Dietro la casa d’abitazione di Cletto Arrighi che si trovava in corso Vittorio Emanuele 15, dove oggi sorge il Cinema Apollo. in un vecchio padiglione dove si vendevano mobili, un certo signor Cattaneo allestisce un caffè-concerto con palco per l’orchestra che diventa subito il ritrovo di signorine poco raccomandabili. Nel 1869, visto il successo della prima compagnia milanese, viene attrezzato a teatro con un palcoscenico e un sipario, disegnato da Eugenio Perego e Giuseppe Tencalla, nel quale si vedeva Meneghino che apriva il sipario e diceva alla giovane commedia dialettale: “Adess mia tosa tocca a tì”. Sullo sfondo la Piazza del Duomo. Per entrare nel teatro si doveva attraversare l’androne della casa. L’Arrighi, per realizzare il suo programma affitta per dieci anni nel 1870 questo teatrino che veniva chiamato Padiglione Cattaneo e lo battezza Teatro Milanese. Vengono creati dei palchi-barcacce e una lobbia. Sul boccascena si scrivono le parole del Maggi: “In del voster lenguagg i bei penser” e ai lati del palcoscenico si dipingono due figure femminili rappresentanti la Musica e la Danza. La cospicua cifra di 35.000 lire (circa 700 milioni di oggi) necessaria per l’operazione proveniva in parte dalle tasche dell’Arrighi che aveva ricevuto una grossa eredità da uno zio, da una sottoscrizione pubblica patrocinata dal sindaco Belinzaghi e da prestiti. Mentre i lavori procedevano, l’Arrighi raduna una compagnia di attori non professionisti tra i quali spiccavano Edoardo Ferravilla, Gaetanio Sbodio, Edoardo Giraud e Giuseppina Giovanelli. La pubblicità era assicurata da “Cronaca grigia” un inserto del giornale “Il Secolo” curato dall’Arrighi, che si arricchisce con la rubrica Tra un atto e l’altro che riporta i programmi del Teatro Milanese.
L’avventura comincia il 19 novembre 1870 con la prima rappresentazione di El barchett de Boffalora, un adattamento in milanese della commedia Cagnotte di Labiche. L’insuccesso iniziale della commedia non scoraggia affatto l’Arrighi che anzi fa scrivere sulle locandine “Replica a grande richiesta” e continua a rappresentarla apportando continue modifiche. E il successo infatti arriva, superando ogni previsione. La commedia, ben nota ancora oggi a molti milanesi, supererà le mille repliche, merito soprattutto di un’idea dell’attore Milanesi, che suggerì di accentuare i lati grotteschi della recitazione. Il Teatro Milanese diventa subito un posto frequentato con piacere da tutti i milanesi. Anche la principessa Margherita, la futura regina, si fa vedere spesso a teatro accompagnata dal sindaco Belinzaghi. Gli attori, superati i primi imbarazzi, acquistano sempre più sicurezza e i loro nomi cominciano a circolare per la città. Nell’ottobre 1872, quando va in scena la commedia Nodar e peruccheedell’Arrighi, il pubblico va in visibiglio per il personaggio del sur Pedrin di Ferravilla, la prima di una serie di macchiette comiche che faranno la fortuna dell’attore per tutta la sua lunga carriera.
Nel 1902 si decide di demolire lo stabile di corso Vittorio Emanuele 15 per costruirvi il nuovo e lussuoso Albergo Corso. Anche il Teatro Milanese dov’essere smantellato e sostituito da un nuovo locale. Per l’occasione i superstiti della vecchia compagnia teatrale si ritrovano per un’ultima recita d’addio. Pochi anni prima, nel vecchio Teatro Milanese
era già accaduto un evento inquietante:
per alcune serate, dopo gli opportuni adattamenti, in quella sala era stata presentata per la prima volta al pubblico la nuova invenzione dei fratelli Lumière, una curiosità che sembrò allora molto effimera tanto da essere subito dopo relegata in un baraccone da fiera a Porta Genova.
Nel nuovo progetto di Angelo Cattaneo e Giacomo Santamaria per l’Albergo Corso era comunque previsto di mantenere la vocazione teatrale di quel posto e quindi, dov’era il Teatro Milanese, venne creato un grande salone che serviva da sala da pranzo e da locale per spettacoli: il Trianon. Chiamato la “bomboniera” per il colore rosa dei suoi arredi, il Trianon, gestito per molti anni dal deputato Achille Mauro, fu sede ininterrotta di spettacoli d’arte varia. Marinetti e Mussolini furono assidui frequentatori di quel ritrovo che fu per qualche anni la fucina del movimento futurista. Nel 1935, ultimo sprazzo di gloria, il Trianon tenne a battesimo “La Madonina” di Giovanni D’Anzi durante un festival della canzone napoletana organizzato in quel teatro.
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