lunedì 20 settembre 2021

CHIESA SAN MAURIZIO AL MONASTERO MAGGIORE

 

Il nome dell'architetto, ancora oggi, non lo conosciamo, anche se la critica ha indagato a lungo per risolvere l'enigma, incuriosita dalla grande eleganza e dall'alta qualità delle soluzioni architettoniche scelte per l'edifico, inconsuete nella Milano di quegli anni. Insolito, ad esempio, è il disegno, di grande purezza geometrica, dell'interno: una navata unica, divisa in dieci campate da contrafforti angolari. All'altezza della quarta campata, una parete trasversale su cui poggia, da un lato, un singolare pontile tracciato ad arco ellittico, separa la zona riservata alle monache da quella pubblica: una soluzione che diventerà modello fondamentale, e assai imitato, per tutte le chiese di monasteri femminili milanesi e sarà poi indicato esplicitamente come esempio da seguire da Carlo Borromeo, nella parte delle sue Istructiones dedicata alle chiese di monache. Con identica raffinatezza sono pensate le pareti, scandite dal doppio ordine di lesene doriche sottilmente architravate da cornicioni continui. Entro questa griglia rigorosa si svolgono tre registri sovrapposti: le cappelle con volta a botte e arco d'ingresso a tutto sesto, prima di tutto; sopra, il matroneo a serliane in sequenza continua, un motivo che andava meditando, in quegli anni, Bramante a Roma e inedito, fino ad allora, per Milano; infine, il registro terminale, con le lunette concluse, nella parte superiore, da un rosone.

