sabato 23 ottobre 2021

I BORDELLI

La storia dei bordelli di Milano iniziò nel 1859. Camillo Benso, Conte di Cavour aveva indetto una legge che permetteva la nascita di una serie di bordelli direttamente gestiti dallo Stato. La legge prevedeva la cura dell’aspetto sanitario e igienico dei locali, come aveva già fatto precedentemente Napoleone Bonaparte.
Durante il Fascismo tutti potevano entrare nelle case chiuse: ufficiali, uomini sposati e anche ragazzini alle prime armi (che, per legge, dovevano avere almeno 18 anni) erano calamitati verso queste dimore promiscue. La consumazione non era necessariamente obbligatoria, seppur preferibile. Una volta scelta la ragazza, il cliente inseriva il suo obolo alla cassa e in cambio riceveva una marchetta da consegnare alla fanciulla in camera. In base agli oboli ottenuti a fine serata, la ragazza riceveva la sua paga.
C’erano case di alto prestigio e quelle più low cost, mentre le ragazze che vi lavoravano all’interno dovevano avere un certo bagaglio d’esperienza alle spalle. In genere, nello scantinato si trovava la cucina, la lavanderia e sala da pranzo, mentre ai piani superiori c’erano le camere e la sala d’aspetto.
All’inizio del Novecento, la situazione delle case chiuse e delle donne che vi lavoravano era sempre più complicata da gestire. Così che si decise che le ragazze avrebbero dovuto sottoporsi a una serie di regolari controlli medici per garantire il loro stato di salute.
A Milano la maggior parte delle case chiuse si trovava nei quartieri più poveri della città. Ma più belle si trovavano nella zona di Brera e si diramavano tra le due stradine parallele: via Fiori Chiari e via San Carpoforo, addirittura con tre bordelli ai numeri 3, 5 e 8.
Partiamo da via Formentini. Il suggestivo scorcio, meglio conosciuto con il nome di Contrada di Tett. La via infatti, era tutta un pullulare di case di piacere, alle cui finestre si affacciavano le signorine esibendo le grazie. Da ciò il nome della zona. Questo è stato almeno fino all’entrata in vigore della legge Crispi del 1888, che regolamentando alcuni punti sulla prostituzione, imponendo di murare le finestre dei bordelli. Spiegazione al termine case chiuse. Spostiamoci poi in via San Carpoforo, una via stretta in cui non c’è granché da vedere. Un tempo però, se si diceva che si andava in Sancarpofer, era subito chiaro cosa si andava cercando.
Si distinguevano tra di loro per la diversità di approccio alla clientela.
In uno di questi per esempio, la maitresse aveva vietato alle ragazze di adescare i clienti: dovevano rimanere ferme e attendere che il cliente stesso le approcciasse. In un altro, invece l’adescamento era incoraggiato. Toccava alle signorine rompere il ghiaccio e ognuna lo faceva mostrando i suoi migliori attributi. Il primo casino era prediletto dai più “virili”, il secondo era più adatto ai “ragazzi di primo pelo” o a coloro che necessitavano di incoraggiamento.
in Via Fiori Chiari, fermandosi al civico 17. Proprio qui, sorgeva il bordello più lussuoso di Milano, il mitico Fior Ciar 17. All’interno si trovava una grande scala in stile liberty, da cui facevano la loro entrata in scena le ragazze per la gioia dei ricchi signori della Milano bene. Memorabile la festa nella notte del 19 febbraio 1958. Notte precedente all’entrata in vigore della legge Merlin, che avrebbe messo la parola fine alla prostituzione legale in Italia. Il Fior Ciar, che per l’occasione rimase aperto tutta la notte, ebbe il suo gran finale. La nottata fu affollatissima: falsa fu la speranza che per l’occasione si sarebbe stata qualche prestazione gratis.

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