
Dopo alcune manifestazioni fieristiche più generiche (nel 1881 c’era stata una esposizione industriale ed artistica), questo evento segnò l’esordio, pur embrionale, della tipica esposizione settoriale, dedicata cioè ad uno o comunque pochi rami commerciali, ma votata ad accogliere un grande afflusso di pubblico anche generico, e non più solo specializzato o professionale.
L’idea di organizzare un evento fieristico limitato a poche materie era balenato nella mente di alcuni possidenti cittadini in considerazione del fatto che una fiera di carattere generale era programmata per il 1895 a Roma.
Dopo aver ottenuto la spinta finanziatrice della Camera di Commercio per quanto riguardava due delle manifestazioni, e precisamente quella relativa alla meccanica applicata ai processi industriali e quella dedicata al vino e all’olio (un settore, questo, che necessitava di una vigorosa spinta se si voleva affermare la produzione locale nel resto d’Italia), il progetto fieristico andò, mese dopo mese, arricchendosi con altre iniziative: il settore operaio, quello di pubblicità, di fotografia, di belle arti, di orticola, di sport, di filatelica e di geografia.
Per lo spazio espositivo, che secondo i progetti degli organizzatori doveva essere notevole sia per consentire lo sperato afflusso di pubblico sia per la volontà di erigere temporanee costruzioni degne di un così importante evento, era necessario individuare una zona cittadina facilmente raggiungibile anche a piedi dal centro, che presentasse però vasti spazi liberi dall’urbanizzazione (sempre più pressante in una Milano in rapida espansione).
A seguito del piano regolatore firmato dall’ing. Beruto nel 1884, era stata aperta la via Dante, che coreograficamente, e comodamente, univa il Duomo al Castello, che proprio a partire dal 1893 iniziava a subire gli imponenti lavori di restauro ideati dal Beltrami. Alle spalle del castello, la piazza d’armi, immensa spianata incolta salvata dalla lottizzazione, era stata presa in consegna dall’Alemagna, che aveva appena iniziato a trasformarla in parco cittadino, creando vialetti, corsi d’acqua e piantumandola adeguatamente.
Stava dunque nascendo, a pochi passi dal centro, una nuova zona cittadina ancora desiderosa di farsi conoscere dai milanesi che, un po’ tradizionalisti, preferivano passeggiare nell’attuale corso Vittorio Emanuele snobbando la via Dante e i “cafè” che vi erano stati aperti. Nessuna scelta poteva dunque risultare più fortunata: impiantando la zona espositiva attorno al restaurando castello (bellissima scenografia storica) e inoltrando i padiglioni fieristici nei nuovi vialetti del parco Sempione, si aiutava anche la spinta commerciale della via Dante. Non dimentichiamo inoltre l’estrema vicinanza della stazione ferroviaria Saronno-Erba (l’attuale stazione Ferrovie nord, ormai in funzione dal 1878), ottimo punto d’arrivo per i visitatori “forestieri”.
Quando il 6 maggio del 1894, alla presenza dei Sovrani, del Primo Ministro Crispi, del Sindaco Giuseppe Vigoni e dei più notabili e facoltosi cittadini venivano finalmente inaugurate le Esposizioni, un ruolo importante soprattutto per i milanesi e i forestieri non prettamente interessati all’aspetto “commerciale” dell’evento lo ebbe lo spazio dedicato alle attrazioni da divertimento “di massa”, cioè allestimenti per far svagare, divertire ed incuriosire il pubblico pronto a farsi un po’ di risate e a provare l’ebbrezza di qualche rischio tipico delle attuali giostre o parchi di divertimento.
Questa zona, letteralmente presa d’assalto durante tutto il periodo in cui funzionò l’esposizione, venne concentrata tra l’Arena e il Castello, e ospitava il Water toboggan (le cascate del niagara) ,che era un divertimento importato, dalle Haway, ed era stato il pezzo forte per i visitatori dell’Esposizione di Chicago dell’anno precedente. L’allestimento in chiave milanese, progettato dall’architetto Tenca, era formato da una sorta di torre in legno, che reggeva una specie di enorme scivolo lungo il quale venivano lanciate delle piccole piroghe, che al termine della pazza discesa andavano a terminare la loro corsa spericolata nelle calme acque di un laghetto artificiale. Le piroghe avevano dei pattini in acciaio, e scorrevano lungo appositi binari infissi sulla struttura dello scivolo.
Sulle piroghe prendevano posto alcuni temerari, poi la stessa era trainata verso l’alto con appositi ganci. Una volta in cima, veniva liberata e iniziava la sua corsa senza freni verso l’acqua. Il divertimento era assicurato, salvo alcuni spiacevoli incidenti che occorsero almeno in un paio di occasioni: forse perchè sbilanciata, la piroga non appena giunse in acqua si rovesciò, facendo fare ai suoi occupanti un bagno inaspettato, tra le risate e gli applausi degli astanti.
Le Montagne russe, divertimento ancora oggi molto conosciuto, si sviluppavano lungo un tragitto di circa 150 metri, sul quale correva un convoglio formato da tre vagoncini capaci ciascuno di ospitare dieci arditi. Il divertimento era assicurato da salite, brusche discese, alcuni tunnel e immancabili vuoti d’aria.
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