L’istituto Marchiondi, successivamente Marchiondi Spagliardi, venne fondato nell’Ottocento, con la finalità di educare i ragazzi “difficili”, di fornire loro, e ai figli provenienti di famiglie disagiate, un minimo di formazione scolastica e professionale, molto meno di un carcere come il Beccaria, ma molto di più che una scuola tipo “riformatorio”!
una città dei bambini, uno di quei posti per ragazzini “speciali”, come lo sono i Martinitt Ma nella vecchia Milano, tra le varie istituzioni assistenziali dedicate all’infanzia disagiata, vi era un luogo chiamato Marchiondi, dal nome del suo fondatore, un padre somasco. Gli ospiti di questa grande “colonia” erano detti appunto Marchiondini o Barabitt.
Qui i bambini “difficili” venivano affidati alle pratiche correzionali. Ma nella maggior parte dei casi la loro condotta, cosiddetta immorale, era dovuta a sfortuna, a miseria e abbandono. Tra le tante testimonianze ricordiamo quella del giovane Giovanni Segantini, poi divenuto il pittore alfiere del divisionismo, che privato di un ambito familiare vero e proprio, viene avviato dalla vita al vagabondaggio. Nel 1870 è rinchiuso nel riformatorio Marchiondi di Milano, dal quale tenta di fuggire nel 1871 per poi rimanerci fino al 1873.
Durante la seconda guerra l’istituto Marchiondi contava circa 200 ragazzi e una cinquantina di addetti. Rimase in via Quadronno fino all’autunno/inverno del ’42, quando iniziarono i primi sporadici bombardamenti inglesi su Milano (quelli “pesanti” avvennero solo nel ’43, avendo a quel punto gli americani a disposizione le basi aree della Sicilia conquistata). Su iniziativa del direttore fu trasferito a Castel Palú, nei pressi di Vipiteno, in Alto adige, identificando -grazie al fratello che lí viveva- nel posto una zona idonea e ben protetta dall’alleato tedesco. Dopo l’otto settembre i tedeschi, determinati a vendicare il “tradimento” invasero la regione con i peggiori propositi. Non di meno venne riconosciuta e rispettata la funzione sociale dell’istituto e fu organizzato un treno per il trasferimento delle 250 persone a Corbetta, vicino a Magenta. Lí rimase fino al termine del conflitto, e nell’estate del 45, riparato il tetto bruciato a causa di una bomba incendiaria, rientrò alla base di via Quadronno. Il direttore ( dal ’35 al ’45) era Erminio Clara.
Ricopriva una vasta area centrale dietro piazza Cardinal Ferrari, dove è rimasta una via chiamata, appunto, Marchiondi.
L’edificio originario, a pianta esagonale, ricopriva una vasta area centrale in via Quadronno al 26, dietro piazza Cardinal Ferrari. Durante la Seconda Guerra Mondiale venne colpito duramente dai bombardamenti riducendolo in macerie. Dopo la guerra l’area venne riqualificata e destinata ad altri scopi, al suo posto oggi vi è il Giardino Oriana Fallaci
Così per l’istituto venne scelto un altro luogo perciò si trovò un lotto a Baggio.
Si deliberò, quindi, di realizzare una nuova sede per l’istituto, e la progettazione venne affidata al famoso architetto Vittoriano Viganò, allievo di Giò Ponti, il quale si stava dedicando allo studio dell’uso dei materiali poveri nonché ai rapporti tra spazi aperti e città, in modo da realizzare un’estetica anti elegante e “non finita” in contrapposizione alla cultura borghese.
Il nuovo istituto di educazione fu quindi trasferito a Baggio in via Noale nel 1957 assumendo la denominazione Marchiondi Spagliardi.
Definito edificio “neo- brutalista”, con cemento armato a vista, è considerato di primaria importanza nell’evoluzione dell’architettura moderna mondiale ed è frutto di una stretta collaborazione tra il progettista e gli educatori, in un atteggiamento sociale e pedagogico altamente avanzato, soprattutto per l’epoca. Non vennero previste sbarre nei reparti, ma spazi comunicanti e aperti idonei a favorire la socializzazione democratica degli ospiti. L’obiettivo era di costruire non una prigione, ma una “scuola di vita”. Il complesso è circondato da un muro basso che non da’ l’impressione di un luogo di reclusione.
Oramai da decenni l’ex Istituto Marchiondi è un edificio di cemento abbandonato alla periferia di Baggio.
La storia di questo complesso è paradossale. Un gioiello architettonico firmato da Vittoriano Viganò e considerato un capolavoro «brutalista», dove possiamo trovare persino un plastico del progetto esposto al Moma di New York. La struttura venne chiusa nel 1970 e da alcuni anni quegli edifici sono sottoposti a vincolo della Sovrintendenza ai beni architettonici.
Questo vincolo, però, invece di tutelare l’edificio, ne sta compromettendo il futuro, lasciandolo nel totale degrado e abbandono già da molti anni. L’abbandono, oltre a rendere la struttura deteriorata e decadente, spesso è stata luogo di rifugio per senzatetto, portando degrado anche al circondario.
Nessun commento:
Posta un commento