giovedì 26 agosto 2021

MARTINITT

 Martinitt è un'istituzione assistenziale milanese. I Martinitt, plurale di Martinin in milanese, sono gli orfani e i bimbi abbandonati. La celebre struttura fu fondata a Milano nel XVI secolo da san Girolamo Emiliani.

San Girolamo Emiliani, figlio di un senatore veneziano, dopo la propria liberazione dalla prigionia di guerra (da lui ritenuta miracolosa), rientrò a Venezia, devolvette tutti suoi averi ai poveri e radunò tutti gli orfani in una sua proprietà lagunare. Attorno a lui si formò un ordine religioso, quello dei Somaschi, dedicatosi alla cura degli orfani. Nuclei di orfani furono raccolti anche in altre città, inclusa Milano dove si narra che "quell'illustre filantropo raccogliesse i poveri fanciulli orfani, derelitti, e vagabondi di Milano, e li ricettasse dapprima in in locale situato nelle vicinanze della Chiesa di S. Sepolcro; in seguito in un altro a mezzo la via del Crocifisso, là dove sorgeva poi il Rifugio di Santa Maria Egiziaca ora demolito".

Della cosa venne a conoscenza il duca di Milano, Francesco II, il quale si fece patrono dell'iniziativa e nel 1532 offrì la possibilità di radunare gli orfani milanesi in un locale in via del Giardino (l'attuale via Manzoni, all'angolo con via Morone). A quel locale era annesso un oratorio, costruito nel 1529 e consacrato in onore di San Martino di Tours. Il linguaggio popolare associò le due istituzioni: i ragazzi orfani vennero chiamati Martinitt (al singolare, Martinin) e l'Oratorio divenne "San Martino degli Orfani".

La prima sede dell’orfanotrofio fu una casetta in piazza San Sepolcro per il ricovero di una ventina di fanciulli e fanciulle. Nel 1534 per le fanciulle venne fondato un orfanotrofio femminile, presa sotto la protezione di San Carlo Borromeo che diede loro una prima sede in uno stabile  inizialmente collocato nel monastero di Santa Caterina di Rancate, da cui prese il nome, e poi trasferito nel 1549 nella vicina Santa Caterina alle Orfane in Porta Nuova.

Le orfanelle presero il nomignolo di "stelline" dal nome del monastero dell'ordine delle monache benedettine di Santa Maria della Stella, che agli inizi del XVII secolo il cardinale Federico Borromeo fece modificare dall'architetto Fabio Mangone affinché potesse venire usato come la loro sede. L'orfanotrofio femminile rimarrà ospitato in quei locali fino alla sua chiusura nel 1971.

Nel 1535 il duca donò all’orfanotrofio maschile una casa più ampia nei pressi di via Morone, qui trent’anni più tardi sorse la chiesa di San Martino, da cui i ragazzini presero il nome di Martinitt (Martinin al singolare).

Da subito si pose grande attenzione all’educazione: i Martinitt imparavano a leggere, scrivere e far di conto; seguivano lezioni di musica e cantavano nel coro della cattedrale. Nell’orfanotrofio si insegnavano anche quei fondamenti di arti manuali che permettevano ai ragazzi, una volta usciti dall’istituto, di sostentarsi con il frutto del loro lavoro.
Durante il Cinquecento e nel Seicento l’istituto ebbe una grande notorietà e, mentre il numero degli orfani cresceva, crescevano anche le donazioni, i lasciti e le eredità devolute dai nobili e dai ricchi milanesi.
Nel corso del Settecento il numero degli orfani era così cresciuto da rendere necessaria una sede più ampia

Nel 1772 i Martinitt lasciarono via Manzoni e si trasferirono, su disposizione di Maria Teresa d'Austria, nell'area del convento di San Pietro in Gessate che fu riadattato dopo aver allontanato i pochi monaci con un vantaggioso vitalizio. In questa nuova sede i ragazzi sarebbero potuti rimanere fino ai 18 anni e imparare un mestiere.

Nella seconda metà del Settecento vennero soppressi e aggregati all’orfanotrofio diversi enti: la Confraternita di S. Pietro Martire in S. Eustorgio 

(Fondata nel 1255, sotto l'invocazione di San Pietro martire, la Congregazione dei quaranta crocesignati era un'associazione laica al servizio dell'Inquisizione, residente nella chiesa dei domenicani di Sant'Eustorgio a Milano. La Congregazione era costituita da quaranta crocesignati, così denominati da una croce di panno che portavano sulle vesti, eletti per anzianità tra le famiglie più nobili della città e comandati da un padre inquisitore generale o priore; vincolati da giuramenti e statuti, operavano come una piccola, agguerrita falange di ufficiali laici dell'Inquisizione. La Congregazione fu soppressa con dispaccio sovrano del 7 agosto 1769 e i suoi beni furono uniti a quelli dell'Orfanotrofio maschile.)

o Congregazione dei Quaranta Crocesegnati in Milano e la Confraternita di San Pietro Martire in Como, soppresse nel 1769; i due Ospedali di San Giacomo e dei Santi Pietro e Paolo dei Pellegrini, soppressi nel 1770; il Convento di San Pietro Martire e la Casa degli orfani di Santa Croce, entrambi a Monza, soppressi nel 1776; la Casa di San Barnaba e San Paolo, soppressa nel 1797.

Ma quando Napoleone prese Milano nel 1796 trasformò la sede di San Pietro in ospedale militare. I Martinitt allora si trasferirono in alcuni locali di Brera e poi nell'ex convento di San Francesco Grande. Nel 1803 i Martinitt tornarono nella vecchia sede di via Manzoni che li vide, nel 1848, come staffette degli insorti negli scontri delle Cinque giornate di Milano, spostandosi da una barricata all'altra.

