martedì 24 agosto 2021

DUOMO DI MILANO

 la costruzione

In principio fu il diavolo
Iniziò con un sogno, o meglio un incubo, la storia magnifica del Duomo. Si racconta che Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano, una notte del 1386 sognò il diavolo che gli intimò di costruire un luogo ricco di immagini sataniche e demoniache. Qualora quest’ ordine non fosse stato esaudito, la sua anima sarebbe stata destinata agli inferi.
Gian Galeazzo Visconti, terrorizzato dalle fiamme degli inferi, s’accordò con l’arcivescovo Antonio da Saluzzo per iniziare la costruzione di una maestosa opera che contenesse immagini infernali. Purtroppo Gian Galeazzo morì nel 1402, e non vide mai completata l’opera che terminò dopo più di 500 anni di instancabile lavoro.
Il Duomo, ovviamente, non fu dedicato al diavolo, bensì a Santa Maria Nascente, ma in tutta la struttura, sia all’interno che all’esterno, fra le oltre 3400 statue e doccioni, 96 sono dedicati a figure infernali e demoniache. Così come Satana aveva chiesto.
Un progetto maestoso nel cuore della città
Il Duomo sorge dove un tempo erano ubicate l’antica cattedrale di Santa Maria Maggiore, cattedrale invernale, e la basilica di Santa Tecla, cattedrale estiva (oggi in parte visibile nei sotterranei del Duomo).
La scelta di questa collocazione deriva principalmente dal fatto che non era più possibile restaurare la chiesa di Santa Maria Maggiore, il cui campanile era crollato devastando parte della navata e la facciata ed anche perché l’arcivescovo volle che fosse costruita una cattedrale più grande sul luogo del più antico cuore religioso della città, quindi per il nuovo edificio si iniziò ad abbattere entrambe le chiese precedenti: Santa Maria Maggiore venne demolita per prima, Santa Tecla in un secondo momento, nel 1461-1462 (parzialmente ricostruita nel 1489 e definitivamente abbattuta nel 1548).
Già dall’epoca molti facevano a gara per devolvere beni e denaro per la costruzione della Cattedrale; in realtà, può darsi che molti non lo facessero per spirito caritatevole, ma, piuttosto, per godere delle indulgenze concesse per nome dell’arcivescovo prima e di Papa Bonifacio IX poi.
Fatto sta che questa consuetudine si è mantenuta immutata nei secoli. Ancora oggi, infatti, è possibile effettuare delle donazioni, che sono registrate nell’Albo Donatori conservato nell’archivio della Fabbrica del Duomo: la Veneranda Fabbrica del Duomo fu istituita nel 1387 e per secoli si è occupata di progettare e costruire la Cattedrale ed oggi si occupa del restauro.
L’intera struttura del Duomo è in marmo.
La nuova fabbrica, a giudicare dai resti archeologici emersi dagli scavi nella sacrestia, doveva prevedere originariamente un edificio in mattoni secondo le tecniche del gotico lombardo. Nel gennaio 1387 si gettarono le fondazioni dei piloni, opere colossali che erano state già progettate su disegno l'anno prima. Durante il 1387 si continuarono gli scavi delle fondazioni e si gettarono i piloni. Ciò che fu fatto prima del 1386 venne tutto disfatto o quasi.
Il Duomo nel 1745 circa

