mercoledì 24 novembre 2021

MEDIATECA DI SANTA TERESA

 Chi conosce Milano, andando indietro negli anni, ricorda bene la presenza quasi inaspettata, lungo via Moscova, proprio dinnanzi alla Caserma dei Carabinieri di una piccola chiesa barocca, solitaria presenza senza più vita, circondata da un parcheggio all’aperto e da incombenti edifici abbastanza cupi. Si tratta della settecentesca chiesa barocca ormai sconsacrata dei Santi Giuseppe e Teresa, ultima testimonianza di un convento carmelitano di origine seicentesca.

Il primo Carmelo milanese, fondato nel 1671 da un gruppo di religiose del Monastero di Cremona, fu intitolato ai Santi Giuseppe e Teresa e si sviluppò molto rapidamente in numero di monache. Il Monastero stesso delle Carmelitane ottenne la concessione alla fondazione nel 1671, venne eretto nel 1673 e fondato l’anno successivo nella parte periferica del quartiere di Porta Nova che, seppur interno ai bastioni, era ancora ricco di spazi liberi destinati a verde agricolo. Le monache trovarono inizialmente alloggio in case esistenti, adattate alle nuove necessità, che in occasione della fondazione vennero messe a loro disposizione dai Padri Carmelitani patrocinatori della fondazione del monastero ed erano stanziati in Porta Nova sin dal 1614. Dopo l’erezione del monastero e della chiesa, anche lo stradone (via della Moscova) venne chiamato di Santa Teresa.

Risale all’8 luglio 1700 il primo documento che si riferisce a questioni edilizie: le monache chiedono di poter incorporare la vigna al vecchio monastero e di poterlo riedificare secondo le norme vigenti. La Chiesa, ancor oggi esistente, costituì certamente la parte più importante dell’ampliamento: situata al confine con la proprietà dei Padri, prospiciente lo stradone e separata da esso da un cortiletto e da un porticato e stretta tra corpi di fabbrica che la univano ad altre parti del monastero.

Le riforme di Giuseppe II, succeduto a Maria Teresa nel 1780, portarono alla soppressione di molti monasteri in città, fra cui quello delle Carmelitane di Milano nel 1782. Le monache si disperdono trovando ospitalità in luoghi diversi e i beni immobili e mobili passano di proprietà. Nel 1797 la Chiesa e il Coro vennero utilizzati dalla Manifattura Tabacchi occupata temporaneamente dai militari.

È nel 1996, con il progetto di istituzione della prima biblioteca digitale italiana, ad ampliamento della Biblioteca Nazionale Braidense, che l’edifico ritrova una nuova vita. Oggi la struttura storica ospita attività di vario genere riferite alla consultazione informativo-culturale tramite stazioni informatiche, suddivise per utenti generali e specializzati, oltre ad aule per corsi, incontri e conferenze. Esternamente, accanto ai volumi barocchi della chiesa, ad attirare subito l’attenzione è un grande cubo trasparente, adagiato quasi senza peso su di un basamento in acciaio corten. Si tratta di un volume aggiunto per accogliere la caffetteria e il bookshop e che sceglie la strada della complementarietà per opposti nell’accostare alla materia grave, “vincolata” dell’architettura tradizionale, la leggerezza perfettamente trasparente del vetro. Una forma geometrica pura, che dichiara così la propria autonomia concettuale.

La struttura portante dei pilastri in acciaio, arretrata su un doppio ordine parallelo, permette ai progettisti di non avere interferenze di alcun genere sulle facciate lasciate trasparenti, con l’uso di ampie vetrate stratificate accostate al vivo tra loro senza interposizione di infissi: l’effetto è di totale comunanza tra interno ed esterno, in una continuità visiva che invita ad entrare per esplorare quegli gli spazi così esplicitamente messi “in vetrina”.

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