sabato 26 giugno 2021

IL BROLETTO

 



Il broletto (dal latino brolo, cortile o campo recintato) o arengario a partire dall'XI secolo, identifica nelle città lombarde l'area recintata dove si solevano svolgere le assemblee cittadine e l'amministrazione della giustizia. In seguito il termine venne usato per indicare il palazzo dei consoli, del podestà e genericamente il palazzo municipale.

Parlando di Broletto, a Milano, è sempre bene specificare a quale Broletto stiamo facendo riferimento. Questo, perchè ce ne sono addirittura tre … il Broletto vecchio (attuale Palazzo Reale), il Broletto nuovo oggetto di questo articolo. e il Broletto nuovissimo (attuale Palazzo Carmagnola).

bròlo (e bròilo) s. m. [lat. mediev. broilus (o broilum) e brolium, lat. tardo brogĭlus, di origine celtica].

Trattandosi di un termine medioevale, è inevitabile fare una breve digressione sulla Milano comunale del XII e XIII sec. per comprendere meglio le ragioni storiche che hanno comportato la creazione di questo luogo.

L’età comunale ebbe origine nell’ Italia centro-settentrionale, attorno alla fine dell’XI secolo, sviluppandosi, poco dopo, anche in alcune regioni della Germania centro-meridionale, in Francia, nelle Fiandre e più tardi, con modalità diverse, anche in Inghilterra e nella penisola iberica.

Fenomeno questo, che in Italia perdurò per circa 250 anni, andando man mano esaurendosi tra gli ultimi decenni del XIII secolo e la prima metà del XIV secolo, con l’affermazione sociale di nuovi ceti (aristocrazia, grande e piccola borghesia e plebe) e con l’affermarsi delle Signorie’, come nuova esperienza di governo del territorio. Nella nostra penisola, le città erano sottoposte all’autorità suprema dell’imperatore: tuttavia, in particolare nel nord Italia, a causa della debolezza dell’Impero, l’istituzione comunale poté svilupparsi, meglio che altrove.

La legislazione carolingia di qualche secolo prima, aveva posto la Chiesa al servizio dello Stato e quindi in una posizione preminente e incontrastata nella vita della città. L’arcivescovo, normalmente rampollo di famiglia nobile, fedele all’imperatore, sostituiva, con la sua autorità religiosa, il potere pubblico e, agli occhi dei laici, la sua ingerenza nella vita quotidiana, cominciò ben presto a diventare insopportabile.

Con riferimento a Milano in particolare, l’affermazione del Comune come nuova realtà politica ed amministrativa autonoma, significò spesso acuire i contrasti con la Chiesa. L’arcivescovo non poteva vedere di buon occhio il tentativo del Comune di ‘sganciarsi’ dalla sua autorità, facendo nuove leggi e creando una magistratura indipendente, con giurisdizione anche sulle campagne circostanti, proprio lì, dove, lo stesso vescovo, aveva il suo feudo. Significò ovviamente lotte, non certo indolori, che i milanesi dovettero sostenere per affermare la propria autonomia e liberarsi dai vincoli feudali e dall’autorità imperiale.

Nel 1130, Milano era governata da ventitré consoli e, già in quell’epoca, fra questi, vi erano esponenti delle famiglie nobili dei della Torre e dei Visconti.
I consoli venivano eletti tra gli appartenenti a due distinte categorie: i capitani (la classe più nobile), e i valvassori, che già da un secolo, si erano organizzati nella corporazione della Motta.

i capitani erano dei nobili, proprietari di grossi feudi, i cui terreni erano normalmente fuori città. Per la gestione di tali feudi stipulavano dei contratti agrari con gente della medio/alta borghesia (valvassoriche accettavano in concessione le terre per farle rendere al meglio.
I valvassori dominavano, in modo aleatorio
le terre date loro in concessione. Infatti sentivano di essere esposti al pericolo di revoca improvvisa del loro feudo da parte dei capitani loro superiori quando questi avessero avuto bisogno di assicurarsi maggior profitto mediante la stipula di nuovi contratti agrari con altri.

