mercoledì 13 ottobre 2021

CASCINA MONASTERO

 La Cascina Monastero che si trova l’attuale sede del Consiglio di Circoscrizione 7, è ciò che resta del quattrocentesco cenobio che Balzarino de’ Posterla, genero di Matteo Visconti, fece costruire per donarlo poi ai Monaci Olivetani. 

Balzarino de’ Posterla per averne sposata la figlia Orsina; , in un viaggio in provincia di Siena, visitò il monastero di Monte Oliveto Maggiore rimanendo favorevolmente colpito dallo spirito religioso, dall’umiltà e dall’austerità dei Monaci ivi residenti.

 Al suo ritorno decise di far erigere a proprie spese per l’Ordine degli Olivetani un Monastero anche

a  Baggio, con l’accordo di ricordarlo dopo la morte e di conservare il suo sepolcro nella Chiesa. Anche la moglie Orsina fu generosa benefattrice del monastero.

Il Monastero venne opportunamente dotato di beni al fine di renderlo economicamente autosufficiente. 

Con l’andare dei secoli i lasciti e le possessioni del Monastero di Baggio accrebbero fino a farlo diventare uno dei più grandi proprietari terrieri della zona.

Oltre ai terreni di pertinenza in Baggio vanno infatti annoverati i possedimenti della Cascina Molinetto, della Cascina Baggina ed altri terreni a Moirano, Muggiano ed a Cesano Boscone. Nel Mappale di Carlo VI, il “Monàstee” è rappresentato con tre corti chiuse, di cui quella ad ovest adibita ad uso agricolo; la Chiesa dedicata a Santa Maria risulta esterna, posta a nord e confinante con l’attuale Via Anselmo da Baggio.

Ad est si estendeva un giardino prestigioso per ampiezza e progetto geometrico che suscitava la meraviglia in tutti coloro che lo visitavano; una ghiacciaia, anch’essa esterna al complesso, era costruita a sud, sulla stradina che collegava “el Monàstee” con “el Moronasc”.

Il Moronasc è quel gruppo di case ancora visibili tra la Via Pistoia, Via Ceriani e Via 2 Giugno. Nella piazzetta, con l’immagine di Sant’Apollinare affrescata sopra l’osteria ed i negozi all’angolo di Via Pistoia, c’era un grosso gelso bianco, “el moron” che ha dato il nome al luogo. Altre sei piante di moròn erano a dimora nel cortile del Monastero.

Ora ne resistono solamente alcuni esemplari, nel giardino del Consiglio di Zona, a fianco della Sala Consiliare.

Da sempre la tradizione orale riporta la presenza di un fantomatico “cunicolo” sotterraneo che avrebbe dovuto collegare “el Monàstee” con Santa Maria Rossa di Monzoro, edificio ancor oggi presente in fondo a Via Cusago, poco prima dell’abitato con il famoso castello visconteo.

 Santa Maria Rossa venne donata nel 1375 da Bernabò Visconti ai Monaci Umiliati, che successivamente la trasformarono in una grangia.

Questo fantomatico e misterioso passaggio sotterraneo sarebbe servito in un lontano passato a chissà quali intrighi e addirittura, durante la guerra partigiana, come deposito di munizioni e via di fuga per i partigiani che operavano in zona.
I racconti in tal senso, infarciti anche di episodi e di riferimenti accattivanti, sono numerosi. Molte persone sostengono addirittura di averlo percorso per alcune centinaia di metri prima di imbattersi nell’inevitabile crollo della volta che ne ostruiva il passaggio.

Alcuni sostengono addirittura che vi potesse anche passare un cavaliere in sella al destriero.
Il condizionale è assolutamente d’obbligo poiché un cunicolo vero e proprio non è stato mai rinvenuto; nel Monastero c’erano, in effetti, antri bui, cantine e lunghi corridoi sotterranei, ma terminavano al muro di cinta del complesso.
I “grandi” non volevano che i bambini comunque vi si intrufolassero perché i pericoli erano oggettivamente reali. Per scoraggiarli inventarono storie terrificanti, de “pagura”.

Si diceva infatti che i sotterranei fossero frequentati dai terribili “franchi muratori”. Questi personaggi rapivano soprattutto i bambini ma anche le belle donne, per cui era meglio per tutti starne prudentemente alla larga.

In seguito alla riforma fiscale e catastale realizzata dall’Amministrazione Austriaca il Monastero Olivetano di Baggio, al pari di molti altri ordini monastici, fu soppresso ed i suoi beni, comprendenti tra l’altro un fondo agricolo di 181 pertiche milanesi (pari a circa 13 ettari), venduti a privati tra cui Fermo Nava, Paolo e Domenico Galli. Sempre in tema di storie de “paura”, i contadini del Monàstee riferivano che durante certe notti, nel grande locale al primo piano adibito a granaio, si sentivano le voci dei Frati che si lamentavano per essere stati cacciati e spogliati dei beni.

