giovedì 4 novembre 2021

VIA OLMETTO

Benché il suo tracciato sia compreso tra le antiche mura romane, non è noto l'origine effettiva del tracciato: durante i lavori di scavo per le fondamenta di palazzo d'Adda Piantanida nel XVI secolo fu scoperto un cimitero.

In tempi antichi, prima del XVII Secolo, la contrada era detta “de Ulmus in Palatio”in quanto prossima alla zona del palazzo imperiale di epoca romana, posto nei pressi della vicina chiesa di San Giorgio al Palazzo. Tanto che dell’epoca romana nel sottosuolo dei palazzi rinnovati nel dopoguerra vennero rinvenuti molti resti di mosaici da palazzi importanti dell’epoca, come se la zona fosse piena di palazzi nobiliari durante l’impero romano. 

La via era sicuramente conosciuta come contrada dell'Olmetto nel XVIII secolo, probabilmente per la presenza di un grosso olmo che cresceva all’incrocio con via dei Piatti, come scrisse nel 1600 Carlo Torre: “so che sentiste nominare l’olmo al Palazzo, e forse ne aspettate informazione: circa dell’Olmo, eccovelo verdeggiante nel mezzo di quel compito (Crocicchio), in quanto poi perché dicasi al Palazzo, esser puote, c’habbia tal soprannome acquistato, o per la vicinanza del palazzo, che vedasi ancora eretto, ma in stato decrepito dinanzi alla piazza della Collegiata di San Giorgio…”, tuttavia è noto che la via avesse assunto in periodi precedenti il nome di contrada Levata o contrada Elevata. Per un breve periodo durante il Regno d'Italia napoleonico, la via ebbe il nome di contrada dell'Olmetto di Porta MarengoDopo l’unità la via diede il nome anche alla piazzetta di San Fermo che si apre all’altezza del civico 9.

Sebbene colpita pesantemente dai bombardamenti della seconda guerra mondiale che ne stravolsero l'antico aspetto. Notevoli furono i danni riportati in questa zona ricca di memoria architettoniche dai bombardamenti del 43, che furono causa o scusa della demolizione di edifici di notevole interesse storico e artistico, come quelli ai vecchi numeri civici 7, 9, 12 e 13. In molti casi non ci si curò neppure di recuperare le lapidi commemorative che si trovavano sulle facciate delle vecchie case, come quella che segnavano le abitazioni di Ismenia Sormani Castelli, assistente di Laura Mantegazza (filantropa italiana), e soprattutto di una delle glorie letterarie milanesi: il poeta Carlo Maria Maggi (ideatore di meneghino) che in questa via abitò e morì. 

Tanto vandalismo ha portato comunque un piccolo compenso; gli scavi eseguiti per le nuove costruzioni nel 1952-53 hanno riportato il luce reperti di edilizia romana nelle case ai numeri 13 e 14: muri in conglomerato e un lungo cunicolo, in una bella costruzione in mattoni, con ritrovamento anche di vasi. Al numero 1 si trova Palazzo Casati  che fronteggia il piccolo giardino del Palazzo Trivulzio di piazza Sant’Alessandro. Conserva un cortile porticato su eleganti colonne doriche, rifacimento del tardo settecento di una rinomata costruzione quattrocentesca attribuita al Bramante, di cui si sono perdute le tracce nella ristrutturazione. All’origine era collegato con il Palazzo d'Adda Piantanida che si trovava al civico 3 attribuito al Bramante. Sul finire degli anni cinquanta al suo posto venne eretto il palazzo che tutt'oggi troviamo più precisamente al numero 5 della via e che quasi per compensare quanto distrutto, vennero riutilizzate e duplicate, le ringhiere elaborate che adornavano i balconi barocchetti del palazzo. Si possono notare i balconcini in facciata e la ringhiera all’ingresso.Palazzo Archinto all’epoca si presentò al massimo del suo splendore, ornato da un ciclo di decorazioni ad affresco eseguite tra il 1730 e il 1731 da Giambattista Tiepolo e da alcuni suoi collaboratori, tra cui Vittorio Maria Bigari (autonomo rispetto a Tiepolo), Andrea Lanzani e il quadraturista Stefano Orlandi.

A lato del palazzo si apre un lungo vicolo che portava, in origine, sino a via Santa Maria Valle (a lato del civico 3/a si trova l’altro cancellato). Il vicolo era intitolato a Sant’Alessandro, un piccolo oratorio che si trovava a metà del percorso. Oggi il vicolo è chiuso e permette l’accesso solo al piccolo Teatro Olmetto. Troviamo oggi uno slargo che un tempo si chiamava la piazzetta di San Fermo, che si apriva a due terzi della via, dove ora si nota un piccolo slargo, proseguiva con la stretta (vicolo poi promosso a contrada) dallo stesso nome; quest’ultimo ripeteva l’andamento ad angolo retto dei tracciati romani delle vie corna già e disciplini, fino a sfociare a metà della contrada de’Carcani (oggi via Amedei). Il veicolo, nonostante l’esigua larghezza, aveva lungo il suo percorso ben due chiese, una dedicata a San Fermo e Rustico(Forse è riferibile a quell’aula mosaicata paleocristiana ritrovata fra via Olmetto e via Amedei, presso vicolo S. Fermo, risultata appartenente a un edifico con più fasi costruttive, formatosi all’interno di una domus signorile romana: mantenutosi come luogo devozionale, questo oratorio sarebbe poi diventato chiesa dedicata a S. Fermo, ora del tutto scomparsa; il Torre ne ricorda la fronte,) e dopo l’angolo quella dedicata a San Pietro in Corte l’oratorio, già chiesa parrocchiale, sorgeva nel vicolo quasi di fronte a palazzo Archinto in via Olmetto, (chiesetta con l’insegna dei della Torre), entrambe soppresse sul finire del 1700. Percorrendo il vicolo, un tempo, avremmo visto dagli alti muri di cinta, spuntare rigogliosi giardini, come quelli di Palazzo Mazenta, Palazzo Majnoni d’Intigliano, Palazzo Brivio e palazzo Recalcati Prinetti. La chiesa di San Fermo, sconsacrata, venne trasformata nel Teatro degli Aldini.

vicolo San Fermo che univa Via Olmetto e via Amedei nel 19o

Al 17 della Via Olmetto 17 si trova, quasi isolato,  Brivio Sforza le cui origini risalgono al XVI secolo, tuttavia il fronte fu soggetto nel 1800 ad un pesante restauro in forme neoclassiche a cura di Giacomo Moraglia. Avremmo trovato al civico 10 Casa Maggi distrutta dalle bombe dell'ultima guerra che era divisa dal Convento delle Turchine di Santa Maria Valle per un piccolo giardino. Il Convento abbracciava il giardinetto su tre lati e dalla casa Maggi che vi si affacciava, si potevano udire le orazioni delle religiose ma anche i gridi della ricreazione, o della potatura degli alberi. Casa Andreoli (demolita prima della riforma delle vie, all'epoca c. dell'Olmetto n. 4699).

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