Nel corso dell’Ottocento furono introdotti nuovi corsi di studio e gli orfani iniziarono a seguire apprendistati presso officine esterne; fu anche fondata la gloriosa Banda dei Martinitt, conosciuta e attiva ancora oggi.

Sino ai primi decenni del Novecento i Martinitt rimasero nello storico edificio di San Pietro in Gessate. Nel 1931 fu inaugurato un nuovo grande complesso nel quartiere Ortica, alla periferia Est di Milano, in cui gli orfani si trasferirono, fu aperta la nuova grande sede dell'Istituto in via Pitteri, allora in aperta campagna. La sede di via Pitteri venne aperta nel 1932 e l’inaugurazione coinvolse non solo la struttura ma anche il Teatro Martinitt che fu adibito unicamente all’intrattenimento educativo degli orfani e che saltuariamente veniva usato come cinema.

Dal dopoguerra a oggi Martinitt e Stelline hanno vissuto una enorme trasformazione: negli anni Settanta sono nate, infatti, le comunità alloggio, ovvero dei piccoli gruppi di orfani che vivono in appartamento di proprietà dell'Ente con i loro educatori quasi come in una vera famiglia.

Oggi l’immenso complesso dei Martinitt è pronto per divenire la prestigiosa sede di un campus universitario.

Oggi l'Ente è stato trasformato dal 1971 in Azienda di servizi alla persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio.

Il 19 gennaio del 2009 è stato inaugurato il Museo Martinitt e Stelline dedicato agli orfani milanesi.

Nel 2010 la società La Bilancia ha vinto il bando di gara per il teatro annesso alla struttura, in disuso dalla metà degli anni Settanta. Dopo alcuni lavori di ristrutturazione il Teatro Martinitt ha riaperto nell'ottobre dello stesso anno con una stagione dedicata alla commedia contemporanea. A partire dal 2015 La Bilancia ha arricchito il servizio culturale affiancando al teatro anche il cinema.


Il corpo musicale La Banda de I Martinitt nasce nel 1861 ed è tutt'ora operativa, presso l’Istituto Martinitt, per educare i giovani ospiti allo studio di uno strumento e, solo dopo aver raggiunto un livello ottimale, permettere all’allievo di entrare nelle file del Gruppo musicale.

Nel corso della storia La Banda ha vissuto adeguandosi al contesto di ogni epoca sociale e politica. Dal 1988 non è più riservata agli studenti dell'orfanotrofio ma "si compone di laureati e diplomati strumentisti, studenti del Conservatorio e studenti di Licei musicali, selezionati tramite bando di concorso, indetto dal Consiglio d’Amministrazione dell’Istituto Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio".

Martinitt celebri

  • Amilcare Pizzi (Codice Resta) tipografo
Nel 1909 Amilcare Pizzi era poco più che un ragazzo. Aveva diciott'anni e la prima cosa che fece, appena uscito dall'orfanotrofio, fu giocare a pallone. Trovò un ingaggio nell'Unione sportiva Milanese e diventò capocannoniere. Nel '14, alla vigilia della guerra, lo volle il Milan che lo trasformò in un difensore e iniziò a versargli uno stipendio. Lui, per tutta risposta, mise da parte i soldi e si comprò una macchina da stampa a pedale. La sua carriera - quella vera - iniziò lì e le Arti grafiche «Amilcare Pizzi» si fecero onore in Italia e nel mondo. Il conflitto provò a spezzare quell'uomo buono distruggendogli gli stabilimenti, ma l'Amilcare con l'articolo, come ogni milanese e lombardo che si rispetti, non si perse d'animo e ne aprì di nuovi e più grandi a Cinisello. L'Ambrosiana conserva tuttora il Codice Resta, uscito da quella tipografia che nel 2015 ha compiuto i cent'anni, ma li ha festeggiati passando di mano.
Tra i compagni di Pizzi c'era un altro bambino con la sua stessa passione. I libri. La stampa. Si chiamava Angelo e di cognome faceva Rizzoli. Non era altro che il figlio di un ciabattino analfabeta, morto prima che il piccolo nascesse. La sua destinazione la decise una sorte bizzarra e cattiva, la stessa che lo risarcì facendogli apprendere - proprio tra le mura del collegio - il mestiere che gli avrebbe regalato fortuna. Nello stesso anno in cui Pizzi decise di giocare a calcio, Rizzoli si mise in proprio. Aprì una tipografia in via Cerva e fu il primo passo per la costruzione di un impero. La Rizzoli. La Cineriz che avrebbe prodotto Otto e mezzo e La dolce vita.
  • Leonardo Del Vecchio, fondatore di Luxottica che produce e commercializza occhiali
non conobbe mai il papà. E la mamma, che aveva già tre figli più grandi da mantenere, lo affidò a San Martino. Alla fine della terza media lasciò il collegio per fare il garzone alla Johnson, che fabbricava coppe e medaglie. Imparo l'arte, insomma. La prima montatura per occhiali vide la luce otto anni dopo, nel Bellunese, dove quella piccola bottega di paese diventò Luxottica.
  • Edoardo Bianchi, fondatore dell'omonima azienda produttrice di biciclette e automobili F.I.V. Edoardo Bianchi
  • Roberto Cozzi, Medaglia d'Oro al Valor Militare Prima Guerra Mondiale morto nella Battaglia dei Tre Monti

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