L’area sin dall’antichità era nota come Gambalòita o Gambaliòta ed era un insieme di alcune cascine disposte lungo la via per Lodi (via Emilia). Si trattava di un piccolo borgo agricolo formato da cascine con stalle e fienili e una villa padronale.
L’ottocentesco Riparto rurale della Gambolòita che prendeva nome dall’antica cascina omonima, chiamata anche Gambaloita nella dizione di fine Cinquecento: ancora negli anni Venti del ‘900 occupava l’isolato sul lato meridionale della via. sembra che la cascina e la vasta area contigua di campi e boscaglia prendessero nome da una famiglia medievale «de Gambaloyta» o «de Gambaloyti»; poteva però essersi verificato anche il contrario, che fosse la gente ad aver preso il nome dalle terre di cui aveva la proprietà. Infatti, secondo un’altra ipotesi la prima parte del nome deriverebbe da una corruzione medievale del latino campus; la seconda parte, restando tra i possibili significati agricoli, potrebbe a sua volta essere la
corruzione di lolii, cioè campi di loglio (detta anche zizzania), in coerenza con la tradizione lombarda secondo cui molte antiche cascine avevano nome dal tipo di coltura presente. Una possibile origine del nome va cercata anche nel latino “Campus Lautus“, cioè campo ricco. Ma vien fuori anche l’esistenza di un governatore delle Gallie al tempo di Augusto, della famiglia Lollia (una Lollia era stata amante di Cesare); in via di ipotesi, che nei dintorni di Milano esistessero dei terreni «lolliani», cioè della famiglia dell’ex governatore. Si riporta anche che in questa posizione strategica a sud-est della città si accampasse Attila durante le sue scorrerie lombarde: e alcune varietà di loglio sono utilizzate come foraggio.
Nei secoli passati il borgo era stato soprannominato dai milanesi anche come “Gamba la vita”, più per mera assonanza che per un reale significato.
A lato dell’attuale rettilineo che è Corso Lodi (all’epoca si chiamava Strada Provinciale per Piacenza), vi scorreva il Canale Redefossi, canale artificiale che raccoglie ancora oggi, le acque del Seveso e della Martesana, in questo punto, all’incirca nell’area centrale dell’odierno piazzale Corvetto, il canale Redefossi scambiava lato di percorrenza (dal lato dispari al lato pari del corso), e un ponticello permetteva di scavalcare il “gomito” creato dal Redefossi, noto come Ponte Vecchio o Ponte di Nosedo, perchè pochi metri prima partiva la strada che portava al piccolo borgo del Sud-Est.
Dall’altro lato di corso Lodi e oggi completamente cancellato, si trovava il borgo delle Cà Vegge, cioè le Case Vecchie e il complesso della Cascina Musocco, poi chiamata Musocchino per non confondersi coll’omonimo borgo presso il Cimitero Maggiore dalla parte opposta di Milano.
Con l’avanzare della città e dell’urbanizzazione, con nuove vie e costruzioni, anche questo piccolo borgo di cascine, tra gli anni Venti e Cinquanta del Novecento venne abbattuto, salvando solo, come abbiamo potuto vedere, la Cascina Guglielmesa e il nome della via Gambolòita.
Naturalmente con lo sparire dei milanesi “doc” e la forte immigrazione, il toponimo un po’ astruso andò sempre più sostituendosi col più semplice “Corvetto” nome del piazzale. Infatti oggi dicendo Corvetto si intende l’intero distretto, che va da San Luigi a Castagnedo, dal Quartiere Mazzini al Quartiere Omero.Tra i primi palazzi costruiti in zona un
Nessun commento:
Posta un commento