Nel 1894 “el Monàstee” ed il terreno annesso era ancora di proprietà della Famiglia Nava (Cesare) e successivamente dato in affitto ad Angelo Gorla. Il signor Angelo, ritornato in Italia dopo aver realizzato una piccola fortuna in Argentina ed in Uruguay come contadino e boscaiolo, era originario di Novate Milanese. Non trovando a Novate appezzamenti di terreno sufficienti per i suoi programmi, accettò l’accordo con la Famiglia Nava. Con lui arrivarono a Baggio anche i fratelli Pietro e Giovanni. Non si conoscono i contadini precedenti e dai quali i Gorla acquistarono in blocco tutta l’attrezzatura necessaria compreso mucche, cavalli e carri agricoli. La Cascina Monastero subì vari usi agricoli ed abitativi fino al 1960, quando divenne proprietà del Comune di Milano. L’utilizzo improprio, seguito all’allontanamento dei Monaci Olivetani, causò gravi danni alla stessa struttura ed ai bellissimi affreschi di cui era riccamente dotata. A seguito di meticolosi rilievi e di un circostanziato progetto di restauro, nel 1981 iniziarono i lavori di recupero, con l’obbiettivo di salvare quanto ancora rimaneva dell’antica bellezza. Oggi è sede del Comando della Vigilanza Urbana e del Consiglio di Zona 7.  

.L’operosa vita dei monaci portò nel monastero calligrafi, intarsiatori ed anche Santi, alcuni dei quali piuttosto noti. Tra i calligrafi va senz'altro ricordato Alessandro da Sesto, che fu anche nel 1468 il primo priore del monastero olivetano di Nerviano. Calligrafo e miniaturista, a lui si devono numerosi codici medievali, tra cui i 21 Codici Corali miniati conservati nel Museo del Duomo di Chiusi e provenienti dall'abbazia di Monte Oliveto Maggiore.

Tra gli intarsiatori passati di qui riveste un ruolo di rilievo fra' Giovanni da Verona, che fu anche miniatore e scultore nonché architetto italiano attivo tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo; realizzò tra il 1503 ed il 1506 gli stalli dell’abbazia di Monte Oliveto Maggiore, in parte oggi posti nel duomo di Siena, in seguito fu a Roma, presso il Vaticano, ove eseguì gli scranni e le tarsie per la Stanza della Segnatura e infine a Lodi, impegnato nei lavori del coro ligneo della Cattedrale.

Per quanto riguarda invece i Santi, va ricordato Francesco della Ringhiera (o Ringhieri), monaco olivetano bolognese letterato e appassionato di tragedie.
In seguito il numero dei sacerdoti calò, fino ad una punta minima di due, ma la fama del cenobio non ne venne sminuita; persino San Carlo Borromeo vi soggiornò più volte.

 Con l’andare dei secoli i lasciti e le possessioni del Monastero di Baggio accrebbero fino a farlo diventare uno dei più grandi proprietari terrieri della zona. Oltre ai terreni di pertinenza in Baggio vanno infatti annoverati i possedimenti della CascinaMolinetto, della Cascina Baggina ed altri terreni a Moirano, Muggiano ed a Cesano Boscone

Ma le soppressioni che nel 1773 colpirono gli ordini per ordine del governo austriaco ne causarono la chiusura nonostante un tentativo estremo dei fratelli Pusterla, che non riuscirono a provare di essere gli eredi di Balzarino.

Il complesso fu così venduto all’asta e adibito a cascina, dal quale fatto viene il nome con cui è noto adesso; vi furono ospitati artigiani, operai e contadini, che ne coltivarono i campi circostanti fino agli anni '50 del ventesimo secolo. Sottratta a una speculazione edilizia ed evitato l'abbattimento, la cascina fu acquisita nel 1960 dal Comune, che negli anni Ottanta la fece restaurare; un ulteriore intervento ha riportato pochi anni fa gli affreschi al loro splendore originario.

Nel Mappale di Carlo VI, il “Monàstee. L’antico monastero Olivetano  è un bell’esempio di architettura lombarda dei primi anni del Quattrocento (per quanto riformato nel Settecento), è rappresentato con tre corti chiuse, di cui quella ad ovest adibita ad uso agricolo; la Chiesa dedicata a Santa Maria risulta esterna, posta a nord e confinante con l’attuale Via Anselmo da Baggio. Ad est si estendeva un giardino prestigioso per ampiezza e progetto geometrico che suscitava la meraviglia in tutti coloro che lo visitavano; una ghiacciaia, anch’essa esterna al complesso, era costruita a sud, sulla stradina che collegava “el Monàstee” con “el Moronasc”.

all’interno si trovano tuttora interessanti affreschi del Cinquecento e del Settecento, raffiguranti temi mitologici e recentemente restaurati, ospitati nella Sala Consiliare e nelle sale attigue.
Una leggenda racconta la presenza di un fantomatico "cunicolo" sotterraneo che avrebbe dovuto collegare "el Monastee" con Santa Maria Rossa di Monzoro, edificio tuttora presente in fondo a Via Cusago; i racconti in proposito parlano anche di partigiani che lo avrebbero usato come via di fuga, o deposito di munizioni, e di un cavaliere che l'avrebbe attraversato in sella ad un destriero. Il misterioso cunicolo però non è stato mai rinvenuto, mentre si sa che antri bui, cantine e lunghi corridoi sotterranei erano presenti nel monastero, ma terminavano al muro di cinta del complesso.
Nel Parco infine sopravvivono ancora tre gelsi che testimoniano l'antico allevamento di bachi da seta all'interno della Cascina: i contadini infatti, per arrotondare il magro salario, rivendevano i bachi ad una filanda di Baggio, attiva fino al 1935.

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