’operaio al proprietario di bottega. Ripercorriamo le vicende del Bottonuto, il quartiere con le case chiuse di Milano.  Ecco come lo descriveva Paolo Valera nel 1922 nel suo libro “Milano Sconosciuta Rinnovata”, dove dedica un capitolo alla prostituzione di basso livello dando del quartiere e delle sue vie una descrizione decisamente negativa : 

“Bisogna turarsi il naso. E’ un ambiente di case malfamate. Vi si vende di tutto. E’ una fogna, una pozzanghera. In certi momenti il vicolo delle Quaglie e un pisciatoio. Sovente c’è una ressa di soldati che lascia intendere che vi siano nascoste moltitudini di vergini. Le finestre sono sporche, diffuse su muri più sporchi di loro (…) Il sudiciume traspira dalle muraglie. Tutto è abominevole. La gente che vi vive è fradicia come le vecchie abitazioni del luogo. La demolizione sarebbe un salvagente. E’ una zona pestilenziale. Tutti fanno pancia, direttamente o indirettamente sulla prostituzione”. 

Già alla fine dell’Ottocento, nonostante la vicinanza con Piazza del Duomo, il quartiere era degradato e la presenza di numerose case di tolleranza accentuava questa condizione. Il Comune di Milano quindi sia per porre fine al degrado, ma soprattutto per avere una zona ampia per realizzare edilizia di lusso e uffici, decise di espropriare l’intera area e sottoscrivere una convenzione per la costruzione di un nuovo quartiere. Dagli anni ’30 del 900 è iniziata l’opera di demolizione. Purtroppo anche la Pusterla del Bottonuto, una delle porte minori poste sul tracciato medievale delle mura di Milano, fu demolita insieme a tutto il quartiere di cui oggi rimangono solo testimonianze fotografiche.

ponticello dei poveri e Pusterla del Bottonuto

Con queste scuse iniziarono le prime demolizioni e così col risanamento del Bottonuto risultò funzionale all’immissione sul mercato fondiario di un’area centrale altrimenti declassata e, nel contempo, rispose all’esigenza di concentrare in un’unica area le operazioni finanziarie e commerciali.

La morte del Bottonuto si avviò nel 1928, quando il Comune stipulò un accordo con una società italo-americana per la costruzione di un edificio a dieci piani, di cui due sotterranei, per uffici, magazzini e negozi; per un albergo di 400 stanze e un cinema-teatro capace di 3.000 posti. Questi edifici si dovevano disporre ai lati di una stretta piazza rettangolare porticata.
A demolizioni quasi completate, davanti ad uno scempio incredibile a due passi dal Duomo, la società decise (non è risaputo il motivo) di ritirarsi dall’affare, lasciando solo una enorme spianata incompiuta. Nel 1933 venne chiamato Piero Portaluppi che progettò i palazzi del lato destro per l’INA.
Ed ecco che come era prevedibile cominciarono le prime proteste contro l’amministrazione comunale sia per l’esorbitante costo dell’operazione di esproprio, sia per la distruzione del centro storico.
L’architetto Luigi Mattioni poté progettare la Torre Martini nel 1956. Completata nel 1958, la torre poneva fine al progetto dirompente di Piazza Diaz. Per molti anni al centro venne lasciato un brutto parcheggio a raso, e uno sotterraneo. Negli anni Ottanta  la piazza trovò la sistemazione attuale, con il monumento ai Carabinieri di Luciano Minguzzi e un giardino al posto del parcheggio di superficie.
Si trovava tra le attuali via Larga e via Albricci e si affacciava su uno slargo in cui si aprivano strade e stradine, sede di mercati e cerimonie religiose. Più tardi lì si aggregano i laboratori dei fabbricanti di bottoni, poi tutt’attorno si forma un quartiere che ha fama di luogo malsano e fatiscente, sede di bordelli e popolato da piccola malavita. Paolo Valera, che quando si trattava di evocare atmosfere di vizio e degrado non era secondo a nessuno, così ne parlava nell'Ottocento: «Passando si sente tutta l'impurità dell'ambiente. Ci si soffoca. Il sudiciume traspira dalle muraglie. Tutto è abbominevole. La gente che ci vive è fradicia come le vecchie abitazioni del luogo». Eppure fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, il Bottonuto e ancora un quartiere unico a Milano, un raro concentrato di contraddizioni aggrappato al centro della città. Un luogo in cui convivono e si confrontano nobili, artigiani, sottoproletari, operai, bottegai. Già il piano regolatore del 1934 ne altera la conformazione, distruggendo alcune vie per motivi di «pubblico decoro» e creando piazza Diaz. Poi i bombardamenti della Seconda guerra mondiale, le successive ricostruzioni e l'apertura di via Larga proseguono l’opera. Ma nel dopoguerra questa e la zona più vivace della città, in cui si trovano i locali definiti allora «esistenzialisti», come l'Arethusa e il Santa Tecla, dove si ascolta musica jazz e rock’n'roll. Ci sono molti bar, trattorie, sale da ballo, case di tolleranza, il Teatro Lirico: è un laboratorio urbano in cui si possono assaggiare le mutazioni in corso nella città. In quel luogo di confine si incontrano e scontrano le bande giovanili dei quartieri popolari del centro di Milano: via Larga, Ticinese, Romana, Vigentina. Poi nei primi anni Sessanta tutto cambia e dopo il definitivo sventramento del quartiere, la zona diviene sede di direzioni industriali e finanziarie. Oggi del Bottonuto si sono persi il nome e la memoria. E' una leggenda che vaga tra la Torre Velasca, via Pantano e corso di Porta Romana. Di sera lì non cammina nessuno, le auto corrono veloci in via Larga, guardando in alto si vedono tra i tetti le guglie del Duomo, in centro ci sono solo i turisti.
Confronto tra mappa del 1814 e quella odierna
Pianta del Bottonuto del 1930

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