
Lo stabilimento di Dergano era sorto nel 1892 ed era già il quarto, dopo il primigenio laboratorio fondato dal giovane erborista di Vigevano in via dei Fiori Chiari, quello un po’ meno artigianale di via Marsala e la fabbrica costruita a Baranzate negli anni Ottanta del Novecento. Via Imbonati era campagna, Carlo Erba già morto da quattro anni e il fratello Luigi portava avanti quell’azienda di famiglia già diventata colosso della farmacia e della chimica, destinata a diventare ancora più grande con l’imparentamento con i conti Visconti di Modrone. Nasce moderna, nasce cittadella industriale e non capannone e si sviluppa per blocchi indipendenti. «Né più né meno di un paese» è il giornalista Giorgio Paoli a descriverla così nel 1929 «con le sue strade, i piazzale, i fabbricati; col centro e la periferia, con le zone signorili e le zone rustiche; un paese intersecato da rotaie, percorso da veicoli e da pedoni, affancendato in un lavoro vario e strano». I primi spogliatoi separati per uomini e donne, i primi buoni pasto, il primo circolo ricreativo col cinema, il primo asilo nido aziendale con le balie asciutte a sorvegliare i pupi delle mamme operaie e impiegate. E poi a loro il sior padrone forniva per un anno i prodotti della casa (Montefiore, in questo caso), dal latte in polvere ai biscotti. Dalla culla alla pensione, coi fondi previdenza e le borse di studio per i figli dei dipendenti e la società di mutuo soccorso.La Carlo Erba pensava a tutto, ti trovava casa, ti proteggeva col suo modello un po’ filantropico e un po’ paternalista, certamente pratico e avanzato per i tempi, inossidabile dalle tragiche temperie di metà Novecento. Sono gli anarchici della “MalatestaBruzzi” a liberarla e a mettere fine al Ventennio e all’occupazione, il 25 aprile 1945. E sono gli scioperi dell’autunno caldo 1969 per il rinnovo dei contratti dei chimici e metalmeccanici ad annunciare l’inizio della fine: due anni dopo i Visconti di Modrone cederanno il gioiello di famiglia alla Montedison, legandolo all’ascesa e caduta del gruppo Ferruzzi. Quando nel 1993 arriveranno gli svedesi di Pharmacia la fine del colosso è già scritta, e non ci saranno nemmeno le Vincenzine ai cancelli della fabbrica quando chiuderà nel 1998.L’ex fabbrica, risalente alla fine dell’ottocento, era una cittadella industriale che dava lavoro a 1400 operai su una superficie di 45.000 mq.
In seguito ad alcuni cambiamenti societari dell’impresa, a partire dagli Ottanta lo stabilimento subì una progressiva dismissione fino alla sua chiusura definitiva nel 1998.
Dell’antico stabilimento Carlo Erba invece è rimasto ben poco: a due passi dal nuovo centro fitness di via Imbonati progettato da Italo Rota, è stata conservata una delle storiche ciminiere.
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