mercoledì 16 febbraio 2022

EL POLENTATT

Ovviamente era un tipo di polenta molto diverso da quello odierno, non essendo noto in Eurasia il mais, autoctono delle Americhe.
La polenta era così cucinata con farine e battute di farro, orzo, segale, miglio o addirittura fave secche.
In Nord Italia la vendita della polenta rimase non accompagnata da altri alimenti sino a quando alcuni "polentatt" non riuscirono ad aprire delle loro attività commerciali in veri e propri negozi, e non solo come ambulanti o nei mercati.
Generalmente a Milano si trattava di una vetrina sola, che non permetteva l'accesso ai clienti, a cui erano venduti i cibi direttamente da un bancone che si affacciava su strada.
I "polentatt" iniziarono a vendere anche cibi per accompagnare la polenta.
Essendo quasi tutti bergamaschi gli "osei", gli uccellini, furono il primo accompagnamento, per la tipica "polenta & osei".
La tipica struttura di caccia usata nelle Alpi Orobie, il "roccolo", venne inventato e perfezionato solo tra Cinquecento e Seicento, e permetteva una cattura di una gran quantità di uccelletti vivi, che potevano poi essere trasportati a valle e anche a Milano.
Fu poi l'arrivo dello stoccafisso e del baccalà nel corso del Cinquecento, a portare ad una gran diffusione del merluzzo, che iniziò ad essere preparato fritto dentro enormi calderoni di, pessimo, olio bollente.
Anche i tipici pesciolini di fiumi e laghi, soprattutto le arborelle, venivano fritte e vendute con la polenta.
I "polentatt" milanesi divennero in sostanza dei veri precursori dello street-food e dei fast-food. Alcuni secoli prima.
Quando la farina di mais soppiantò totalmente le altre farine per la produzione di polenta, a fine del Seicento, i "polentatt" milanesi iniziarono a richiamare i clienti con una serie di grida che entrarono poi nei modi di dire della città,  "el Polentatt de la Madonina", che si trovava nell'omonima via di Brera.
"L'E' GIALDA E L'E' CALDA"
"DES DE POLENTA E TRENTA DE MERLUSS"
"DES DE POLENTA E VINTCINCH DE PESCARIA MENUDRA"
"QUINDES DE POLENTA, INCOEU LA MANGI VEDOVA"
Nel corso del Settecento aprirono parecchi "pulentatt" in tutta la città e le file, all'ora di pranzo, davanti ai loro negozi erano una consuetudine.
L'odore del pesce fritto era poi come un richiamo per tutti gli affamati.
Il prezzo della singola porzione di polenta, 2,5 soldi, era deciso dallo Stato, ed uguale per tutti i polentai di Milano, così come quello dei pesci e degli uccellini.
Fu così che divenne celebre in tutta la città il "Polentatt de Sant'Ambroeus", un polentaio ambulante che si piazzava tutte le mattine all'alba in quella che ai primi dell'Ottocento era Piazza Mercanti e oggi è Via Mercanti. 
Sino al 1832 era uno degli innumerevoli polentai e venditori di cibo che affollavano la vicinissima Piazza del Duomo; il sindaco Beretta fece demolire tutte le baracche e spegnere tutti i fuochi che deturpavano la piazza.
Il suo nuovo punto di vendita si spostò di pochi metri, davanti al Palazzo dei Giureconsulti, esattamente davanti alla statua di Marco Bruto.
Nel 1833 Marco Bruto fu sostituito da una nuova statua, raffigurante il Vescovo di Milano Ambrogio; il santo era raffigurato in toga e una mano sollevata indicando la Trinità.
Il "polentatt" che vi stava di fronte tutto il giorno non si lasciò sfuggire l'occasione... iniziò a vendere la polenta a 3 soldi. 
Quando le proteste dei clienti arrivarono alle orecchie delle guardie austriache, il polentaio indicò la statua e si giustificò: "me lo ha detto Sant'Ambroeus di venderla a 3 soldi".
Un' altro celebre polentaio, alcuni secoli prima, vendeva alla Vetra, accendendo il fuoco sotto la colonna con la statua di San Lazzaro. Accusato di blasfemia e poi d'essere un eretico, venne torturato e bruciato vivo proprio dove era solito vendere la sua polenta ai tanti poveri conciatori di panni del quartiere.
La leggenda vuole che lo stesso giorno in cui fu arso vivo, si sarebbe dovuto sposare e che il fantasma della sua amata, morta poi di dolore, girasse di notte per il Parco della Vetra.
