Passando da un moderno cancello elettrico, che si apre su un viale privato, l’antico Vicolo San Fermo si raggiunge una scala che conduce al mosaico, un tesoro di inestimabile valore che giace sotto la mole dell’edificio, frammenti musivi di epoca romana che sono considerati i più importanti della Mediolanum antica. Gettando lo sguardo all'insieme un insieme di cortili e porticati di vari stili e fogge. L’ambito tipologico principale è “architettura per la residenza, il terziario e i servizi”, ciò significa che vi si trovano uffici (vi ha sede l’ Unione Fiduciaria spa), ma anche abitazioni. Poco prima di scendere la scala, l’occhio ha spaziato rapido dietro una recinzione, dove c’è un’area adibita a verde, situata proprio al di sopra del sotterraneo. Si tratta con ogni probabilità del giardino (che si configura come pensile) fatto sistemare dai Majnoni d’Intignano, allevatori di cavalli, che –preso possesso della dimora - commissionarono estesi lavori di manutenzione, compresa la corte-giardino. Scendendo due rampe di scale si percorre un brevissimo passaggio all'aperto, si risale una piccola rampa, si varca una piccola angusta porta di ferro ed eccoci giunti quindi nel sotterraneo di Palazzo Majnoni d’Intignano, dove troviamo una ovattata e asettica “sala” che, ufficialmente, è considerata appannaggio di un edificio romano, del quale poteva costituire la zona di culto. Certezze, comunque, al momento non ve ne sono.
In questa sorta di "scantinato" troviamo però i preziosi frammenti musivi pavimentali di due (o più) epoche quelli più antichi, in bianco e nero, pertinenti ad un più antico edificio, risalgono all’età Repubblicana (I sec. a.C.- I sec. d.C.), quando la città faceva ormai parte della Regio XI, in cui si diffusero le dimore private;
quelli ascritti al IV sec. d.C., che vengono considerati i più importanti della città di Milano, nonché i più ricchi dal punto di vista decorativo. Presentano sia motivi fitomorfi che geometrici, antropomorfi e zoomorfi, elementi “paganeggianti” (come il Nodo di Salomone, che si ripete numerose volte) e paleo-cristiani (le croci, i pesci, anche se tali elementi si ritrovano anche fuori dal contesto cristiano). Alle pareti si trovano bellissimi frammenti musivi che però non appartengono a questo contesto abitativo (sono infatti provenienti da Piazza Borromeo), strappati e qui ricoverati dalla Soprintendenza alle Antichità.
Due frammenti murari sono collocati in fondo al salone, su dei supporti; soffitto e struttura del sotterraneo sono inconciliabili con la bellezza dell’opera d’arte antica. Attigua vi è un’autorimessa che, tra l’altro, venne interessata da un incendio nel 2002, lasciando fortunatamente incolume il mosaico. Non si può affermare che l’aula romana (di 23 x 6,60 m) avesse le dimensioni del locale che vediamo adesso; forse era molto più lunga. L’orientazione dell’aula stessa era quella stabilita dal piano regolatore augusteo di Mediolanum. Secondo gli esperti, le dimensioni, notevolmente allungate, non trovano confronti con altre aule di culto, motivo che porta a ritenere questo ambiente (ammesso sia effettivamente cultuale) di uso privato.
I mosaici sono delimitati da semplici cordonature; si può così idealmente suddividerli in più parti, corrispondenti a diverse zone, ma presumibilmente facenti parte della medesima aula (secondo gli studiosi). Ammiriamo i seguenti mosaici:
quello d’ ingresso (che non sappiamo se corrispondesse realmente all’ingresso dell’ambiente originario), dove troviamo gran parte dell’opera frammentata. Vi possiamo ancora scorgere due animali (dei cerbiatti), uno in piedi e l’altro accovacciato, affrontati e separati da ciuffi d’erba; gli animali sono racchiusi in un elegante riquadro e di certo vi si trovavano, intorno, altri elementi;
Una seconda zona che è molto più estesa ed è variamente configurata: si riconoscono trecce, elementi “a doppia T” (labirinti?), riquadri con motivi floreali, vasi con vegetazioni copiose; la parte centrale di questo apparato è totalmente scomparsa; una bella scena di pesca (curiosa per una città come Milano)
La porzione terminale, costituita da un grande tappeto musivo in cui prevalgono motivi geometrici, straordinari; vi si individua una serie di otto ottagoni e quadrati, che contengono elementi ad intreccio, Nodi di Salomone, ma anche un fiore a quattro petali ed una ulteriore gamma di soggetti dalla possibile valenza simbolica, oltre che meramente decorativa; tra ottagoni e quadrati si interpongono croci intrecciate in una armonia non lasciata al caso. Di questa terza zona fanno parte anche i frammenti parietali che mostrano una cornice concentrica quadrata e motivi a intreccio.
