STORIA DI UN BUCO NELL’ACQUA
Con i suoi 4,80 metri di salto la Conca Fallata è l’opera di ingegneria idraulica più importante del Naviglio Pavese. Si riempie in quattro minuti e si svuota in sei con un solo manovratore e senza l’aiuto di altri meccanismi. Peccato che ad uno sguardo più attento rappresenti anche il più imbarazzante monumento metallico mai eretto per celebrare lo sperpero di denaro pubblico durate la costruzione del sistema dei Navigli.
Già dal nome infatti si percepisce che qualcosa non va: l’aggettivo fallata al posto di sbagliata suona come la sottile beffa di chi sta a guardare un progetto destinato a fallire fin dall’inizio. Resterà inutilizzata fino al 1840 quando vicino si insedieranno le Cartiere Binda, chiuse nel 1997.
Purtroppo, ancora oggi, la piccola centrale elettrica che avrebbe dovuto ricavare energia dal salto dell’acqua del naviglio e che invece è bloccata dalle alghe e dall’asciutta, conferma che non abbiamo imparato nulla dal fallimento dei nostri avi e continuiamo a buttare via soldi pubblici.
Ecco perché dovremmo conoscere meglio la storia della Conca Fallata.
Naviglio da Milano a Pavia. La storia della Conca Fallata è intrecciata alla costruzione del Naviglio Pavese e inizia nella seconda metà del 1500, quando il governo spagnolo decise di rimettere mano al progetto di congiungere Milano al Ticino passando per Pavia con un nuovo naviglio navigabile. Il percorso avrebbe ricalcato quello del canale fatto scavare da Galeazzo II Visconti per alimentare d’acqua il parco del suo castello di Pavia. 20 anni per incominciare. L’incarico ufficiale fu affidato all’ingegnere Giuseppe Meda nel 1579 e il progetto prevedeva per l’intera opera una spesa di 76.500 scudi.
I lavori però ebbero l’approvazione regia solo 19 anni più tardi, nel 1598. Purtroppo quello stesso anno morì Filippo II, re di Spagna, e l’anno successivo se ne andò anche Meda.
Nuovi lavori col conte di Fuentes. Nel 1600 divenne governatore di Milano don Pietro Enriquez de Acevedo, conte di Fuentes, che, riottenuta l’approvazione dal nuovo sovrano Filippo III, affidò i lavori ad Alessandro Bisnati e a Romussi l’anno successivo. L’opera fu finanziata con 50mila scudi dal governo con un prestito in obbligazioni, ma per la parte restante furono chiamate in causa le comunità e i privati con pesanti tasse.
Nonostante i malumori dei cittadini per le tasse, i lavori procedettero speditamente. Tanto speditamente che il conte di Fuentes volle festeggiare il completamento della seconda conca, la nostra “fallata”, in coincidenza col superamento del Lambro meridionale, con un monumento. Il cosiddetto Trofeo, di cui rimangono alcuni quadri e qualche resto al Castello sforzesco, fu eretto all’imbocco del Naviglio Pavese con la Darsena.
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