Chiude la struttura la grande volta a botte, segnata da costoloni puramente decorativi, intrecciati a fingere crociere.
La prima campagna decorativa, nell'aula claustrale, iniziò forse poco dopo la fine dei lavori per la costruzione della chiesa, attorno al 1510-11. Anonimi, tutti, e di mani diverse: di cultura arcaizzante è l'autore degli affreschi della parte interna del pontile; più aggiornato pare, invece, l'artista che ha dipinto i tondi del matroneo che, talvolta, sono stati attribuiti, almeno in parte, a Boltraffio.
Quando fu chiamato Bernardino Luini, e chi lo incaricò di compiere la seconda parte della decorazione, esattamente non sappiamo. La data dell'intervento di Luini dovrebbe coincidere, più o meno, con quella del rientro a Milano di Francesco Sforza, nel 1522: una delle figlie di Alessandro (Bentivoglio) e Ippolita Sforza, Alessandra, prese i voti e divenne monaca benedettina proprio nel convento di S. Maurizio: a lei, l'anno precedente, la madre Ippolita aveva donato una forte somma di denaro, destinata con ogni probabilità ai lavori di decorazione della chiesa. Ippolita Sforza era donna assai colta, a detta di Matteo Bandello, che ben la conosceva, e a lei si deve, forse, la scelta di Bernardino Luini per gli affreschi in S. Maurizio.
In realtà, Luini usa modi assai simili negli affreschi della zona pubblica e negli altri della zona claustrale; identico è il fare sciolto e il fluido narrare degli episodi, identico è il ritmo compositivo, pausato, pacato , identica la gamma cromatica chiara, identica la solenne geometria delle figure e degli spazi.
Bernardino Luini muore nel 1532 e per un lungo periodo i lavori in S. Maurizio s'interrompono. Solo alla metà del secolo l'impresa sarà nuovamente avviata, per iniziativa delle famiglie milanesi titolari delle capppelle nell'aula pubblica.
La chiesa di S. Maurizio, che ai tempi di Bernardino era stata all'avanguardia per le proposte artistiche e per il netto orientamento verso la 'maniera moderna' e il nuovo classicismo del primo Cinquecento, diventa, in questi anni, il cantiere della tradizione pittorica lombarda; tradizione che ripropongono, con qualche stanchezza e mediocre levatura artistica, soprattutto i figli di Luini.
La lunga storia della decorazione di S. Maurizio si conclude, alla fine del secolo, con qualche segno di apertura verso le nuove tendenze artistiche: in rapida successione, infatti, le monache benedettine chiamano Simone Peterzano e Antonio Campi.
Collocato sulle rovine del circo romano, abbiamo notizie circa la sua esistenza già dall'823.Il nome completo gli fu attribuito dopo il 964, quando l'imperatore Ottone I, dona al complesso monastico una reliquia di S. Maurizio.
Risulta da un documento del 1034 (Giudicato di Ariberto) che il vescovo Ariberto d'Intimiano, prima della sua partenza alla conquista della Borgogna, faccia donazioni a questo monastero con pochi altri in Milano, sottolineandone l'importanza.
Nel 1447, le monache del Monastero Maggiore, accusate di inosservanza delle regole, scelgono la clausura sotto la guida degli Agostiniani riformati.
Ancora all'inizio del XIX sec. si ricordano le vaste ortaglie, di cui era circondato il complesso religioso.
La costruzione della chiesa come la vediamo oggi fu avviata nel 1503, sul luogo dell' altra e più antica, di cui però non conosciamo né la forma né l'esatta posizione. Una lapide sepolcrale ci informa che nel 1509 i lavoro dovevano essere completati
Nel secondo decennio del XVI sec. viene chiamato Bernardio Luini a completare la gran parte della decorazione della chiesa. Qui si trovano anche i ritratti di Ippolita Sforza, sposa di Alessandro Bentivoglio, proprietari dell'omonimo palazzo in Piazza S. Giovanni in Conca, che paiono i veri mecenati della decorazione della chiesa rinascimentale.
Nel 1864 passava in proprietà al Comune. Allo scopo di sfruttare la vasta area venivano tracciate le vie Ansperto e Luini; ed il cenobio, così tagliato in due, era destinato da un lato a caserma dei Pompieri, fin dal 1885, con ingresso da Via Ansperto, e per l'altro a scuole comunali. All'interno del compromesso complesso, successivamente veniva collocato il Museo Archeologico.
Qui possono ammirarsi, nei sotterranei, in passato lambite dal Seveso, le mura imperiali, ben conservate e in tutta la loro magnificenza: queste a differenza delle precedenti della tarda età repubblicana, hanno saldissime fondazioni in conglomerato (profonde m. 3 e larghe m. 2), una cortina in mattoni senza rastremazioni e spessa in media m.1,70, fino a 11 m. di altezza sul cammino di ronda.
Nel 1872, dopo l'ultimazione dei lavori per l'apertura della Via Luini lungo il fianco sinistro della chiesa conventuale, il Colla venne incaricato dal Comune di terminare il lato lungo in questione.
Tra il 1894 e il'96, la Soprintendenza faceva restaurare la facciata, eseguiva ricerche pittoriche e ripuliture degli affreschi interni.
era il più grande convento femminile di clausura della nostra città.
Il monastero, che oggi è la sede del Civico Museo Archeologico, risale all’ epoca carolingia, ma ingloba nel suo interno anche importanti resti romani, tra cui due torri: quella poligonale, o torre di Ansperto, era parte delle mura imperiali romane, mentre quella quadrata, diventata poi campanile della chiesa, faceva parte del circo romano.
La chiesa, in stile rinascimentale, risale all’inizio del Cinquecento. È divisa da una parete in due aule, una esterna, aperta ai fedeli, e una interna, riservata solo alle monache di clausura, che assistevano alle funzioni attraverso una grata.
E' impossibile immaginare lo spettacolo dietro quell’anonima facciata di corso Magenta. All'esterno, San Maurizio al Monastero Maggiore sembra una chiesa qualunque. Appena varcata la soglia, ci si rende conto che è uno dei tesori più belli di Milano.
San Maurizio è molto particolare nella sua struttura, che colpisce per la sua originalità. Era infatti la chiesa dell’ex Monastero Maggiore, il più vasto e antico cenobio femminile di Milano: fu iniziata nel 1503 non solo per la cittadinanza ma anche per le monache di clausura, che però non potevano entrare in contatto con il pubblico. Ecco allora la singolare divisione della chiesa in due metà: quella verso la strada - la parte pubblica - è separata da un tramezzo dal cosiddetto Coro delle Monache, riservato alle sole religiose (che sentivano Messa e si comunicavano grazie a una grata posta sul tramezzo stesso).
Ma lo spettacolo è dato soprattutto dalla decorazione. Alle pareti e sul soffitto, è un tripudio di dipinti, stucchi, affreschi che ricoprono ogni spazio, sia nella parte pubblica sia nel Coro delle Monache. Il genius loci è Bernardino Luini, che vi operò con la sua scuola dal 1522 al 1529, ritraendo storie di santi, parabole, episodi della vita di Cristo e biblici. Una straordinaria espressione della pittura rinascimentale lombarda, tanto che il ciclo di affreschi è stato definito da Vittorio Sgarbi “la Cappella Sistina di Milano”.
Gli storici dell’arte notano soprattutto gli affreschi sul tramezzo, tra cui il martirio di San Maurizio e San Sigismondo che offre a San Maurizio il modello della chiesa. I meno preparati, invece, sono colpiti da altre scene piuttosto originali, come la figura di spalle che sembra guardare altrove, nella parte pubblica della chiesa, e il grande affresco dell’arca di Noè - con tanto di unicorni! - nel Coro delle Monache. Ma i particolari da scoprire sono quasi infiniti - si starebbe ore a cercarli, tra il cielo stellato sotto il coro e la dolorosa Deposizione sopra una porticina d’ingresso.
GLI ORARI DI VISITA
I Volontari del Touring Club Italiano per il Patrimonio Culturale accolgono i visitatori all'interno degli spazi di San Maurizio al Monastero Maggiore dal martedì alla domenica dalle ore 9.30 alle 19.30. L’ingresso è gratuito

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