Il laghetto di Santo Stefano era un piccolo piccolo bacino acqueo artificiale, un porto realizzato nel 1388 e situato a Milano, in corrispondenza dell’incrocio delle moderne via Laghetto e via Francesco Sforza e vicino la Chiesa di Santo Stefano, a lato della Ca' Granda, edificio un tempo ospitante l'Ospedale Maggiore di Milano e ora sede dell'Università degli Studi del capoluogo lombardo, finalizzato all'attracco dei barconi provenienti dai Navigli milanesi che trasportavano il marmo di Candoglia per il cantiere del Duomo di Milano.
Il laghetto di Santo Stefano fu realizzato alla fine del XIV secolo e venne interrato nel 1857 per motivi di igiene pubblica. Si trovava in corrispondenza dell'incrocio delle moderne via Laghetto e via Francesco Sforza, dove ancora oggi è presente uno slargo.
Era chiamato anche laghetto nuovo per distinguerlo dal laghetto di Sant’Eustorgio, che fu realizzato prima del 1211 e che per tale motivo era anche chiamato appunto laghetto vecchio. Inizialmente i barconi che trasportavano i marmi estratti dalle cave di Candoglia, necessari per la costruzione del Duomo, arrivavano a Milano fino al Laghetto di Sant’ Eustorgio (vicino l’attuale Darsena di Porta Ticinese) a circa 2 km dal Duomo, pieni di migliaia di tonnellate del prezioso materiale, percorrendo così l’ultimo tratto via terra su carretti, ma l'operazione risultava estremamente lenta e costosa, tanto più se si considera che questi due chilometri via terra costituivano da soli un quinto dei costi totali di trasporto, su un tragitto complessivo di oltre cento. Fu così che si pensò di reealizzare un approdo più interno, individuando per esso un prato di proprietà comunale su cui si teneva un mercato del bestiame, nei pressi della chiesa di Santo Stefano. Tra l'autunno del 1388 e l'estate del 1390 venne realizzato il collegamento tra il Naviglio Grande e la cerchia interna, riattando e rendendo navigabile la Vettabbia. Al contempo, tra il 1388 e il 1389 si era proceduto anche con lo scavo del laghetto. La scarsità di manodopera disponibile, largamente assorbita dal cantiere del Duomo, aveva fatto ricorrere a manovalanza proveniente da alcuni borghi esterni, come ad esempio Treviglio e Caravaggio. I lavori si conclusero nel successivo inverno, con la costruzione tra febbraio e marzo del 1391 di un'apposita gru per lo scarico dei materiali, detta falcone, sul modello di quella già costruita al laghetto di Sant'Eustorgio; il primo carico di marmo giunto fino al nuovo laghetto di Santo Stefano venne pagato ai primi di marzo del 1391, ma già dal luglio 1390 i materiali raggiungevano la cerchia interna e venivano scaricati al prato del Brolo, all'altezza della successiva Ca' Granda. Un secondo falcone, più grande del precedente, venne costruito nei primi mesi del 1395, per far fronte al sempre maggiore quantitativo di carichi in arrivo (per dare un'idea, circa centocinquanta erano stati quell'anno i barconi con carichi di marmo o di sarizzo). All’inizio del ‘400, grazie all’importante invenzione tecnica delle conche di navigazione (in seguito perfezionate da Leonardo da Vinci) si riuscì a risolvere questo problema: infatti nel 1439, tramite la costruzione della Conca di Viarenna e quindi il collegamento alla Cerchia interna, le imbarcazioni riuscirono ad arrivare fino al Laghetto di S. Stefano, il bacino acqueo scavato appositamente, a soli trecento metri dal Duomo fatto costruire da Gian Galeazzo Visconti nel 1388. Da qui i blocchi di marmo, dopo essere stati scaricati con apposite gru (chiamate “falcone” e “falconetto”), percorrevano gli ultimi metri su robusti carri fino alla “Cascina degli Scalpellini“, per essere poi trasformati in statue, fregi, doccioni e guglie del Duomo. L'ampliamento e il dragaggio della cerchia interna oltre il laghetto di Santo Stefano venne completata invece un secolo più tardi, nel 1496, sotto Francesco Sforza. Ciò rese navigabile anche ai barconi che trasportavano merci pesanti tutta la cerchia interna fino al L'ampliamento e il dragaggio della cerchia interna oltre il laghetto di Santo Stefano venne completata invece un secolo più tardi, nel 1496, sotto Francesco Sforza. Ciò rese navigabile anche ai barconi che trasportavano merci pesanti tutta la cerchia interna fino al laghetto di San Marco, ossia al Naviglio di San Marco e alla Martesana, realizzati già nel 1469. Da questo momento in poi fu possibile navigare senza interruzioni nel percorso dal Lago Maggiore al Lago di Como via Milano grazie al Naviglio della Martesana, canale che ha origine dal fiume