Dopo la spedizione punitiva del Barbarossa che, nel 1162, aveva raso al suolo Milano, da quelle macerie, la città rinacque, in pochi anni, più forte di prima. Capitani e valvassori, troppo fedeli alla terra come unica fonte di ricchezza, furono incapaci di dominare una società piena di nuove iniziative. All’interno delle mura appena ricostruite, venne a convivere gente di estrazione sociale molto diversa, che cominciò a dedicarsi alle attività cui era maggiormente portata. I nobili latifondisti, esperti nel maneggiare la spada, appoggiati dall’Arcivescovo, garantivano la difesa della città e delle terre circostanti dalle incursioni nemiche … in effetti facevano i propri interessi proteggendo le loro proprietà. La media borghesia (giudici, medici, notai, artigiani e mercanti), si dedicava invece alle arti, ai mestieri e al commercio, utilizzando i meno abbienti (muratori, contadini … ecc.), come bassa manovalanza. Il Broletto vecchio che, a quanto risulta, esisteva almeno dal X secolo, fu la prima sede del governo della città, di cui si abbia notizia documentata: espletò questa funzione fino al 1251. Successivamente venne ristrutturato e per diversi secoli, divenne il palazzo ducale e la sede dei vari governatorati sotto dominazione spagnola e austriaca.

Iniziò ben presto un lungo periodo di lotte interne. Milano si era dotata di un governo consolare oligarchico, in cui il potere effettivo era nelle mani di una minoranza di soggetti, per lo più operanti a proprio vantaggio e contro gli interessi della maggioranza del popolo. I consoli erano i rappresentanti di importanti famiglie milanesi. Il podestà era il titolare della più alta carica civile nel governo delle città.

La figura politica del podestà si sostituì o si affiancò a quella del consiglio dei consoli. Tale carica, contrariamente a quella di console, poteva essere ricoperta da una persona non appartenente alla città che andava a governare (per questo era detto anche podestà forestiero), in modo da evitare coinvolgimenti personali nelle controversie cittadine e garantire l’imparzialità nell’applicazione delle leggiIl podestà era eletto dalla maggiore assemblea del Comune (il Consiglio generale) e durava in carica, di solito, sei mesi o un anno. Doveva giurare fedeltà agli statuti comunali, dai quali era vincolato, e alla fine del mandato il suo operato era soggetto al controllo da parte di un collegio di sindaci.

L’affermarsi prepotente della classe lavoratrice (l’unica capace di creare vera ricchezza in città) portò ben presto alla creazione della “Credenza di Sant’Ambrogio”, un’assemblea composta dai membri delle classi borghesi e popolari. Questa nuova formazione, a seguito di una protesta popolare nel 1198, andò a scontrarsi con quella dei “capitani” e della “Motta” per avere una rappresentatività in Consiglio consolare, in modo da poter tutelare i diritti dei propri iscritti. Poiché la durata in carica dei consoli era di un solo anno, ogni anno si rinnovavano le lotte per la conquista delle poltrone.

La coesistenza di queste tre fazioni mostrò ben presto i suoi limiti, sfociando in risse continue e litigi che ovviamente portarono a scontri che culminarono nel 1225 con la vittoria della Credenza e il decisivo ridimensionamento del potere dei “capitani”.

Finora tutta la politica cittadina, le riunioni pubbliche e le decisioni su ogni aspetto della vita quotidiana si erano svolte al Broletto vecchio, quella vasta area (oggi parzialmente occupata dal Palazzo Reale) che, come prato (brolo), inizialmente si estendeva ben oltre, fino alle mura della città (porta Romana medioevale). Ma proprio di fianco a quest’area sorgeva l’Arcivescovado …. Le riunioni pubbliche erano tenute all’aperto … Dalle sue finestre, l’Arcivescovo udiva tutto, vedeva tutto … un controllo, alla lunga, giudicato insopportabile.
Siamo nel 1228, anno in cui si risente ancora delle conseguenze della litigiosità fra le fazioni … Sotto il podestà Aliprando Fara da Brescia, i rettori del Comune, stanchi di tali continue, opprimenti ingerenze della Chiesa, decisero il trasferimento degli uffici del vecchio Broletto, ad un luogo più consono, per le ambizioni comunali dell’epoca. La scelta delle possibili opzioni, ricadde su un’area sempre centrale, ma allora non ancora densamente popolata, che potesse diventare il fulcro dell’Amministrazione Comunale cittadina.

