venerdì 26 novembre 2021

PALAZZO FONTANA SILVESTRI

Palazzo privato visitabile solo con la manifestazione "cortili aperti"
Uno dei palazzi più cari ai milanesi lungo il corso di Porta Venezia, Casa Fontana-Silvestri, con l'aria sobria ma festosa dei palazzetti rinascimentali, racchiude il sé un intrigante interrogativo: è opera ascrivibile a Donato Bramante. Sfortunatamente, infatti, non sappiamo con precisione né chi furono i proprietari, né chi si occupò dell'architettura e della decorazione pittorica.
A venirci incontro nell'identificazione del proprietario ci resta solo uno stemma, ripetuto nei capitelli del portico e nelle decorazioni dei saloni: una fontana a due bacini, appartenente alla famiglia dei De Fontana o, più semplicemente, Fontana. E' un cognome molto rappresentato a Milano, anche in famiglie altolocate che potevano permettersi un palazzetto di tutto riguardo come questo. Dei Fontana fu dal 1466 al 1482 la custodia della Porta Orientale, con annessa casa di guardia. Gli unici documenti di cui disponiamo per ricostruire la storia della proprietà dell'edificio sono i testamenti, dai quali si può ragionevolmente risalire a Francesco Fontana quale committente dei lavori rinascimentali nel palazzo omonimo.
Più difficile identificare con precisione gli artisti che lavorarono alla riedificazione e alla decorazione dell'edificio. Lomazzo assegna le pitture a Bramante, Vasari le attribuisce al Bramantino; problemi sussistono per stabilire se il progetto architettonico e decorativo fu unitario o realizzato in fasi successive; anonimo è rimasto l'autore del portale e della parte scultorea del cortile interno, dove predomina il motivo della candelabra: si è fatto il nome di Tommaso da Cazzaniga, ma per motivi esclusivamente stilistici.
Il primo proprietario documentato della casa è Matteo Pirovano, figlio di Filippo. I beni immobili di Porta Orientale gli erano pervenuti in eredità dalla madre, Clara Casati, la quale li aveva ricevuti dalla sorella Caterina, terza moglie di Gerolamo Fontana, abitante a Porta Vercellina. Gerolamo era l'erede universale di Francesco Fontana, che sappiamo aver abitato per alcuni anni a Porta Orientale, in parrocchia di S. Babila intus. E' stato quindi attraverso una ricerca a ritroso nei documenti che si è giunti a identificare il proprietario che lasciò il suo stemma nella decorazione del palazzo.
Francesco Fontana di Chiari (BS), medico, figlio di Giovanni Bettino, sposò Jacopa dei Quattrocastelli e successivamente Ursina Vignola. Entrò in possesso della casa in Porta Orientale pochi anni prima del 1486, quando ottenne la cittadinanza milanese. Divenne membro del consiglio segreto nel 1490 e commissario "sopra le monete"; nel 1495 ottenne la carica di senatore. Fu molto apprezzato come diplomatico, tanto che lo si trova come oratore della Corte Ducale presso il re Mattia Corvino di Ungheria, per il quale trattò il matrimonio con Beatrice d'Aragona. Morì a Milano il 13 novembre 1504 all'età di 70 anni.
Nel 1502, in un momento in cui era in collera col figlio Gerolamo, Francesco redasse un testamento nel quale lasciava la sua bella casa di Porta Orientale all'Ospedale Nuovo, affinché venisse venduta a scopi benefici. Questo provvedimento punitivo rientrò già con il secondo testamento del 1503, dopo la riappacificazione col figlio Gerolamo, ma da un terzo testamento risulta che comunque dopo il giugno 1504 Francesco aveva lasciato il palazzetto di Porta Orientale per trasferirsi a Porta Vercellina. In questi documenti vengono citate le sorelle Giovanna, sposata a Alberico de Fontis e Lucia, vedova di Antonio de Maninis, e i suoi figli Gerolamo, erede universale, Vittoria e Clara, monache.
Gerolamo figura in un documento del 6 febbraio 1492 tra i collaterales equitantes banchi et stipendiatorum del Duca, ossia tra i preposti agli organi di controllo, che collaboravano coi maestri delle entrate. Aveva sposato in terze nozze Caterina Casati, ricordata nel testamento redatto nel 1522 nella sua abitazione di Porta Vercellina. Quindi sembrerebbe di arguire che Gerolamo non abitasse nella casa di Porta Orientale, che rimase di sua proprietà ma probabilmente affittata a terzi, tra cui gli Scaccabarozzi.
Gerolamo lascia eredi Giovanni Antonio e Marc'Antonio, figli naturali e minorenni che vorrebbe legittimare. Ma qualcosa deve essere andato storto, perché i due ragazzini scompaiono dai documenti e dalla storia e il palazzo viene ereditato dalla moglie di Gerolamo, Caterina Casati.
La permanenza dei Fontana nella casa di Porta Orientale può essere quindi giustificata fino al 1504, quando si trasferirono ad abitare a Porta Vercellina. La data è interessante per definire tra il 1485 e il 1502, anno del primo testamento, i termini di tempo in cui furono commissionati i lavori di rifacimento.
