martedì 24 agosto 2021

IL DUOMO E L'ACQUA

 È abbastanza certo che Milano fu fondata dagli Insubri nel VI secolo A.C. e che il posto scelto, appena sopraelevato rispetto al resto del territorio paludoso, fosse dovuto alla sua centralità topografica, rispetto alla rete di comunicazioni fluvio-terrestri. Ponendo quindi Milano al centro delle strade che collegavano la Pianura Padana con il nord Europa, perché, sorprendentemente, come è suggerito da studiosi della materia, Milano ha gravitato verso l’area continentale nordeuropea più che verso l’area mediterranea da cui rimase appartata per secoli.

Un villaggio all’inizio contornato da paludi e senza corsi d’acqua che, con il tempo, ed attraverso imponenti bonifiche e fiumi deviati, ha portato l’acqua in città. Lavori già probabilmente effettuati dai primi abitatori, anche se i primi riscontri oggettivi li abbiamo soprattutto dell’epoca imperiale romana del II-III secolo D.C., quando nell’attuale corso Vittorio Emanuele passava un canale deviato dal Seveso o dall’Acqualunga, grosso fontanile sorgente tra Precotto e Gorla, con numerosi ponti e la cui acqua alimentava probabilmente le Terme Erculee, distrutte dal Barbarossa stesso quando rase al suolo Milano nel XII secolo.
Una città che, almeno all’inizio, era poco importante nel contesto dell’Impero Romano, anche se fu oggetto, già in periodo repubblicano, di imponenti opere di bonifica, i cui canali di deflusso servivano sia per il funzionamento che per la difesa della città.
E’, perciò, estremamente difficile ricostruire come effettivamente era il territorio milanese, di cui si sa che era estremamente fertile e il cui sistema irriguo, cosi interconnesso e capillare ha svolto e svolge tuttora, anche se più in sordina, un ruolo fondamentale nell’evoluzione della città, dell’area circostante ed anche al di la delle Alpi. È famoso, infatti, in tutto il mondo il sistema irriguo milanese, studiato ed apprezzato per la sua singolarità.
Se si guarda con attenzione il paesaggio lombardo, non vediamo nella zona di Milano i caratteristici archi degli acquedotti romani, che invece troviamo sparsi in tutto il mondo. I Romani, grandissimi ingegneri idraulici, sapevano perfettamente che Milano non ne aveva bisogno.
La particolare ricchezza di acque sotterranee sotto pochissimi metri dal suolo grazie alla sua conformazione, che permette la risalita delle stesse, e le acque superficiali deviate in canali hanno consentito sia un fiorire di pozzi “personali”, privati, sia un drenaggio costante delle acque dal terreno, soprattutto nella parte sud della città. In uno scavo archeologico in piazza Missori si sono contati fino a quindici manufatti per prelievo di acque.
Un contributo, forse non decisivo, ma importante, è stato che la Pianura Padana è naturalmente in leggera pendenza da Nord-ovest a Sud Est permettendo cosi un defluire dell’acqua verso la parte bassa della città senza grossi interventi degli abitanti. Un’ acqua che viene utilizzata per vari scopi sia per le terme sia per la difesa dell’abitato che per lo smaltimento di rifiuti suffragato anche da prove certe della presenza, sempre in epoca romana, di un sistema di condutture sia per l’acquedotto pubblico che per la fognatura.
Un ulteriore conferma della presenza di abbondante acqua sotterranea è infatti documentata dalla presenza di palificazioni e di drenaggi di anfore al di sotto delle costruzioni soprattutto nella parte sud (zona chiesa di San Lorenzo e Arena).
Non si ha documentazione precisa di come era la città celtica e poi romana ma le figure sottostanti ricostruiscono le probabili mappe del territorio di allora.
Tale sistema è ben documentato sia da studi archeologici, sia dal celeberrimo Bonvesin della Riva che nel XII secolo cantava le lodi di Milano nella sua cronaca “ De magnalibus urbis Mediolani “.
Dopo le invasioni barbariche e la fine dell’Impero Romano, vi fu un lungo periodo di decadenza che arriva alla fine del Medioevo, dove si lasciò senza manutenzione il sistema drenante e le fognature milanesi. Gli interventi successivi furono effettuati senza una pianificazione generale, a seconda della necessità. Rimaneva la presenza in contemporanea sia dei pozzi privati ad uso potabile che i pozzi neri e le fognature servivano solo per drenare le acque. Questo metodo cominciò a creare notevoli problemi di salute causa infiltrazioni nel terreno dei liquami.
Tale metodo di gestione delle acque è proseguito fin quasi alla fine del XIX secolo quando la costruzione sia dell’acquedotto che delle fognature cittadine ha risolto i succitati gravi problemi sanitari che si erano mostrati anche causa il crescere della popolazione.
Una città d’acqua che porta e gestisce l’acqua e che galleggia sull’acqua, cosi era Milano allora e tale è rimasta per secoli. Va infatti sottolineato che solo l’Olona venne deviato più di una volta nel corso dei secoli; in ultimo dagli Spagnoli per costruire la Darsena.
La costruzione del Duomo di Milano
