domenica 2 gennaio 2022

LE CRUDELI STORIE DELLA CONTRADA MORIGI

All'ombra della torre Morigi visse tre secoli dopo Giovannola Montebretto, l'amante di Bernabò Visconti.
Alla corte di Bernabò Visconti, signore di Milano dal 1350 al 1385, si potevano incontrare Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio, ma la sua fama non venne mai associata al mecenatismo, quanto ai suoi eccessi. Maria Bellonci, nella «Milano Viscontea», dopo aver elencato sette figli legittimi avuti dalla saggia Beatrice Regina della Scala, elenca quattro figlie naturali che Bernabò volle far maritare degnamente. Dalla lista della Bellonci manca un personaggio, una figlia naturale cui il signore di Milano volle dare il suo nome. Si chiamava Bernarda Visconti ed era nata dall’unione tra Bernabò e Giovannola Montebretto, l’amante cui tutto era permesso, fino a che si invaghì del capo delle guardie di palazzo, il bellissimo Pandolfo Malatesta, che dovette fuggire per aver salva la vita. Bernabò viveva tra la rocchetta di porta Romana e il palazzo detto «La ca’ di can», la casa dei cani, vicino alla chiesa di San Giovanni in Conca, di cui resta un rudere in piazza Missori.
Il duca aveva una sconfinata passione per l’arte venatoria e per ogni tipo di cane: segugi, da ferma, da sangue, da guardia. Ne possedeva cinquemila e li affidava alle cure dei sudditi milanesi, che dovevano badare a che non dimagrissero troppo, ma anche che non ingrassassero, pena frustate e multe. Un uomo di eccessi ma anche a suo modo saggio nella gestione dello Stato e nella politica dinastica. Se alcune delle figlie legittime erano andate spose ai signori di mezza Europa (Taddea e Maddalena a Stefano e Federico di Baviera, Verde a Leopoldo d’Austria), anche quelle avute da relazioni extraconiugali erano servite a rafforzare amicizie e a premiare alleati fedeli.
Molto bella e seducente, con i capelli biondo-oro e un temperamento vivace e impertinente come quello materno (e forse oggetto di un interesse non solo paterno da parte di Bernabò), fu fatta sposare a quattordici anni con un nobile signorotto della Bergamasca, Giovanni Suardo, del Castello di Bianzano,   aveva preso il carattere forte della madre e che nell’infanzia aveva avuto il privilegio di scorrazzare nella Cà di can, , Il matrimonio era stato celebrato nel 1367 con lo sfarzo tipico dei signori dell’epoca. A ogni portata, composta da tanti tipi di carni e selvaggina (cinghiali, cervi, caprioli, pernici, spesso presentati interi sotto una vernice dorata) seguiva un regalo per gli sposi. Due o tre serie spettacolari fino al trionfo di dolci e frutta. Il matrimonio tra Bernarda e Giovanni Suardi durò nove anni, finché venne scoperta la relazione che lei intratteneva con un giovane al servizio del padre.
Non fu un matrimonio felice e la ragazza tornò a Milano, dove visse nella Rocca di Porta Romana. Fu scoperta. però, tra le braccia di un certo Antoniolo Zotta , dalle cronache descritto come un seduttore più bello che intelligente.
 I convegni amorosi si svolgevano in una stanza della rocchetta di Porta Romana, quando il Suardi era fuori città in missione militare. Secondo alcune cronache pare che fu lo stesso Bernabò a scoprire la tresca della figlia, secondo altre la relazione clandestina sarebbe stata svelata da Giovannolo da Vedano, un parente del duca. 
 Il processo contro gli adulteri si aprì nel gennaio 1376. Ciò che era concesso a Bernabò non era permesso alla figlia, anzi i giudici ebbero istruzione di applicare pene esemplari. Il giovane Antoniolo, che era stato incolpato non soltanto del reato di adulterio ma anche di furto (sotto tortura ammise di aver tentato di aprire uno dei forzieri di Bernabò), fu condannato all’impiccagione.
Bernabò, accecato dall’ira, fece impiccare lui e incarcerare, dopo tortura, nella rocca di Porta Nuova, lei.
