Il parco Lambro è fatto risalire all’architetto Casiraghi che nei medesimi anni realizzò anche il parco Solari.
Dominato dal fiume Lambro che lo attraversa, il parco originario riproduceva l’alternarsi degli elementi tipici della campagna lombarda, con i suoi fiumi, le rogge, le acque in generale e la loro vegetazione tipica, dove colline verdi si avvicendano a cascine e ai loro campi coltivati.
La Seconda Guerra mondiale e la necessità di legna da ardere compromisero il parco originario, ma non l’idea sottostante, dal momento che nel dopoguerra, ripopolato di alberi, continuò a trasmettere la suggestione della campagna lombarda, dove i laghetti, prosciugati, hanno accentuato il movimento ondulato del verde e dovei terreni coltivati si alternano ai prati attraversati da lunghi viali.
La componente agricola è mantenuta da una della cinque Cascine, la San Gregorio, che ancora coltiva i campi a foraggio con l’acqua delle marcite. E delle antiche rogge, due sono tuttora in funzione, l’Isola e la Molinara, entrambe deviazioni del fiume Lambro. Suggestiva è rimasta la vegetazione lungo le rive del Lambro, con le forme e i colori dei salici piangenti, le robine, il ginko, il noce nero, gli ippocastani, pioppi, gli olmi, le magnolie.
Il parco è racchiuso tra i quartieri Rottole, Cimiano e Feltre, confina con i comuni di Vimodrone e Segrate ed è attraversato dalla Tangenziale Est.
Fu realizzato nel 1936 su progetto dell’architetto Enrico Casiraghi, con l’obiettivo di preservare e sottolineare il paesaggio lombardo, sfruttando sia la risorsa idrica data dalla presenza dell’omonimo fiume con le sue rogge e i fontanili, sia la rigogliosa vegetazione spontanea. Il progettista modellò l’area attraverso particolari scorci prospettici, creò tre colline artificiali e due laghetti (oggi prosciugati e conservati come avvallamenti nel terreno) e disegnò un sistema di viali lunghi circa 4000 metri.
Distrutto in gran parte durante la Seconda Guerra Mondiale (gli alberi furono tagliati per ricavarne legna da ardere), è stato ricreato nel corso degli anni ‘50 e ‘60 con l’acquisizione di nuovi terreni e la posa di nuovi alberi.
All’interno del Parco esistono aree agricole a foraggio che conservano la caratteristica delle coltivazioni a “marcita” (antico metodo di coltura inventato dai monaci cistercensi).
Negli ultimi anni il Comune ha promosso una campagna di valorizzazione dell’area per ripristinare il suo antico ruolo di “succursale campestre” della città.
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