Quella che vi raccontiamo oggi è una storia dove il marmo e la carne si intrecciano fino a fondersi. Da una parte la pietra, primo elemento costitutivo del Duomo, dall’altra l’uomo, con le sue capacità creative in grado di plasmare e di rivestire di bellezza i più duri elementi della natura. Come il marmo, appunto.
Sono tanti i luoghi d’intesse storico e artistico dove il visitatore può perdersi fra quadri, statue e opere d’arte di valore inestimabile. Tanti angoli e luoghi dimenticati senza particolare valore artistico, ma in grado di regalare la strana sensazione di essere tornato indietro nel tempo, dove le lancette dell’orologio hanno smesso di girare e sotto la patina di oblio che li ammanta, è possibile coglierne tracce.
martedì 24 agosto 2021
CASSINA DEGLI SCALPELLINI per il Duomo
È questo il racconto del Cantiere Marmisti, erede diretto di quella che anticamente era chiamata “Cassina”*. Laboratorio, esclusivo centro dell’attività di sbozzatura e scultura dei blocchi di marmo scesi dalle Cave di Candoglia, qui la Fabbrica mantiene inalterata con grande cura e dedizione una raffinata tecnica scultorea dal 1387, formando personale attento e preparato per un lavoro certamente non facile, che richiede perizia ed abilità. Una struttura provvista di moderni impianti tecnologici che sorge attualmente in Via Brunetti, in zona Certosa, alle porte di Milano, ma la cui storia ci riporta indietro di secoli e proprio tra le prime pietre del Monumento.
UN CANTIERE NATO SULL’ACQUA
Infatti, fin dalle origini, intorno al Duomo si andò formando un attrezzato cantiere per scalpellini e scultori poiché la trasformazione dei blocchi di marmo in elementi architettonici, d’ornato ed in statuaria, non poteva che avvenire in loco, vivendo direttamente il rapporto con la Cattedrale, in base alle misure ed ai modelli elaborati dai vari artisti con preciso riferimento alla struttura che si stava erigendo. Questa collocazione del Cantiere Marmisti a contatto con il Monumento ha cambiato più volte di sede nel corso dei secoli, rispondendo alle variazioni delle esigenze di trasporto dei materiali e del piano regolatore cittadino: dalla Darsena di Porta Genova - dove ancora in Via Arena esiste una lapide che ricorda la concessione del 24 ottobre 1387 da parte di Gian Galeazzo Visconti alla Fabbrica per scaricare i marmi senza il pagamento di alcun dazio (da cui l’espressione “A.U.F.”) - in altre località sempre nella cerchia del Naviglio interno.
Per evitare il deposito dei materiali sulla ripa del Naviglio Grande e per far proseguire i cariaggi fino al cantiere del Duomo, fu realizzato un collegamento privilegiato con il Naviglio interno, grazie ad un ingegnoso sistema di chiuse cui collaborò parzialmente ma in modo determinante anche Leonardo, che permetteva di giungere direttamente al laghetto di Santo Stefano in Brolo e quindi al cantiere con minor dispendio.
Quello dell’apertura ed estensione dei Navigli, l’allargamento dei canali, la costruzione di banchine per il carico e scarico, la regolazione del livello, fu un impegno molto importante da parte della Fabbrica, che portò alla soluzione di problemi tecnico-idraulici assai complessi e costituì la premessa per geniali soluzioni a favore dell’intera città di Milano. Le vie d’acqua hanno costituito infatti la linfa vitale per la costruzione ed il progredire dell’opera del Duomo, possibile grazie all’esemplare regolamentazione delle vie fluviali come mezzo di comunicazione e fonte di irrigazione.
DAL NAVIGLIO A VIA BRUNETTI: LA CONTINUA RICERCA DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE
Un rapporto intenso e quasi fisico quello del Cantiere Marmisti con il Duomo, protrattosi fino al 2 gennaio 1789, quando il Supremo consiglio di Governo della Fabbrica decise per lo spostamento “delle botteghe dei marmorini” dalla Piazza di Camposanto al “vicinato di S. Redegonda”, sul fianco nord del Duomo. Nel 1886, esso fu poi trasferito in Via Carducci nella sede della precedente Chiesa di S. Gerolamo, successivamente permutato nel 1923 con un terreno di Viale Gorizia sulla Darsena, nel proposito di riprendere come in antico il trasporto fluviale. Un sogno romantico, naufragato però con la definitiva copertura dei Navigli e, soprattutto, con il costituirsi di una fitta rete di strade ferrate e con la massiccia circolazione di automezzi che ha finito per sostituire chiatte ed imbarcazioni con camion e furgoni. Tale esigenza ha dunque portato all’attuale spostamento del Cantiere Marmisti alle soglie dell’autostrada che conduce fino a Candoglia, dove continua ai giorni nostri la lavorazione del marmo usato per sostituire i pezzi ammalorati, cioè ormai danneggiati, del Monumento. Un’attività resa possibile grazie a una manodopera specializzata che possiamo definire instancabile, sotto la guida di un Capocantiere che risponde direttamente alla Direzione della Veneranda Fabbrica, in collegamento quotidiano con le Cave e con il Cantiere Duomo. Qui, marmisti e scalpellini imparano quotidianamente a misurarsi con un lavoro unico, attingendo a quel bagaglio di saperi e di eccellenza che tramandano da secoli, generazione dopo generazione. Cambiano tempi e luoghi, ma il Cantiere Marmisti resta sempre fedele alla sua storia e alla sua missione.
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