Le fu messa accanto sua cugina Andreola, figlia di Matteo e badessa del Monastero Maggiore, anch’essa condannata a morte per aver avuto una relazione amorosa, come avverrà anni dopo per la Monaca di Monza. Sembra che all’entrata nel carcere in una fredda sera di inverno venne fatta spogliare e bagnata con secchi di acqua gelida, pena metaforica per placare i bollenti spiriti. Riuscirono a sopravvivere sette mesi, nutrite di nascosto da mani caritatevoli. Infine morirono di consunzione e di stenti, in completa solitudine, separate infine, perchè la morte fosse ancora più disperata. 
Bernarda dopo dieci mesi di patimenti venne trovata morta la mattina del 4 ottobre 1976. 
A questo punto, alla cronaca (romanzata) si aggiunge la leggenda nera di un fantasma che nelle notti d’inverno si aggirava dalle parti di San Giacomo presso Porta Nuova e nei Chiostri di Santa Redegonda, invocando il nome di Antoniolo. Una leggenda nata già alla fine del quattordicesimo secolo. Anche Bernabò, come molti Visconti, non morì nel suo letto. Il 5 maggio 1385 venne catturato dalle guardie del nipote Gian Galeazzo e rinchiuso nella fortezza di Trezzo, dove morì, pare con un piatto di pasta e fagioli avvelenato, il 19 dicembre 1385.
Era l'unica donna in grado di "addolcire" il rude Bernabò, un uomo violentissimo, che viveva nel suo palazzo circondato da cinquemila ferocissimi mastini e dalla consenziente compagna Regina della Scala. Infischiandosene del suo legame matrimoniale, si recava spesso a trovare Giovannola, ma per non essere visto da occhi indiscreti aveva fatto murare una rampa di scale esterna che dal cortile portava all'appartamento di lei. Dalla loro unione nacque Bernarda, che Bernabò riconobbe e aggiunse all'elenco dei suoi figli illegittimi. Nel 1367 la diede in moglie, con una dote di 700 zecchini d'oro, a un condottiero di un'illustre famiglia bergamasca, Giovanni Suardo. Ma la loro unione non fu duratura. Bernarda si innamorò di un uomo più giovane e audace, il giostratore Antonio Zotta. Purtroppo, i due amanti vennero sorpresi proprio dal crudele Bernabò che volle punirli senza possibilità di appello.
Secondo gli statuti del tempo il reato di adulterio Morirono a non prevedeva una pena grave per un uomo. Proprio per questo Bernabò accusò Zotta di furto, lo sottopose a tortura per farlo confessare anche se era innocente e lo fece poi impiccare. Bernarda invece avrebbe dovuto essere punita, secondo la legge, con la morte. Ma Bernabò non voleva una pubblica esecuzione e la sottopose a docce gelate, per calmare i suoi bollenti spiriti, e a frustate. Dopo la punizione corporale la fece rinchiudere nella prigione della rocchetta di Porta Nuova con la propria nipote Andreola Visconti, colpevole di un analogo reato.
Le due ragazze sopravvissero nella piccola cella a pane e acqua per sette mesi. Quando Bernabò si accorse che nella lampada che serviva per illuminare la cella i carcerieri avevano nascosto un po' di vino, anche il lume venne tolto e le due sciagurate vennero lasciate completamente al buio. Morirono a pochi giorni di distanza l'una dall'altra. Ma il vecchio Bernabò, cui sicuramente rimordeva la coscienza e non godeva di sonni tranquilli, venne informato che a Bologna era stata vista una giovane ragazza proprio identica a Bernarda, con i capelli rossi, formosa e vispa, che circolava liberamente per la città. Intimorito aprì degli interrogatori, licenziò il guardiano del carcere e fece anche riesumare i resti della defunta, che stavano nella chiesa di San Giacomo, per controllare se davvero quelle povere ossa appartenevano alla figlia.
La manifestazione del fantasma di Bernarda Visconti 
Ad un anno esatto dalla sua morte, il fantasma Bernarda Visconti, cominciò a manifestarsi sotto varie spoglie da Milano a Bologna. Le apparizioni del fantasma di Bernardina, si fecerò cosi insistenti che convinsero Bernabò, a riesumare i resti della figlia per verificare che fosse realmente morta.
Ancora oggi il fantasma Bernarda Visconti, vaga per il chiostro di Santa Redegonda. Il fantasma di Bernardina, viene descritto da molti, come una figura femminile, vestita di nero, con il volto coperta o da una maschera di cuoio o da un velo nero è l’accompagna un profumo di violette. Il suo spirito inquieto ha l’abitudine di prendere sotto braccio i passanti terrorizzandoli.

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