Nel corso dell'anno il Signore Gian Galeazzo Visconti, assunse il controllo dei lavori, imponendo un progetto più ambizioso, fu lo stesso Gian Galeazzo Visconti  a volere che il materiale con il quale edificare la Cattedrale non fosse il mattone ma il marmo e, poiché il progetto avrebbe dovuto lasciare chiunque a bocca aperta, e le forme architettoniche quelle del tardo gotico di ispirazione renano-boema. Il desiderio di Gian Galeazzo era infatti quello di dare alla città un grandioso edificio al passo con le più aggiornate tendenze europee, che simboleggiasse le ambizioni del suo Stato, che, nei suoi piani, sarebbe dovuto diventare il centro di una monarchia nazionale italiana come era successo in Francia e in Inghilterra, inserendosi così tra le grandi potenze del continente. Gian Galeazzo mise a disposizione le cave e accordò forti sovvenzioni ed esenzioni fiscali: ogni blocco destinato al Duomo era marchiato AUF (Ad usum Fabricae), e per questo sgravo da qualsiasi tributo di passaggio. Come testimonia il ricco archivio conservatosi fino ai giorni nostri, il primo ingegnere capo fu Simone d'Orsenigo, affiancato da altri maestri lombardi, che nel 1388 iniziarono i muri perimetrali. Nel 1389-1390 il francese Nicolas de Bonaventure venne incaricato di disegnare i finestroni. Si scelse di prelevare il marmo dalle Cave di Candoglia, località a più di cento chilometri da Milano,  ma che vantava una qualità altissima già nota ai romani che, in effetti, non sfruttarono a pieno le cave a causa della difficoltà dei trasporti.
Difficoltà che non scoraggiò i milanesi e, per il trasporto, fu sfruttato il Naviglio Grande, all’epoca navigabile.
Non dobbiamo dimenticare, infatti, che fino a metà Ottocento, Milano era una città d’acqua percorsa da canali per lo più utilizzati per il trasporto, così che si poté sfruttare la corrente per trasportare i grossi massi di marmo che approdavano presso il laghetto di Santo Stefano.
Proprio lì, esattamente dove oggi c’è via Laghetto (strada che, come molte altre, testimonia l’antica presenza dei canali oggi sotterrati) il marmo era prelevato con una gru e trasportato, grazie a robusti carri, fino al vicino cantiere del Duomo, la cosiddetta cascina degli scalpellini, dove era preso in consegna da operai esperti sotto la guida di architetti, progettisti, artisti.
In realtà, le difficoltà non si limitavano al solo trasporto, infatti anche l’accesso alle cave era piuttosto ostico: era necessario arrampicarsi per raggiungere i luoghi d’estrazione, cosa che costava una notevole perdita di tempo – si dice che ci volessero circa tre ore di cammino difficile e pericoloso.
Anche in questo caso nessuno perse le speranze! Furono costruite, vicino la cava, delle capanne in cui alloggiavano i lavoratori a cui i mecenati della Fabbrica, facevano arrivare viveri e materiale di lavoro.
Solo nel 1874 fu progettata una strada carrabile.
A Candoglia è oggi presente un monumento formato di due lapidi, interamente di marmo, che ricordano la storia e le origini delle cave di marmo. Oggi la zona di estrazione del marmo non è aperta al pubblico ma l’Ente Parco della Valgrande organizza (solitamente due volte l’anno), le visite guidate alle quali gli interessati, previa prenotazione, possono partecipare.
Piccola curiosità: il marmo di Candoglia è esclusivamente utilizzato per il Duomo di Milano e, pertanto, il suo valore economico è altissimo.
Gli architetti, gli ingegneri ed i progettisti che lavorarono al cantiere del Duomo furono tantissimi. Fra le tante storie intorno alla costruzione dei vari spazi della Cattedrale, ricordiamo quella che interessò l’annoso problema del tiburio (una particolare struttura architettonica di copertura esterna di certe cupole, tipica del Rinascimento) che, seppure già presente nei piani di costruzione nel Trecento, non fu mai realizzato per problemi statici, tanto che, quando si tentò di costruirlo, crollò più volte.
Ma Ludovico il Moro si battè affinché questo problema fosse finalmente risolto.
Siamo nel 1487 e il Duca di Milano chiamò a raccolta alcuni ingegneri e architetti del tempo ed indisse un concorso affinché si trovasse una soluzione per il tiburio.
All’appello, fra gli altri, risposero Leonardo da Vinci e Bramante il quale presentò un progetto ligneo, purtroppo perduto, per presentare la sua soluzione e su cui scrisse un trattato, la Opinio super Domicilium seu Templum Magnum, unico suo testo teorico a noi pervenuto in parte e trascritto.
A dirigere il cantiere vennero chiamati architetti francesi e tedeschi, come Jean Mignot, Jacques Coene o Enrico di Gmünd, i quali però restavano in carica per pochissimo tempo, incontrando una scoperta ostilità da parte delle maestranze lombarde, abituate a una diversa pratica di lavoro. La fabbrica andò quindi avanti in un clima di tensione, con numerose revisioni, che nonostante tutto diedero origine a un'opera di inconfondibile originalità, sia nel panorama italiano che europeo.
Inizialmente le fondazioni erano state preparate per un edificio a tre navate, con cappelle laterali quadrate, i cui muri divisori potessero fare anche da contrafforti. Si decise poi di fare a meno delle cappelle, portando il numero delle navate a cinque e il 19 luglio 1391 venne deliberato l'ingrossamento dei quattro pilastri centrali. Nel settembre dello stesso anno venne interrogato il matematico piacentino Gabriele Stornaloco per definire l'alzato, che si presentava con due ipotesi: "ad triangulum" o "ad quadratum". Il 1 maggio 1392 si scelse la forma delle navate progressivamente decrescenti per un'altezza massima di 76 braccia.
L’esterno del Duomo è maestoso e ricco di statue, doccioni, guglie che non si riescono ad apprezzare ampiamente. Per fortuna, all’interno del Museo del Duomo, è possibile ammirare da vicino le guglie del Duomo. Lo spettacolo è straordinario.
Non si può immaginare quanto siano ricche di elementi fino a quando non si vedono da così vicino e magari scoprirne qualcuna davvero curiosa.
La costruzione del corpo basilicale

