lunedì 6 dicembre 2021

CASE MINIME

 

Con la salita al potere del governo Mussolini furono attuati provvedimenti edilizi volti al contenimento degli effetti demografici, che non facilitarono il ruolo delle IACP. Dal luglio del 1923 e per i successivi sette anni, l’abrogazione del blocco dei fitti fece salire vertiginosamente i canoni, ma nonostante il divieto per l’Istituto di produrre direttamente materiali edilizi, si riuscì a proseguire lungo una linea di sostanziale espansione dell’attività realizzativa volta a soddisfare una domanda crescente di appartamenti in quanto, nonostante tutto, la popolazione milanese continuava ad aumentare vertiginosamente

Tra il 1925 e il 1931, sotto la presidenza di Giuseppe Borgomaneri, vennero infatti costruiti ben venti quartieri di edilizia residenziale pubblica: Piola, Vanvitelli, Stadera, Solari, Villapizzone, Bibbiena, Bellinzaghi, Romagna, Forlanini, Aselli, Anzani, Mazzini, Polesine, Calvairate, Giambologna, Plinio, Lipari e Piolti-De Bianchi. Gli insediamenti rispondevano a tre differenti tipologie, ognuna destinata a ceti diversi:

  1. le case a riscatto, per la borghesia cittadina
  2. le case popolari di tipo comune, per la sola locazione a gruppi sociali eterogenei
  3. le case ultrapopolari, per le classi più povere.

Per far fronte all’emergenza abitativa, l’Istituto costruì anche le “case minime”, alloggi piccolissimi e privi di qualunque elemento decorativo, destinati provvisoriamente ai senzatetto, agli immigrati e agli sfrattati.

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