domenica 29 agosto 2021

SANTA CATERINA ALLA RUOTA e I COLOMBITT (Esposti)

 

Esposti, figli illegittimi o della povertà? Simboli spezzati in due parti per consentire il ricongiungimento coi genitori naturali e usi di civica carità a vantaggio dei trovatelli milanesi. I cognomi, da Colombo alle iniziali assonanti. Gli archivi del befotrofio cittadino restituiscono così la secolare vicenda di queste nascite così negate.

Dello stesso cognome Colombo, il dialetto trezzese distingue per nomignolo almeno 30 diverse famiglie. Discendono dai trovatelli accuditi presso l'Ospedale Maggiore di Milano. All’ente, che nel 1456 riunisce vari ricoveri cittadini, la duchessa Bianca Maria Visconti offre il proprio stemma: una colomba bianca, sotto la cui ala gli esposti ricevono quel cognome fino al 1825. L’Ospedale assume la paternità dei trovatelli Colombo, essendo istituto tanto ricco nel Settecento da possedere solo a Trezzo 15 fondi per oltre 226 pertiche tra boschi, orti e campi; il più vasto in zona San Martino.
Gli esposti milanesi sono spesso figli legittimi di famiglie costrette dalla povertà all’abbandono temporaneo. Eppure godono la rispettabilità dell’Ospedale, finché l’Ottocento non impone controlli anagrafici più stringenti, che emarginano il trovatello come elemento disturbante. Per evitare omonimie, il cognome Colombo viene sospeso: dal 1825 al 1906 ogni bimbo ne ottiene uno inventato, la cui iniziale sia assonante a quella del nome, spesso scelto per iscritto dai genitori naturali. Ricevono questo battesimo i Trezzesi d’adozione Giovanni Giuzzi (1862-1931), Ferdinando Fodera (1864-1943), Stanislao Stembri (1885-1969) e Angelo Angelici (1890-1956).
Secondo l’uso antico dell’Ospedale, la partoriente confida il nome del seduttore; e questa confidenza basta per costringere l’uomo a mantenere il figlio, legittimo o meno, come ordina il diritto civile e canonico. Supplicato dall’ente milanese, papa Sisto IV emana una bolla di scomunica (1475) contro quanti abbandonino la prole, pur avendo i mezzi per sostentarla: a tali genitori, i confessori negano l’assoluzione. Prima di gravare l’Ospedale di un nuovo esposto, il Ricettore ha l’incarico di scoprirne il padre perché questi provveda al mantenimento.
la guardia alla ruota degli esposti 1877

L’ente tenta così di contenere l’ingresso dei trovatelli che, dal Settecento, lievita fino a 5876 per il solo anno 1865. Ragioni diverse motivano l’aumento: economiche come la povertà rurale o il lavoro senza sosta delle madri in fabbrica; ma anche sociali. Viene infatti derubricata la promessa del seduttore in abuso carnale. Si sanzionano i matrimoni segreti come quello tentato da Renzo e Lucia nei «Promessi Sposi», per combinare l’unione senza le dovute pubblicazioni. Infine, la legislazione unitaria non ammette più indagini circa la paternità dell’esposto. Alleggerendo la responsabilità dell’uomo, si aggrava così quella delle madri.
Nel 1780 il governo austriaco trasloca l’ospizio delle partorienti dall’Ospedale Maggiore (l’odierna Università degli Studi) fondazione della casa degli esposti e delle partorienti di Santa Caterina alla Ruota: edificio disegnato dalle vie Sforza, San Barnaba e Commenda. L’istituto, eretto nei locali di un monastero soppresso, si trovava a pochi passi dall’Ospedale Maggiore, nella parte della città conosciuta come “borgo di Porta Romana” tra il Naviglio interno e i Bastioni. Questi spazi sono oggi occupati dai padiglioni del Policlinico. Il brefotrofio di Santa Caterina, attivo dal 1781 al 1863, era finanziato con donazioni ed elemosine private, il più delle volte – come avveniva per la Cà Granda – provenienti dalle ricche famiglie nobili o borghesi. Ne è ostetrico Pietro Moscati, proprietario a Concesa dell’oggi villa Gina . Entrando, certune a volto coperto, le partorienti porgono denaro o patenti di povertà.
La colomba dell'Ospedale Maggiore

Dopo una confessione sacramentale, accedono al chiostro dove il parlatorio è sorvegliato, ascetica ogni lettura. Il loro nome viene talora sigillato in una busta, aperta in caso di morte e altrimenti distrutta. Dopo il parto, le puerpere si trattengono come nutrici sedentarie e retribuite per 6 mesi, allattando i bimbi esposti; a meno che ritirino il proprio o versino una tassa. Solo dal 1892 si offre il massimo salario di balia interna (15 Lire) alla madre nubile che allevi il proprio nato, anche con riserva di abbandonarlo entro i 7 anni d’età.
La titolazone di Santa Caterina alla Ruota cita quella dentata, cui la vergine scampa miracolosamente; allude però anche al torno: un cilindro a due sportelli girevole, in cui gli esposti vengono abbandonati fino al 1868. È la scelta estrema, quella più anonima. Qui alle 4.15 del 27 dicembre 1862 Giovanni Giuzzi viene trovato con mezza carta da gioco nella fascia: 7 o 8 di cuori. Qui alle 6.00 del 13 giugno 1864 Ferdinando Fodera viene trovato con una cuffia guarnita in pizzo e il mezzo santino che reca un versetto di San Paolo. Dei due contrassegni, l’altra metà rimane in mano al genitore naturale, per remota promessa di ricongiungimento.
Cortile interno