Indubbiamente Milano era molto diversa da come la conosciamo oggi. Man mano che ci si allontanava anche di pochi metri dal vecchio Broletto, cuore pulsante della città, andando in direzione del Castello, … fra contrade, vicoli e vicoletti, era tutto un pullulare di attività. Poco più in là, passate le contrade delle botteghe dei mercanti d’oro, e dei profumieri, …sulla pubblica via, tra incudini e rumore di colpi di martelli, fervevano le attività degli armorari, degli spadari, degli speronari, dei fustagnari, degli armaioli. Era tutto un dedalo di viuzze tra case, chiese e lunghi muri di cinta, al di là dei quali si respirava odor di santità …. monasteri ad ogni piè sospinto, con i loro broli, le loro chiesette e i loro piccoli cimiteri …. L’area sulla quale il Comune aveva posato la sua attenzione, non era lontana dal vecchio Broletto, (solo alcune centinaia di metri) e aveva il grosso vantaggio di essere facilmente espropriabile poiché, in gran parte, proprietà proprio di un monasteroquello femminile benedettino di Santa Maria del Lentasio, con il suo bel brolo e l’immancabile piccolo camposanto… C’erano anche alcune case ed un’antica Torre dei Faroldi, nella stessa area …

Il progetto era ambizioso …. creare una grande piazza chiusa (almeno idealmente) da tutto i lati, destinata ad ospitare il nuovo Broletto come luogo aperto d’incontri e di partecipazione popolare alla politica cittadina. Col tempo, tutti i principali uffici dell’Amministrazione, avrebbero trovato comoda sistemazione all’interno di questa cittadella, per il disbrigo delle pratiche correnti … quindi notai, giudici, magistrati, oltre che diventare importante polo per transazioni commerciali ecc. Avrebbero pure previsto un palazzo, residenza del Podestà. Allontanandosi dall’incombente presenza dell’Arcivescovo, e trasferendo le magistrature comunali nella nuova sede, i rettori del Comune intendevano, in tal modo, rimarcare la loro vocazione laica, tenendo idealmente distante il potere temporale da quello spirituale.

Una volta deciso che lì sarebbe sorta la nuova cittadella, vennero fatti gli opportuni acquisti ed espropri da parte del Comune. Il monastero venne trasferito in zona Porta Romana e, dopo le demolizioni indispensabili, la prima costruzione che vide la luce, fu proprio quella del Broletto nuovo. per il quale passarono altri ventitré anni, prima che venisse ultimato nel 1251 e che gli uffici trasferiti dal vecchio Broletto. cominciassero a diventare operativi nella nuova struttura. Quest’area divenne il centro politico e giudiziario cittadino dall’età comunale, fino quasi all’unità d’Italia. La presenza di questo edificio condizionò la definizione dello spazio attorno a sé, attraendo progressivamente nella sua orbita, le sedi delle principali magistrature cittadine.

La piazza del Broletto, era un quadrilatero, che oggi non esiste più nella sua interezza, ma ne rimane solo una parte e, per giunta, con l’improprio nome di piazza dei Mercanti. Quello che non hanno distrutto le guerre nel corso dei secoli, l’hanno fatto i milanesi, di loro spontanea volontà … in nome della modernità e del progresso!

Immaginiamoci quindi un quadrilatero, chiuso da tutti i lati … con delle case tutt’intorno. Ci vorranno un paio di secoli prima di poter vedere la piazza completata, con tutta la corona di edifici antichi, non tutti purtroppo, arrivati fino a noi. Bisogna ‘lavorare’ quindi di fantasia, anche se ci aiuteranno stampe. e alcuni disegni che rendono abbastanza l’idea di quella che doveva essere questa piazza nei secoli passati.

Il palazzo dei Giureconsulti (attualmente in via Mercanti), con la sua caratteristica torre, chiudeva il lato Nord della piazza, mentre la Loggia degli Osii, il lato Sud della stessa. Nel bel mezzo di questa piazza, una loggia, quella del Palazzo della Ragione, diversamente chiamato il Broletto nuovo e anche Loggia dei Mercanti.
Avendo quest’ultima costruzione, una pianta rettangolare, la sua collocazione in mezzo all’area, finì naturalmente col dividere, con la sua mole imponente, quel quadrilatero, in due piazzette più o meno rettangolari; quella ‘dei Tribunali’ e quella ‘dei Mercanti’.
La piazza dei Mercanti di ieri, è l’attuale via Mercanti (oggi a solo traffico pedonale, avendo aperto, a fine Ottocento una strada di transito fra piazza Duomo ed il Cordusio, mentre la piazza dei Tribunali di ieri, è quella che la toponomastica di oggi, classifica come piazza dei Mercanti.

