lunedì 28 giugno 2021

IL REBECCHINO

 

era un rione di Milano costituito da un solo isolato, un tempo sito nell'attuale perimetro di Piazza del Duomo.

L’isolato a sud di S. Tecla, poi noto col nome di Rebecchino, era stato abbandonato a partire dal VI secolo. Sopra le macerie erano sorte strutture in legno nel VII secolo, che avevano lasciato il posto a orti o semplici prati incolti fino alla fine del X secolo, quando l’isolato tornò ad essere costruito. Grazie alle indagini archeologiche svolte in occasione degli scavi per la MM3, si è potuto rilevare che a Milano era continuata la tradizione edilizia in legno.

Fra IX e X secolo aumenta gradualmente la densità abitativa. Il modello longobardo delle case allineate lungo le strade con orti al centro degli isolati non sembra più applicabile. La metà dell’XI secolo, dopo le guerre civili per l’allentamento dei vincoli vassallatici medievali, segna l’inizio del periodo aureo della storia milanese. Il valore delle terre e delle case in città aumenta in modo esponenziale; in città è un fiorire di costruzioni, soprattutto nelle zone eleganti, il che dimostra l’aumento della popolazione e la ripresa della vita economica. E’ il periodo in cui s’iniziano a costruire case-torri private, che sfruttano al massimo il valore del terreno, ma le guerre successive non ne hanno salvato nemmeno una. Oltre alla casa-torre dei Bottazzi, sede della Credenza di S. Ambrogio, conosciamo quella dei Feroldi, vicino al monastero del Lentasio, che fu venduta al Comune per far posto al Broletto Nuovo.

All’inizio del XII secolo Milano viene descritta da Landolfo il Giovane come una città ricca, dove la gente si veste con pellicce di vaio, di griso, di martore, usa preziosi ornamenti e si nutre con cibi squisiti.
Come detto, la maggior parte delle case, fino al XIII secolo, mantenne però molte parti in legno, perché si potevano smontare e portar via. E’ quanto successe in occasione dell’esilio imposto ai milanesi da Federico I, quando si smontarono pareti e tegole per ricostruire le case nei borghi esterni. Non che le case fossero le tipiche case longobarde di legno a un solo piano: avevano pareti in muratura all’esterno ed erano solariate, ossia a due o più piani fuori terra, ma le pareti interne erano in legno recuperabile, secondo la tradizione centro-europea.
Dal XIII secolo le case erano ormai tutte a due o più piani, con altana, dislocate su un perimetro quadrato o rettangolare a portico, con pozzo al centro, magazzini, pollai, stalle, ecc. L’abitazione civile si componeva di alcuni elementi: la camera riscaldata, detta caminata; i balconi dette serrande, la lobia, ossia la ringhiera e la baltresca o altana. Alle case di accedeva attraverso un ingresso principale che dava nell’anditus o portichus, terminante con una pusterla. Tra queste due porte era la zona franca, dove dovevano fermarsi gli ufficiali giudiziari.

La denominazione Rebecchino deriva da un'antica osteria nata nel XVI secolo ivi situata. Le origini del suo nome sono date all'insegna della locanda raffigurante una donna intenta a suonare la ribeca. Tuttavia, lo scrittore Francesco Cherubini obiettò a tale supposizione sostenendo che il nome Rebecchino fosse utilizzato già nel 1500, ben prima che l'insegna venisse costruita e attribuendo quindi l'origine al tradizionale vino della zona Robecco, o più semplicemente al fatto che il proprietario fosse di Robecco sul Naviglio.

L'osteria da cui il quartiere trae il nome divenne particolarmente rinomata nel XVII secolo, durante il quale venne ampliata per offrire servizio d'albergo. In quegli anni, l'oste della locanda era Francesco Vigo detto "Pensino", commerciante di granaglie e di prodotti alimentari, il quale venne ritratto dal pittore Giuliano Pozzobonelli nel 1627 in cambio di 69 lire, cifra considerevole per l'epoca il che denota una certa notorietà dell'artista.

Già durante i lavori per concludere il rifacimento della facciata del Duomo, voluti da Napoleone Buonaparte, si prese in considerazione l'idea di allargare la piazza del sagrato, mediante la demolizione degli immobili prospicienti, tra i quali il rione del Rebecchino. Peraltro, il piccolo agglomerato urbano, fatto di stradine strettissime e immobili fatiscenti, era costantemente frequentato dalla malavita cittadina, attirata dal continuo afflusso di pellegrini in visita al Duomo.
La previsione di demolire il Rebecchino congiuntamente al rinascimentale Coperto dei Figini fu inserita nel Piano Generale di Milano, stilato nel 1810, ma i lavori iniziarono oltre 50 anni dopo, in concomitanza con quelli di costruzione della Galleria Vittorio Emanuele: la demolizione dei due isolati avrebbe, infatti, consentito la completa valorizzazione artistica della nuova opera progettata dall'architetto Giuseppe Mengoni.

La demolizione del Rebecchino avvenne nelle prime settimane dell'ottobre 1875, in occasione della visita dell'imperatore tedesco Guglielmo I. I lavori per lo smantellamento della struttura continuarono anche di notte.

Poco distante dall'antica osteria del Rebecchino nacque una lussuosa struttura ricettiva, denominata "Regina Hotel & Rebecchino Restaurant", frequentato centro della vita mondana durante la belle époque e divenuta tristemente famosa negli anni della Repubblica di Salò, per essere stata il quartier generale delle SS a Milano, ivi insediatesi il 13 settembre 1943, agli ordini del colonnello Walter Rauff e del capitano Theodor Saevecke, famigerati criminali di guerra. Molti furono i partigiani imprigionati al "Rebecchino" per essere torturati e interrogati. Tra questi Ferruccio Parri. La struttura è ora destinata a negozi e uffici.

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