L'edificio rinascimentale voluto da Francesco Fontana è il riadattamento di due preesistenti piccole case limitate al corpo di fabbrica lungo la strada. Qualche traccia di questa veste primitiva è riaffiorata durante i restauri del dopoguerra e, secondo un discutibile criterio di restauro, si è voluto lasciarne la documentazione in evidenza.
La pittura fu adottata per mascherare la giuntura dei due sottostanti edifici. Fu dunque sovrapposta alla facciata reale una partitura classica, costituita da un doppio ordine: semicolonne tornite accostate a paraste (a piano terreno); marcapiano a doppia cornice e fregio decorato e con medaglioni; paraste decorate alla lombarda (al piano superiore); e infine fregio monocromo sottogronda con motivo ornamentale di putti, tritoni e sirene corrente tra gli oculi, alternati a busti clipeati. Singolari erano i capitelli corinzi dipinti di bronzo dorato, lo stesso colore usato per le quattro figure monumentali al primo piano.
La decorazione era ancora visibile nel secolo scorso; oggi ci è nota grazie a una ricostruzione grafica fatta da F. Frigerio nel 1906.
Per un breve periodo tra gli abitanti della casa figurano gli Scaccabarozzi, senza che vi siano tracce della loro permanenza, poi passa ai Pirovano, come abbiamo visto.
Filippo Pirovano, decurione, aveva l'incarico di distribuire il sussidio regio. Fu anche oratore per l'Italia alla corte di Carlo V. Il suo primogenito Giacomo fu senatore (nel 1530); Matteo, uomo facoltoso, fu questore e magistrato straordinario delle Entrate.
Nel 1556 Matteo acquista una casa e un terreno con sostra dai fratelli Ermes e Gerolamo Pallavicini di Bogone, ramo estinto; il contratto verrà successivamente contestato e darà origine a un groviglio di ricorsi perché Matteo aveva chiuso il passaggio ai cavalli che si recavano ad abbeverarsi al Naviglio. Per le manovre del Pirovano, i vicini non poterono mai ottenere udienza dal Magistrato, così che, come si legge in un memoriale del 1563 "stracchi i poveri vicini sono stati costretti soprassedere sino ad hora che detto Matteo con favori ha quasi forzato gli heredi di Antonio Carcassola et Ludovico d'Adda che havevano una sostra coherente a detta strada a vendere la detta sostra ad una sumissa persona di detto Matteo". La proprietà dei Pirovano giunse così a inglobare una parte del terraggio di S. Damiano con l'accesso a un piccolo porto sul Naviglio.
L'ultima dei Pirovano a possedere la casa è Isabella, figlia di Uberto; si sposò a quindici anni col conte Landriani, ma rimase presto vedova, come appare dalla sua richiesta del 1635 di poter liberamente amministrare i suoi beni. A diciotto anni Isabella si risposò col conte Guido Antonio Stampa di Moncastello. La casa Fontana-Pirovano divenne per tutti casa Stampa e così è citata da tutti gli autori settecenteschi di storia milanese.
Il Latuada nella sua guida riferisce che in questo palazzo abita il conte Carlo Stampa, consigliere di Stato, Generale di Fanteria e Comandante di Artiglieria.
La pronipote di Isabella Pirovano, Isabella Stampa sposò il marchese Gerolamo Castiglioni e portò nella famiglia Castiglioni il fide-commisso Pirovano di cui era erede. Un loro nipote, GiuseppeCastiglioni, visse di luce riflessa dalla moglie Paola Litta Visconti Arese, immortalata nella poesia del Parini.
Durante la Restaurazione il palazzo ospitò il Consolato d'Inghilterra.
Nel 1868 la casa perviene in proprietà dei Silvestri. Il senatore Giovanni Silvestri, nipote per parte materna dell'ing. Sarti, aveva costruito il tronco della ferrovia Milano-Monza con stazione a Porta Vittoria. Suo padre aveva fatto parte del'industria meccanica Comi, Grondona & C., divenuta poi Miani & Silvestri e infine O.M. (Officine Meccaniche), della quale Giovanni era presidente.
Erano famosi i ricevimenti dati dai Silvestri nella loro casa: vi parteciparono i magnati dell'industria di tutto il mondo e perfino qualche sovrano.
Si deve alle famiglie Stampa di Moncastello e Castiglioni la riedificazione della casa verso il Naviglio con veste settecentesca e la decorazione neoclassica all'interno.
La facciata verso il Naviglio venne rifatta nell'Ottocento dal Besia, decorata con un affresco del Sanquirico.
Bombardato durante l'ultima guerra mondiale, fu restaurato da Ferdinando Reggiori.
Di tutta la decorazione interna restano solo i dipinti attribuiti al Bossi e al Traballesi ora nella villa Pizzo, che ornavano un salone a Milano. E' probabile che la committente sia stata la marchesa Paola Castiglioni, nata Litta Visconti Arese, in rapporti di stretta amicizia col Parini, che potrebbe aver suggerito al poeta le composizioni. Al Parini non era insolito questo compito, affrontato anche nel Palazzo di Corte, in palazzo Greppi, in palazzo Confalonieri e nella Villa Belgioioso.

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