Essendo quasi circolare, Milano era stata suddivisa in sei spicchi con centro ideale,la piazza del Broletto nuovo. Ogni spicchio (sestiere) aveva la sua porta indipendente di accesso alla cittàLa guarnigione, che presidiava sia le mura del singolo spicchio, che l’accesso dalla relativa porta della città, era composta unicamente dagli abitanti di quel sestiere.

Mappa dei sestieri aventi come punto comune, la piazza del Broletto



Il broletto era costruito con il piano terra aperto a portico per consentire la presenza dei cittadini e per amministrare la giustizia davanti a numerose persone, mentre al piano superiore si trovava una grande sala per le riunioni del Consiglio Generale.

Di solito parliamo di una struttura trecentesca, con archi a tutto sesto o a sesto acuto (dipende dal periodo), costruita in pietra o mattone a seconda della regione. È costituito da due piani: quello inferiore che spesso è un porticato aperto, dove si tenevano assemblee del popolo o il mercato, e uno superiore dove ci sono estese stanze, dove si svolgevano riunioni delle giunte o dove facevano udienze i giudici, con aperture (le finestre) abbastanza grandi. Spesso queste strutture si trovano vicino alle chiese principali della città, per la stretta relazione che si crea fra il mondo laico ed ecclesiastico in questo periodo.
Milano ebbe tre broletti:
il più antico è il Broletto Vecchio, contiguo all'arcivescovado e al Duomo, in seguito trasformatosi in Palazzo Reale, che fu sede del municipio fino al 1251;
Originariamente progettato con un sistema di due cortili, poi parzialmente demoliti per lasciare spazio al Duomo, il palazzo è situato alla destra della facciata del duomo in posizione opposta rispetto alla Galleria Vittorio Emanuele II. In quest'epoca all'interno del cortile d'onore si trovavano l'ufficio del Gran Cancelliere, il Magistrato ordinario e quello straordinario, il Magistrato della Sanità, il Giudice delle Monete, gli uffici della Veedoria Generale e della Contadoria Principale, oltre all'Offizio della Mezza Annata. Ad Andrea Appiani venne affidato il completamento degli affreschi nei saloni di rappresentanza: un primo intervento verrà inaugurato l'8 maggio 1805 in occasione di una visita ufficiale di Napoleone a Milano. Viene salvato unicamente il campanile, giudicato un modello dell'idea di bellezza architettonica del tempo di Azzone Visconti.
Broletto vecchio (Palazzo Ducale) all’arrivo di Carlo III di Spagna nel 1711

L'amministrazione al Broletto Vecchio
Nel settembre 1155 cominciarono ad addensarsi le nubi - e che nubi! - sul Comune milanese: Federico Barbarossa emanò un editto col quale bandiva i Milanesi e li privava della zecca, del teloneo (tassa su trasporti e commerci) e di ogni altra regalia, in favore della fedele Cremona. I Milanesi venivano definiti “empi distruttori” di Como e di Lodi e ricevevano una prima “lezione” nell’agosto 1158.
Nel gennaio 1159, onde evitare il ripetersi di ribellioni, i messi imperiali vennero a Milano per eleggere il podestà, ma una sommossa li obbligò a fuggire. Si crearono i consules negotiatorum nello stesso anno, attivi tanto all’interno che all’“estero”: si occupavano dell’apertura dei mercati alle città della Lega, dell’uso delle vie d’acqua, della tutela dei mercanti.
Bisognerà attendere il 1186 perché a Milano si accetti la nomina come podestà con ius gladii del piacentino Uberto Visconti, che doveva sostituire in blocco i consoli del Comune. La nomina, fatta fra giusperiti estranei all’ambiente milanese, era valida un solo anno e c’era un collegio di cittadini, il Consiglio minore, che vigilava sul suo operato, trattenendo una parte del suo stipendio a titolo di cauzione per eventuali danni. Il podestà era quindi un funzionario investito del potere giudiziario, che esercitava affiancato da un corpo di officiales, che si configuravano una vera e propria burocrazia. L’esperimento podestarile non convinse pienamente i Milanesi, che fino al 1214 ritornarono spesso alla magistratura consolare.
Nel 1188 venne ultimato il palazzo della Credenza, che probabilmente sostituiva l'antica domus solariata distrutta dalle truppe imperiali. Ma si era pensato in piccolo e dopo neppure un decennio l'esplosione della burocrazia comunale impose l'aggiunta di un'ala accanto alla Credenza, terminata nel 1196. A questi due blocchi di edifici se ne aggiunse un terzo per i consoli di giustizia nel 1208, nel quale trovò posto dal 1213 anche il consolato delle fagìe (pascoli), ossia la magistratura di carattere giudiziario per il territorio fuori dalle mura. Milano era stata divisa in sestieri che si prolungavano in settori extracomunali di sei miglia lungo le strade che si dipartivano dalle porte.
A questo punto, secondo la descrizione che ne fa Galvano Fiamma agli inizi del Trecento, il Broletto Vecchio era costituito da tre palazzi posti in modo tale da formare un quadrilatero con la chiesa di S. Maria Maggiore. A oriente si apriva la porta verso il Verziere, a occidente la porta verso l’arengo, dove si teneva il foro vestimentario. Nel palazzo della Credenza abitava il podestà con la sua famiglia; a fianco della chiesa era il collegio dei giudici e sedes tabelionum.
Il fatto che tutti questi edifici comunali fossero sorti nel broletto arcivescovile e che si trovassero uniti alla cattedrale spinse i rettori del comune a reperire un'area nuova, connotata come laica, dove trasferire le magistrature comunali. Si avviò quindi la costruzione del Broletto Nuovo, trascurando gli edifici ancora funzionanti del Broletto Vecchio. Nel 1251 il podestà Girardo Rangone faceva presente che la Curia del Comune minacciava di crollare se i lavori di sistemazione iniziati non si fossero conclusi a breve; il guaio era che le casse comunali erano drammaticamente esauste.


