Dando per scontato che l’opera non si ispiri alle mode depilatorie attualmente molto in voga, dobbiamo dare credito a una leggenda dai  ipotetici finali. E ritornare ai tempi del Barbarossa. In una fase del suo assedio di Milano nel XII secolo, i cittadini milanesi tentarono di rompere l’accerchiamento con uno stratagemma in pieno stile “cavallo di Troia”. Di questo espediente architettato dall’epico Ulisse,  limitiamoci a conservare il nome della città: l’idea fu infatti quella di inviare all’esterno della Porta una professionista del lavoro più antico del mondo per distogliere l’attenzione dei soldati e lasciare campo libero ai milanesi per un attacco.  La dama si esibì in una rasatura del suo strumento di lavoro.Un altra tesi che l’impudica donna raffigurata rappresentasse in tono di scherno l’imperatrice moglie del Barbarossa, che aveva raso al suolo Milano. Ma vi è anche una terza, una diversa interpretazione che spiega l'origine del nome di Porta Tosa è collegata alla presunta presenza nei suoi pressi di sculture apotropaiche dell'area celtica che mostrano donne che esibiscono la vulva, storie, dunque, per una città che, come dice il proverbio è davvero unica: “De Milàn ghe n’è dumà vuun.”
 Di Milano (e non solo di mamma, quindi) ce n’è una sola.