Quando sul finire del Settecento la popolazione della città iniziò a diventare più benestante e a potersi permettere pranzi più sostanziosi nelle tante bettole, trani, osterie e trattorie, la clientela dei polentai iniziò ad essere composta quasi solo dagli strati più bassi e umili della popolazione e, soprattutto, dai tanti "magut" che calavano a lavorare ogni mattina a Milano dal contado.
E proprio uno di questi "magut" divenne il protagonista di una delle celebri "azioni" della Compagnia della Teppa, il gruppo di giovani milanesi che agitarono le giornate dei milanesi per alcuni anni durante la Restaurazione, tra il 1816 e il 1821.
Assaporata la libertà dei modi e costumi portata dai rivoluzionari francesi, un ritorno ai ritmi composti e rigidi degli austriaci, fu un vero shock per molti giovani milanesi.
I "teppisti" si ribellarono, in malo modo, sovente, contro questa rigidità, facendo tremendi e cattivi scherzi, bastonando i nobili che più erano legati al regime di Vienna, distruggendo ristoranti e osterie, molestando le mogli dei nobili e girovagando per la città perennemente ubriachi.
Una delle celebri imprese dei "teppisti" fu quella ai danni di un "magut" prepotente, che tutti i giorni saltava la fila dal "polentatt" dove si serviva.
Quel "magut" insolente e maleducato fu probabilmente notato da un qualche membro della banda mentre era in fila per comprare il suo pranzo e dopo qualche giorno un gruppetto di "teppisti" decise di dargli una lezione.
Solo loro potevano essere prepotenti!
Il gruppo era composto dal "Dotturin", un vero avvocato dedito alla delinquenza, "el Maghett", "el Tarantola", figlio di ricchissimi mercanti di verze e il "Macellarin", uno dei luogotenenti del Baron Bontemp, il fondatore e capo indiscusso della Compagnia della Teppa, al secolo il Barone Gaetano Ciani, ricchissimo industriale e banchiere.
Giunti al "polentatt", attesero l'arrivo del "magut" che, come sempre, con violenza saltò la coda e si piazzò davanti alla vetrina, dove sul bancone di legno si trovava una montagna di polenta bollente appena versata dal paiolo
Mentre il "magut" faceva la sua ordinazione, i "teppisti" entrarono in azione.
Alcuni bloccarono il muratore, altri gli tagliarono i pantaloni facendoglieli cadere sino alle caviglie e tutti assieme lo sollevarono di peso, lo girarono e lo misero a chiappe nude, seduto nella polenta bollente, tra le urla del poveraccio e le risate di tutti i presenti.
Se i "teppisti" vennero quasi tutti arrestati nella primavera del 1821 e la Compagnia della Teppa assurse a leggenda, i "Pulentatt" di Milano continuarono il loro commercio per ancora un secolo circa.
Con l'Unità d'Italia e i nuovi regolamenti di igiene per la somministrazione e vendita di cibo e bevande, e la lotta contro la pellagra, tra il 1881 e il 1905, molti polentai dovettero cercarsi un nuovo mestiere. Resistettero in sostanza solo quelli non ambulanti, con una loro rivendita.
Un altro "colpo duro" ai polentai fu dato dall'apertura delle "Cucine Economiche" in vari punti della città, a partire dal 1880. Garantivano un pasto caldo, senza polenta, a prezzi bassissimi.
I pochi polentai rimasti iniziarono però a fare buoni affari, proprio per il loro numero ormai esiguo.
Sempre più palazzi infatti proibivano l'apertura di nuovi punti di vendita, a causa del pestilenziale odore di fritto che dall'alba al tramonto, intasava intere strade, finestre e soprastanti appartamenti.
Verso la fine dell'Ottocento i polentai diventarono sempre più spesso delle specie di moderne gastronomie, vendendo tanti piatti pronti.
La battaglia contro la pellagra fece comunque identificare la polenta con una malattia da combattere e la sua diffusione e consumo ebbe una battuta d'arresto tra le popolazioni del Nord, soprattutto durante il periodo Giolittiano.
La maggior parte dei polentai di Milano o chiusero o lentamente si riciclarono in "pizzicagnoli" o "gastronomie".
A fine anni Trenta del Novecento i veri e propri polentai di Milano erano una manciata.
Qualcuno sopravvisse per i primissimi anni del Dopoguerra, ma già negli anni Cinquanta erano praticamente scomparsi.

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