La fantasia degli scalpellini nel corso dei secoli ha trovato spazio tra le guglie. Leggende, avvenimenti e personaggi sono stati trasformati in sculture che si mescolano ai soggetti sacri. Per seguire le tracce di questa creatività bisogna affidarsi agli archivi della Veneranda Fabbrica o alla memoria dei custodi più anziani.
Sono tanti i luoghi d’intesse storico e artistico dove il visitatore può perdersi fra quadri, statue e opere d’arte di valore inestimabile. Tanti angoli e luoghi dimenticati senza particolare valore artistico, ma in grado di regalare la strana sensazione di essere tornato indietro nel tempo, dove le lancette dell’orologio hanno smesso di girare e sotto la patina di oblio che li ammanta, è possibile coglierne tracce.
martedì 24 agosto 2021
I PEDUCCI tra le guglie
Prima tappa, la «scala di facciata», che conduce al tetto. Al termine dei piccoli archi che decorano la salita fanno capolino i peducci.
Dispersi, mimetizzati, a volte celati fra gli infiniti dettagli dell’apparato decorativo in marmo di Candoglia del Duomo di Milano, sono i peducci.
Dalle forme più curiose e impreviste, i peducci sono elementi architettonici che precedentemente assolvevano una funzione statica, di sostenere a mensola l’imposta dell’arco superiore trilobato, nel caso del Duomo di Milano i 746 peducci assumono caratteristiche più plastiche e decorative della cornice stessa.
La varietà delle forme li mostra come soggetti ideali per la scultura, che qui riversa una ricchezza di fantasia che va ben oltre l’importanza architettonica dell’elemento. Essi raffigurano animali, fiori, frutti, teste e maschere, creature fantastiche, soggetti simbolici come vizi e virtù, ma anche personaggi storici realmente vissuti durante i secoli fino all’età moderna e oggetti identificativi di evoluzioni o consuetudini epocali: ad esempio lo sport che qui si inserisce con racchette da tennis, guantoni, ramponi e funi da vela.
I maestri scultori fin dal Quattrocento vogliono trasmettere ai posteri se stessi, l’immagine della loro società con miti, paure e ideali: la vivacità di alcuni ritratti per esempio, rivela che l’artista non ha usato l’immaginazione ma vi ha raccontato o beffato l’amico o il nemico, il paggio o la popolana. Un diario del popolo e degli artisti iscritto nella pietra e nel marmo del Monumento simbolo non solo della città di Milano e delle sue trasformazioni, ma soprattutto delle persone e dei maestri che l’hanno scolpita in 630 anni.
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