lunedì 11 ottobre 2021

LE SCIOSTRE E LA VITA DEI CARBONAI

Una sciostra sul Naviglio di Via Molino delle Armi

le zone di provenienza potevano essere le prime pendici del nord Brianza, del comasco, l’appennino piacentino per il sud e più facilmente la Val Dossola e la Val Vigezzo, ma durante la II Guerra Mondiale, in cui essendo interrotto l’approvvigionamento di legna e carbone, i milanesi avevano dovuto fare da sé, rinunciando al verde pubblico, soprattutto agli alberi dei viali. Famoso resta il caso del Viale per Monza, l’attuale Corso Buenos Aires, le cui piante secolari furono ad una ad una abbattute per permettere agli abitanti della zona di scaldarsi nei lunghi inverni dell’autarchia, quando ormai, alla fine del Ventennio, l’ordine pubblico era considerato superfluo. La perdita, in termini botanici, fu talmente devastante e economicamente ingente, da non riuscire più a ricostituire il patrimonio arboreo e da ereditare ancora oggi ciò che era un viale alberato, nel più lungo e asfaltato “corso” milanese destinato allo shopping.

Il carbonaio conduceva così un’esistenza alquanto difficile: il suo lavoro infatti lo portava ad assentarsi dal paese per vari mesi, prima per procurarsi la materia prima, il legname, e poi per trasportare il frutto del suo lavoro in città. Per buona parte dell’anno quindi, quest’uomo, sfidando innumerevoli ostacoli e disagi, viveva nella foresta al fine di accumulare sufficiente legna da cui ottenere il carbone. Nella macchia si dedicava al taglio di alcuni particolari specie di essenze arboree. Dopo aver raccolto il legname, il carbonaio provvedeva a ripulirlo e ad accatastarlo. Successivamente, avvalendosi di muli, in quanto particolarmente adatti a compiere i percorsi accidentati di montagna, trasportava i tronchi fino alla cosiddetta “spiazza”, cioè uno slargo ricavato nella radura del bosco, dove costruire la carbonaia.

Dopo aver calcolato, infatti, quale doveva essere la dimensione di questa struttura conica, il carbonaio aveva cura di creare al suo interno, a partire dalla base fino all’apice, con dei legni incrociati a quadrato, un’apertura o camino, indispensabile per dare vigore e alimento alla fiamma. La catasta, così disposta, era ricoperta con terra battuta, polvere di carbone e zolle erbose, in maniera tale da limitare e controllare la combustione della legna. Attraverso questo procedimento la legna bruciava senza fiamme, a temperature elevate, per alcuni giorni. Terminata la combustione, per la quale erano indispensabili ben dieci giorni, i tizzoni infuocati di carbone venivano fatti raffreddare. Dopo essere stato raccolto e sistemato in balle, veniva caricato sui muli, muniti di gerle e sacchi. Il carbonaio, avvolto nel suo mantello nero e protetto dallo scuro cappello dalla larga falda, era così pronto ad abbandonare il suo rifugio silvestre, per far ritorno al paese o scendere a valle dove il materiale veniva caricato su carri o più facilmente su alcuni barconi, che sfruttando le vie d’acqua (canali e Navigli) arrivavano a Milano.

 I carbonai scendevano dalla linea dei canali, costruiti da Gian Galeazzo Visconti per fare arrivare il marmo per il Duomo, da Candoglia, in Val d’Ossola o nelle zone circumvicine (la Val Grande, la Val Vigezzo, Fondotoce, sopra il lago Maggiore), valli peraltro da cui provenivano uomini che si dedicavano a mestieri affini, come gli spazzacamini, dove a Milano costituivano una folta comunità.

Giunti a Milano, il capolinea era lo stesso di tutto il materiale da costruzione per il Duomo, cioè il laghett, l’attuale Via Laghetto, ma non era escluso che lungo il percorso, all’interno della cerchia dei navigli, i barconi e i carbonai si fermassero da alcuni grossi rivenditori che avevano il loro quartierino sull’acqua, detta sciostra. La sciostra era una bottega tipica della vecchia Milano, più un magazzino che vendeva un po’ di tutto, dal carbone ai materiali da costruzione. Il termine potrebbe derivare dal latino sub strata (sotto la strada) visto che il luogo tipico della sciostra erano gli scantinati lungo i navigli, dove era più facile scaricare la merce che arrivava con i barconi, o degli spazi aperti al di sotto delle abitazioni, spesso anche cortili con un portico a piano terreno con colonne in serizzo e capitelli a palmette e logge in legno nei due piani superiori, con scala a vista. Se ne ricordano di antichissime e ne rimane il vecchio sedime lungo Via Molino delle Armi, proprio lungo il Naviglio. Il rivenditore di carbone, in dialetto, così era detto “el sciostree”.

 il famoso “laghett” prima dell’interramento del 1857, decretato dall’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, per motivi igienici, divenne luogo d’elezione dei “tencin”. Qui, a comprovare, il loro stazionamento e la loro devozione, vi è ancora un affresco del XVII sec., raffigurante una Madonna, detta dei Tencitt (distorsione del termine tencin), voluto dalla corporazione degli scaricatori-carbonai.

Nessun commento:

Posta un commento

PARCO DEL CITYLIFE

CityLife vanta uno tra i parchi più ampi di Milano, ma soprattutto è ricco di opere d’arte che lo rendono un vero museo a cielo aperto tutto...