il Broletto Nuovo
ovvero il Palazzo della Ragione, che fu sede municipale dal 1251 al 1786;
e il terzo, detto Broletto Nuovissimo, nella corsia di San Marcellino (oggi via Broletto), già Palazzo Carmagnola, che fu sede municipale dal 1786 al 1861, quando gli uffici comunali vennero trasferiti presso Palazzo Marino, dove si trovano tuttora.
La città sembrava lanciata verso un’inarrestabile espansione politica ed economica, quando si riaffacciò il pericolo imperiale, impersonato da Federico II. Tra il 1214 e il 1216 era stato redatto da quattordici esperti nominati dal podestà il Libro delle consuetudini, che raggruppava la legislazione comunale. Si formarono gli emendatores statuti, col compito di elaborare le normative, di raccoglierle in libri, di armonizzare fra loro le norme succedutesi nel tempo, di eliminare le contraddizioni. La commissione diverrà in seguito l’Ufficio degli Statuti al Broletto Nuovo e sarà gestita per tradizione dalla famiglia Panigarola, nel palazzo che mantiene le forme del gotico rinascimentale.
E’ in questo clima che nasce il progetto del primo piano regolatore milanese, che tiene soprattutto presente la viabilità. Le vie di terra, difficili da mantenere in efficienza ieri come oggi, erano abbandonate in gran parte a favore delle vie d’acqua. La posizione occupata nel Broletto vecchio era decentrata rispetto agli assi principali romani, ma fino a quel momento questa marginalità era stata irrilevante. Ora si richiede che ci sia un cuore di Milano che ne rioccupi il centro e si sceglie l’antica curia romana, all’incrocio dei due assi viari tra nord e sud.
Nel 1233 è pronto il Palazzo della Ragione, dove si riunisce il Consiglio; nel 1251 si realizza anche il Palazzo del Podestà e una ventina di anni dopo il Palazzo della Credenza di S. Ambrogio, centro del potere guelfo dei Torriani, noto come palazzo di Napo Torriani. Fino alla presa di potere dei Visconti gli uffici amministrativi e politici di Milano rimasero divisi fra i due Broletti, poi il Broletto vecchio venne trasformato in residenza privata di Ottone e Matteo Visconti. Il primo passo al trasferimento potrebbe esser stato fatto da Ottone, che essendo arcivescovo aveva pieno diritto ad occupare l’antico broletto arcivescovile quando nel 1277 poté finalmente entrare a Milano. Il nipote Matteo, designato a succedergli, occupò inizialmente il palazzo della Credenza al broletto vecchio in qualità di Capitano del popolo, distinguendosi dal palazzo al broletto nuovo, troppo identificato coi Torriani. Nel 1295, anno della morte di Ottone, sappiamo che s’incendiò il vecchio palazzo della Credenza, sul quale i Visconti, acquistando altre case, costruirono la loro nuova dimora.

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