Nel 1393 fu scolpito il primo capitello dei pilastri, su disegno di Giovannino de' Grassi, il quale curò un nuovo disegno per i finestroni e fu ingegnere generale fino alla morte nel 1398. Gli successe nel 1400 Filippino degli Organi, che curò la realizzazione dei finestroni absidali. Dal 1407 al 1448 egli fu responsabile capo della costruzione, che portò a termine della parte absidale e il piedicroce, chiuso provvisoriamente dalla facciata ricomposta di Santa Maria Maggiore. Nel 1418 fu consacrato l'altare maggiore da papa Martino V.
Dal 1452 al 1481 fu a capo del cantiere Giovanni Solari, che per i primi due anni fu affiancato anche dal Filarete. Seguirono Guiniforte Solari, figlio di Giovanni, e Giovanni Antonio Amadeo, che con Gian Giacomo Dolcebuono costruì il tiburio nel 1490. Alla morte dell'Amadeo (1522) i successivi maestri fecero varie proposte "gotiche", tra le quali quella di Vincenzo Seregni di affiancare la facciata da due torri (1537 circa), non realizzata.
Nel 1567 l'arcivescovo Carlo Borromeo impose una ripresa solerte dei lavori, mettendo a capo della Fabbrica Pellegrino Tibaldi, che ridisegnò il presbiterio, che venne solennemente riconsacrato nel 1577 anche se la chiesa non era ancora terminata.
Per quanto riguarda la facciata il Tibaldi disegnò un progetto nel 1580, basato su un basamento a due piani animato da colonne corinzie giganti e con un'edicola in corrispondenza della navata centrale, affiancata da obelischi. La morte di Carlo Borromeo nel 1584 significò l'allontanamento del suo protetto che lasciò la città, mentre il cantiere veniva preso in mano dal suo rivale Martino Bassi, che inviò a Gregorio XIV, papa milanese, un nuovo progetto di facciata.
Nel XVII secolo la direzione dei lavori vide la presenza dei migliori architetti cittadini, quali Lelio Buzzi, Francesco Maria Ricchino (fino al 1638), Carlo Buzzi (fino al 1658) e i Quadrio. Nel frattempo nel 1628 era stato fatto il portale centrale e nel 1638 i lavori della facciata andavano avanti, con l'obiettivo di creare un effetto a edicole ispirato a Santa Susanna di Roma. A tal fine pervennero nel XVIII secolo i disegni di Luigi Vanvitelli (1745) e Bernardo Vittone (1746).
Tra il 1765 e il 1769 Francesco Croce completò il coronamento del tiburio e la guglia maggiore, sulla quale fu innalzata cinque anni dopo la Madunina di rame dorato, destinata a diventare il simbolo della città. Lo schema della facciata di Buzzi venne ripreso a fine secolo da Luigi Cagnola, Carlo Felice Soave e Leopoldo Pollack. Quest'ultimo diede inizio alla costruzione del balcone e della finestra centrale.
Nel 1805, su istanza diretta di Napoleone, Giuseppe Zanoia avviò i lavori per il completamento della facciata, in previsione dell'incoronazione a re d'Italia. Il progetto venne finalmente concluso nel 1813 da Carlo Amati. Tra gli scultori che vi lavorarono nei primi anni dell'Ottocento, si può ricordare Luigi Acquisti.

