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È una costruzione bizzarra, a forma di matita, nel giardino di Palazzo Isimbardi.
Fu fatto costruire nel 1939 dalla Provincia di Milano su richiesta della Regia Prefettura, il rifugio è situato in Corso Monforte (ex Via Monforte)
Presso il giardino di Palazzo Isimbardi (via Vivaio 1), area verde che si estende tra il palazzo della Provincia e quello della Prefettura, è situata una strana costruzione, nota come “Torre delle sirene”, alta una ventina di metri, che ha alle spalle un passato di paura e di trepidazione vissuto dai milanesi nel corso dell’ultimo conflitto mondiale. Infatti, le sirene a cui alludiamo non hanno nulla a che vedere con le flessuose figure di mitologica memoria, ma rappresentano semplicemente sinistre segnalazioni di aerei nemici in arrivo.
In questo edificio, con tetto a punta, era stata installata una centralina con funzioni di vero e proprio allarme per avvisare i cittadini dell’incombente pericolo. E i tecnici che sono stati autorizzati ad entrare nella costruzione, subito dopo la guerra, hanno potuto visionare alcune scritte riguardanti le incursioni aeree, tra cui una davvero bizzarra: “Meglio allarmati oggi che bombardati domani”.
Sotto il giardino era stato allestito un ampio bunker, oggi chiuso al pubblico, capace di ospitare duecento persone circa, destinato prevalentemente alle autorità dell’epoca. Qui era stato installato un centro telegrafico, collocate apposite apparecchiature per il filtraggio dell’aria in caso di aspersione di gas tossici nonché una stanza ad uso esclusivo del prefetto e diversi servizi igienici.
Si narra che Benito Mussolini (ma la notizia è avvolta dalla leggenda) trascorse qui i suoi ultimi giorni prima di tentare la fuga da Milano.
In città erano operativi 14mila rifugi antiaerei, nascosti sotto i palazzi, di norma segnalati con “R” (rifugio) o “U.S.” (uscita di sicurezza). Molto importante, tra gli altri, era quello di via Adriano, a nord di via Padova, capace di ospitare tutti gli operai della Magneti Marelli e quello di viale Luigi Bodio, verso piazzale Nigra, allestito nei sotterranei della scuola Giacomo Leopardi.
L'esecuzione è esemplare: questa torre è a prova di bomba e di gas, l'areazione interna era garantita da impianti di ventilazione con possibilità di filtrazione dell'aria, in caso di attacco chimico. Le lampade sono a tenuta stagna. Il ricovero sembra fatto per durare per secoli.
Al primo piano fuori terra c'era la centrale di comando delle sirene. La presenza del telefono e del telegrafo consentiva al personale della Prefettura di mantenere i contatti con le altre istituzioni durante lo stato di allarme. Il secondo piano è il Posto Comando, oggi completamente spoglio, si scorge il colore della parete giallo spento e il disegno del sole sforzesco. Ma il terzo piano a rivelare maggiori sorprese: c'è una bicicletta. Si tratta di un accessorio a pedali che serviva ad azionare l'impianto in caso di mancata erogazione di corrente elettrica: l'edificio è completamente autosufficiente anche da un punto di vista elettrico,
Il quarto piano era assegnato alla famiglia del Prefetto.
Il vero bunker si trova a poche decine di metri di distanza, nel giardino di Palazzo Isimbardi. Quest'opera,disposta su due livelli, di cui uno completamente ipogeo, venne realizzata nel 1943 perché il rifugio “a torre” non era più considerato sicuro. La capacità offensiva del nemico era aumentata. Per questo si preferì una struttura sotterranea. Doveva accogliere personale ed archivi prefettizi e provinciali.
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