La tosa che si tosa
La ben nota Porta Vittoria a Milano è una delle storiche porte d’ingresso alla città, così ribattezzata dopo la cacciata degli austriaci da Milano a metà dell’Ottocento in seguito alle famose Cinque giornate, che avevano visto i milanesi trionfare e liberarsi dal dominio straniero. In effetti il nome della porta, prima di questo storico evento, era quello di Porta Tosa. La domanda sorge spontanea: “Tosa” per rendere omaggio alle fanciulle della città (le “tose” o “tuse” in dialetto milanese)? La risposta è NO, absolutely. Il primo passo per saperne di più è fare un salto al Museo d'arte antica del Castello sforzesco, dove è conservato un bassorilievo del XII sec. un tempo collocato sulla porta: esso raffigura una donna che si tosa il pelo pubico…
Dando per scontato che l’opera non si ispiri alle mode depilatorie attualmente molto in voga, dobbiamo dare credito a una leggenda dai ipotetici finali. E ritornare ai tempi del Barbarossa. In una fase del suo assedio di Milano nel XII secolo, i cittadini milanesi tentarono di rompere l’accerchiamento con uno stratagemma in pieno stile “cavallo di Troia”. Di questo espediente architettato dall’epico Ulisse, limitiamoci a conservare il nome della città: l’idea fu infatti quella di inviare all’esterno della Porta una professionista del lavoro più antico del mondo per distogliere l’attenzione dei soldati e lasciare campo libero ai milanesi per un attacco. La dama si esibì in una rasatura del suo strumento di lavoro.Un altra tesi che l’impudica donna raffigurata rappresentasse in tono di scherno l’imperatrice moglie del Barbarossa, che aveva raso al suolo Milano. Ma vi è anche una terza, una diversa interpretazione che spiega l'origine del nome di Porta Tosa è collegata alla presunta presenza nei suoi pressi di sculture apotropaiche dell'area celtica che mostrano donne che esibiscono la vulva, storie, dunque, per una città che, come dice il proverbio è davvero unica: “De Milàn ghe n’è dumà vuun.” Di Milano (e non solo di mamma, quindi) ce n’è una sola.
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