Nel 1858 venne demolito il campanile che si trovava sulla navata, e le campane vennero trasferite nel tiburio, tra le doppie volte. Per tutto il XIX secolo furono completate le guglie e le decorazioni architettoniche, fino al 1892.
 Pur non essendo stato centrato da bombe ad elevato potenziale, anche il duomo venne danneggiato durante i bombardamenti aerei ed il suo portone centrale bronzeo mostra ancor oggi alcune "ferite" da parte di spezzoni di bombe esplose nelle vicinanze. Nel secondo dopoguerra, a seguito dei danni subiti dai bombardamenti aerei, il Duomo fu restaurato in gran parte, successivamente le restanti porte di legno furono sostituite con altre di bronzo, opera degli scultori Arrigo Minerbi, Giannino Castiglioni e Luciano Minguzzi.
Negli anni '60 del Novecento l'inquinamento atmosferico, l'abbassamento della falda freatica e le vibrazioni del traffico e della vicina linea della metropolitana, unite al degrado naturale dei materiali e ad alcuni errori originali nella costruzione, portarono a una grave situazione di rischio, che minò seriamente la stabilità dei quattro piloni che reggono il tiburio e rese necessari, nel 1969, la chiusura della piazza al traffico e il rallentamento dei treni della linea.  Il restauro statico dei piloni iniziò nel 1981 e venne concluso nel 1986 in occasione del seicentenario della costruzione.
Ancor oggi la manutenzione della cattedrale è affidata alla Veneranda fabbrica del Duomo i cui interventi sono continui tanto da far nascere l'espressione milanese Longh comm la fabbrica del Domm, per intendere qualcosa di interminabile.
Doccione zoomorfo all’interno del Museo del Duomo di Milano.


Resti della Basilica di Santa Tecla – sotterranei del Duomo


La Cava madre del Duomo di Milano a Candoglia è visitabile (solo esterno), così come il vicino laboratorio di restauro, in occasione di escursioni guidate organizzate ogni anno nei mesi di giugno, luglio e settembre. Per altre info, contatta l’Ente Parco Nazionale della Val Grande via email: info@parcovalgrande.it
Se volete osservare il calco originale in gesso del portale del Duomo di Milano, potete recarvi presso il Museo Pogliaghi presso Santa Maria del Monte, Varese, riaperto lo scorso 5 maggio (visitabile dalle 9 alle 18 nei week end al costo di 4 euro).
In esso sono anche custoditi piccoli e grandi tesori d’arte e di storia sotto la gestione della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano.

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