Dal 1890, Santa Caterina accoglie solo partorienti illegittime o dichiarate tali da levatrici compiacenti. La città «sregolata» ha generato quei figli, inviati per contraccolpo in una campagna di presunta salubrità fisica e morale. Qui, le madri contadine cui muoia un neonato si candidano all’Ospedale Maggiore quali balie da latte mercenarie. Rachele Rancio svezza così Giovanni Giuzzi a Cascina Figina mentre Angela Mauri allatta Ferdinando Fodera a Cascina Rocca. Stanislao Stembri è cullato a Cambiago, da Zita Tresoldi: ma pronunciando la parola «mamma», penserà sempre a Maria Albani, la Trezzese che lo tiene con sé dopo lo svezzamento.
Dal 1869 l’istituto propone in denaro un premio di istruzione e buon allevamento, assegnato alla famiglia adottiva e all’adottato, se questi inoltra adeguato saggio di scrittura. I trovatelli trezzesi lo conseguono, impugnando il pennino davanti a parroco e sindaco. Ferdinando matura anzi gli studi al seminario arcivescovile di Brà, laureandosi farmacista nel 1888. Tiene il bancone di speziale su piazza Libertà. Qui affaccia anche la tessitura Castellini, dove l’esposto milanese Angelo Angelici diventa dirigente. Intanto, il sergente Stembri si distingue nella Grande Guerra. Da una nascita così negata, gli esposti si affermano socialmente, lasciando larga discendenza dietro di sé.
Il fenomeno dell’affidamento dei bambini alla casa degli esposti presentava diverse modalità. Un quarto degli ingressi avveniva mediante un incontro “ufficiale” tra la famiglia povera e i responsabili dell’istituto. Nel 50% dei casi i bimbi erano messi invece nella ruota, una modalità che garantiva l’anonimato dei genitori. Assieme al bimbo, il genitore lasciava un piccolo foglietto di carta tagliato a metà e una nota in cui spiegava il motivo dell’abbandono. Metà del foglietto era staccata perché, a distanza di tempo, la famiglia intenzionata a riprenderlo potesse riconoscerlo in base all’altra metà del contrassegno.
I bimbi allevati dal brefotrofio erano chiamati in dialetto milanese Colombitt, un soprannome che traeva origine dall’insegna di Santa Caterina costituita da una colomba. L’abbandono dei figli era dovuto non solo alla già citata povertà dei genitori, ma anche alla difficile condizione in cui si trovavano le madri, costrette a lavorare anch’esse per sopravvivere in un’epoca in cui non esistevano strutture ricettive come gli asili nido. Molte donne lasciavano i figli alla casa di Santa Caterina perché potessero essere allattati da una balia gratuita nei primi due anni. Al bambino era assegnato un numero progressivo che, a fianco dell’anno di consegna, accompagnava la sua pratica nel corso del tempo.
Interessanti i verbali in cui erano trascritti i biglietti lasciati dai genitori vicino al bimbo. Si legga ad esempio questa nota del 1679:
Illustrissimi Signori, la necessità grande di una povera vedova che pochi giorni sono che le è mancato il marito, ritrovandosi una figlia e non sapendo come tenerla, ha pensato ricorrere alla carità di lor signori…spera dopo bali ita [dopo che sia stata tenuta a balia] di tornare a ricuperarla per carità sia tenuta conto perchè è di legittimo matrimonio.
Non molto diversa la motivazione scritta nel 1839 da un altro genitore:
Io racomando questo mio figlio fu batezato in nome Martino è nasuto il giurno di Santo Martino …nato da legittimo matrimonio, che non ha mai avuto mal cattivo e faco questo per essere in gran bisogno…ho 8 figli viventi … raccomando di fare l’impossibile e di dare subito una balia…che prometto di venire a prendere…io sono abitante in Milano
Ai genitori che fossero tornati a riprendersi i figli dopo molti anni, la casa degli esposti non chiedeva alcun compenso, diversamente da altri istituti che operavano in Italia e in Europa. In molti casi i genitori se li riprendevano quando avevano raggiunto un’età di 6,7,9 o 11 anni per farli lavorare nell’economia domestica oppure per disporre di persone che fossero poi in grado di accudirli nella vecchiaia.
Dopo l’Unità d’Italia, l’amministrazione della pia casa di Santa Caterina alla Ruota passò in gestione alla Provincia di Milano, che la tenne in funzione fino al 1868. La chiusura della “ruota”, avvenuta in quell’anno, segnò un cambiamento profondo nelle abitudini dei milanesi che versavano in povere condizioni.


Nessun commento:

Posta un commento

PARCO DEL CITYLIFE

CityLife vanta uno tra i parchi più ampi di Milano, ma soprattutto è ricco di opere d’arte che lo rendono un vero museo a cielo aperto tutto...