Quindi Milano ricca d’acqua sia sopra che sotto ed è un aspetto che deve essere considerato sempre quando si interviene nell’area milanese.
Quando nel 1386, dopo l’abbattimento delle due chiese esistenti, si cominciò a costruire il Duomo, decisamente diverso da come è ora, l’acqua di falda era a pochissimi metri dal suolo, come risulta da numerosi racconti e manufatti ritrovati durante gli scavi archeologici.
I dati raccolti in modo continuativo dalla costruzione dell’acquedotto milanese alla fine del 1800, rispecchiano ciò che è stata la situazione del rapporto acqua sotterranea e costruzioni nell’area milanese perlomeno fino agli anni 20 del secolo scorso, quando, dopo la costruzione delle centrali per l’acquedotto cittadino, i prelievi di acque sotterranea aumentarono sempre più, abbassandone il livello nel suolo.
Quindi immaginiamo l’area del futuro duomo, ricca di acqua sotterranea e di canali che passavano vicino alle case e alle chiese preesistenti. Anche se non viene quasi mai citato il problema della falda affiorante era probabilmente ben conosciuto da tutti gli addetti ai lavori, specialmente gli ingegneri e gli architetti.
E ritorniamo al Duomo, dove, al momento di posizionare le fondamenta su un terreno di ghiaia e sabbia con tracce di limo e strati di limo sabbioso e argilla, si posizionarono dei plinti che erano diversamente caricati causa appunto la presenza della falda, e di cui ora, dopo recenti studi effettuati negli anni 60 del secolo scorso da Ferrari da Passano, conosciamo esattamente le problematiche In effetti nessuno nel secolo XIV poteva mai pensare che avremmo avuto degli abbassamenti della falda per cause imputabili unicamente all’attività umana. Si dava per scontato che fosse stabile, ma non lo era. Questo ha innescato una serie di situazioni, alcune fortemente problematiche, che sono tuttora sotto osservazione. In sintesi, il Duomo e la falda sono sorvegliati speciali.
Tra alti e bassi la costruzione del Duomo, come riportato dagli Annali della Veneranda Fabbrica, continuò per secoli, tanto che a Milano esiste un modo dire “lungo come la fabbrica del Duomo” quando si parla di un lavoro interminabile.
il Duomo, costruito in un’epoca in cui l’acqua era a pochi metri dal suolo e tale è rimasta per centinaia di anni ha avuto le sue difficoltà, ovviamente generate dall’attività umana.
Costruito pensando che l’acqua sarebbe stata sempre allo stesso livello, le fondazioni della facciata e di parte delle murature laterali sono state appoggiate su pali, mentre i piloni del tiburio sono stati costruiti su plinti sopra uno strato di argilla e calce direttamente consolidato e gettato in acqua.
Con il tempo, principalmente l’aumento dei prelievi d’acqua sotterranea causa la costruzione dell’acquedotto milanese alla fine dell’Ottocento, in misura minore la presenza di una centrale termoelettrica a pochi passi, le vibrazioni del traffico veicolare e la presenza di errori di staticità si sono presentati notevoli episodi di subsidenza. Già a partire dagli anni 20 i prelievi erano aumentati per l’aumentare della popolazione e di conseguenza del consumo d’acqua potabile e la falda si era abbassata di poco. I prelievi pubblici aumentarono sempre più passando da circa 108 milioni di mc del 1930 ai 352 milioni del 1971. Per fortuna attualmente la quantità di acqua sollevata dai pozzi si è notevolmente ridotta attestandosi sui 218 milioni di mc/annui.
I dati relativi ai prelievi dei pozzi privati allora esistenti non sono conosciuti, ma si sa che erano numerosi ed estremamente attivi per la presenza di numerose industrie idro esigenti nel territorio milanese.
L’acqua fino a circa gli anni 50 del secolo scorso si trovava poco al di sotto dei plinti di fondazione, circa a meno 7 metri, mentre la Fabbrica del Duomo, all’inizio degli anni 60, come racconta Ferrari da Passano nel suo intervento al convegno della Società di Geotecnica Italiana nell’ottobre 1980, si è trovata a rilevare lesioni nelle colonne del tiburio e cominciare a pensare seriamente che l’intera struttura potesse crollare.
Però da parte dei tecnici non era ancora stato messo in correlazione il problema delle lesioni del Duomo con il fenomeno l’abbassamento della falda, nonostante il livello di quest’ultima si era abbassato di 25 metri in vent’anni, mentre attualmente si attesta sui 16-17 metri di profondità.
La situazione venne studiata a fondo con l’istituzione di una Commissione prefettizia tuttora operativa, partecipanti tutte le istituzioni milanesi e la mattina dell’8 settembre 1972 su ordinanza del Sindaco di Milano, Aldo Aniasi, piazza Duomo venne chiusa definitivamente al traffico veicolare, rallentata la linea 1 della metropolitana, e immediata chiusura dei pozzi privati circostanti. Questi gli interventi necessari per ridurre l’impatto sulla cattedrale. Dopo di che si cominciarono i lavori di restauro all’interno che durarono anni.
Da allora il Duomo è un sorvegliato speciale, insieme ovviamente alla falda, con reti di sensori e continui monitoraggi e restauri.


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