Adda, corso d'acqua che è emissario proprio del Lago di Como., ossia al Naviglio di San Marco e alla Martesana, realizzati già nel 1469. Da questo momento in poi fu possibile navigare senza interruzioni nel percorso dal Lago Maggiore al Lago di Como via Milano grazie al Naviglio della Martesana, canale che ha origine dal fiume Adda, corso d'acqua che è emissario proprio del Lago di Como. Le imbarcazioni destinate al cantiere del Duomo, a differenza di tutte le altre che percorrevano i Navigli milanesi, riportavano la scritta Auf (lat. Ad usum fabricae, ovvero "ad uso della fabbrica", cioè destinato alla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano). A una delle estremità della Conca di Viarenna - realizzata successivamente in sostituzione del transito per la Vettabbia - è stata ricollocata un'edicola, originariamente situata su uno dei suoi lati, che riporta il decreto ducale del 1497 inciso su una lapide di marmo di Candoglia che esentava dal pedaggio e dal dazio, con la formula Auf, i barconi destinati al trasporto dei materiali per la costruzione del Duomo. Dagli attracchi del laghetto di Santo Stefano, durante gli anni della costruzione del Duomo di Milano, sono passati 550.000 blocchi di marmo di Candoglia. Man mano che la cattedrale milanese si avvicinava al completamento, il trasporto di marmo diminuì sempre di più fino ad azzerarsi completamente. Gradualmente il laghetto di Santo Stefano fu destinato all'attracco di altre merci, come legna e carbone.
Il laghetto, tuttavia, è stato il primo tratto dei Navigli ad essere chiuso…
Il laghetto di Santo Stefano venne interrato nel 1857 per motivi di igiene pubblica, poiché le sue acque stagnanti portavano infatti cattivi odori e zanzare intorno all’Ospedale Maggiore di Milano, che sorgeva proprio al suo fianco ( chiamato anche Ca’ Granda, oggi sede dell’Università Statale di Milano).
Fortunatamente si salvarono le gru presenti nel laghetto, le strutture ferree chiamate “falcone” e “Falconetti” , che sono state trasferite al Castello Sforzesco e murate in un cortile interno della fortificazione milanese. Fu infatti l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe nel 1857, in accordo con il direttore dell’ospedale, a decretarne la sua fine dopo una visita alla Ca’ Granda.
Questo anche in accordo con la medicina del tempo, in quanto riteneva che le esalazioni delle acque stagnanti dei navigli causassero l’aumento di malattie reumatiche.
Sul palazzo ancora esistente, posto all’angolo tra la via Laghetto e il vicolo Laghetto si trova ancor oggi un affresco chiamato dai milanesi Madonna dei Tencitt, posto sulla facciata della “Cà di Tencitt“, la storica sede dei Tencitt milanesi. I tencitt erano i carbonai che trasportavano lungo la Cerchia il carbone e lo scaricavano al Laghetto di Santo Stefano. Il termine deriva dalla parola dialettale milanese tenc, ovvero “bruno”, “annerito” che rimandava al fatto che queste persone avevano spesso la faccia annerita, visto che scaricavano, appunto, anche il carbone. Questo affresco fu fatto realizzare dal priore dei carbonai Bernardo Catoni come ringraziamento alla Madonna per aver salvato la maggior parte dei tencitt dall’epidemia di peste del 1630 che uccise metà della popolazione di Milano, descritta anche dal Manzoni ne I promessi sposi.
L’affresco rappresenta la Madonna mentre protegge San Sebastiano (un tempo protettore contro la peste, oggi santo patrono della polizia municipale e protettore da tutte le malattie contagiose), San Carlo Borromeo e San Rocco (protettore della peste) con l’immancabile cagnolino.
Ai piedi dei santi, sulla destra, si intravede la figura di Bernardo Catoni, mentre la parte inferiore dell’affresco è riservata a una panoramica del Lazzaretto
Una delle possibili ragioni che permise ai tencitt di salvarsi dalla peste potrebbe essere stata la polvere del carbone scaricato nel porticciolo del Laghetto.
Infatti, la sua polvere del carbone ha poteri assorbenti, capace quindi di svolgere anche una sorta di funzione di disinfettante catturando al suo passaggio – nel tratto gastro intestinale – anche gli agenti contaminanti, quali batteri e virus.
vedi post:
L’accesso al laghetto di Santo Stefano in una rara foto del 1855
il laghetto Mappa di Milano del 1860 circa con riportato il Laghetto di Santo Stefano
Oggi rimane solo la toponomastica a ricordare il bacino artificiale con “via Laghetto” e piazza Santo Stefano.
La Ca’ dei Tencitt, 1950 circa
Deposito carrozze in via Laghetto, 1910
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