Meno della metà del primitivo apparato musivo si è conservato, mancando tutta la porzione sud e molte parti delle altre zone. In alcuni punti si notano delle “finestrelle” di mosaico, sotto uno strato di lastricatura.
Sono stati fatti raffronti con i pavimenti musivi di altre località: con quello della basilica Patriarcale di Aquileia, con quello della Villa Romana di Desenzano, con quello di Dafni presso Antiochia e con un mosaico rinvenuto presso la città di Nebo in Giordania. Sono solo esempi che fanno comprendere come la città di Mediolanumdovesse essere cosmopolita. “Le somiglianze fra il nostro mosaico e quelli di Aquileia e Desenzano –scrive Laura Poli - attestano una circolazione delle immagini che i musivarii componevano e adattavano nei diversi edifici. «Nella Cisalpina… esisteva una attività tradizionale di officine musive, che in età tardoantica si mostrano particolarmente operose» e in grado di soddisfare le esigenze dei committenti”.
Se l’aula sia stata un luogo di culto cristiano privato, potrebbe essere intesa come un luogo di riunione dei primi cristiani, poiché a quel tempo la diffusione della religione cristiana doveva essere limitata. Normalmente, però, sopra quegli antichi luoghi di culto si impiantavano sempre edifici sacri (chiese o basiliche, molte delle quali sopravviventi ancora oggi, in forme rimaneggiate). Se sotto il Palazzo di Via Amedei ci fu un luogo di culto, è strano che esso sia stato dimenticato, sebbene vada tenuto in conto che la Milano romana è praticamente stata annientata completamente e solo di recente una nuova sensibilità ne sta permettendo l’identificazione e la conservazione. Di certo chi eseguì (o per meglio dire, commissionò) i temi del pavimento musivo del sotterraneo di Palazzo Majnoni d’Intignano gravitava in una tradizione influenzata dalle correnti pagane e gnostiche l simbolo del cervo, di antichissima origine (ricorderemo il dio celtico Cernunnos, rappresentato con corna di questo animale), trova collocazione anche in ambito cristiano (Salmo 42, Cantico dei Cantici, ecc.). Allo stesso modo il pesce o la croce. La scena di pesca, motivo che occupa la parte centrale del grande mosaico (configurandosi come "emblema"), è curiosa: due coppie di amorini sono rappresentati in due registri: in quello superiore si vedono scogli (o isolette) tra le acque, pesci che guizzano e due putti alati che si stanno aiutando. Precisamente quello a sinistra, verosimilmente su una barchetta, sta cercando di issare il compagno a bordo, pericolosamente inseguito da una murena: La scena sottostante raffigura altri due putti alati: uno è intento a pescare con una grossa rete (assai realistica) mentre l'altro putto- che ha le gambe nell'acqua- cerca di richiamare l'attenzione del compagno (che però gli volge le spalle perchè sta pescando) perchè è molestato da un polipo. Tutta la rappresentazione, purtroppo mutila di tutta la porzione destra, è di un verismo assoluto e sembra eseguita l'altro ieri, per la freschezza dei colori, oltre che da un abile artefice, per l'armonia compositiva che sprigiona. Non è da escludere un recondito significato ermetico, dietro l'innocua allegoria ipoteticamente cristiana (l'immancabile "lotta tra bene e male"). Sembra accertato che gli strati musivi siano più di due (forse addirittura quattro) e infatti, in loco, questo è palese. Il luogo fu dunque riutilizzato, dal I sec. a.C. almeno al IV sec. d.C. E prima? C’era qualcosa, in situ? Per saperlo bisognerebbe ulteriormente scavare…Ma già crediamo sia un’impresa impossibile.

Nessun commento:
Posta un commento