domenica 10 ottobre 2021

PORTA NUOVA E L'ACQUA

 Chi mai potrebbe pensare cosa cela l’incrocio tra via Melchiorre Gioia e Viale Monte Grappa? Se fate attenzione, stando nei pressi dei giardinetti – quelli proprio di fronte alle vecchie Cucine Economiche – sentirete scorrere dell’acqua. Guardando bene il giardinetto vi accorgerete della presenza di molte strutture metalliche, specie di grandi tombini, ebbene lì sotto passa ancora, nascosto, il canale della Martesana che da qui cambia nome unendosi al Seveso, in Redefossi.

il Buon Seveso, era il fiume di Milano, scorreva in direzione centro e lambiva le mura repubblicane zigzagando verso Lodi. I romani avevano già pensato di deviare il torrente per formare il fossato naturale che cingesse e difendesse il nucleo della città. Così un braccio venne deviato verso la Vettabbia a ovest e l’altro verso il Corso di Porta Romana, verso sud. Le mura medievali col fossato deviarono ulteriormente il corso del fiume. Nel 1471 la creazione della Martesana iniziò a modificare le sorti del fiume Seveso. Nel 1496 fu completato il tratto dalla Cassina de Pomm al ponte delle Gabelle, Seveso e Martesana si incrociarono. Così il Seveso venne incanalato, forse nel suo antico alveo, dando origine alla roggia Gerenzana, ma il carico idrico su Milano in caso di concomitanti piene del Seveso e dell’Adda era diventato eccessivo e si avvertì l’esigenza di creare un canale che potesse scaricare le acque in eccesso prima che entrassero attraverso la conca dell’Incoronata nel naviglio di San Marco e quindi nella cerchia interna dei Navigli. Le frequenti inondazioni a Porta Romana e Porta Vittoria, costrinsero il governo austriaco di Milano alla creazione, tra il 1783 ed il 1786, del Cavo Redefossi o Re de’ fossi, a tutti gli effetti uno scolmatore. Il nome alquanto strano deriva probabilmente dal nome che gli era stato dato di retrofossum, fossato retrostante le mura di difesa.
I problemi di inondazione continuarono creando gravi disagi nella parte meridionale della città. A offrire la soluzione, sarà l’ingegnere Pietro Parea, ingaggiato da un gruppo di “Utenti della Vettabbia” che progetterà il prolungamento del Redefossi fino quasi a Melegnano: il costo dell’opera era assai elevato (un milione di lire milanesi), ma con molto realismo il governo austriaco rispose che la cifra era inferiore a quella sborsata per una delle ricorrenti esondazioni. Così, approfondite le indagini tecniche, i lavori iniziarono nel 1783 e furono terminati nel giro di tre anni.
Per anni all’incrocio del Ponte delle Gabelle rimasero le vasche di smistamento delle acque tra la Martesana e il Redefossi. La presenza di così tanta acqua in quel punto, già sfruttata per l’antica Manifattura Tabacchi che si trovava lungo l’attuale Via della Moscova, tra Corso di Porta Nuova e Via san Marco, fece sì che in questo luogo sorgessero a partire dal 1870 delle piscine (l’acqua all’epoca era ancora ottima). Le prime tra via San Marco e via Castelfidardo, 3 grandi piscine dei Bagni Popolari Castelfidardo, con annesse strutture ginniche e per tirare di scherma. Nel 1894 la singola piscina costruita al di là del naviglio dei Bagni San Marco, riscaldata, di dimensioni più ridotte. Mentre nel 1910 (dove ora stanno ristrutturando l’ex palazzo Tecnimont), i nuovi Bagni Popolari del Ponte delle Gabelle, con singola vasca, con prezzi bassissimi.
Spesso comunque, attorno allo scolmatore i ragazzini si divertivano a tuffarsi e bagnarsi nei mesi estivi, rendendo molto popolare e fotografico quest’angolo di Milano. Il percorso lungo i bastioni fu tombinato negli anni Trenta, contemporaneamente alla copertura della fossa interna dei Navigli. Rimase scoperto ancora per pochi anni il tratto in questione, poi nei primi anni Sessanta, vista l’inutilità del canale, venne coperto. Naturalmente anche il nostro bell’incrocio, che fu uno degli ultimi tratti ad essere nascosti. Ora un giardino ha preso il posto delle ribollenti acque e a ricordo ci rimane il pezzetto di muretto facente parte della balaustra del ponte sul canale e il ponte delle Gabelle dei Bastioni di Porta Nuova, che ci permette l’accesso a via San Marco dove si trova ancora la vecchia conca dell’Incoronata.

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